writer58
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martedì 26 dicembre 2017
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un posto tranquillo...
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Spoiler alert: nella recensione vi sono anticipazioni sulla trama del film.
Intermedia tra l'ambientazione del Truman show e di "Desperate housewives", Suburbicon è una cittadina autosufficiente composta da centinaia di villette a schiera unifamigliari con giardino abitate dalla middle class bianca americana alla fine degli anni '50. E' un luogo ordinato, dotato dei servizi essenziali (supermercati, ospedale, chiesa, vigili del fuoco, stazione di polizia), apparentemente felice, un'autentica "summa" dell'immaginario suburbano americano. In questo ambiente, ritratto insieme come una rappresentazione e una caricatura dell'american dream, avvengono due eventi che scompaginano la quotidianità dei residenti.
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Spoiler alert: nella recensione vi sono anticipazioni sulla trama del film.
Intermedia tra l'ambientazione del Truman show e di "Desperate housewives", Suburbicon è una cittadina autosufficiente composta da centinaia di villette a schiera unifamigliari con giardino abitate dalla middle class bianca americana alla fine degli anni '50. E' un luogo ordinato, dotato dei servizi essenziali (supermercati, ospedale, chiesa, vigili del fuoco, stazione di polizia), apparentemente felice, un'autentica "summa" dell'immaginario suburbano americano. In questo ambiente, ritratto insieme come una rappresentazione e una caricatura dell'american dream, avvengono due eventi che scompaginano la quotidianità dei residenti.
Una delle case viene comprata da una famiglia di colore, generando sconcerto e rifiuto nella comunità, un rifiuto che diventerà ben presto una protesta violenta ai limiti del linciaggio; allo stesso tempo si verifica un'incursione notturna in una delle villette da parte di due criminali che sequestrano tutta una famiglia causando la morte di una donna La famiglia Lodge, che subisce il sequestro, è composta dal padre (interpretato da un grigio e imbolsito Matt Damon, ottima performance la sua), dalla madre, costretta su una sedia rotelle da un precedente incidente automobilistico, da sua sorella (entrambe le donne interpretate da una brava Julianne Moore), da un figlio preadolescente timido e riservato.
Una famiglia apparentemente "normale", che assomiglia a un quadro iperrealista, in cui i personaggi rappresentano un "distillato" delle caratteristiche della classe media, ma che nasconde dinamiche inconfessabili e pulsioni omicide. Infatti, il sequestro si rivela una messinscena orchestrata per liberarsi della moglie e incassare il premio della sua assicurazione.
Lo sviluppo della pellicola tratta questa materia in modo incisivo e, a suo modo, divertente, con un registro che mescola il grottesco, il pulp. qualche dettaglio ironicamente splatter. I personaggi vengono narrati senza alcuna empatia, come se fossero visti da distante, producendo a volte un effetto spiazzante. Infatti, alcuni passaggi particolarmente drammatici generano un effetto esilarante proprio grazie a questo meccanismo, che attinge a piene mani dall'umorismo noir, stralunato e surreale dei fratelli Coen (autori della sceneggiatura).
Suburbicon si rivela un apologo morale, narrato attraverso gli stilemi di un noir atipico, che stigmatizza l'avidità, la meschinità, la ricerca a qualunque costo della ricchezza, la limitatezza degli orizzonti ideali che si annidano all'interno della società americana, Lo fa senza alcun approccio pedagogico (anche se i rigurgiti razzisti all'interno della cittadina e la cura nella rappresentazione degli ambienti possono apparire un po' didascalici), e con uno stile dissacrante ed efficace che, in alcuni passaggi, richiama opere maestre come "Fargo" o "Non è un paese per vecchi".
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felicity
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mercoledì 20 marzo 2019
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la provincia e le sue insidie
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Le atmosfere sono surreali, quasi oniriche, e improvvisamente gli anni Cinquanta non sono più così lontani.
Cambia il modo di vestire, ma non quello di pensare.
Clooney racconta di una provincia mai nostalgica, che vuole salvarsi dall’esterno senza rendersi conto che l’assassino dorme tra di noi.
