Tess |
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Un film di Roman Polanski.
Con Nastassja Kinski, Peter Firth, John Collin, Arielle Dombasle, Leigh Lawson.
continua»
Drammatico,
durata 170 min.
- Francia, Gran Bretagna 1979.
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"Occhio ai sottotitoli"
di gianmarco.diromaFeedback: 7173 | altri commenti e recensioni di gianmarco.diroma |
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domenica 10 marzo 2013 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Le stelle dovrebbero essere cinque, se si riuscisse ad arrivare ai presunti 180 minuti di durata del film. Perché il film, fin da subito, presenta questa particolarità, ovvero una durata di tre ore, a cui va sommato il ruolo di un ritmo decisamente lento e (forse) volutamente letterario. Elementi che, insieme, potrebbero condurre lo spettatore meno allenato ad abbandonare la visione di questo omaggio "A Sharon" (Sharon Tate). Bisognerebbe conoscere direttamente Roman Polanski e saperci avere a che fare (come forse il Moretti di "Caos Calmo"), per domandargli se esista una relazione tra i nomi dei personaggi al centro delle sue storie. Se esista per esempio una relazione tra la figura di Teresa in Cul-de-sac (interpretato da Françoise Dorléac) e quella di Tess/Teresa, abitata da Nastassja Kinski. Perché forse, così, si avrebbe qualche dato in più per provare a capire quale sia la finalità che muove i sentimenti di questa protagonista in versione cinematografica di un romanzo di Thomas Hardy, "scrittore britannico", nato nel "1840", morto "87" anni dopo. Di una protagonista che, almeno nel film, nulla ha da spartire con "I protagonisti" di Robert Altman: di una protagonista assoluta, posta al centro dello schermo e di questa vicenda quasi ininterrottamente, bramosa a tal punto di "essere infelice" da rasentare la "stupidità". Più che bramosa, il sottotitolo in italiano alla versione originale in inglese recita per bocca del personaggio di Leigh Lawson la parola "ostinata", che pone come ineluttabile la catena di rovine e sconfitte a cui Tess va incontro (a volte perché schiava dell'epoca in cui vive, altre per sua libera scelta). Molto prima di Tom Cruise in Eyes Wide Shut, il volto monoespressivo di Nastassja Kinski, pari solo alla sua bellezza, costruisce una linea di racconto che dall'inizio delle sue sventure, esprime una sola grande finalità: "sono pronta" per morire! La quale formula, detta in forma pacata, tra le rovine di quel tempio pagano rivolto in "Alto" che è Stonehenge, nasconde il mistero di un'intera vita, di un mistero che in quante tale, può assumere infinite forme: potrebbe essere nel senso del "sacramento della Penitenza", ovvero di una Riconciliazione o Confessione "a" Dio e non "per" Dio, "L'urlo" o "Il Grido" di Edvard Munch, il percorso di morte e redenzione de "Il cattivo tenente" o quello del personaggio di Christopher Walken in "Fratelli", la voglia di vivere di Vincent Van Gogh, nonostante il suo lento e progressivo soccombere alla morte e al dolore, Pier Paolo Capovilla de "Il teatro degli orrori" che recita in "Io ti aspetto" il verso "una notte d'angoscia non può che diventare una carezza su quel dolce profilo di persona perbene che sei", "Marzella" di Ernst Ludwig Kirchner, "Animal" dei Pearl Jam, l'album "In utero" dei Nirvana, "il celebre pugno battuto sul tavolo da Papa Giovanni Paolo II, quando si accorse di non riuscire più a parlare", l'impassibilità di Titta Di Girolamo/Toni Servillo ne "Le conseguenze del'amore" mentre viene calato nel cemento, la fine "senza gloria" di Paul/Marlon Brando in "Ultimo tango a Parigi" capace di rasentare la stessa stupidità della Tess di Polanski, la morte di Jean-Paul Belmondo in "Fino all'ultimo respiro", la lunga agonia amorosa di Adèle Hugo, sempre Belmondo quando confessa il proprio "odi et amo" alla "sua" droga Julie, il finale sospeso de "L'assedio" ancora di Bertolucci, ed i Manzoni, con le "storiacce" di Piero, ed alcuni dei personaggi scritti da Alessandro.
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