cinefoglio
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domenica 10 marzo 2019
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istantanea de il colpevole (den skyldige)
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Gustav Möller, dal cuore della capitale danese, ci regala un’ora e mezza di pura suspense poliziesca, in stile minimalista ed orientato alla suggestione interiore dello spettatore attraverso un processo di astrazione della storia.
Il film si costruisce come un one-room, one-character e real-time movie, che ricorda, almeno nell’idea registica, Buried (2010), 127 Ore (2010) o il più recente Mine (2016), con i colori ed un’estetica tipicamente nordica.
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Gustav Möller, dal cuore della capitale danese, ci regala un’ora e mezza di pura suspense poliziesca, in stile minimalista ed orientato alla suggestione interiore dello spettatore attraverso un processo di astrazione della storia.
Il film si costruisce come un one-room, one-character e real-time movie, che ricorda, almeno nell’idea registica, Buried (2010), 127 Ore (2010) o il più recente Mine (2016), con i colori ed un’estetica tipicamente nordica.
La vicenda segue, in modo pressoché contemporaneo, il caso dell’agente Asger, interpretato da un trasportante Jakob Cedergren, operatore di linea nella sezione di pronto intervento della polizia. Al terminare del suo turno di lavoro, a chiamare il 112 sarà la straziata Iben, che denuncia il proprio rapimento innescando, in questo modo, una corsa contro il tempo coordinata dallo stesso agente che mobilita tutte le forze necessarie per il suo riscatto.
La storia, in realtà, viene percepita unicamente dalla performance attoriale del protagonista che non lascia mai la sua cabina di lavoro ed intuita nel binomio delle deboli voci al telefono e delle reazioni, facciali e verbali, dell’agente danese.
Ad accompagnare l’evoluzione dell’inseguimento, sarà il tentativo autonomo di Asger (il cui stato emotivo risulta precario per l’attesa, l’indomani, di presentarsi davanti ad un giudice), nel risolvere il crimine in atto bypassando la procedura lenta e macchinosa del protocollo.
La pellicola ci regala uno spettacolo giallo poliziesco teso e vibrante nonostante l’adrenalina non sia generata da audaci scene d’azione o da un montaggio forsennato in cerca di estremo dinamismo. Il girato rimane concentrato unicamente su Asger che possiede sia il ruolo di protagonista ma anche quello di specchio sul quale la storia, in modo totalmente immaginato dallo spettatore, si articola e prende forma.
Un film di suspense diverso, privo di artefatti scenici o di effetti speciali che stimolino la suggestione, ma la presa di coscienza della reale situazione scava e spiazza completamente lo spettatore.
07/03/2019
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riccardo tavani
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giovedì 7 marzo 2019
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il marcio oltre il colpevole
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Cuffie e microfono telefonico. A fior di labbra, a fior d’orecchie, di cervello. A fior di sangue – freddo, trattenuto e incandescente, sparso – tra una casa, un raccordo autostradale e una centrale operativa di polizia. Una vicenda che ti afferra immediatamente dalle sinapsi cerebrali fino alle unghie dei piedi e non ti molla più – neanche e soprattutto nell’ultima scena. Un capolavoro di compattezza narrativa, densità ritmica e senso del dramma esistenziale umano: quello che esplode incontrollabile fuori e quello che implode lentamente dentro. Un minimalismo scenico d’interno che permette alla nostra immaginazione di squarciare un esterno percepito appena attraverso rumori, lacerti di voci, singulti interrotti dalla brusca interruzione della linea telefonica.
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Cuffie e microfono telefonico. A fior di labbra, a fior d’orecchie, di cervello. A fior di sangue – freddo, trattenuto e incandescente, sparso – tra una casa, un raccordo autostradale e una centrale operativa di polizia. Una vicenda che ti afferra immediatamente dalle sinapsi cerebrali fino alle unghie dei piedi e non ti molla più – neanche e soprattutto nell’ultima scena. Un capolavoro di compattezza narrativa, densità ritmica e senso del dramma esistenziale umano: quello che esplode incontrollabile fuori e quello che implode lentamente dentro. Un minimalismo scenico d’interno che permette alla nostra immaginazione di squarciare un esterno percepito appena attraverso rumori, lacerti di voci, singulti interrotti dalla brusca interruzione della linea telefonica.
È la geniale opera prima di un gruppo di ragazze e ragazzi danesi realizzata alla fine del loro corso di cinema. La regia è firmata da Gustav Möller, ma il film è davvero il frutto di questo creativo circolo virtuoso, coordinato dalla produttrice appena trentenne Lina Flint. Pochissima moneta finanziaria per allestire un set ma moltissimo capitale mentale per riempirlo di suspense, non solo e non tanto di genere cinematografico thriller, quanto di generalità umana abissale. Certamente la spesa maggiore deve essere stata quella per l’attore protagonista Jakob Cedegrem, molto noto in Danimarca, ma quasi sconosciuto da noi. È proprio attraverso il suo personaggio, quello dell’introverso, controverso poliziotto Asger Holm che lentamente ma inesorabilmente arriviamo a scavare in nel marcioumano chiuso, serrato più che spalancato.C’è del marcio in Danimarca, ebbe a sentenziare il principe Amleto dal Castello di Helsingør, proprio lì a nella periferia di Copenaghen, dove si svolge la tragedia esteriore.