Scenografie, costumi, scelte cromatiche e décor sono stupefacenti e lasciano il sospetto che ciò che piaccia di più a Clooney sia proprio la costruzione formale.
Premere l'acceleratore sulla questione razziale (relegando il tema a un subplot che non si incastra mai completamente con la trama del film) sembra tutt’altro che necessario.
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Le atmosfere sono surreali, quasi oniriche, e improvvisamente gli anni Cinquanta non sono più così lontani.
Cambia il modo di vestire, ma non quello di pensare.
Clooney racconta di una provincia mai nostalgica, che vuole salvarsi dall’esterno senza rendersi conto che l’assassino dorme tra di noi.
Scenografie, costumi, scelte cromatiche e décor sono stupefacenti e lasciano il sospetto che ciò che piaccia di più a Clooney sia proprio la costruzione formale.
Premere l'acceleratore sulla questione razziale (relegando il tema a un subplot che non si incastra mai completamente con la trama del film) sembra tutt’altro che necessario.
Il personaggio dell’investigatore delle assicurazioni interpretato da un Oscar Isaac suggeriva di spingere la riflessione sulla disillusione dell’età dell’oro attraverso le tinte cupe del noir.
Ma Clooney si ferma un passo prima, non affonda e sembra non arrivare mai al nocciolo, restando intorno al proprio immaginario e senza davvero riuscire a trasformarlo in metafora.
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elgatoloco
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venerdì 4 gennaio 2019
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geniale
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Non credo il titolo di questo film di George Clooney, ossia"Suburbicon"(2017), scrtitto da Ethan e Joel Coen, in collaborazione con il regista, vada riferito tanto alla realtà urbanistica iperperiferica(quartiere lontanissimo da ogni possibile "centro"), pur se c'è anche questo, quasi Suburbicon, città-modello "oltre ogni città e fuori della stessa", ma anche e soprattutto al senso di chi, in quegli anni(fine anni Cinquanta, dai"segnali"emergenti dal film), da un lato era vittima di razzismo, come"quasi complice"degli Afroamericani, ma dall'altro si era creato(e qui il tratto grottesco, non comico-anzi qui una digressione pare necessaria: in qualche "sunto"gionralistico il film viene presentato quale"commedia", un'assurdità, consideranddo benee il contesto.
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Non credo il titolo di questo film di George Clooney, ossia"Suburbicon"(2017), scrtitto da Ethan e Joel Coen, in collaborazione con il regista, vada riferito tanto alla realtà urbanistica iperperiferica(quartiere lontanissimo da ogni possibile "centro"), pur se c'è anche questo, quasi Suburbicon, città-modello "oltre ogni città e fuori della stessa", ma anche e soprattutto al senso di chi, in quegli anni(fine anni Cinquanta, dai"segnali"emergenti dal film), da un lato era vittima di razzismo, come"quasi complice"degli Afroamericani, ma dall'altro si era creato(e qui il tratto grottesco, non comico-anzi qui una digressione pare necessaria: in qualche "sunto"gionralistico il film viene presentato quale"commedia", un'assurdità, consideranddo benee il contesto...; si tratta anzi del film meno"comico"dei Coen Brothers in assoluto, né Clooney come regista ha mai "interpretato"il comico)una sorta di"free location"criminale per sfruttare il sistema peraltro"Criminale"(anche senza virgolette negli States)delle assicurazioni, ricorrendo all'omicidio anche inter-familiare... Grottesco, anche orrido per rappresentazioni molto violenti di una"realtà"che comunuque in quegli anni mordeva nella e sulla storia(e qui il tratto "politico", fortemente tale dei Coen e di Clooney comunque emerge molto prepotentemente , mostrando una realtà parallela-analoga a quella del KKK(Ku Klux Klan), anche in risposta alla domanda di rivendicazione dei ditritti afro, rappresentati da esponenti come Martin Luther King e Malcom X-dal 1955 a fin dopo(e non di poco)il 1963 e il 1968(anni topici negli USA per le uccisioni famose, che unisce razzismo, mafia, criminalità anche più"bassa"socialmente e , con immagini crude e colori tersi e opachi mostra che l'american way of life era(é ancora, ma qui si apre un altro discorso...)un mito fasullo. Matt Demon, Julianne Moore, Oscar Isaac tra gli altri(come protagonsiti)sono interpreti di assoluta efficacia , El Gato
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peter patti
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venerdì 25 dicembre 2020
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in una nuvola di colori, l''odio e la bruttezza
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Il film è bello e coraggioso, e racconta di un'America che fondamentalmente non cambia nelle sue debolezze e presentemente è pure spaccata in due (in maniera profonda come da decenni non più) a causa di un presidente che soffia sulla fiamma dell'odio. Ottima recitazione di Damon e della Moore (lei in un doppio ruolo) e del piccolo, formidabile attore britannico Noah Jupe.
