Il Sacrificio del Cervo Sacro |
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Un film di Yorgos Lanthimos.
Con Colin Farrell, Nicole Kidman, Barry Keoghan, Raffey Cassidy.
continua»
Titolo originale The Killing of a Sacred Deer.
Drammatico,
durata 109 min.
- Gran Bretagna, USA 2017.
- Lucky Red
uscita giovedì 28 giugno 2018.
MYMONETRO
Il Sacrificio del Cervo Sacro
valutazione media:
2,98
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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La Tragedia Greca Rivisitata.di Ashtray_BlissFeedback: 29534 | altri commenti e recensioni di Ashtray_Bliss |
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venerdì 16 marzo 2018 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Yorgos Lanthimos è un regista poliedrico, audace e visionario, che non ha paura a creare attraverso le sue pellicole degli universi carichi di simbolismi, delle storie che restano sempre in bilico tra la dimensione reale e quella surreale, e talvolta, come nel caso in questione, metafisica.
Kynodontas
(
Dogt
ooth
) dove attraverso una storia completamente sovversiva e profondamente disturbante, sgretolava un pezzo alla volta, la famiglia
neoborghese
greca e il sistema da loro creato per
crescere
i figli. In quel caso la famiglia fungeva da metafora politica e il sistema educativo assurdo messo in atto era assimilabile ai regimi totalitari e ai metodi di lavaggio del cervello eseguiti all'interno degli stessi. Nel caso, invece di
The
Killing
of
a
Sacred
Deer,
Lanthimos
esegue nuovamente, in modo preciso e chirurgico, la dissezione di una famiglia borghese ma al centro del racconto questa volta troviamo gli elementi classici della tragedia greca: il senso di colpa, la vendetta, il sacrificio di un'innocente, la collera e l'ira divina che si abbatte sugli uomini. Il titolo stesso racchiude una simbologia e una metafora coerente col racconto e strumentale col messaggio che la pellicola trasmette; costituisce infatti un riferimento esplicito all'uccisione del cervo sacro della dea
Artemis
(Diana) da parte di Agamennone. Provocando l'ira della dea, ella chiede ad Agamennone di uccidere sua figlia
Ifigeneia
per ristabilire l'equilibrio
e poterlo aiutare
nella sua battaglia contro i Troiani. Questo episodio mitologico, ripreso da Euripide nella sua famosa tragedia
Ifigeneia
in
Aulide
, viene rivisitato in chiave moderna e neoborghese da
Lanthimos
, che grazie
ad una
regia cristallina e talvolta
iper-realista
riesce a mettere in scena un dramma dalle venature surreali intriso di
elementi
che trascendono ogni logica,
ogni
concretezza empirica e certezza
medico-scientifica
. Spiazzando così lo spettatore e osando coinvolgere l'elemento sovrumano, ossia divino, che resterà tuttavia indefinito e ineluttabile per tutta la durata del film, rendendo ancora
più
intenso questo crudele e beffardo dramma psicologico.
La regia nitida e asciutta di
Lanthimos
, che predilige le riprese interne presso
luoghi vuoti, freddi e asettici (come i corridoi e le sale ospedaliere), cattura e trasporta lo
spettatore all'interno di quello che appare essere la
normalità
di una tipica famiglia borghese, composta da
Steven
, cardiochirurgo, sua moglie Anna (oftalmologa) e i figli adolescenti Bob e
Kim
. L'apparente
tranquillità e armonia
della famiglia inizia
ad essere
disturbata dalla presenza, via via sempre
più
ossessiva, di Martin, un ragazzino di
16
anni orfano di padre, che stringe amicizia col capo
famiglia
Steven
. Martin inizia a manifestarsi invasivo e possessivo del tempo e delle attenzioni del cardiochirurgo, iniziando a minacciare concretamente la
serenità
del nucleo familiare. Presto la vera natura, o per meglio dire le vere motivazioni di Martin verranno a galla e nulla sarà come prima. Le dinamiche tra protagonisti mutano e cambiano radicalmente. Quello che sembra essere un innocente rapporto di amicizia nasconde segreti più profondi che emergono sotto forma di un implosivo misto tra rancore e sete di vendetta. Quando poi sulla famiglia si abbatte una silenziosa ed impercettibile sorta di maledizione che coinvolge i figli, Steven ed Anna si ritrovano a dover fare i conti con degli impensabili dilemmi morali che li corrodono e li consumano.L'aspetto surreale del racconto, ben presto si scontra con l'analisi concreta ed impeccabile fornita dal regista, riguardo l'aspetto oscuro dell'animo umano che emerge quando messo a dura prova da forze maggiori, violente e inesplicabili. Un processo impercettibile, che sfugge da ogni rigido dogma scientifico e dalla logica umana, incapace di comprendere l'aspetto sacro della nemesi che ripristina l'equilibrio. Le colpe e gli errori commessi nel passato ritornano prepotenti chiedendo un salato prezzo da pagare. Il bivio morale ed etico di fronte al quale si ritrovano gli adulti del film, li divora e li macera ma facendo emergere il lato oscuro e nascosto, quello più occulto, l'istinto di autoconservazione che prevale infine sui sentimenti e sul ruolo di genitore. Le debolezze umane hanno il sopravvento, l'egoismo, la voglia di vivere, la paura dell'ignoto e della morte spingono i protagonisti all'interno di una spirale di violenza e paranoia che raggiungono l'apice nella crudele, drammatica e intensa scena finale.
Ci si ritrova così ad avere un film inusuale, uno dei tanti a cui Lanthimos ci ha abituati, che riesce ad andare oltre le apparenze, scavando oltre la superficie e che riporta in primo piano non solo un pezzo della classica drammaturgia greca, ma riproponendo in chiave moderna i dubbi, le paure, i dilemmi, le angosce che investono i protagonisti di una tragedia inevitabile.
La regia lucida di Lanthimos, dai limpidi richiami Kubrickiani, è perfetta per trasportarci in questo incubo, psicologico e visivo, angosciante ed inquietante sostenuto dall'utilizzo di una fotografia impressionante, nitida, fredda e distante che paradossalmente enfatizza il dramma psicologico.
Merito anche dei bravissimi ed indiscussi interpreti. Colin Farrell e Nicole Kidman in primis, che risultano convincenti e impegnati, pur non avendo nulla da dimostrare riguardo il loro talento. Farrell comunque, spicca notevolmente anche in questa pellicola, dimostrando la maturità non solo anagrafica ma interpretativa, donando spessore al personaggio di Steven divorato dai sensi di colpa e successivamente logorato dalla scelta che deve compiere. Notevole anche il giovane Keoghan che si destreggia benissimo nei panni di un adolescente problematico, e personificazione della vendetta divina.
Curato esteticamente, The Killing... mette in scena un'allegorica parabola su una società disfunzionale (fulcro del quale è la famiglia borghese), un dramma psicologico intenso e logorante che si materializza come un incubo lucido ed estremamente vivido che (im)pone una riflessione sul peso delle proprie colpe ed errori, sulla giustizia e/o nemesi divina che ricompone gli equilibri spezzati e sul senso del sacrificio inteso sia in modo figurato che letterale. In questa dimensione, costruita impeccabilmente da Lanthimos e Filippou, le persone non sono altro che inermi prigionieri del destino costrette ad accettare le conseguenze delle proprie azioni passate, senza poter intervenire o modificare lo stato delle cose. Lo spettatore diventa complice osservatore di questo gioco, crudele e talvolta sadico, ma non può che apprezzare la maestria tecnica e narrativa dell'opera. Voto: 4/5.
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