Di cosa ci sta dunque parlando l’amletico isolamento rappresentato da un telefono nel chiuso di una stanza, di una stazione di polizia rispetto a tutto il vasto, capillare, inafferrabile dramma che si svolge là fuori? L’isolamento dell’operatore telefonico in divisa non è solo spaziale e caratteriale, ma soprattutto ambientale. I colleghi non lo apprezzano, il vicino di postazione lo disprezza apertamente, il suo capo gli intima ruvidamente via telefono di attenersi strettamente al regolamento, ai compiti e all’orario del turno assegnatogli. Ossia di sgombrare il prima possibile la centrale dalla sua presenza. Smettendo di seguire anche la scabrosa vicenda in atto che lui sta cercando di risolvere sul filo minuti che passano.
L’agente Holm viene dunque a rappresentare proprio quella generale condizione umana che isola la terra, ossia l’insieme totale della realtà, che non è solo quella che noi direttamente percepiamo o che ci è testimoniata, attestata dalla scienza e dalla cultura. Ciò che è oltre, che travalica la nostra parete mentale è una inseparabile totalità universale che agisce in noi anche se non noi la neghiamo solo perché non la vediamo, tocchiamo, pensiamo. Il vero male lacerante, l’autentica folle tragedia è tale isolamento cui la nostra aberrazione ottico-mentale costringe la terra che abitiamo. E così solo l’improvviso disvelamento della connessione tra marcio interiore e sua proiezione esteriore ci potrebbe offrire una via ardua ma non illusoria di riscatto. Il vero thriller si svolge proprio sulla linea incerta, disturbata di questa possibilità oltre il marcio e la follia di un colpevole dietro il telefono.
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alex2044
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domenica 2 dicembre 2018
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sorprendente , coinvolgente perfino epico
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Sorprendente ! Mi sono accostato a questo film con una certa titubanza e le prime scene sembravano confermare questa sensazione . Quello che avevo letto in sede di presentazion era tutto vero , un solo attore , praticamente una sola inquadratura , una sola location , con in più una sensazione di di claustrofobia non proprio esaltante . Poi, e sono bastati pochi minuti , l'attenzione ha incominciatoa lievitare . Con il susseguirsi delle telefonate , come una molla che si carica , una vera tensione emotiva mi ha preso . I protagonisti continuavano ad essere lui , il protagonista , un telefono e delle voci che si accavallavano , fornendo notizie sempre più contadittorie e concitate .
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Sorprendente ! Mi sono accostato a questo film con una certa titubanza e le prime scene sembravano confermare questa sensazione . Quello che avevo letto in sede di presentazion era tutto vero , un solo attore , praticamente una sola inquadratura , una sola location , con in più una sensazione di di claustrofobia non proprio esaltante . Poi, e sono bastati pochi minuti , l'attenzione ha incominciatoa lievitare . Con il susseguirsi delle telefonate , come una molla che si carica , una vera tensione emotiva mi ha preso . I protagonisti continuavano ad essere lui , il protagonista , un telefono e delle voci che si accavallavano , fornendo notizie sempre più contadittorie e concitate . L'unica variante il frammischiarsi di riferimenti personali del poliziotto telefonista , altrettanto dolorosi e con implicazioni penali . Che aggiungevano dolore e tensione ad una situazione già al culmine . La molla era ormai molta carica e pronta a rilasciare un finale alla pari con lo svolgimento del film . Infatti in un vorticoso incrocio di telefonate l'ultima parte esplode in una sequenza di colpi di scena che in pochi minuti ribaltano completamente tutte le impressioni e le certezze che si erano sedimentate fino ad allora .Un finale epico , per un film che sfiora il capolavoro e che scrive una pagina veramente nuova nella storia della fimografia . Niente da fare , il cinema si dimostra ancotra una volta un 'arte capace di rinnovare la sua storia e di rinnovarsi in continuazione e non solo tecnicamente ma soprattutto nei suoi contenuti . Dimostrando ancora una volta , una vitalità che lo renderà immortale .
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laura menesini
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domenica 2 dicembre 2018
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serpenti nella pancia
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Film incredibile, riesce a presentarti delle persone delle situazioni e un paese senza farti mai uscire da un grigio centralino telefonico della polizia. Il protagonista, unico e solo, è sempre inquadrato e spesso con macro riprese. L'uomo è stato travolto dal suo carattere irruento che gli ha fatto compiere un gesto inconsulto e per questo confinato al telefono in attesa del processo. Intorno c'è il vuoto, i colleghi dicono solo frasi di circostanza e la compagna se ne è andata. Solo un collega, un extracomunitario, gli è amico. Siamo in un paese dove la gente fa appello alla polizia anche per le cose più futili, ma all'improvviso arriva una telefonata, una telefonata strana, di una donna che parla come se si rivolgesse ad una bambina.
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Film incredibile, riesce a presentarti delle persone delle situazioni e un paese senza farti mai uscire da un grigio centralino telefonico della polizia. Il protagonista, unico e solo, è sempre inquadrato e spesso con macro riprese. L'uomo è stato travolto dal suo carattere irruento che gli ha fatto compiere un gesto inconsulto e per questo confinato al telefono in attesa del processo. Intorno c'è il vuoto, i colleghi dicono solo frasi di circostanza e la compagna se ne è andata. Solo un collega, un extracomunitario, gli è amico. Siamo in un paese dove la gente fa appello alla polizia anche per le cose più futili, ma all'improvviso arriva una telefonata, una telefonata strana, di una donna che parla come se si rivolgesse ad una bambina. Il poliziotto si allerta, capisce che c'è sotto qualcosa di strano e che la donna è stata rapita ed inizia un thriller in diretta che ti tiene col fiato sospeso. Una sceneggiatura meravigliosa e una prova attoriale splendida fanno di questo film un capolavoro.
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