umberto
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sabato 22 febbraio 2020
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la forza della verità
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Quando esce un film basato su vicende giudiziarie realmente accadute, le mie antenne si drizzano e, quando devo scegliere cosa vedere al cinema, la mia scelta spesso ricade su questo genere di storia. Appurato che quindi già parto da una valutazione alta, posso anche dire che, d'altro canto, le mie pretese sono alte a riguardo. Ebbene, siamo di fronte ad un ottimo film. Todd Haynes colpisce nel segno mettendo in luce, in modo chiaro e lineare, uno degli orrori della società americana, che si è riflettuto su tutto il mondo occidentale. Diversi i temi portati sul tavolo, da quelli ambientalisti, passando a quelli sulla salute, per arrivare ai giochi di potere tra colossi aziendali e chi dovrebbe tutelare i diritti dei più deboli.
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Quando esce un film basato su vicende giudiziarie realmente accadute, le mie antenne si drizzano e, quando devo scegliere cosa vedere al cinema, la mia scelta spesso ricade su questo genere di storia. Appurato che quindi già parto da una valutazione alta, posso anche dire che, d'altro canto, le mie pretese sono alte a riguardo. Ebbene, siamo di fronte ad un ottimo film. Todd Haynes colpisce nel segno mettendo in luce, in modo chiaro e lineare, uno degli orrori della società americana, che si è riflettuto su tutto il mondo occidentale. Diversi i temi portati sul tavolo, da quelli ambientalisti, passando a quelli sulla salute, per arrivare ai giochi di potere tra colossi aziendali e chi dovrebbe tutelare i diritti dei più deboli. Avvincente in tutto il suo svolgimento con un Mark Ruffalo in grande spolvero e una Anne Hathaway che parte molto in sordina per poi venire fuori alla grande alla distanza.
Voto: 9+
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[+] una commovente parabola umana e morale
(di antonio montefalcone)
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loland10
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lunedì 24 febbraio 2020
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acqua e giustizia
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“Cattive acque” (Dark Waters, 2019) è l’ottavo lungometraggio del regista-produttore di Los Angeles Todd Haynes.
Film civile della grande tradizione americana. Non ci sono dubbi, ci troviamo di fronte ad un film inchiesta scoperchiante e di poco compiacimento verso i poteri forti.
Fino alla fine e senza un lieto fine. Tutt’altro. Un’amarezza ed una paura strisciano lungo tutto il film fino ad oggi. Dappertutto e senza sosta. Scorrono gli anni fino al contemporaneo. All’oggi.
E le didascalie finali non promettono nulla di buono. Anzi un incubo nel pieno della globalizzazione e del profitto (e sfruttamento) ad ogni costo.
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“Cattive acque” (Dark Waters, 2019) è l’ottavo lungometraggio del regista-produttore di Los Angeles Todd Haynes.
Film civile della grande tradizione americana. Non ci sono dubbi, ci troviamo di fronte ad un film inchiesta scoperchiante e di poco compiacimento verso i poteri forti.
Fino alla fine e senza un lieto fine. Tutt’altro. Un’amarezza ed una paura strisciano lungo tutto il film fino ad oggi. Dappertutto e senza sosta. Scorrono gli anni fino al contemporaneo. All’oggi.
E le didascalie finali non promettono nulla di buono. Anzi un incubo nel pieno della globalizzazione e del profitto (e sfruttamento) ad ogni costo.
“La DuPont ha il potere, può mettere in fila i migliori avvocati possibili”.
“I dollari di risarcimento sono per loro briciole, possono (ri)guadagnarli in poche ore”.
“Hanno vinto, vincono e vinceranno sempre”.