Razzismo, corruzione, violenza, ingordigia, invidia. Gli Anni Cinquanta purtroppo non sono mai morti. C'è ovviamente anche l'altra America, quella degli intellettuali e di chi lotta contro le ingiustizie sociali e contro il razzismo, ma Clooney (insieme ai Cohen Bros.) ci presenta pochissimi personaggi che possono davvero salvarsi, umanamente parlando.
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Il film è bello e coraggioso, e racconta di un'America che fondamentalmente non cambia nelle sue debolezze e presentemente è pure spaccata in due (in maniera profonda come da decenni non più) a causa di un presidente che soffia sulla fiamma dell'odio. Ottima recitazione di Damon e della Moore (lei in un doppio ruolo) e del piccolo, formidabile attore britannico Noah Jupe.
Razzismo, corruzione, violenza, ingordigia, invidia. Gli Anni Cinquanta purtroppo non sono mai morti. C'è ovviamente anche l'altra America, quella degli intellettuali e di chi lotta contro le ingiustizie sociali e contro il razzismo, ma Clooney (insieme ai Cohen Bros.) ci presenta pochissimi personaggi che possono davvero salvarsi, umanamente parlando. Tutti i bianchi appaiono confusi e disturbati. La pellicola diventa leggermente stancante nel finale quando il padre (Matton) cerca di convincere il figlio che occorre adeguarsi e, qualche minuto più tardi, in un altro testa-a-testa, cerca di suggerirgli una trama fantasiosa sul come si sono svolti i fatti sanguinosi in famiglia, ma in generale la narrazione "tiene" e intriga lo spettatore.
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samanta
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domenica 13 settembre 2020
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una vendetta crudele
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Il film del 2017 è un thriller drammatico con venature comico-grottesche, la regia è di George Clooney al suo sesto film come regista (per il momento ultimo, il primo fu Confessione di una mente pericoloso), la pellicola ebbe un flop commerciale notevole a fronte di un budget di 25 milioni di $ incassò 12 milioni e mezzo; la sceneggiatura è dello stesso Clooney e dei fratelli Coen.
E' il classico film che dipinge la realtà come la vuole il politically correct, la trama immagina un quartiere nel 1959 suburbano lontano dal centro in una qualche località del nord-est o nord ovest degli USA, con villette tutte uguali con la bandiera presente dappertutto, abitata da una popolazione bianca della medio bassa borghesia ovviamente razzista, frustrata e violenta.
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Il film del 2017 è un thriller drammatico con venature comico-grottesche, la regia è di George Clooney al suo sesto film come regista (per il momento ultimo, il primo fu Confessione di una mente pericoloso), la pellicola ebbe un flop commerciale notevole a fronte di un budget di 25 milioni di $ incassò 12 milioni e mezzo; la sceneggiatura è dello stesso Clooney e dei fratelli Coen.
