vanessa zarastro
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venerdì 25 maggio 2018
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da commedia a fiaba
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Nonostante nel film ci siano molti attori da commedia italiana, il film non lo è. Ha un gusto poco italiano, forse un po’ francese. Gli elementi del sogno e della fiaba appartengono poco al nostro cinema sempre più neo-neorealista che si occupa prevalentemente di periferie e di storie di violenza. Anche qui l’ambiente romano quotidiano è descritto come uno squallido milieu in una realtà ostile: la passione di Nicola (Giuseppe Battiston), professore di storia al ginnasio, viene presa in giro dai suoi alunni, Sergio (Luca Argentero) è un fotografo assalito dagli spacciatori a cui deve molti soldi per aver consumato troppe canne, Elio (Claudio Amendola) è un handyman conduce una vita mediocre senza particolari soddisfazioni e Anna (Silvia D’Amico) fa il mestiere di prostituta.
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Nonostante nel film ci siano molti attori da commedia italiana, il film non lo è. Ha un gusto poco italiano, forse un po’ francese. Gli elementi del sogno e della fiaba appartengono poco al nostro cinema sempre più neo-neorealista che si occupa prevalentemente di periferie e di storie di violenza. Anche qui l’ambiente romano quotidiano è descritto come uno squallido milieu in una realtà ostile: la passione di Nicola (Giuseppe Battiston), professore di storia al ginnasio, viene presa in giro dai suoi alunni, Sergio (Luca Argentero) è un fotografo assalito dagli spacciatori a cui deve molti soldi per aver consumato troppe canne, Elio (Claudio Amendola) è un handyman conduce una vita mediocre senza particolari soddisfazioni e Anna (Silvia D’Amico) fa il mestiere di prostituta. Valeria (Barbora Bulova) a sua volta, è una faccendiera russa che organizza eventi (e truffe) ma non riesce più a ottenere soldi dai suoi clienti.
La vicenda, nata come un imbroglio per utilizzare i fondi europei, vede al centro un film da girare in Armenia. Franco Paradiso (Tommaso Ragno) è un improvvisato produttore truffaldino – dell’inesistente Tindaro film - che riesce a spedire cinque squattrinati in Armenia a girare un film che mai si farà perché lui stesso ne incasserà il finanziamento prima di scappare. La trama del film di Nicola parla di una ragazza a cavallo alla ricerca delle sue matrici, più di questo non si saprà. Con un van guidato da Kira (Caterina Shulha), una punk incinta che fuma sempre e piena di piercing, raggiungeranno la loro destinazione.
Alloggiati dell’isolato Hotel Gagarin, un edificio fine-Ottocento/primo-Novecento, circondato da boschi e spianate di neve (evoca, pur nella differenza, il “Grand Budapest Hotel” di Wes Anderson del 2014) i nostri eroi si troveranno invischiati in un conflitto che non gli permette più né di partire né di lasciare l’albergo. Le riprese non inizieranno mai, ma gli abitanti del villaggio più vicino sono attratti dalla notizia dell’allestimento di un set. Arrivano in tanti ognuno con un proprio sogno. Così passando dal registro della commedia a quello della fiaba surreale, i cinque personaggi si metteranno al lavoro per esaudire i desideri di ognuno e dare un senso al loro essere lì: ciò costituirà un’inattesa revanche creativa. «Se vuoi essere felice comincia!» dice Tolstoi, citato da Nicola.
Nascono e si sviluppano in questo contesto un po’ di prigionia, un paio di relazioni amorose e si consolidano le amicizie e gli affetti. Ci sarà posto pure per Virgil, l’angelo che gioca a scacchi per una apparizione di Philippe Leroy.
Il film è garbato e ironico, poetico e surreale, trasmette momenti di tenerezza pur confezionando le caricature dei personaggi, scelti e addobbati con attenzione.