Robert Bilott, l’avvocato e padre di famiglia ha messo tutto se stesso per cercare di bloccare il male. Ma è impossibile. È proprio impossibile fermare l’interesse totale di un potere economico formidabile.
il film è basato sull'articolo del ‘New York Times’ (2016) ‘The Lawyer Who Became DuPont's Worst Nightmare’ scritto da Nathaniel Rich, sullo scandalo dell'inquinamento idrico di Parkersburg nella Virginia Occidentale. L’avvocato Robert Bilott (difensore di industrie chimiche) viene contattato da un allevatore (Wilbur Tennant) del posto per delle forme tumorali e per grossi problemi alle sue mucche. Da timido approccio l’avvocato arriva a scoprire molto; sa degli scarichi irregolari verso certi corsi d’acqua e della zona completamente infetta di acido pericoloso. Si arriva anche ai prodotti usati per le pentole antiaderenti e il Teflon. Un marciume chiuso nelle carte e che mai nessuno ha avuto il coraggio di denunciare.
Anni e anni di battaglie legali tra il piccolo allevatore e il colosso chimico. Oltre Davide e Golia.
‘In fondo sono brave persone’ dice la donna, umile e madre. Se una delle ultime e colpita parla bene, per sentito e non sentito dire, difficile cominciare a scalfire il male e l’inquinamento che ha procurato (e che continuerà a farlo per sempre) per le persone che vi hanno lavorato, per tutte le persone che hanno acquistato e per tutti che hanno creduto ad una falsa promessa. La pubblicità dell’inganno continuo.
Si ha voglia di non usare più nessuna padella e di strappare pubblicità a misura di donne a trentadue denti (vedasi pubblicità dell’epoca) per la pulizia delle loro stoviglie.
Dagli anni cinquanta ad oggi niente sembra cambiato.
Finale amarissimo. Una retromarcia dell’inquadratura. Due persone che si perdono nel buio dello schermo. La fine. Sconfitta per tutti. La DuPont ha il marchio con inquadratura frontale: non si muove. La famiglia americana e la sua provincia tremano senza poter far nulla.
Film oltremodo consigliato per (cercare di) capire da dove siamo partiti e dove siamo arrivati. E la corsa non è finita. Una corsa senza medaglie dove l’uomo semplice viene sfruttato oltre i suoi miseri mezzi di scontro con il potere economico.
‘Ad oggi il 99% degli esseri umani abbia nel sangue una certa percentuale di PFAS’. Didascalia finale che mette i brividi.
Mark Ruffalo (Robert Bilott), riflessivo e testardo, silenzioso e basito, prova di compassione e di grande coraggio; Tim Robbins (Tom Terp), asettico e vile, maestranza e timoroso, prova di altezza al potere; Bill Pullman (Harry Dietzler), interessato e in mezzo, socchiuso e lunatico, prova di desolazione.
E’ da menzionare la vera forza di Bill Camp (nel personaggio dell’allevatore Wilbur) e quello che rappresenta nel film e nella verità processuale. Sulla sedia a rotelle insieme alla moglie, con la malattia già divorante dà coraggio, nei suoi gesti, all’avvocato Robert. Una sconfitta amara per chi ha bisogno di vivere del suo onestamente. Nella pellicola vengono citati nomi e cognomi veri, risarcimenti e atti, come vengono ringraziati i volti umani e deformati di chi ha subito ‘i danni genetici’ (dalla Chimica DuPont).
Anne Hathaway (Sarah Bilott), moglie tenace, paurosa, lontana e intensa. La sua vita accanto ad un ‘vittorioso’ perdente. L’inquadratura finale lascia sospesi e arabbiati.
Fotografia di Edward Lachman cruda e acerba, sfinita e fredda. Linearmente in padella. Musiche di Marcelo Zarvos metalliche e scontrose. Claustrofobicamente silenti.
Regia di Todd Haynes, vuota, vicina e dall’alto. La DuPont di fronte a noi.
