no_data
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giovedì 18 agosto 2022
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trash involontario
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Uno dei film più brutti che abbia visto in ultimi anni e, scritto malissimo, recitato peggio, infarcito di luoghi comuni sul cinema e sull'Italia.Dopo mezz'ora di sofferenza non ho voluto infierire su me stesso.
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jonnylogan
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giovedì 4 novembre 2021
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notti non troppo magiche
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Roma, 3 luglio 1990, mentre l’Italia è incollata davanti alla TV per assistere alla semifinale dei mondiali fra la nazionale e l’Argentina, una macchina precipita nel Tevere. Al suo interno viene trovato il cadavere del celebre produttore cinematografico Leandro Saponaro. I maggiori indiziati dell’omicidio sono tre giovani sceneggiatori, finalisti del premio Solinas.
Mentre L’Italia viene giustiziata dagli undici metri, a Roma si consuma un’altra tragedia meno appariscente ma con evidenti ripercussioni sul mondo del cinema Italiano. Un produttore di B Movies viene assassinato, ma da chi?
Dietro la sembianza di un film giallo Paolo Virzì maschera una commedia e anche una severa critica al mondo del cinema, in particolare Romano, con produttori arraffoni, registi che vogliono sfruttare le idee altrui, e tre sceneggiatori in erba che arrivati a Roma con la convinzione di poter svoltare le proprie esistenze si troveranno invece coinvolti, loro malgrado, nell’omicidio di un produttore caduto in disgrazia, impersonato da Giancarlo Giannini, e a cui il ruolo, molto stereotipato, calza a pennello, con numerosi giri loschi da coprire oltre a un’amante, Marina Rocca, perfetta da cercare di piazzare in qualche produzione tv o cinematografica.
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Roma, 3 luglio 1990, mentre l’Italia è incollata davanti alla TV per assistere alla semifinale dei mondiali fra la nazionale e l’Argentina, una macchina precipita nel Tevere. Al suo interno viene trovato il cadavere del celebre produttore cinematografico Leandro Saponaro. I maggiori indiziati dell’omicidio sono tre giovani sceneggiatori, finalisti del premio Solinas.
Mentre L’Italia viene giustiziata dagli undici metri, a Roma si consuma un’altra tragedia meno appariscente ma con evidenti ripercussioni sul mondo del cinema Italiano. Un produttore di B Movies viene assassinato, ma da chi?
Dietro la sembianza di un film giallo Paolo Virzì maschera una commedia e anche una severa critica al mondo del cinema, in particolare Romano, con produttori arraffoni, registi che vogliono sfruttare le idee altrui, e tre sceneggiatori in erba che arrivati a Roma con la convinzione di poter svoltare le proprie esistenze si troveranno invece coinvolti, loro malgrado, nell’omicidio di un produttore caduto in disgrazia, impersonato da Giancarlo Giannini, e a cui il ruolo, molto stereotipato, calza a pennello, con numerosi giri loschi da coprire oltre a un’amante, Marina Rocca, perfetta da cercare di piazzare in qualche produzione tv o cinematografica.
Il film, pur arrivando a un finale che completa in maniera decisamente migliore un arco narrativo che si perde in una lunghezza eccessiva, oltre le due ore, ha momenti di evidente stanca non impreziositi dai tre protagonisti che, come tutti i membri del jet set, risultano sempre troppo sopra le righe, a partire da Eugenia (Irene Vetere) ragazza borghese, ipocondriaca, figlia di un noto politico del quale odia praticamente tutto, inclusa la propria estrazione sociale. Luciano (Giovani Toscano), Piombinese con una carattere fin troppo espansivo, per finire con Antonio (Mauro Lamantia), messinese, laureato in lettere e dai toni formali. Tutti s’illudono di poter piazzare un soggetto che li possa lanciare nel mondo della settima arte, ma si troveranno in pochi giorni a passare dal discutere di Truffaut e Buñuel a fornire un alibi a un capitano dei carabinieri molto comprensivo (Paolo Sassanelli). Virzì desidera celebrare con questa pellicola i propri inizi difficoltosi affidando al Piombinese Luciano il proprio alter ego, ma come detto non riuscendo a catturare l’attenzione del pubblico nonostante una pellicola nata sotto i migliori auspici ma naufragata in una trama troppo dispersiva e non appassionante.
