Fabio Ferzetti
Il Messaggero
Una casa, una coppia, un segreto. E soprattutto, un’epoca: Parigi, il 1912, la fine di qualcosa, che molti anni dopo si chiamerà Belle Epoque, l’inizio di qualcos’altro che per il momento non ha ancora un nome. Con Gabrielle, come con Intimaci, Patrice Chéreau mette sul tavolo anatomico la coppia intesa come prodotto storico, interfaccia fra l’individuo e la società.
Come tutte le dissezioni, non è uno spettacolo gradevole. Ma è appassionante e istruttivo perché da regista “anfibio” (cinema e teatro), Chéreau estrae verità da ogni possibile convenzione: scene, luci, arredi, costumi, e spazi, gesti, ritmi. [...]
di Fabio Ferzetti, articolo completo (2536 caratteri spazi inclusi) su Il Messaggero 6 settembre 2005