Qui nasce spontanea la vexata quaestio: - si può davvero ridere di tutto e di tutti? – Sono molto dibattuto sul tema. E trovo che siano ugualmente fondate sia le ragioni a favore che contro
Abbiamo riso e ridiamo di certi mali assoluti: le ideologie totalitarie del ‘900, il razzismo, la guerra e la mafia per l’appunto. Forse tutto dipende da come se ne parla? Ma qui intervengono dei criteri estetici che sono puramente soggettivi.
Personalmente non mi piacciono in generale i film sulla mafia e tantomeno quelli che ne fanno una parodia, una scimmiottatura. Perché temo che così facendo in qualche modo ne sminuiscano la pericolosità e la minaccia profonda che rappresentano per i cittadini. Paradossalmente la mafia ne esce comunque mitizzata, idealizzata persino sia quando provi a riderne sia quando finisci per dipingerla unicamente come una sorta di scontro tra gendarmi valorosi o giudici coraggiosi (e isolati normalmente) e pistoleri truci e spietati. Insomma, la mafia (con le sue diverse declinazioni regionali) finisce sempre per diventare una storia di altri cui si delega la lotta e il contrasto. Oppure quando il fenomeno è troppo complesso per essere reso degnamente non resta che riderne semplificandolo fatalmente? O forse è il mezzo cinematografico che per sua natura finisce per edulcorare anche le realtà più squallide? In tal senso le immagini cinematografiche sono sempre un – inganno, una bugia, una “farsa” che altera la realtà –
Ma il problema non è il cinema in sé, ovviamente. Forse più semplicemente è il “mondo rappresentato” dalle (nelle) immagini, e quelle in movimento che scorrono su uno schermo in tal caso, che fa “ridere”. In tal senso ridere delle “immagini di mafia” vuol dire che quel fenomeno non (s)muove più un pensiero, una riflessione, un punto di vista; non (com)muove, non scuote. Al cinema finiamo per assistere soltanto a “immagini-proiezioni” della nostra irrimediabile rassegnazione all’andazzo. Ridere è dissociarsi dalla realtà fino all’estremo di negarla persino.
Se non puoi sconfiggere il male, ti conviene riderne, allora. “Ridere diventa l’unica medicina” per un coscienza affranta. Quando ridiamo ci dichiariamo inermi, il popolo improvvisamente è nudo e la risata assurge a misera consolazione.
Chi riesce a ridere al cinema della mafia ha smesso di combatterla, e quell'ora e mezza di spettacolo diventa l’unico momento in cui ci pensi davvero. Chi ride della mafia fa professione di cinismo. E allora forse è un bene che io non riesca a ridere della “cosa nostra” perché vorrebbe dire che sono ancora fiducioso che si possa contrastare certo sopruso. Violenza e prevaricazione non sono un destino ineluttabile, dunque. Insomma non sono esattamente privo di speranze.
Sembra incredibile che si possa ridere nel bel mezzo di uno scempio sociale, culturale, etico e morale, ma “L'uomo, mio caro, è un paradosso. Una creatura assai bizzarra. Ride quando c'è da piangere, piange quando gli converrebbe ridere; vive senza cervello e muore senza voglia.” Amos Oz
Se proprio volete ridere della mafia approfittate quantomeno del momento per aggiungere qualche goccia di pianto alla vostre risate. Sarebbe la prova che la coscienza non si è inaridita, non del tutto, se non altro
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