Voto: 7½ (***½) -cinema inquinato-
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jonnylogan
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lunedì 30 marzo 2020
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c8hf15o2
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Erin Bronkovich è ancora una volta a caccia d’inquinamento ambientale e questa volta ha il volto e la rettitudine di Mark Ruffalo che impersona l’avvocato Robert Bilott, da oltre due decenni impegnato in difesa di coloro che sono stati vittima del PFOA, più comunemente noto come Teflon. Da questo incipit, fornito dall’articolo di Nathaniel Rich, si snoda l’ennesima vicenda cresciuta negli USA, dove un uomo può cercare di scardinare un sistema corrotto con l’appoggio di una famiglia comprensiva e della sua sete di giustizia. Rispetto ad altre pellicole analoghe, ed esattamente come il proprio alter ego femminile, il film che vede Ruffalo protagonista riesce a rapire lo spettatore grazie alle implicazioni personali che toccano la vita del protagonista e di chi lo affianca.
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Erin Bronkovich è ancora una volta a caccia d’inquinamento ambientale e questa volta ha il volto e la rettitudine di Mark Ruffalo che impersona l’avvocato Robert Bilott, da oltre due decenni impegnato in difesa di coloro che sono stati vittima del PFOA, più comunemente noto come Teflon. Da questo incipit, fornito dall’articolo di Nathaniel Rich, si snoda l’ennesima vicenda cresciuta negli USA, dove un uomo può cercare di scardinare un sistema corrotto con l’appoggio di una famiglia comprensiva e della sua sete di giustizia. Rispetto ad altre pellicole analoghe, ed esattamente come il proprio alter ego femminile, il film che vede Ruffalo protagonista riesce a rapire lo spettatore grazie alle implicazioni personali che toccano la vita del protagonista e di chi lo affianca. Haynes riesce a confezionare la sua prima pellicola appartenente al genere legal thriller, raccontando l’ennesimo infrangersi del sogno americano e cavalcando un genere tanto caro proprio al mondo a stelle e strisce. Il tutto intessendo una trama solida creata su una sceneggiatura che implica inevitabili salti temporali che però non inficiano minimamente il telaio della narrazione, aggiungendo a questa delle riprese fredde e notturne, merito dell’eccellente lavoro di Edward Lachman alla fotografia, con inquadrature livide esattamente come i miasmi che partono dalla DuPont sino alle condutture dell’acqua degli abitanti di Parkesburg, in West Virginia. Nonostante quindi il genere sia ampiamente esplorato e la conclusione a suo modo scontata, il film ne diviene prodromo grazie a spiegazioni accurate tratte dalle ricerche dell’avvocato Billot e grazie anche a un manipolo di eccellenti interpreti, Ruffalo, Anne Hathaway, nel ruolo di sua moglie Sarah, gli avvocati Tim Robbins, da sempre sensibile a tematiche ambientali e Bill Pullman, che si gettano anima e corpo alla ricerca di una giustizia difficile da raggiungere.
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stenoir
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domenica 27 marzo 2022
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il marcio viene a galla
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Cincinnati, fine anni 90: la vita dell’avvocato Robert Billott (Mark Ruffalo) e della propria famiglia (la moglie Sarah è interpretata da Anne Hathaway) cambia quando nel suo studio si presenta Wilbur Tennant, un contadino del West Virginia, il quale riferisce di conoscere la nonna di Robert; il motivo di questa visita è la morte di più di un centinaio di mucche della propria fattoria, dovuta all’insorgere di tumori e malformazioni. Billott prende a cuore la causa, indaga e, pur essendo un difensore di aziende chimiche, intenta una causa alla Dupont (colosso multinazionale, specializzato, appunto, in materiali chimici) perché da quanto ha potuto constatare, la suddetta, scarica i prodotti in un fiume passante nel terreno attiguo alla fattoria di Tennant.