E' il classico film che dipinge la realtà come la vuole il politically correct, la trama immagina un quartiere nel 1959 suburbano lontano dal centro in una qualche località del nord-est o nord ovest degli USA, con villette tutte uguali con la bandiera presente dappertutto, abitata da una popolazione bianca della medio bassa borghesia ovviamente razzista, frustrata e violenta. [Spoiler] Qui vive un bancario Gardner Lodge (Matt Damon) con la moglie Rose e il figlio decenne Nicky che ha come amante la cognata Margaret (entrambe le sorelle interpretate dal Julianne Moore, Oscar migliore attrice per Still Alice), Gadger architetta l'omicidio della moglie per riscuotere la polizza per la vita di lei per pagare i debiti di gioco e andare a vivere con Margaret sposata con Mitch nei Caraibi, a tal fine assolda due mafiosi. I quali concordano con il nostro l'azione: vanno in casa sequestrano tutta la famiglia è presente anche Margaret, li malmenano ma eccedono con Rose che muore. I due balordi vengono arestati ma Gardner e Margaret fingono di riconoscerli, con lo sconcerto del piccolo Nicky che oltretutto scopre Margaret, che è andata a vivere da lui con il consenso del marito un pò babbeo con la scusa di badare al bambino, mentre fa sesso con il padre. Sulle tracce dei 2 amanti si muove Roger (Oscar Isaac A proposito di Davis) agente delle assicurazioni che ha scoperto la loro trama e minaccia di denunciarli se non gli consegneranno il premio assicurativo, però viene ucciso da Margaret con un caffè avvelenato Arriva Gardner che porta via il cadavere e mentre lo seppellisce muore l'atro mafioso che lo seguiva investito da un camion. Quando ritorna a casa trova morti: Margaret strangolata dall'altro mafioso che muore insieme allo zio Mitch, accorso in soccorso del bimbo, accoltellandosi a vicenda. Gardner che voleva uccidere anche il figlio, muore mangiando un panino avvelenato che Margaret aveva preparato per il nipote. Nicky esce di casa e gioca baseball con un bambino nero che abita di fronte. Nel film corre una vicenda parallela con l'arrivo della famiglia contro cui insorge il quartiere che non li vi vuole passando dalle minacce alla violenza che però male si accorda con la vicenda drammatico egrottesca.
Il film è diretto molto mediocramente Cloney che riesce a far recitare male 2 attori bravi come Damon e la Moore, con un soggetto pieno di luoghi comuni. tutti i bianche sono razzisti, ma non è cosi come non è vero che tutti i neri siano buoni, è un manicheismo da 4 soldi. Di lì a 4 anni Lindon B. Johnson manderà la Guardia Nazionale con le baionette a imporre la fine della segregazione negli Stati del Sud. Quanto al Thriller c'é poco da dire non c'è tensione, non esiste il ritmo, se non un agitarsi inconsulto di scene e personaggi grotteschi e con reazioni che non fanno ridere. Brutta l'ambientazione con un quartiere di migliaia di anonime villette costruito con il computer, pure mediocre la colonna sonora. Se voleva essere un messaggio anti Trump ancora qualche film così e viene rieletto senza problemi.
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wave
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domenica 7 gennaio 2018
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sotto il tappeto dell'american first
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Ne esce uno spaccato di quella che è stata (è? secondo il regista) la provincia americana, visione surreale al punto giusto, ma nel contempo attenta registrazione delle contraddizioni che permeano quella società. Quì siamo distanti dalla creatività culturale, dal fermento emotivo della East e West coast, qui si va per le antiche radici americane che affondano nel colonialismo di quei territori affermatosi a discapito dei nativi e dei diversi. Tutto è omologazione e la rappresentazione del regista è spietata, tanto da far emergere dietro alle casettine ordinate, le strade tranquille, le aiuole curate, i cittadini perbene, i disvalori su cui si regge quella comunità : ipocrisia, violenza, razzismo, criminalità, prevaricazione.
