caterina
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mercoledì 20 aprile 2005
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eccellente
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è un film sullo stile dogma di lars von trier.
bello, curato, tocca l'anima e coinvolge fino in fondo le nostre coscienze.
Intenso come pochi, crudele e amabile.
lo consiglio a tutti, vivamente.
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irenna
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mercoledì 6 luglio 2005
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non desiderare
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La regista danese Susan Bier (The One and Only, Open Hearts),
in questo film, premiato dal pubblico del Sundance Festival 2005, racconta la storia di due fratelli (infatti, il titolo originale è Brothers, e non apriamo parentesi sulla traduzione scelta dal distributore italiano): il maggiore, soldato in guerra, viene preso prigioniero e creduto morto dai familiari; il minore, appena uscito di galera, dove scontava pena per rapina a mano armata, si prende cura delle figlie e della moglie di Michael, con la quale sboccia una platonica storia d’amore. Ma la sceneggiatura nasconde ben altri intenti: non ultimo dichiara l’avversione contro la Guerra. Quale uomo, per quanto addestrato, può essere pronto ad affrontare gli orrori della battaglia? Evidentemente nessuno, come dimostra Michael, considerato da tutti un uomo “modello”, e che invece compie un atroce delitto.
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La regista danese Susan Bier (The One and Only, Open Hearts),
in questo film, premiato dal pubblico del Sundance Festival 2005, racconta la storia di due fratelli (infatti, il titolo originale è Brothers, e non apriamo parentesi sulla traduzione scelta dal distributore italiano): il maggiore, soldato in guerra, viene preso prigioniero e creduto morto dai familiari; il minore, appena uscito di galera, dove scontava pena per rapina a mano armata, si prende cura delle figlie e della moglie di Michael, con la quale sboccia una platonica storia d’amore. Ma la sceneggiatura nasconde ben altri intenti: non ultimo dichiara l’avversione contro la Guerra. Quale uomo, per quanto addestrato, può essere pronto ad affrontare gli orrori della battaglia? Evidentemente nessuno, come dimostra Michael, considerato da tutti un uomo “modello”, e che invece compie un atroce delitto. I ruoli si invertono, il buono diventa il cattivo, violento, incomunicativo; al contrario, l’ex galeotto riscatta con l’azione ciò che gli altri pensavano di lui.
Nella vita umana i valori assoluti non esistono, i giudizi inappellabili non reggono: buono e cattivo, vero e falso mutano, si intersecano e si invertono. I personaggi ( tra gli attori, tutti molto bravi, spiccano Ulrich Thomsen, Connie Nielsen, premiati per la migliore interpretazone al festival di San Sebastian) vengono indagati con camera mobile su dettagli del volto, mettendo a fuoco il viso e sfocando lo sfondo, incorniciandoli in una caravaggiesca luce chiaroscurale.
La catarsi finale di Michael, dopo la profonda crisi, dimostra ancora la possibilità della svolta, in un “happy end” affatto scontato, di un bel film sulla vita.
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gianp2
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mercoledì 11 luglio 2012
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l'originale
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Ho potuto vederlo dopo "Brothers" il remake americano del 2009. Il secondo riprende grosso modo, diciamo, l'originale. Ripetute le scene, le sequenze, il dipanarsi degli eventi. Riscontrabili alcune differenze: più "americano" l'americano. Più cattivi i talebani: alcune scene di notevole crudeltà, l'obbligo di sconfessare la guerra davanti alla telecamera, le riprese fatte dai guerriglieri dell'uccisione da parte del protagonista del soldato compagno di sventura. Alcuni elementi di pura retorica militaresca tipica del cinema made in USA. Il rapporto assolutamente platonico fra la moglie rimasta e il cognato: l'eroe che non può essere tradito, lui è in ogni caso il buono.
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Ho potuto vederlo dopo "Brothers" il remake americano del 2009. Il secondo riprende grosso modo, diciamo, l'originale. Ripetute le scene, le sequenze, il dipanarsi degli eventi. Riscontrabili alcune differenze: più "americano" l'americano. Più cattivi i talebani: alcune scene di notevole crudeltà, l'obbligo di sconfessare la guerra davanti alla telecamera, le riprese fatte dai guerriglieri dell'uccisione da parte del protagonista del soldato compagno di sventura. Alcuni elementi di pura retorica militaresca tipica del cinema made in USA. Il rapporto assolutamente platonico fra la moglie rimasta e il cognato: l'eroe che non può essere tradito, lui è in ogni caso il buono. Qui non ci sono dubbi. Nel film della Bier alcune di queste cose mancano, le situazioni sono più sfumate le relazioni più ambigue lo spettatore rimane nel dubbio: come sono cambiate le cose mentre tutti lo credevano morto, come sono mutati i sentimenti quali nuove relazioni si sono instaurate?. Anche l'eroe, il buono può essere travolto dagli eventi. Belli comunque ambedue i film, un po' meglio l'originale.
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michele il critico
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giovedì 12 maggio 2005
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non desiderare la donna d'altri
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NON DESIDERARE LA DONNA D'ALTRI
regia: Susanne Bier
Quando Michael, soldato danese in Afghanistan, viene dato per morto, a casa sua la moglie ed il fratello hanno modo di approfondire la loro conoscenza (perchè è venuto meno il limite o per ricostruire nel vuoto?). Ma Michael non è morto: è prigioniero dei nemici e resiste nell'attesa di un ritorno dalle figlie e dalla moglie, ritorno che sarà più traumatico del previsto perchè la guerra lo ha profondamente segnato.
Bier ci racconta come la guerra possa rendere mostruosi gli uomini: il protagonista compie un atto che lo tormenterà per sempre al fine di non rinunciare alla propria vita, il cui attaccamento è rappresentato attraverso campi e controcampi virtuali che quasi lo mettono in contatto con la moglie durante la prigionia.
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NON DESIDERARE LA DONNA D'ALTRI
regia: Susanne Bier
Quando Michael, soldato danese in Afghanistan, viene dato per morto, a casa sua la moglie ed il fratello hanno modo di approfondire la loro conoscenza (perchè è venuto meno il limite o per ricostruire nel vuoto?). Ma Michael non è morto: è prigioniero dei nemici e resiste nell'attesa di un ritorno dalle figlie e dalla moglie, ritorno che sarà più traumatico del previsto perchè la guerra lo ha profondamente segnato.
Bier ci racconta come la guerra possa rendere mostruosi gli uomini: il protagonista compie un atto che lo tormenterà per sempre al fine di non rinunciare alla propria vita, il cui attaccamento è rappresentato attraverso campi e controcampi virtuali che quasi lo mettono in contatto con la moglie durante la prigionia.
Ma quando, una volta tornato, si accorge che in casa sua, nella ragione che lo ha fatto resistere brutalmente alla ferocia della guerra, vi è una nuova armonia e quasi un nuovo ordine, non lo sopporta e distrugge tutto. Ma la violenza si tramuta nel pianto finale "liberatorio" in cui il protagonista riesce a ritrovare la coscienza e quindi il dolore.
Il film è molto sensibile alla costruzione psicologica dei comportamenti che determinano gli eventi. Alcune sequenze, accompagnate da un'indovinata musica, sono di grande tensione. Tuttavia la bassa definizione ed il montaggio, caratterizzato da frequenti attacchi sul movimento, sembrano creare uno stile non funzionale ai contenuti dell'opera.
VOTO **1/2
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