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Cincinnati, fine anni 90: la vita dell’avvocato Robert Billott (Mark Ruffalo) e della propria famiglia (la moglie Sarah è interpretata da Anne Hathaway) cambia quando nel suo studio si presenta Wilbur Tennant, un contadino del West Virginia, il quale riferisce di conoscere la nonna di Robert; il motivo di questa visita è la morte di più di un centinaio di mucche della propria fattoria, dovuta all’insorgere di tumori e malformazioni. Billott prende a cuore la causa, indaga e, pur essendo un difensore di aziende chimiche, intenta una causa alla Dupont (colosso multinazionale, specializzato, appunto, in materiali chimici) perché da quanto ha potuto constatare, la suddetta, scarica i prodotti in un fiume passante nel terreno attiguo alla fattoria di Tennant. La vicenda, reale, nel film comincia nel 1998 -a parte un breve incipit quasi a tinte horror-, ma l’inizio di questa storia, risale ad alcuni decenni prima, durante la II Guerra Mondiale: senza addentrarsi nei termini tecnico-specifici della chimica, basti sapere che quanto avvenuto, coinvolse, direttamente, decine di milioni di cittadini statunitensi e, conseguentemente, anche il resto della popolazione mondiale. Cattive acque presenta una fotografia buia, oscura, come oscure e torbide sono le acque co-protagoniste di questo film; la pellicola si può dire rientri nel filone de Il Caso Spotlight o The Post, ma a differenza delle seguenti opere, in cui c’era un gruppo di persone ad indagare e a collaborare tra loro -temi e situazioni comunque differenti-, in questo caso, invece, c’è un uomo solo, un uomo che non si è arreso, ha combattuto e sta combattendo tuttora, in favore di altri individui, mettendo in pericolo la propria incolumità, fisica, ma anche quella mentale.
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inesperto
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venerdì 21 febbraio 2020
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uomini e battaglie
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Questo biopic/drama di tipo legale è la storia di un uomo che decide di scendere dalla rampa di lancio, sulla quale è appena salito, per tuffarsi in un'interminabile odissea. Un giorno, un allevatore di bassa istruzione piomba nell'ufficio di Robert Bilott con un cartone pieno di videocassette da egli stesso filmate, per dimostrare che i suoi animali stanno morendo a causa dell'acqua del lago dal quale si abbeverano, inquinata da un gigante dell'industria chimica. Nasce così il clamoroso caso del Teflon. Il nostro avvocato mette da parte carriera, salute e famiglia per combattere una battaglia che sembra non avere alcuno sbocco di successo. Anche quando le prime soddisfazioni arrivano, esse vengono puntualmente frustrate da cavilli procedurali e lungaggini burocratiche.
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Questo biopic/drama di tipo legale è la storia di un uomo che decide di scendere dalla rampa di lancio, sulla quale è appena salito, per tuffarsi in un'interminabile odissea. Un giorno, un allevatore di bassa istruzione piomba nell'ufficio di Robert Bilott con un cartone pieno di videocassette da egli stesso filmate, per dimostrare che i suoi animali stanno morendo a causa dell'acqua del lago dal quale si abbeverano, inquinata da un gigante dell'industria chimica. Nasce così il clamoroso caso del Teflon. Il nostro avvocato mette da parte carriera, salute e famiglia per combattere una battaglia che sembra non avere alcuno sbocco di successo. Anche quando le prime soddisfazioni arrivano, esse vengono puntualmente frustrate da cavilli procedurali e lungaggini burocratiche. La speranza sorge e tramonta in maniera estenuante. Dopo due decenni di colpevole ritardo, tuttavia, la dea della giustizia si degna di presentarsi all'appuntamento che le era stato dato. Ottimo Mark Ruffalo.
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felicity
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venerdì 19 giugno 2020
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dolente dramma giudiziario a tinte fosche
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Dolente dramma giudiziario a tinte fosche, nel quale la consueta gabbia narrativa del genere formata da completi gessati, investigazioni sul filo del rasoio, quintali di ciclostili e battaglie all’ultimo sangue fra i bachi degli imputati si trasforma in un incalzante e disturbatissimo tour de force legale.
Una gimkana quasi kafkiana al termine della quale l’amaro rimasto in bocca dalla tremenda consapevolezza acquisita risulta ben più abbondante delle misere soddisfazioni ottenute dalle povere vittime del caso.