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Ne esce uno spaccato di quella che è stata (è? secondo il regista) la provincia americana, visione surreale al punto giusto, ma nel contempo attenta registrazione delle contraddizioni che permeano quella società. Quì siamo distanti dalla creatività culturale, dal fermento emotivo della East e West coast, qui si va per le antiche radici americane che affondano nel colonialismo di quei territori affermatosi a discapito dei nativi e dei diversi. Tutto è omologazione e la rappresentazione del regista è spietata, tanto da far emergere dietro alle casettine ordinate, le strade tranquille, le aiuole curate, i cittadini perbene, i disvalori su cui si regge quella comunità : ipocrisia, violenza, razzismo, criminalità, prevaricazione. Il ritmo è incalzante e coinvolge, la storia appassiona e diverte nei suoi aspetti grotteschi, ma non bisogna mai dimenticare che è la rappresentazione di un clichè; l'america è una civiltà complessa, variegata e avendo avuto la fortuna di andarvi in due occasioni e girarla anche nei luoghi periferici posso dire che non rispecchia quello che mostra la pellicola che sicuramente confeziona un buon prodotto compiacendosi e soffermandosi sulle estremità, i bordi negativi dell'indole yankee per "esorcizzarli". E' senza dubbio una buona prova di George Clooney, dove grazie ad un eccellente cast centra il bersaglio, ma ripeto, quella è la polvere sotto il tappeto, a parer mio l'America è altro, e senza negare la sua storia comprendente anche di fatti deprecabili, è stata e resta un grande paese democratico, dove in particolare l'arte in tutte le sue articolazioni riesce a manifestarsi liberamente ed arrivare al cuore delle persone.
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maumauroma
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domenica 31 dicembre 2017
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suburbicon
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Certo doveva essere proprio bello vivere in una di quelle cittadine sorte dal nulla negli anni 50 negli Stati Uniti,soprattutto per sfuggire al caos e allo stress delle grandi metropoli. Villette tutte uguali, strade pulite e ordinate, tutti che si conoscono e fratellizzano, aria tersa e limpida da respirare. Peccato solo che ogni tanto poteva capitare che in quelle cittadine ci venisse ad abitare una famiglia di neri a rovinare quella paradisiaca armonia, a inquinare, come dire, la perfetta intesa tra gli abitanti di razza bianca. Ma e' solo la segregazione razziale a rovinare quel bel vivere? Non proprio. Perche' quello che avviene a Suburbicon, una di queste citta' e in particolare la vicenda che si snocciola all' interno della villetta della famiglia Lodge e' tutta da raccontare.
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Certo doveva essere proprio bello vivere in una di quelle cittadine sorte dal nulla negli anni 50 negli Stati Uniti,soprattutto per sfuggire al caos e allo stress delle grandi metropoli. Villette tutte uguali, strade pulite e ordinate, tutti che si conoscono e fratellizzano, aria tersa e limpida da respirare. Peccato solo che ogni tanto poteva capitare che in quelle cittadine ci venisse ad abitare una famiglia di neri a rovinare quella paradisiaca armonia, a inquinare, come dire, la perfetta intesa tra gli abitanti di razza bianca. Ma e' solo la segregazione razziale a rovinare quel bel vivere? Non proprio. Perche' quello che avviene a Suburbicon, una di queste citta' e in particolare la vicenda che si snocciola all' interno della villetta della famiglia Lodge e' tutta da raccontare. E non ne esce il classico quadretto idilliaco della famiglia media americana, ma piuttosto tutto l' inventario di ipocrisie,crudelta', nefandezze di cui puo' essere capace l' animo umano, soffocato dalle corde ben tese del falso perbenismo. Ma per fortuna i bambini guardano e giudicano e forse ci salveranno, almeno finche' sono piccoli...
La sceneggiatura di Suburbicon si basa su un vecchio scritto dei Coen, rielaborato dallo stesso Clooney. Pur perdendo parte della tipica corrosiva denuncia' sociale dei due fratelli, il film del regista americano risulta' piuttosto originale nella struttura e tutto sommato piacevole, soprattutto nella seconda parte. L' opera inizia come commedia, poi a poco a poco scivola nel dramma con un pizzico di horror quasi farsesco. I dialoghi sono sempilci,essenziali, quasi di stampo fumettistico. La regia di Clooney e' convenzionale ma dignitosa. Bravi gli attori. Da ricordare gli originali titoli di testa
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lbavassano
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venerdì 8 dicembre 2017
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coen-clooney: ottimo sodalizio
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Si sente molto la mano dei Coen nel film di George Clooney, a conferma ulteriore di un ottimo sodalizio. Nella storia, ovviamente, quali autori della sceneggiatura, nel saper miscelare il noir più nero con quei dettagli surreali che dei Coen sono un marchio di fabbrica, con effetti ironicamente stranianti pur nella tragedia più cupa, pur nell'eccesso di sangue. Nella cura e nello stile delle immagini quindi, tanto corrette quale ambientazione quanto iperrealistiche, volutamente eccessive, ma anche nei personaggi spinti al grottesco. Nell'impronta recitativa mai scontata. Si sente molto la cultura cinematografica, fra Hitchcock ed il Kubrick di "The Shining" nelle scene di suspense, mentre l'inizio ricorda "The Truman show".
