
Paolo Rossi dà voce a un popolo che difende il proprio diritto ad esserci.
di Fiorella Taddeo
Paolo Rossi si aggira tra le strade di Pomigliano d'Arco. Panama bianco in testa, accompagnato da una mini-troupe, si immerge nella realtà del comune dell'hinterland napoletano, ben noto per essere la sede dello stabilimento Fiat "Giambattista Vico".
Una location "scomoda", un racconto difficile, un narratore dissacrante: Rcl – Ridotte capacità lavorative, nonostante l'esiguo budget (sedicimila euro in produzione, lievitato a cinquanta mila con la post-produzione) e le poche copie che saranno in circolazione (trenta; anche se è lo stesso numero del kolossal risorgimentale Noi credevamo di Mario Martone), sembra avere tutti gli elementi per far parlare di sé. Il film, che sarà presentato al prossimo Torino Film Festival, uscirà in sala il 10 dicembre nelle principali città italiane. Poi inizierà un percorso distributivo anche in giro per l'Italia.
Un'interessante scommessa
Il lavoro, diretto da Massimiliano Carboni, nasce da un'idea del giornalista napoletano Alessandro Di Rienzo ed è prodotto da Ami-Agenzia Multimediale Italiana e da Mauro Berardi.
"È stata una scommessa – spiega Di Rienzo – Tutto è nato la notte del referendum a cui hanno partecipato gli operai dello stabilimento e che io seguivo per lavoro. Era una situazione paradossale e c'era una scollatura evidente tra quanto raccontato dai media e la realtà vissuta dalle persone di Pomigliano. È nata così l'idea del film".
Il genere è quello dell'instant movie, un modo di fare cinema, dicono gli autori, "espresso", improvviso. La vita viene colta nell'attimo stesso in cui viene vissuta, raccontata, osservata. I botta e risposta tra Paolo Rossi e la gente incontrata in cinque giorni di riprese non sono frutto di un copione, ma la diretta conseguenza della situazione e della complicità creatasi sul set. "Abbiamo girato basandoci su un canovaccio solido – afferma l'autore – Paolo ha dato il suo forte imprinting di attore di teatro e si integrava giorno dopo giorno alla storia, improvvisando con le persone incontrate. Si può dire un modo di lavorare alla Totò e Peppino".
Le vicende della Fiat con un pizzico d'ironia
Con Rcl, si cerca di raccontare le vicende della Fiat a Pomigliano con un linguaggio diverso dalla cronaca giornalistica e con un necessario riferimento all'ironia. La location è un paese del Mezzogiorno in piena crisi di identità. Ha una sola piazza e tre fontanelle e, all'orizzonte, un polo industriale. Civiltà e cultura contadina prima dell'inizio degli anni sessanta, poi le case per gli operai dell'Alfa e una nuova toponomastica: Parco Piemonte, via Po, via Torino, via Alfa.
Oggi la Fiat potrebbe andare via. A rischio ci sono 5100 posti di "lavoro bianco" in terra di camorra. Agli onori della cronaca è così balzata la trattativa impresa-lavoratori con il referendum sulle nuove condizioni contrattuali che ha tenuti con il fiato sospeso il paese e l'universo sindacale italiano. Argomento spinoso da trattare che induce Rossi, nel film, a fare un voto al genio di Charlie Chaplin: "Tu che con Tempi Moderni hai saputo raccontare la catena di montaggio – recita l'attore – Mandaci un'idea buona per raccontare il lavoro in fabbrica oggi".
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