antonio montefalcone
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venerdì 6 dicembre 2019
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un “kramer contro kramer” dei nostri giorni
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Baumbach dirige con raffinatezza, cura geometrica e stile pungente la sua opera più matura, ambiziosa e malinconica, mettendosi a nudo e sfidando le convenzioni. Per merito di una sceneggiatura equilibrata, ben scritta, solida e ricca di sequenze e dialoghi efficaci, incalzanti, sinceri, la pellicola indaga nelle psicologie e nelle dinamiche di un amore al capolinea, di un divorzio che tira fuori il peggio da un uomo e una donna.
E lo fa con una naturalezza impressionante nella sua crudezza, che sembra richiamare alcuni momenti della filmografia di Ingmar Bergman.
Parlare di amore e matrimoni attraverso il divorzio e le sue conseguenze.
Un tema che il cinema indipendente del regista aveva già affrontato nel suo film ad oggi più interessante, “Il calamaro e la balena”, ispirato alla separazione dei genitori e raccontato dall’altro punto di vista, quello dei figli, dei più piccoli; ma continuando anche il discorso che aveva intrapreso nel suo “Frances Ha”.
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Baumbach dirige con raffinatezza, cura geometrica e stile pungente la sua opera più matura, ambiziosa e malinconica, mettendosi a nudo e sfidando le convenzioni. Per merito di una sceneggiatura equilibrata, ben scritta, solida e ricca di sequenze e dialoghi efficaci, incalzanti, sinceri, la pellicola indaga nelle psicologie e nelle dinamiche di un amore al capolinea, di un divorzio che tira fuori il peggio da un uomo e una donna.
E lo fa con una naturalezza impressionante nella sua crudezza, che sembra richiamare alcuni momenti della filmografia di Ingmar Bergman.
Parlare di amore e matrimoni attraverso il divorzio e le sue conseguenze.
Un tema che il cinema indipendente del regista aveva già affrontato nel suo film ad oggi più interessante, “Il calamaro e la balena”, ispirato alla separazione dei genitori e raccontato dall’altro punto di vista, quello dei figli, dei più piccoli; ma continuando anche il discorso che aveva intrapreso nel suo “Frances Ha”.
Si possono ritrovare attimi di dolcezza e tenerezza in noi e in ciò che amavamo dell’altro, anche dopo la fine di un matrimonio? E’ questa una delle tante domande che ci pone questo “Marriage Story”, uno dei tanti spunti di riflessione che stimolano lo spettatore e lo coinvolgono in una toccante ed emozionante vicenda, radiografia impietosa ed acuta della famiglia e delle fragilità nei rapporti tra mariti e mogli.
E infatti, molte scene madri e i tanti dolenti primi piani sono tutti per i suoi magnifici interpreti, due convincenti e credibili Adam Driver e Scarlett Johansson.
Sono loro, con gli intensi monologhi, i duelli, i gesti, i sorrisi e le lacrime, ad impreziosire ulteriormente la messinscena e il valore di questo film.
Un film intimo ed intimistico, che fa trovare ai suoi protagonisti, nell’imprevedibilità del quotidiano, il richiamo alla vita…
L’opera ha ricevuto grandi apprezzamenti dalla critica internazionale e ricevuto vari riconoscimenti in festival e competizioni americane, vincendo recentemente 4 premi Gotham al miglior film indipendente dell’anno, migliore sceneggiatura, miglior attore Adam Driver e il premio del pubblico.
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enrico pallazzo
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sabato 28 marzo 2020
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bel film ma ...
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Complessivamente un bel film. Ben diretto, buon ritmo, storia nel complesso interessante e ottima interpretazione dei due protagonisti.
Quello che mi convince poco sono alcuni dettagli a livello di trama e personaggi che mi sembrano in alcuni casi troppo stereotipati o figli della moda del momento. Certo nessuno si aspetta da Baumbach un ritratto al vetriolo alla Solondz ma dettagli tipo quelli finali in cui l'avvocato di lei vince il suo 55% perchè più brava e lei che viene candidata al grammy alla regia (non ricordo bene il premio ma il senso era, quello sui cui era bravo il marito lei lo poteva fare con altrettanti risultati impiegandoci meno tempo) mi sembrano troppo ammiccanti verso il mood attuale (e da un regista come Baumach che adoro e di cui ben conosco tutti i film mi delude un po') anche con il rischio di far diventare il film un po' patetico nello stile film drammatico medio italiano.
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Complessivamente un bel film. Ben diretto, buon ritmo, storia nel complesso interessante e ottima interpretazione dei due protagonisti.