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Si sente molto la mano dei Coen nel film di George Clooney, a conferma ulteriore di un ottimo sodalizio. Nella storia, ovviamente, quali autori della sceneggiatura, nel saper miscelare il noir più nero con quei dettagli surreali che dei Coen sono un marchio di fabbrica, con effetti ironicamente stranianti pur nella tragedia più cupa, pur nell'eccesso di sangue. Nella cura e nello stile delle immagini quindi, tanto corrette quale ambientazione quanto iperrealistiche, volutamente eccessive, ma anche nei personaggi spinti al grottesco. Nell'impronta recitativa mai scontata. Si sente molto la cultura cinematografica, fra Hitchcock ed il Kubrick di "The Shining" nelle scene di suspense, mentre l'inizio ricorda "The Truman show". Stona forse però l'aver voluto affiancare alla vicenda principale il tema della violenza razzista, che ci sta tutto dal punto di vista della collocazione storica e sociale, ma un po' troppo esplicitamente didascalico nella contrapposizione politicamente corretta. Cast d'eccellenza ed eccellenti "tecnici".
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vanessa zarastro
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domenica 10 dicembre 2017
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non è un paese per neri...
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Per il suo sesto film da regista, George Cluney riprende un vecchio soggetto di Joel ed Ethan Coen del 1986, e si riconosce chiaramente la loro mano in questo thriller-grottesco. L’ubicazione è in una generica suburbia statunitense – girato un po’ a Carson e un po’ a Fullerton in California - alla fine degli anni ’50. Il modello abitativo, che è il protagonista principale del film, assomiglia molto a quello immaginato da Frank Lloyd Wright all’inizio degli anni ’30 con lo slogan «let the auto take the city to the country» (lasciate che le auto portino la città nella campagna). Wright per la sua utopia urbana di Broadacre City aveva ipotizzato un acro (uno iugero romano) di terra per ogni insediamento abitativo unifamiliare contribuendo alla formazione dell'imagerie americana.
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Per il suo sesto film da regista, George Cluney riprende un vecchio soggetto di Joel ed Ethan Coen del 1986, e si riconosce chiaramente la loro mano in questo thriller-grottesco. L’ubicazione è in una generica suburbia statunitense – girato un po’ a Carson e un po’ a Fullerton in California - alla fine degli anni ’50. Il modello abitativo, che è il protagonista principale del film, assomiglia molto a quello immaginato da Frank Lloyd Wright all’inizio degli anni ’30 con lo slogan «let the auto take the city to the country» (lasciate che le auto portino la città nella campagna). Wright per la sua utopia urbana di Broadacre City aveva ipotizzato un acro (uno iugero romano) di terra per ogni insediamento abitativo unifamiliare contribuendo alla formazione dell'imagerie americana. Qui, invece, la densità abitativa è molto aumentata per una generica utenza bianca della middle-class. L’habitat descritto è lo stesso visto in moltissimi film americani a cominciare da quasi tutti quelli interpretati da Doris Day, basti citare sopra a tutti al mieloso Non mangiate le margherite del 1960, dove la suburbia viene narrata come un’Arcadia in contrapposizione ai mali e ai vizi di Manhattan. Questo insediamento abitativo che fa parte dell’American dream, subirà un notevole sviluppo proprio in quegli anni, si parlerà infatti di crescita delle zone infra-metropolitane.
Nel quartiere si trasferiscono per viverci i Meyers, una famiglia di neri – padre, madre e figlioletto dodicenne – un’integrazione non voluta che non era mai successa prima e che coglie tutti di sorpresa. L’evento costituirà uno scandalo e scatenerà nel neighborhood una ribellione violenta degli abitanti xenofobi e razzisti.
Per dirla con i Coen sembra che questa comunità non sia un paese per neri, né per giovani, né tantomeno per vecchi.