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elgatoloco
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giovedì 29 ottobre 2020
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francamente mi aspettavo altro
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"Notti magiche"(Paolo Virzì, anche autore del soggetto e, in collaborazione con Francesca Archibugi e Francesci Piccolo, dlela sceneggiatura, 2018)è un film che parla del cinema, in parte basato(ma solo in piccola parte, direi insufficiente)sul playng the play, che unisce la tematica dello "story telling on the cinema"alla storia gialla poliziesca con la storia del produttore"proiettato"(ma non filmicamente)nel Tevere, dunque della relativa inchiesta più o meno"curiosa", dei mondiali di calcio , con la"storica finale"del luglio 1990 tra Itali e Argentina, corredata dalla canzone della Nannini, forse troppo poco usata(a voler essere campanilisti toscani, forse perché un Livornese come Virzì non ama poi follemente la Senese Nannini?).
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"Notti magiche"(Paolo Virzì, anche autore del soggetto e, in collaborazione con Francesca Archibugi e Francesci Piccolo, dlela sceneggiatura, 2018)è un film che parla del cinema, in parte basato(ma solo in piccola parte, direi insufficiente)sul playng the play, che unisce la tematica dello "story telling on the cinema"alla storia gialla poliziesca con la storia del produttore"proiettato"(ma non filmicamente)nel Tevere, dunque della relativa inchiesta più o meno"curiosa", dei mondiali di calcio , con la"storica finale"del luglio 1990 tra Itali e Argentina, corredata dalla canzone della Nannini, forse troppo poco usata(a voler essere campanilisti toscani, forse perché un Livornese come Virzì non ama poi follemente la Senese Nannini?). DIco la verità:di football i dont understand nothing e non me ne importa nulla(in english sarebbe...meglio non dirlo, suonerebbe greve), ma, al di là di questo non mi sembra che i diversi"scaffali tematici"vengano fatti combaciare bene, rimanendo smepre una discrasia tra le varie dimensioni, tra i vari piani. Si finisce o nella comicità pecoreccia, anche se vista"metafilmicamente", ossia criticata-relativizzata oppure nella "mattatorietà"con l'emiliano grande interprete Giancarlo Giannini, che fa il produttore romanaccio che sarà poi la vittima-grande interprretazione, speriamo non canto del cigno del nostro, ma una"sparata"un po'fuori tema e idem vale, con le dovute differenze, per gli(le)altri/e interpreti di grido, come la Muti, Toscano, Herlitzka. In più citazioni(sempre nell'ottica "on parle de cinéma"...)da Fellini, che all'epoca nella quale viene"situato"il film e non del film(ovviamente) girava"La voce della luna"e si saccheggia quel film, ma in complesso , pur apprezzando singole sequenze(Virzì il cinema lo sa fare)la delusione in qualche modo"irrompe"o comunque fa la sua coimparsa, in quanto vien da dire"Sì, ma avrebbe potuto fare di più", dove questo"plus mancante"è soprattuttto, direi, appunto, nella capacità di trovare un"collante"tra i diversi piani di story telling e dunque anche di lettura del film e qui l'opera rimane in qualche modo(sia detto ocn rispetto)"carente", quasi mancasse magari non la"clavis universalis"che probabilmente non esiste, ma ciò che collega, che rapporta in modo non solo sequenziale.meccanico..E neppoure come mero divertissement il fi,m reggerebbe.... El Gato
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angelo umana
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giovedì 29 ottobre 2020
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è il mondo del cinema , bellezza!