Quello che mi convince poco sono alcuni dettagli a livello di trama e personaggi che mi sembrano in alcuni casi troppo stereotipati o figli della moda del momento. Certo nessuno si aspetta da Baumbach un ritratto al vetriolo alla Solondz ma dettagli tipo quelli finali in cui l'avvocato di lei vince il suo 55% perchè più brava e lei che viene candidata al grammy alla regia (non ricordo bene il premio ma il senso era, quello sui cui era bravo il marito lei lo poteva fare con altrettanti risultati impiegandoci meno tempo) mi sembrano troppo ammiccanti verso il mood attuale (e da un regista come Baumach che adoro e di cui ben conosco tutti i film mi delude un po') anche con il rischio di far diventare il film un po' patetico nello stile film drammatico medio italiano.
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jonnylogan
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lunedì 10 maggio 2021
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quando la coppia scoppia
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Quando Kramer contro Kramer, pluripremiata pellicola della notte degli Oscar del 1980, viene proiettata quarant’anni nel futuro il risultato è un’eccellente rivisitazione del dramma famigliare che colpì prima Meryl Streep e Dustin Hoffman e che oggi non da scampo nemmeno a Scarlett Johansson e Adam Driver, attori talentuosi capaci di descrivere, grazie all’aiuto del regista e sceneggiatore Noah Baumbach, trasversale e, fino a oggi, non certo autore di Blockbuster, oltre che molto meno noto del duo di critici costituito dai genitori, cosa significhi separarsi negli anni ‘20 del XXI secolo. Se nella pellicola diretta da Rob Benton il prologo vedeva il pubblicitario Hoffman rincasare e scoprire all’improvviso cosa stia per accadere al suo matrimonio, in tal caso tutto è già sul tavolo sin dalle prime battute.
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Quando Kramer contro Kramer, pluripremiata pellicola della notte degli Oscar del 1980, viene proiettata quarant’anni nel futuro il risultato è un’eccellente rivisitazione del dramma famigliare che colpì prima Meryl Streep e Dustin Hoffman e che oggi non da scampo nemmeno a Scarlett Johansson e Adam Driver, attori talentuosi capaci di descrivere, grazie all’aiuto del regista e sceneggiatore Noah Baumbach, trasversale e, fino a oggi, non certo autore di Blockbuster, oltre che molto meno noto del duo di critici costituito dai genitori, cosa significhi separarsi negli anni ‘20 del XXI secolo. Se nella pellicola diretta da Rob Benton il prologo vedeva il pubblicitario Hoffman rincasare e scoprire all’improvviso cosa stia per accadere al suo matrimonio, in tal caso tutto è già sul tavolo sin dalle prime battute. Dopo quasi dieci anni trascorsi assieme Charlie Barber, regista teatrale New Yorkese, e sua moglie Nicole, attrice nella sua compagnia, sono in terapia presso uno psicologo per cercare di salvare un matrimonio che gli ha lasciato in eredità un figlio di appena 8 anni. A fare precipitare le cose è la decisione di Nicole di tornare a Los Angeles per girare l’episodio pilota per una nuova serie. Da quel momento quello che sembrava essere un matrimonio in crisi diventa fonte di stress e rivendicazioni da parte dei due ex coniugi. A farla da padroni inizieranno a essere i vari avvocati che si alterneranno al fianco dei due. Dalla Femminista Nora Fanshaw, la Lynchiana Laura Dern premiata con la statuetta Oscar come migliore attrice non protagonista, al misogino Jay Marotta, il redivivo Ray Liotta, sino a Bert Spitz, Alan Alda, nuovamente presente sul grande schermo a cinque anni di distanza da Il ponte delle spie di Spielberg, che in Charlie vede il sé stesso di molti anni prima. Nel centro una famiglia californiana, quella di Nicole, che non riesce a capacitarsi del fallimento del matrimonio di quest’ultima con tanto di una madre, Julie Hagerty, direttamente proveniente da L’aereo più pazzo del Mondo, che parteggia sfacciatamente per l’ex genero.
Fra recriminazioni, favori reciproci, perché in fin dei conti l’amore ha fatto posto a un affetto fraterno e litigi perfettamente portati in scena da due fra i migliori attori della nuova generazione si arriva a un epilogo che non riesca a confezionare altre statuette oltre a quella consegnata alla Dern. Pellicola che nonostante questa mancanza lascia decisamente il segno vuoi per la bravura di tutto il cast, vuoi per un tema decisamente sentito come quello di un fallimento famigliare.
