
Mirko Pincelli racconta il dolore di due genitori segnati dalla perdita del figlio e la possibilità di rinascita attraverso l’arte e la fotografia, tra Londra e i paesaggi contemplativi del Trentino. Disponibile su MYmovies ONE. GUARDA IL FILM »
di Simone Granata
Al centro di I nostri passi – The Habit of Beauty (2016), lungometraggio di finzione d’esordio del regista italo-inglese Mirko Pincelli disponibile su MYmovies ONE, c’è un dolore che scava e che divide.
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Il fotografo Ernesto (Vincenzo Amato) e la gallerista d’arte Elena (Francesca Neri) erano una coppia felicemente sposata a Londra finché in un tragico incidente stradale, durante una vacanza in Italia, non hanno perso l’unico figlio Carlo. Quel lutto ha segnato per sempre le loro vite, come un vuoto condiviso, allontanandoli in maniera forse irreversibile.
Qualche anno dopo, lui intrattiene relazioni occasionali e insegna fotografia in un penitenziario londinese; lei ha un nuovo compagno e ha proseguito la carriera di successo ma non ha superato il trauma della morte del figlio dodicenne. Si ritroveranno grazie all’incontro con Ian (Nico Mirallegro), ragazzo detenuto con la passione per la fotografia, proveniente da un quartiere londinese periferico e difficile, che Ernesto vuole come assistente per allestire un’ultima mostra, per la quale chiederà anche l’aiuto di Elena.
Con una certa ambizione autoriale, il film si muove tra due registri: da un lato il dramma intimo e lacerante della coppia devastata, dall’altro l’occasione di riscatto offerta dall’arte sia agli ex coniugi sia al giovane Ian che deve fare i conti un quadro familiare disastrato — padre alcolizzato e madre esasperata — e con i rapporti con la criminalità, ed è alla ricerca disperata di una via di uscita.
È proprio Ian che si fa ponte tra il passato doloroso di Ernesto ed Elena e la possibilità di una rinascita, diventando una presenza quasi sostitutiva rispetto al figlio scomparso.
Il mélo familiare trova cosi una sua struttura, supportata da un ottimo livello tecnico (Fabio Cianchetti alla fotografia, Esmeralda Calabria al montaggio) e dalle interpretazioni dei protagonisti, e si dipana tra l’ambientazione londinese e i paesaggi del Trentino.
In un’atmosfera contemplativa, Pincelli mostra un sentimento assoluto come la sofferenza di un genitore ricercando sempre una misura emotiva e stilistica.
Il titolo inglese, The Habit of Beauty, è probabilmente la chiave per entrare nel film: abituarsi alla bellezza, qui rappresentata dalla fotografia, significa aprirsi all’opportunità di guardare oltre la ferita, ritrovare un passo condiviso e ricominciare a vivere.