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Film perfino interessante. anche se un pò ubriacante, una confessione del '90 (Italia '90, Notti magiche aspettando un gol...) sul cinema italiano: la sua crisi, vecchie glorie che hanno perso o stanno perdendo tutto, debosciati, cialtroni e spiantati, che si nutrono delle idee di tre freschi ragazzi, giovanotti di belle speranze e idealisti : a uno il vecchio produttore Giancarlo.Giannini spilla pure soldi perché ha perso tutto, anche la sua sciantosa discinta che finirà in una casa-famiglia, eppure lo amava tanto tanto intensamente con il corpo e con la mente - canzone. La ragazza, tra i tre giovani speranzosi e anche delusi da questo mondo, resta vittima presunta incinta dell'attore acclamato.
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Film perfino interessante. anche se un pò ubriacante, una confessione del '90 (Italia '90, Notti magiche aspettando un gol...) sul cinema italiano: la sua crisi, vecchie glorie che hanno perso o stanno perdendo tutto, debosciati, cialtroni e spiantati, che si nutrono delle idee di tre freschi ragazzi, giovanotti di belle speranze e idealisti : a uno il vecchio produttore Giancarlo.Giannini spilla pure soldi perché ha perso tutto, anche la sua sciantosa discinta che finirà in una casa-famiglia, eppure lo amava tanto tanto intensamente con il corpo e con la mente - canzone. La ragazza, tra i tre giovani speranzosi e anche delusi da questo mondo, resta vittima presunta incinta dell'attore acclamato. Feste e ritrovi tra gente "alta" dell'ambiente, con ragazzette solo armate di "forme", gente che conclude la serata come meglio può fino all'alba (viene in mente il finale de La dolce vita). Notti magiche - nel senso di ex-maghi - presunte creative, gente che pontifica non avendo più nulla da dire. Una solitudine più un'altra che - ci viene detto - in qst caso non danno due solitudini ma una buona compagnia: ma le due solitudini sono quella di un vecchio regista che ancora sa cogliere la magia del cinema ed una giovane "di paese" molto ricettiva e ottimista. Gente che mangia e beve a sbafo, si canta cacao meravigliao quasi non ci fosse più nulla da inventare. Passa perfino Craxi col suo piglio fiero e deciso e il suo nugolo di politici, a lui si appressano attori produttori registi e attorucoli, cercano un santo protettore. I tre ragazzi creativi che fanno la loro suprema dichiarazione "portare la cultura a casa della gente" (ma nella realtà i cinespettatori sono molti meno degli spettatori di tv che prendono pure spazzatura). Giovani accusati dai vecchi cialtroni di far morire il cinema, rovina del cinema italiano ... La foto di Cossiga (evviva, tra lui e Craxi fu un tripudio) nell'ufficio del comandante carabinieri, che però raccomanda ai nuovi creativi di "raccontare la vita"... e guardare cercare di capire e appassionarsi ai personaggi, da parte dello spettatore. Tutto questo sullo sfondo di qualche immagine di Italia '90 con la voce di Martellini, e attorno ai gol in tv tutti sembrano uniti (altro film per associazione di idee, recente, il calcio che unisce all'inizio de I Miserabili).
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dadobillo
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mercoledì 20 novembre 2019
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non e’ così male
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Se in parte non è realizzato pienamente contiene ricchissimi spunti per riflettere e ricordare
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frascop
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giovedì 19 settembre 2019
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per chi sa chi fosse ennio de concini
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Pensavo che Paolo Virzì con "Il capitale umano" avesse fatto il salto internazionale. Invece con questo film e quello precedente americano ha scelto due soggetti ormai stantii: il viaggio on the road in America, un classico, e adesso il film sul cinema ambientato a Roma. Stracult. Tre sceneggiatori (Virzì, Livorno; Piccolo, Caserta; Archibugi, Roma) si sono applicati per scrivere un film sulle loro storie autobiografiche. Il risultato a me è piaciuto solo in parte. Virzì ha classe, non può essere paragonato ad un Paolo Genovese qualsiasi, non si ripete come un Muccino, e tuttavia non è Ettore Scola. Non basta un grandioso Giannini, non bastano tre giovani che via via impari ad apprezzare, non basta una storia dove quelli come me indovinano a chi alludono i vari personaggi.