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fabio
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martedì 3 marzo 2020
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la crisi del matrimonio
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L'accostamento più evidente è con "Kramer contro Kramer", tuttavia il film se ne discosta per l'approccio narrativo diverso, più corale e più dolente: nel film del 1979 manca quasi del tutto la figura della moglie/madre e la narrazione si concentrava sul marito/padre, inoltre lo scontro/confronto tra i "ruoli" è meno vivo.
Toccante, rispettoso e senza forzature; il film osserva senza giudicare l'evoluzione di una crisi coniugale come tante: litigi, incomprensioni, avvocati, dolore...
Il pregio maggiore è l'equilibrio, la maturità con la quale si mette in scena il dramma. Adam Driver e Scarlett Johansson non saranno carismatici e con una recitazione d'impatto come un Dustin Hoffmann o la Streep, tuttavia riescono efficacemente nel dar vita ai loro personaggi.
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L'accostamento più evidente è con "Kramer contro Kramer", tuttavia il film se ne discosta per l'approccio narrativo diverso, più corale e più dolente: nel film del 1979 manca quasi del tutto la figura della moglie/madre e la narrazione si concentrava sul marito/padre, inoltre lo scontro/confronto tra i "ruoli" è meno vivo.
Toccante, rispettoso e senza forzature; il film osserva senza giudicare l'evoluzione di una crisi coniugale come tante: litigi, incomprensioni, avvocati, dolore...
Il pregio maggiore è l'equilibrio, la maturità con la quale si mette in scena il dramma. Adam Driver e Scarlett Johansson non saranno carismatici e con una recitazione d'impatto come un Dustin Hoffmann o la Streep, tuttavia riescono efficacemente nel dar vita ai loro personaggi.
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fabio
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martedì 3 marzo 2020
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la crisi del matrimonio
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L'accostamento più evidente è con "Kramer contro Kramer", tuttavia il film se ne discosta per l'approccio narrativo diverso, più corale e più dolente: nel film del 1979 manca quasi del tutto la figura della moglie/madre e la narrazione si concentrava sul marito/padre, inoltre lo scontro/confronto tra i "ruoli" è meno vivo.
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L'accostamento più evidente è con "Kramer contro Kramer", tuttavia il film se ne discosta per l'approccio narrativo diverso, più corale e più dolente: nel film del 1979 manca quasi del tutto la figura della moglie/madre e la narrazione si concentrava sul marito/padre, inoltre lo scontro/confronto tra i "ruoli" è meno vivo.
Toccante, rispettoso e senza forzature; il film osserva senza giudicare l'evoluzione di una crisi coniugale come tante: litigi, incomprensioni, avvocati, dolore...
Il pregio maggiore è l'equilibrio, la maturità con la quale si mette in scena il dramma. Adam Driver e Scarlett Johansson non saranno carismatici e con una recitazione d'impatto come un Dustin Hoffmann o la Streep, tuttavia riescono efficacemente nel dar vita ai loro personaggi.
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ghisi gr�tter
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lunedì 2 dicembre 2019
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coppie scoppiate
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Ho già avuto modo di commentare l’opera di questo regista che può essere considerato un po' l’erede di Woody Allen, in particolare per i suoi i film “Frances Ha” del 2012, “Giovani si diventa” del 2014 e “Mistress America” del 2015, dei quali è anche sceneggiatore.
“Storia di un matrimonio” è un altro film prodotto da Netflix, quindi di difficile visione al cinema: in tutta Roma, in questi giorni, lo proiettano in un’unica sala.
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Ho già avuto modo di commentare l’opera di questo regista che può essere considerato un po' l’erede di Woody Allen, in particolare per i suoi i film “Frances Ha” del 2012, “Giovani si diventa” del 2014 e “Mistress America” del 2015, dei quali è anche sceneggiatore.
“Storia di un matrimonio” è un altro film prodotto da Netflix, quindi di difficile visione al cinema: in tutta Roma, in questi giorni, lo proiettano in un’unica sala. Chissà quanto il famoso film di Bergman “Scene da un matrimonio” del 1973, ha influenzato Baumbach, tanto da inserirne un poster che il protagonista mostra a suo figlio?
Il film esce quarant’anni dopo “Kramer vs Kramer” - diretto da Robert Brenton sullo stesso tema - che aveva riscosso un grande successo vincendo anche l’Oscar nel 1980. Infatti, anche “Storia di un matrimonio” narra le vicende della separazione di una coppia e mostra come si possa finire in una escalation di aggressive rivendicazioni, una volta che i coniugi si mettono in mano ad abili avvocati senza scrupoli.
