Alamo - Gli ultimi eroi

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Antonio Monda

La Repubblica

II film che celebra l’orgoglio della guerra giusta, l’importanza fondamentale del Texas nella storia degli Stati Uniti e l’apporto determinante di uomini comuni capaci di trasformarsi in eroi ha debuttato in America di venerdì santo con la benedizione del presidente texano, la forza mediatica della Disney, ed una campagna pubblicitaria che sta cercando di far dimenticare lo slittamento di nove mesi dovuto secondo alcuni ad una scelta di tipo elettorale. The Alamo è un brutto film («oppressivamente solenne» per usare le parole del New York Times), ma è anche il manifesto di un’impostazione ideologica che nasconde dietro un patriottismo gonfio di retorica una raffigurazione dello straniero come una entità macchiettistica e pericolosa.
Sin dalle prime immagini il Texas è raffigurato come la tema della libertà In opposizione alla decadente Washington, una città di politici imbelli che deve tutto alla resistenza di Alamo, un piccolo forte circondato dai soldati del generale Sant’Ana. II rapporto tra gli americani e i messicani è dieci ad uno, e conta poco che a difesa dell’ultimo baluardo ci siano David Crocket (interpretato da Billy Bob Thornton) e Jim Bowie (Jason Patrick), celebre per aver strappato il cuore con le proprie mani ad un nemico: l’unica possibile salvezza è affidata al generale Houston e al suo esercito formato da gente comune, il quale tuttavia preferisce attendere l’arrivo di rinforzi. Prodotto da Ron Howard, che ha rinunciato alla regia quando la Disney ha bocciato il copione di John Sayles, e diretto da John Lee Hancock, il film, con Dennis Quaid nei panni di Sam Houston, fa impallidire la retorica del vecchio film di John Wayne e si distingue per le frasi a effetto. Il pubblico applaude quando ascolta battute come «si va all’inferno o in Texas», o «Ricordatevi di Alamo», pronunciata da Houston per dare la carica ai soldati, ma appare restio ad accettare la raffigurazione di un mondo in cui i nemici sono ottusamente spietati, e non esistono ruoli femminili che abbiano almeno una battuta. Sant’Ana (Emilio Echeverria) manda al massacro anche i propri soldati (scene montate in contrappunto con l’eroica abnegazione degli americani) e dà disposizione di rompere un osso degli uomini della servitù per ogni bicchiere di cristallo incrinato durante gli spostamenti. Si stenta a credere la voce hollywoodiana secondo cui Terrence Malick abbia diretto alcune sequenze nel momento di massima crisi produttiva del film, e la rozzezza d’impostazione si esalta nei ghigni dei messicani e nel tempo (19 minuti) che venne impiegato da Houston per sconfiggere l’esercito nemico. La stella del Texas rimane il baluardo per la libertà, e prima di morire per mano di uomini che aggrediscono nel sonno, gli eroi di Alamo vogliono far vedere ai selvaggi “di che pasta sono fatti i patrioti”. Nelle inevitabili lettere prima del massacro risalta il saluto estremo ‘ai sei bambini che mi aspettano a casa” e l’orgoglio di chi “combatte per un paese libero”, messi a contrasto con le teorie di Sant’Ana: «Non c’è gloria senza sangue e lacrime».
Da Repubblica, 11 aprile 2004


di Antonio Monda, 11 aprile 2004

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