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Pensavo che Paolo Virzì con "Il capitale umano" avesse fatto il salto internazionale. Invece con questo film e quello precedente americano ha scelto due soggetti ormai stantii: il viaggio on the road in America, un classico, e adesso il film sul cinema ambientato a Roma. Stracult. Tre sceneggiatori (Virzì, Livorno; Piccolo, Caserta; Archibugi, Roma) si sono applicati per scrivere un film sulle loro storie autobiografiche. Il risultato a me è piaciuto solo in parte. Virzì ha classe, non può essere paragonato ad un Paolo Genovese qualsiasi, non si ripete come un Muccino, e tuttavia non è Ettore Scola. Non basta un grandioso Giannini, non bastano tre giovani che via via impari ad apprezzare, non basta una storia dove quelli come me indovinano a chi alludono i vari personaggi. Il fatto è che non se ne può più delle trattorie romane, del generone romano e delle terrazze e degli appartamenti storici, così come non se ne può più dell'America scoperta in viaggio. Voglio dire: i film sul cinema possono piacere a chi sa chi fossero Ennio De Concini, o Furio Scarpelli. Ma per il pubblico sono "perfetti sconosciuti". Infine, il calcio in questo film è un semplice cavolo a merenda.
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lizzy
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domenica 17 marzo 2019
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provaci ancora, paolo!
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Ammetto di essermi stavolta approcciato al film di Virzì in maniera abbastanza neutrale, quasi spassionato.
Benchè a me piaccia Virzì come regia in alcuni film non riesco proprio ad approvare tutto quel che fa.
Virzì non finisce mai un lavoro con un finale positivo (secondo me). Di solito sono tutti spaccati, anche fin troppo realistici, della vita quotidiana dove ne escono tutti (chi più, chi meno) con le ossa rotte.
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Ammetto di essermi stavolta approcciato al film di Virzì in maniera abbastanza neutrale, quasi spassionato.
Benchè a me piaccia Virzì come regia in alcuni film non riesco proprio ad approvare tutto quel che fa.
Virzì non finisce mai un lavoro con un finale positivo (secondo me). Di solito sono tutti spaccati, anche fin troppo realistici, della vita quotidiana dove ne escono tutti (chi più, chi meno) con le ossa rotte.
Non ci sono eroi, principi azzurri che vengono a soccorrere la donzelletta in grave periglio, non esistono risolvitori di problemi, ma piuttosto viene preso l’ uomo, denudato degli orpelli inutili e messo di fronte alla sua miseria senza limiti.
Virzì, a mio immodesto avviso, sta prendendo la calata autolesionista di Pupi Avati che, benchè grande regista ed ottimo conoscitore della psiche umana, è finito a fare sempre lo stesso film cambiando solo qua e la gli attori ed ormai annoiando anche quelli come me che accetterebbero (quasi) di tutto da uno come lui.
Per questo non avevo fretta di visionare “Notti Magiche”.
Di seguito la trama presa da Wikipedia (più stringata possibile: si evince chiaramente che, almeno per ora, il film non ha lasciato il segno, altrimenti sarebbe stata chilometrica!).
“Roma. Nell'estate del campionato del mondo 1990, precisamente il 3 luglio durante la semifinale fra Italia e Argentina, un noto produttore cinematografico viene trovato morto nelle acque del Tevere. I principali sospettati dell'omicidio sono tre giovani aspiranti sceneggiatori: nel corso di una notte in caserma viene ripercorso il loro viaggio trepidante, sentimentale e ironico nello splendore e nelle miserie di una gloriosa stagione del cinema italiano ormai al tramonto.”
Ecco: letto così il canovaccio sembrerebbe una mezza minchiata, e vedendo il trailer anche peggio.