Il tema della separazione era già stato affrontato dal regista newyorkese in un suo precedente film “The Squid and The Whale” del 2005, ma ritorna quale elemento autobiografico, dopo la sua lunga e sofferta separazione da sua moglie, l’attrice Jennifer Jason Leigh, terminata nel 2013.
Ma vediamo la storia. Charlie Barber (un bravissimo Adam Driver) è un registra teatrale di successo che vive e lavora a New York City, ha una sua compagnia nella quale recita anche sua moglie Nicole (ben interpretata da Scarlett Johansson). Hanno un figlio piccolo che si chiama Henry (Azhy Robertson) e che ancora non sa leggere. Dopo vari anni di matrimonio iniziano ad avere qualche problema di coppia e vanno da un consulente matrimoniale. Il legame fra i due è solido, i problemi però sembrano essere più “esterni”: carriere, ambizioni, amicizie, famiglie, luoghi.
Lei, ricevuta un’offerta per una serie televisiva, lascia la compagnia e si trasferisce con Henry da sua madre (Julie Hagerty) - una ex attrice - e da sua sorella (Merritt Wever) a Los Angeles, dove è nata e cresciuta, proprio mentre la commedia di Charlie ha successo e sta per debuttare a Broadway.
Quando Charlie volerà in California si troverà una richiesta di divorzio scritta dall’avvocatessa Nora Fanshaw (una strepitosa Laura Dern), famigerata e temibile divorzista. Nonostante Charlie e Nicole avessero concordato una separazione pacifica e senza avvocati, la loro diventerà una vera e propria battaglia.
Charlie sperimenta così quanto sia difficile fare il padre a 5.000 km di distanza e si deve dividere tra il suo lavoro (e la sua vita) a New York e le visite al figlio a Los Angeles. Consigliato da un primo avvocato prende in affitto una casa anche lì e viene risucchiato in un gioco malefico di rivendicazioni e di accuse. Per difendersi meglio cambia anche avvocato (Alan Alda) ne prende uno molto più combattivo (Ray Liotta) e, ovviamente, anche molto più caro.
Proprio come in “Kramer contro Kramer”, ogni piccolo dettaglio della vita di coppia viene travisato e amplificato fino a che gli avvocati arrivano a delineare lei come una figura di madre incapace di rivestire quel ruolo, e lui come una persona inaffidabile che promette cose che non mantiene.
Alla fine lei otterrà che il figlio possa vivere stabilmente a Los Angeles, ma l’affidamento sarà alla pari.
Così dichiara il regista: «Negli Stati Uniti, il processo legale che porta al divorzio è impostato per dividere, necessariamente. Divide persone, famiglia, proprietà e tempo. Offusca il punto di vista dell’altra persona, è, fondamentalmente, egoista. Ma volevo costruire un altro modo di vederlo, un’offerta più generosa. Volevo trovare la storia d’amore anche in tempo di crisi. Il matrimonio, ovviamente, continua anche nel divorzio: sei sposato tutto il tempo che lo fai. E quando è coinvolto un bambino, il matrimonio continua, in un certo senso, anche dopo il divorzio».
Nel film è sottolineata la superficialità della vita californiana - sembra che sia sempre Halloween con tutti in maschera - il cui unico merito è la grande quantità di spazio (e il clima…). Infatti, la contrapposizione tra New York considerata culla della cultura e delle arti, e le città della costa californiana - nella fattispecie Los Angeles - è un tema tipico degli ebrei intellettuali newyorkesi. E non solo dei registi.
Il film in alcuni punti è gestito come una vera e propria opera teatrale, sorretto anche dalla eccezionale bravura dei suoi interpreti. I dialoghi avvengono sempre in spazi chiusi, in cui i corpi degli attori e la loro vicinanza hanno una grande importanza proprio come nelle pièces teatrali. Inoltre, in “Storia di un matrimonio” la recitazione attoriale e lo sguardo del regista si fondano in una perfetta sinergia donando una notevole espressività alle immagini.
Il film è stato presentato al Festival di Venezia ad agosto di quest’anno e al Toronto International Film Festival in settembre, riscuotendo giudizi positivi. La recitazione di Adam Driver in questo film, è stata considerata dal “Time’s magazine” tra le migliori del 2019.
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felicity
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mercoledì 5 febbraio 2020
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gli effetti devastanti della fine di un amore
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Storia di un matrimonio è una vetrina straordinaria per le sue star, Driver e Johansson.
La Johansson interpreta questa donna che si rende conto ad un certo punto della sua vita di come stia vivendo il sogno di qualcun altro: il suo sguardo riesce a catturare lo spettatore fin dal primo fotogramma.
