
Guida ai 6 titoli dell'iconica sezione che promuove un cinema innovativo, oltre gli stili e le modalità di ripresa consolidati. L'appuntamento è in streaming su MYmovies a partire dal 26 gennaio. ACCEDI AL TRIESTE FILM FESTIVAL 2022 oppure ISCRIVITI A MYMOVIES ONE »
di Roberto Manassero
La 33esima edizione del Trieste Film Festival, un tempo conosciuto anche come Alpe Adria Cinema, si svolgerà in una doppia edizione: dal 21 al 27 gennaio in presenza, a Trieste; dal 26 al 30 gennaio in streaming, sulla piattaforma on demand di MYmovies. Per quest’ultima opzione sarà possibile vedere i film sia accreditandosi al festival (con le varie formule Regular, 12,90 €; Supporter, 49 €; Supporter PRO 149 €), sia iscrivendosi a MYmovies ONE, formula che permette l’accesso anche a tutti gli altri festival e piattaforme ospitate da MYmovies.
Del ricchissimo programma del Trieste Film Festival, da tre decenni una delle più complete carrellate sulla produzione delle cinematografie dell’Europa centro-orientale, segnaliamo in particolare i titoli della sezione Fuori dagli sche(r)mi, che fin dal gioco di parole del titolo dichiara l’intenzione di promuovere un cinema innovativo, oltre gli stili e le modalità di ripresa consolidati.
Inevitabile perciò partire da uno dei film più belli del 2021, The Girl and the Spider di Ramon e Silvan Zürcher, vincitore a Berlino del premio per la Migliore Regia nella sezione Encounters: con una messinscena geometrica (cubista, addirittura), fatta di spazi, colori, figure che incrociano corpi e sguardi, i due gemelli svizzeri-tedeschi raccontano una giornata di trasloco. Tra un casa che si riempie e un che si svuota, viene allestito un balletto di desideri, amori e contrapposizioni in cui nulla è esplicitato e tutto è chiarissimo: un piccolo capolavoro, insomma.
Ancora da Berlino, dal concorso ufficiale, arriva Forest - I See You Everywhere di Bence Fliegauf, regista ungherese che riprende il lavoro di osservazione iniziato nel 2003 con il primo Forest. Girato durante il lockdown del 2020, il film unisce il minimalismo di scene domestiche girate in interni e con macchina a mano all’idea ambiziosa di comporre il mosaico di un’alienazione collettiva. Un film ipnotico e così fuori dal contemporaneo – il digitale a bassa definizione sembra riportare indietro di vent’anni – da risultare affascinante.
Encounters era anche la sezione di Moon, 66 Questions di Jacqueline Lentzou, che nelle forme ormai riconoscibili del cinema greco – messa in scena iperrealista, toni laconici sul filo dell’assurdo, inquadrature geometriche, recitazione straniante – racconta il ritorno ad Atene di una ragazza il cui padre, dopo essere misteriosamente scomparso, è stato ritrovato in stato semi-vegetativo. Il rapporto fra padre e figlia e fra quest’ultima e il resto della famiglia dà vita a situazioni grottesche che illuminano il quadro di un paese perduto nelle proprie illusioni.
Un altro amore difficile fra un padre e una figlia è al centro di Notre endroit silencieux di Elitza Gueorguieva, regista bulgara che segue l’aspirante scrittrice bielorussa Aliona (una figura a metà tra invenzione e proiezione autobiografica) nel tentativo di scrivere un romanzo sul genitore scomparso. Il cuore del soggetto è in realtà il rapporto fra le due donne, uno specchio distorto che genera immagini incerte sogno, realtà e immaginazione.
La Bielorussia è poi ancora protagonista in Khan’s Flesh di Krystsina Savutsina, in cui la situazione sociale dell’ex Repubblica sovietica, oggi ancora schiacciata dal tallone della dittatura, viene colta in un momento di calma prima della tempesta (le riprese sono state effettuate prima delle proteste in seguito alle elezioni): l’attitudine all’ascolto e all’osservazione del documentario si apre in maniera inattesa all’astrazione e così un mondo di regole e costrizioni si mostra in quanto sistema di potere e controllo disumano.
Infine, dall’Azerbaijan – ma in realtà dal mondo magico di Hilal Baydarov, autore lo scorso anno del bellissimo In Between Dying, in concorso a Venezia – arriva Crane Lantern, incursione poetica in una terra splendida e desolata, dove un uomo incontra un presunto criminale e scopre l’accesso a una possibile verità suprema. Baydarov è un regista unico: ha qualcosa di selvaggio, a volte quasi di dilettantesco, ma nelle sue immagini c’è l’eco di una visione d’autore ormai così rara da mostrarsi ogni volta come una rivelazione, una scoperta.