Eppure… poi, potendolo visionare, sebbene sia un film fatto con troppo autocompiacimento e facile leggerezza (certi personaggi e certe situazioni sono troppo caricaturali e carichi di aspettative non corrisposte), credo che non sia poi così male.
Al botteghino in effetti è stato un disastro: non è certo un film “da cassetta”, ma manco da “Essai”.
Nel film troviamo le solite macchiette del giovanotto siciliano “di belle speranze” (che tanto fotocopia il Tanino di “My name is Tanino”, appunto) così acculturato quanto tonto ed imbranato, il solito toscanaccio ribelle ed erotomane (altra icona classica di una certa italietta becera e materiale) e la sfigata figlia di papà che vive solo perchè è stata messa al mondo e tira a campare perchè altro non può fare (quante ne ho conosciute di eguali!).
La trama, onestamente, è messa li tanto per creare un sostegno a quel che il regista vorrebbe raffigurare, proprio come accade nel porno dove a nessuno interessa la storia, ma tutti attendono “l’ azione” degli attori.
E quel che ci raffigura, appunto, il Virzì è il solito sottobosco truffaldino, caciarone e volgarotto della cinematografia italiana, dove si mescolano pezzi da novanta con scartine trascurabili, dove si promettono capolavori succulenti, ma poi si finisce con spezzatini insipidi nel piatto, dove si ci fa strada immancabilmente con letterine, raccomandazioni, prostituzione e anonimato forzato (il far firmare gli altri al posto tuo…).
Ma qua tutto è molto, troppo, tirato per i capelli. La “ragazza coccodè” (compagna del produttore cinematografico volato nel Tevere con la propria auto) ad esempio è la quintessenza dell’ oca giuliva: anche la scena della mezza fellatio “en passant” con il sicilianino è proprio tirata per i capelli.
La protagonista, ricca, ma allucinata (vive anche aiutandosi con pastigliette legali e non), pare non capire manco le basi del comune vivere civile e accoglie a casa emeriti sconosciuti, si fa abusare dal primo attore ubriaco che incontra, affronta una falsa gravidanza senza nessuna cognizione del caso.
Per non parlare delle solite “muse ispiratrici” (ad ogni anziano regista/produttore deve esser messa a lato la ragazzina imbambolata dal grande nome) e delle figure retoriche, ma senza originalità, degli “scrittori e sceneggiatori” (uno su tutti lo “Zappellini” / “Scarpelli” di Herlitzka, anche fin troppo pompato).
Continuando col capitano/filosofo che, quasi da bravo padre di famiglia tollerante, ti confeziona tutto un predicozzo, finendo col congedare i convocati con un benevolo (virtuale) scappellotto (le pillole levate alla ragazza).
Fino a debordare nella scena della “Diva Federica” (una Muti ormai a livello “trans”) che, come da amara rima, fa vedere la…. va beh, ci siam capiti!
Il risultato è un tragicomico polpettone dove alla fine quel che si mastica è il solito amaro “alla Virzì”: tutto è in balia del caso, la gente vive come capita senza capire veramente quel che vive ed alla fine restano solo rimpianti e perdite.
Non siamo nemmeno lontanamente nei dintorni di “Higlander” dove, almeno, “ne resterà solo uno”.
Qua, man mano che la trama si dipana… non ne resta nessuno. E pietoso è il regista che si ferma alla scomparsa finale della protagonista per un non precisato ed anonimo “incidente stradale”.
Per dire: la tipa come ha vissuto se ne è andata…senza lasciar traccia, se non una figlia, anch’essa fotocopia (ma della madre), sicuramente complessata e tormentata.
Si chiude con la solita supercazzola tanto cara alla commedia all’ italiana: “Bisogna guardare fuori dalla finestra…sempre.”…e… “Cosa volesse dire…boh?”.
Oh suvvia, la poteva andar anche di molto meglio, Paolino!
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nadia meden
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sabato 16 marzo 2019
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non è virzi' !!!