Se nel film le linee narrative in alcuni frangenti non presentano un bilanciamento sempre coerente, la potenza del tema e del percorso del protagonista sono così incredibilmente coinvolgenti che a volte non ci si fa neanche caso alla lunga assenza di alcuni personaggi chiave.
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Dolente dramma giudiziario a tinte fosche, nel quale la consueta gabbia narrativa del genere formata da completi gessati, investigazioni sul filo del rasoio, quintali di ciclostili e battaglie all’ultimo sangue fra i bachi degli imputati si trasforma in un incalzante e disturbatissimo tour de force legale.
Una gimkana quasi kafkiana al termine della quale l’amaro rimasto in bocca dalla tremenda consapevolezza acquisita risulta ben più abbondante delle misere soddisfazioni ottenute dalle povere vittime del caso.
Se nel film le linee narrative in alcuni frangenti non presentano un bilanciamento sempre coerente, la potenza del tema e del percorso del protagonista sono così incredibilmente coinvolgenti che a volte non ci si fa neanche caso alla lunga assenza di alcuni personaggi chiave. Probabilmente è anche giusto così: è necessario entrare nell’ossessione che Ruffalo ben rappresenta con la sua sofferenza, la sua postura sghemba e incurvata, con i suoi tremori da stress. Perché la lotta contro il sistema stanca, svilisce, annienta e trascina con sé chi lotta.
Bilott, grazie anche all’ottima interpretazione di Ruffalo, mostra la consistenza morale dell’eroe tragico e di tutta la drammaticità che esso rappresenta. Una lotta del giusto, per il giusto, per i giusti a fronte del collasso morale di ogni norma che si piega alle viscide logiche del mercato e dell’economia.
E sai mai che non ce ne rendessimo conto, Haynes lo sottolinea ulteriormente, inserendo a più riprese dei contrappunti visivi ed emotivi che servono a tenere alta l'atmosfera tesissima da pandemia incombente e da paranoia cospirativa collettiva. Penso alle riprese aeree della città di notte con i suoi abitanti inconsapevoli, mentre Bilott lavora incessantemente, solo contro tutti, mettendo a rischio la propria salute, il proprio matrimonio e la propria reputazione, a costo di portare alla luce l'immane scandalo e rendere giustizia alle vittime. Un film necessario.
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eugen
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martedì 4 aprile 2023
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film civile di forte impatto
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"Dark Waters"(Todd Haynes, da un articolo di Nathaniel Rich sul"New Jork Times Magazine", sceneggiato da Mario Correa e Matthew Michael Carnahan, 2019)racconta della lunga battalgia legale, durata 20 anni, di un avvocato , in realta'dapprima difensore delle grandi aziende, che conosce il West Virginia in quanto sua madre e'nativa di la', che vene a conoscere i danni causati su animali e persone da una sostanza chimica usata in origine in guerra e poi anche a livlelo civile, appunto in quello stato. Battaglia che sembra persa e che provoca problemi gravi allo stesso avvocato(che si vede ridotto al minimo lo stipendio, con gravi irprercussioni familiari)e che rischia la morte per ischemia, ma che in fondo poi si dimostra valida, in quanto ha successo,, anche se l'azienda risolve il tutto con un accordo che le crea un esborso finanziario, che comunque risulta molto infeiore ai danni causati e incapace totalmnente di sanare anche solo in qualche ,modo quanto provocato.