Tutto ruota attorno alla famiglia di Gardner Lodge la cui moglie Rose è rimasta paralizzata in un incidente d’auto. Vivono con il figlioletto Nicky e Margaret, la gemella di Rose che è venuta temporaneamente (o così sembra) per dare una mano alla sorella. Ci sarà una rapina dove uccideranno Rose, quindi tutto incentra, in maniera piuttosto prevedibile, su Gardner e sui problemi con l’assicurazione e tutto il resto che qui non narro, con una crescente goffaggine. Il piccolo Nicky costituisce lo sguardo innocente che scopre man mano le cattiverie e perversioni della prudish society e nello stesso tempo è l’unica speranza nel futuro nel suo rapporto con il bambino nero fa sperare in un futuro migliore di apertura e solidarietà. Bella la scena in cui Andy Meyers, il bimbo nero, gli regala il suo serpente e molto bella la scena finale.
Gli attori sono bravissimi specialmente l’imbolsito Matt Demon nella parte odiosa di Gardner Lodge e Julianne Moore nella doppia parte delle sorelle gemelle che ormai si è specializzata in donne un po’ vaghe nella suburbia degli anni ’50, come in Lontano dal Paradiso di Haynes del 2002 con cui ha vinto la coppa Volpi a Venezia. Le musiche sono affidate alle mani esperte del pluripremiato Alexandre Desplat.
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alex2044
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martedì 12 dicembre 2017
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il mondo salvato dai ragazzini
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C'è del genio in questa storia ideata e sceneggiata in modo magistrale dai Fratelli Coen . Nello stesso film convivono la critica sociale , il giallo , il Thriller e perfino l'horror e lo sono in modo molto convincente , senza sbalzi e momenti morti . George Clooney , attore ed ancor di più persona , molto curiosa ed intelligente , ha deciso che questa storia poteva rivelarsi la sua grande occasione, come regista , per fare un film di forte impatto estetico ma prima di tutto emotivo e coinvolgente . Ambientato alla fine degli anni cinquanta in una new town , dodici anni dalla fondazione , della profonda provincia americana , il film scorre come un fiume in piena e malgrado i colori vivacissimi , scelti come contrasto, sprofonda lo spettatore in un ambiente nero e opprimente ricolmo di razzismo , sangue , tradimenti ed odio come di più non si può .
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C'è del genio in questa storia ideata e sceneggiata in modo magistrale dai Fratelli Coen . Nello stesso film convivono la critica sociale , il giallo , il Thriller e perfino l'horror e lo sono in modo molto convincente , senza sbalzi e momenti morti . George Clooney , attore ed ancor di più persona , molto curiosa ed intelligente , ha deciso che questa storia poteva rivelarsi la sua grande occasione, come regista , per fare un film di forte impatto estetico ma prima di tutto emotivo e coinvolgente . Ambientato alla fine degli anni cinquanta in una new town , dodici anni dalla fondazione , della profonda provincia americana , il film scorre come un fiume in piena e malgrado i colori vivacissimi , scelti come contrasto, sprofonda lo spettatore in un ambiente nero e opprimente ricolmo di razzismo , sangue , tradimenti ed odio come di più non si può . Le sorprese non mancano e vengono svelate con maestria e con tempi drammaturgici particolarmente azzeccati . Nulla è lasciato al caso ed i pezzi del puzzle s'incastrano in modo coerente e completo fino all'ultima scena.
Matt Damon e Julianne Moore, lei in una doppia parte , sono i protagonisti assoluti, e lo fanno in modo magistrale . I comprimari dimostrano ancora una volta che la grande scuola dei caratteristi americani è un serbatoio inesauribile .Come si è già intuito la regia è ottima e forse anche un pelino in più , le musiche pertinenti , gli ambienti perfetti ed anche istruttivi , negli anni cinquanta i televisori americani erano già dotati di telecomando , i vestiti naturalmente inappuntabili .Il finale , dopo tanto sangue e violenza è li a mostrarci che la speranza non muore mai e che , anche nei momenti peggiori il mondo viene salvato dai ragazzini perfino nella più profonda e reazionaria provincia americana .
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