luigi chierico
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mercoledì 3 luglio 2013
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quando in aereo si perde il controllo…..
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Non mi fido degli psicanalisti, degli psichiatri e di tutti coloro che pretendono di curare il prossimo facendosi dire anche quello che non si vuol dire. Il malato diventa vittima della curiosità, talora anche morbosa, di chi si dice capace di portarlo fuori dal tunnel in cui il depresso si è cacciato.
Fatta questa premessa, del tutto personale, allorché ho iniziato a vedere questo film mi sono tanto divertito nel vedere come una persona, divertendosi come un matto, è capace di par perdere la pazienza e far saltare i nervi a qualcuno; successivamente mi è venuta la depressione, nel prendere atto che il film trattava proprio il tema della psicanalisi con la terapia di gruppo. Ma, in compenso, c’era un grandioso Jack Nicholson, con una maschera facciale, talora anche diabolica, a giustificare ogni fotogramma e a condurre così ad una infrenabile ilarità.
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Non mi fido degli psicanalisti, degli psichiatri e di tutti coloro che pretendono di curare il prossimo facendosi dire anche quello che non si vuol dire. Il malato diventa vittima della curiosità, talora anche morbosa, di chi si dice capace di portarlo fuori dal tunnel in cui il depresso si è cacciato.
Fatta questa premessa, del tutto personale, allorché ho iniziato a vedere questo film mi sono tanto divertito nel vedere come una persona, divertendosi come un matto, è capace di par perdere la pazienza e far saltare i nervi a qualcuno; successivamente mi è venuta la depressione, nel prendere atto che il film trattava proprio il tema della psicanalisi con la terapia di gruppo. Ma, in compenso, c’era un grandioso Jack Nicholson, con una maschera facciale, talora anche diabolica, a giustificare ogni fotogramma e a condurre così ad una infrenabile ilarità. La pretesa serietà del tema del film, con l’angoscia dei fatti del malcapitato malato da curare, diveniva di momento in momento motivo di divertimento puro. C’era sempre il ghigno di Nicholson che, con una continua espressione e trovata, conduceva sempre più a divertirsi a fronte dell’iracondo Sandler.
E’ un po’ il divertimento delle dimenticate torte in faccia o delle cadute del protagonista, ed ancora dello sfottò dell’indimenticabile Totò nel cambiare o giocare su nomi e cognomi. E’ un crescendo susseguirsi di situazioni al livello del paradossale. Allorché il gioco dello psicanalista si va svelando, con l’uso di giochi infantili, ha portato indietro all’infanzia il suo malato, dico, nel momento più divertente, mi accorgo che chi è stato preso in giro è lo spettatore di fronte ad una scoperta che mette tutto a posto.
Si è scherzato. Gran merito a Sagal che ha diretto un film banale con tanta cura ed impegno, non vi è un solo momento in cui i due protagonisti si concedono una pausa., Certo Nicholson è un vero istrione, bravo nella commedia come nel drammatico, che sia innamorato o vendicativo, buono o cattivo. Lo accompagna in questa.. disavventura Adam Sandler e Mrisa Tomei, che mi fa rimpiangere la brillante Shirley MacLaine, ed uno stuolo di bravi attori non protagonisti, la cui presenza, quasi continua, è comunque indispensabile alla commedia della terapia d’urto.
Chigi
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secundo
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sabato 29 giugno 2013
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la banalità dell'ira
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Dave (Adam Sandler) è un uomo che sopprime di continuo la propria rabbia, finchè un giorno lo "scoppio" di quest'ira sommersa non gli causerà l'obbligo, pena la galera, di seguire un corso di autocontrollo del bizzarro Dottor Rydell (Jack Nicholson). Le premesse di questa commedia sono tutto sommato buone: una trama incentrata sulla psicologia e due attori capaci (l'uno famoso per un certo tipo di commedie, l'altro un vero e proprio mostro sacro). Insomma, la speranza è quella di ridere e, tra un ghigno e l'altro, magari assistere ad un discorso sulla rabbia poco banale e di ispirazione psicoanalitica. E' un piacere, si fa per dire, costatare che entrambe le speranze vengano ben presto tradite.
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Dave (Adam Sandler) è un uomo che sopprime di continuo la propria rabbia, finchè un giorno lo "scoppio" di quest'ira sommersa non gli causerà l'obbligo, pena la galera, di seguire un corso di autocontrollo del bizzarro Dottor Rydell (Jack Nicholson). Le premesse di questa commedia sono tutto sommato buone: una trama incentrata sulla psicologia e due attori capaci (l'uno famoso per un certo tipo di commedie, l'altro un vero e proprio mostro sacro). Insomma, la speranza è quella di ridere e, tra un ghigno e l'altro, magari assistere ad un discorso sulla rabbia poco banale e di ispirazione psicoanalitica. E' un piacere, si fa per dire, costatare che entrambe le speranze vengano ben presto tradite. Terapia d'urto, infatti, è carente sia da un punto di vista comico che contenutistico. Questo per colpa di situazioni già viste, battute telefonate e, più in generale, di una struttura fin troppo abusata in molte commedie americane moderne. Succede davvero tutto ciò che ci si aspetterebbe: il protagonista viene a contatto con un personaggio fuori dalle righe, inizialmenente lo trova antipatico ma con il passare del tempo imparerà una lezione grazie a tale stravaganza, e il tutto si chiuderà al meglio con la solita confessione d'amore plateale comune a tante, troppe commedie romantiche. In più si aggiungono all'equazione le fastidiosissime musichette da commedia per famiglie, piuttosto fuoriluogo, in realtà, per un film la cui comicità non è certamente adatta ai bambini. Insomma, Terapia d'urto fa ciò che una commedia non dovrebbe mai fare: annoia. E, alla fine, gli unici veramente arrabbiati sarete voi spettatori.
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(di er fiodena)
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