Adam Driver si dimostra capace di far sorridere così come di essere molto empatico e temibile in alcune occasioni.
Il teatro si impone nel film gradualmente come la metafora di una vita di coppia uscita dai cardini, andata fuori sincrono, dove la spontaneità viene soppiantata dall’artificio.
Il film stesso è un teatrino della crudeltà, un mondo di emotività compressa e ridotta a pura apparenza, che il regista racconta con affilata precisione, quasi in equilibrio tra commedia e dramma; attento alle figure di contorno (sensazionale Laura Dern nei panni di un avvocato che non fa prigionieri) come alle intermittenze emotive dei due personaggi, alle increspature del loro desiderio, ai momenti di ostilità pura come a quelli dove l’affiatamento torna per un attimo.
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Storia di un matrimonio è una vetrina straordinaria per le sue star, Driver e Johansson.
La Johansson interpreta questa donna che si rende conto ad un certo punto della sua vita di come stia vivendo il sogno di qualcun altro: il suo sguardo riesce a catturare lo spettatore fin dal primo fotogramma.
Adam Driver si dimostra capace di far sorridere così come di essere molto empatico e temibile in alcune occasioni.
Il teatro si impone nel film gradualmente come la metafora di una vita di coppia uscita dai cardini, andata fuori sincrono, dove la spontaneità viene soppiantata dall’artificio.
Il film stesso è un teatrino della crudeltà, un mondo di emotività compressa e ridotta a pura apparenza, che il regista racconta con affilata precisione, quasi in equilibrio tra commedia e dramma; attento alle figure di contorno (sensazionale Laura Dern nei panni di un avvocato che non fa prigionieri) come alle intermittenze emotive dei due personaggi, alle increspature del loro desiderio, ai momenti di ostilità pura come a quelli dove l’affiatamento torna per un attimo.
La regia è colloquiale e distesa, alla Woody Allen, al servizio di una fusione di dolore e amore da groppo in gola, dove non si capisce mai comincia l’uno e dove finisce l’altro e di un affresco minimale e universale graziato dalle meravigliose interpretazioni, cariche di sottigliezze, di Driver e della Johansson.
Da loro il regia tira fuori un’alchimia miracolosa, di quelle che si vedono di rado e che è un privilegio ammirare.
Marriage Story è un film che ha la sapienza di affiancarsi ai suoi due personaggi raccogliendo i cocci delle loro esistenze, scoprendone i lividi e le tenerezze più nascoste e inconfessabili.
Allo spettatore non rimane che il piacere amarissimo e coinvolgente di immergersi in questo flusso di commozione.
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cinephilo
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domenica 8 dicembre 2019
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lacrime e sorrisi che profumano di vita vera.
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Se ad una scena ti ruba un sorriso nella seguente ti strappa letteralmente via le lacrime. Baumbach è un maestro nella rappresentazione della quotidianità : voci che si sovrappongono, scene che si intrecciano, dialoghi bellissimi perché imperfetti e quindi veri. La visione di questo film ti porta ad apprezzare le piccole cose della vita, quelle che ti accadono tutti i giorni e a cui non fai nemmeno caso. Superba la prestazione degli attori : bravissima la Johansson ma Driver signori non è di questo pianeta. Fa letteralmente un campionato su una galassia tutta sua. Nella scena del litigio offre una delle prove recitative più incredibili nella storia del cinema : solo Day Lewis ne "Il Petroliere" e C.
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Se ad una scena ti ruba un sorriso nella seguente ti strappa letteralmente via le lacrime. Baumbach è un maestro nella rappresentazione della quotidianità : voci che si sovrappongono, scene che si intrecciano, dialoghi bellissimi perché imperfetti e quindi veri. La visione di questo film ti porta ad apprezzare le piccole cose della vita, quelle che ti accadono tutti i giorni e a cui non fai nemmeno caso. Superba la prestazione degli attori : bravissima la Johansson ma Driver signori non è di questo pianeta. Fa letteralmente un campionato su una galassia tutta sua. Nella scena del litigio offre una delle prove recitative più incredibili nella storia del cinema : solo Day Lewis ne "Il Petroliere" e C.Affleck in "Manchester by the Sea" mi avevano colpito così tanto. Buone anche le prestazioni di "contorno" per un ensenble molto affiatato e diretto magistralmente dal regista (L.Dern, R.Liotta, delle divertentissime J.Hagerty e M.Wever). Dopo diversi film discreti questo, per Baumbach, è il momento del suo primo vero CAPOLAVORO.
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