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"Dark Waters"(Todd Haynes, da un articolo di Nathaniel Rich sul"New Jork Times Magazine", sceneggiato da Mario Correa e Matthew Michael Carnahan, 2019)racconta della lunga battalgia legale, durata 20 anni, di un avvocato , in realta'dapprima difensore delle grandi aziende, che conosce il West Virginia in quanto sua madre e'nativa di la', che vene a conoscere i danni causati su animali e persone da una sostanza chimica usata in origine in guerra e poi anche a livlelo civile, appunto in quello stato. Battaglia che sembra persa e che provoca problemi gravi allo stesso avvocato(che si vede ridotto al minimo lo stipendio, con gravi irprercussioni familiari)e che rischia la morte per ischemia, ma che in fondo poi si dimostra valida, in quanto ha successo,, anche se l'azienda risolve il tutto con un accordo che le crea un esborso finanziario, che comunque risulta molto infeiore ai danni causati e incapace totalmnente di sanare anche solo in qualche ,modo quanto provocato. Alcune osservazioni sul film :A)Opera civile tesa e certamente efficace nel dimostrare i dnani nascosti causati dalle grandi aziende, anche se il tutto si muove(deve muovere)nei limti di quei miseri spazi di liberta' concessi dal capitalismo , americnao ma di ogni parte del mondo(oggi il catpialismo, anche se"di stato"e'vigente anche in Cina, pur se formalmente si chiama ancora"Repubbloca popolare cinese". Opera comunqe da apprezzare, perche'riesce in ogni caso a sfurttare gli anzidetti spazi in maniera efficace. in un film teso, che giustamente non concede nulla al"giallo"o al"thirller" ; B)UN interprete porotagonista quale Murk Russalo non e'certo un"bello", ma con la bravura sopperisce a quel facile successo che invece ha spianato la strada ai"muscolosi"(Sylvester Stallone, Arnold Schwarzenegger etc.)o ai belli (qui lelenco e'relativo a una"legione"di intepreti anche di poca bravuta, come i citati "muscolosi"),, Anne Hathaway e'bravissima e sensibile nel rendere stati d'animo anche"minimi", Tim Robbins e Bill Camp sono anch'essi di sicuro valore intepretativo. Eugen
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figliounico
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martedì 6 febbraio 2024
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il cattivo capitalismo...
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Raro esempio di film denuncia nella produzione hollywoodiana, Dark Waters del 2019, diretto da Todd Haynes, è basato sulla vera storia della lotta tra l’avvocato Bilott, novello Davide, contro il gigante della petrolchimica DuPont, che per ironia della sorte, tra l’altro, produce anche pellicole cinematografiche. Il film vanta un cast d’eccezione con Mark Ruffalo nel ruolo dell’eroico protagonista che spende la sua vita rischiando la carriera per difendere la vita degli altri, Anne Hathaway nella parte antipatica, poveretta, della solita moglie, ottusamente famigliocentrica, che non comprende l’impresa titanica del marito e Tim Robbins l’amico e capo dello studio legale per cui lavora, che nello schema della fiaba di Propp, sovrapponibile perfettamente al plot, rappresenta il Mago che aiuta l’eroe a superare gli ostacoli e a raggiungere l’obiettivo.
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Raro esempio di film denuncia nella produzione hollywoodiana, Dark Waters del 2019, diretto da Todd Haynes, è basato sulla vera storia della lotta tra l’avvocato Bilott, novello Davide, contro il gigante della petrolchimica DuPont, che per ironia della sorte, tra l’altro, produce anche pellicole cinematografiche. Il film vanta un cast d’eccezione con Mark Ruffalo nel ruolo dell’eroico protagonista che spende la sua vita rischiando la carriera per difendere la vita degli altri, Anne Hathaway nella parte antipatica, poveretta, della solita moglie, ottusamente famigliocentrica, che non comprende l’impresa titanica del marito e Tim Robbins l’amico e capo dello studio legale per cui lavora, che nello schema della fiaba di Propp, sovrapponibile perfettamente al plot, rappresenta il Mago che aiuta l’eroe a superare gli ostacoli e a raggiungere l’obiettivo. Il film unisce al merito della divulgazione della battaglia legale condotta impavidamente da Bilott contro la multinazionale del teflon, subito buttate le padelle che avevo in casa, per il diritto alla salute dei suoi concittadini, altrimenti inermi vittime del capitalismo cattivo cinico e infame che in nome del profitto non esita ad avvelenare la gente, come se ci fosse quello buono.
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