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non ho riconosciuto , purroppo il talento di Virzi' !!! purtroppo il film i ha lasciato un po d'amaro in bocca perchè alla fine mi sono chiesta che tipo di messaggio voleva lasciare ai nostri giovani. Sono giunta alla conclusione che il messaggio è stato proprio brutto, del tipo : fate pure tanto, ragazzi , che comuque non ci riuscirete . Molto bravi i giovani attori, splendida la breve interpretazione del grade maestro Herlitzka !!!
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gabriella
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martedì 15 gennaio 2019
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notti da dimenticare
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Ho sempre apprezzato il cinema di Virzì e anche se ovviamente come ogni regista, ha lavori più buoni ed altri inferiori, gli ho sempre riconosciuto un’onestà e un occhio attento e analitico della nstra società e della nostra generazione,, però qui mi trovo in gran difficoltà, di fronte a questo suo ultimo lavoro , trovo estremamente difficile trovarci dei pregi. C'è una scena in questo film che commuove, ed è quella di Luciano tra gli operai di Piombino. Troppo poco una scena soltanto, ma tanto è bastato per non lasciare la sala cinematografica prima del finale, mentre molti altri spettatori non si facevano i miei scrupoli, prendevano i cappotti e si defilavano….
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Ho sempre apprezzato il cinema di Virzì e anche se ovviamente come ogni regista, ha lavori più buoni ed altri inferiori, gli ho sempre riconosciuto un’onestà e un occhio attento e analitico della nstra società e della nostra generazione,, però qui mi trovo in gran difficoltà, di fronte a questo suo ultimo lavoro , trovo estremamente difficile trovarci dei pregi. C'è una scena in questo film che commuove, ed è quella di Luciano tra gli operai di Piombino. Troppo poco una scena soltanto, ma tanto è bastato per non lasciare la sala cinematografica prima del finale, mentre molti altri spettatori non si facevano i miei scrupoli, prendevano i cappotti e si defilavano…. Pessima abitudine, però comprensibile, in certi casi. Il regista livornese descrive un pezzo d’Italia negli anni 90, precisamente la notte del mondiale in cui l’Italia venne buttata fuori dall’Argentina ai rigori, mentre i tifosi sono con il fiato sospeso, un’auto cade nel Tevere, il cadavere ripescato è di Lendro Saponaro, noto produttore cinematografico in declino. I maggiori indiziati sono tre giovani aspiranti sceneggiatori , il siciliano Antonino, il toscano Luciano e la romana problematica Eugenia, illusi e disillusi dai grandi interpreti, i grandi protagonisti che sono invecchiati male e si limitano a sentenziare nostalgie del passato in cui non credono più. Purtroppo a non crederci è anche lo spettatore che annaspa confuso in uno script quasi lisergico, persino i tre sceneggiatori che dovrebbero rappresentare la parte empatica, non suscitano emozioni, non si ha minimamente la sensazione di sincera partecipazione con quell’ovosodo che non va né su né giù,come nel film omonimo del 97 di Virzì, film che a vent’anni di distanza appare più vitale e contemporaneo di quest’ultimo. La lunghezza non aiuta, l’intreccio si complica fino quasi a perdere di vista l’obiettivo, anche il finale zoppica, troppo didascalico e sempliciotto, si arriva esausti e alla fine ecco che le parole del film di Fellini “La voce della luna” hanno un senso… se ci fosse più silenzio, forse si potrebbe capire….. troppe parole in questo film e Virzì come regista lo dovrebbe sapere che certe cose non vanno spiegate con le parole, ma con quello sguardo di malinconica tenerezza che è ancora autentico, quando si mette dalla parte dei precari, degli ultimi, perché è proprio la scena con gli operai quella che rimane dentro, tutto il resto è fumo.
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giovanni lamantia
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sabato 29 dicembre 2018
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paolo virzì non si smentisce!
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Film sicuramente da vedere e da apprezzare. Ottima l'interpretazione dei tre giovani attori protagonisti. Il siciliano poi ha interpretato il personaggio in maniera eccellente.Anche questa volta Virzì ha fatto centro .
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