Simone Spada ha scritto la sceneggiatura con Lorenzo Rossi Espagnet, aveva già lavorato come aiuto-regista con registi Gabriele Mainetti (“Lo chiamavano Jeeg Robot”), Claudio Caligari (“Non essere cattivo”) e Gennaro Nunziante (“Che bella giornata”).
Due cose mi sono piaciute molto nel film. I quadri nei titoli di coda dipinti con delicatezza dove vengono mostrate le realizzazioni dei sogni dei contadini armeni: i due cow-boys, il bambino cavaliere, la ginnasta, l’uomo a New York, l’Humprey Bogart, l’astronauta, il calciatore…tutte cose che gli abitanti del villaggio più vicino vorrebbero fossero esaudite. L’altra cosa che mi ha colpito è lo sguardo maturo del regista esordiente rispetto al paesaggio e della vista di Erevan, una città così diversa dalle nostre per dimensioni, epoche e clima. Ma attraverso la telecamera di Spada (e della fotografia di Maurizio Calvesi piene di riverberi e sfumature) le architetture – perfino quelle sovietiche di industrializzazione pesante – hanno il loro fascino.
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flyanto
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giovedì 31 maggio 2018
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il cinema come "dream maker"
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"Hotel Gagarin" del regista Simone Spada, è una commedia che è un omaggio al cinema, a quanto questa forma artistica piaccia alle persone e le faccia sognare, facendole evadere dalla realtà spesso non troppo rosea.
Il film è incentrato su una troupe parecchio scalcinata, in quanto assemblata attraverso la scelta di persone a caso, e pertanto non professioniste, da un produttore cinematografico imbroglione che punta ad intascarsi tutto per sè, e poi fuggire, il denaro sovvenzionato dallo Stato che a realizzare realmente il film. Di questa troupe fanno parte un professore di storia presso un liceo (Giuseppe Battiston) il quale nutre una profonda passione per il cinema e, scrivendo soggetti che spera di poter un giorno realizzare sullo schermo, aspira a mettere in atto il suo grande sogno di diventare regista; un elettricista (Fabrizio Amendola) che viene ingaggiato come tecnico delle luci; un fotografo che svolge la propria attività per lo più nel corso di matrimoni e cerimonie simili e che, indebitatosi con degli spacciatori per uso continuo di droghe leggere, accetta il ruolo di direttore della fotografia ed, infine, una giovane e carina prostituta a cui viene proposto il ruolo dell'attrice principale.
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"Hotel Gagarin" del regista Simone Spada, è una commedia che è un omaggio al cinema, a quanto questa forma artistica piaccia alle persone e le faccia sognare, facendole evadere dalla realtà spesso non troppo rosea.
Il film è incentrato su una troupe parecchio scalcinata, in quanto assemblata attraverso la scelta di persone a caso, e pertanto non professioniste, da un produttore cinematografico imbroglione che punta ad intascarsi tutto per sè, e poi fuggire, il denaro sovvenzionato dallo Stato che a realizzare realmente il film. Di questa troupe fanno parte un professore di storia presso un liceo (Giuseppe Battiston) il quale nutre una profonda passione per il cinema e, scrivendo soggetti che spera di poter un giorno realizzare sullo schermo, aspira a mettere in atto il suo grande sogno di diventare regista; un elettricista (Fabrizio Amendola) che viene ingaggiato come tecnico delle luci; un fotografo che svolge la propria attività per lo più nel corso di matrimoni e cerimonie simili e che, indebitatosi con degli spacciatori per uso continuo di droghe leggere, accetta il ruolo di direttore della fotografia ed, infine, una giovane e carina prostituta a cui viene proposto il ruolo dell'attrice principale. A loro, con intenti uguali e disonesti a quelli del produttore, si unisce anche una bella donna che organizza eventi (Barbara Bobulova) e che sarà colei che accompagnerà di persona la suddetta troupe in Armenia dove il film dovrebbe essere girato. Ma una volta giunti tutti in Siberia la situazione precipita totalmente in quanto il produttore viene nel frattempo arrestato in Italia, e la donna sua complice è costretta a rimanere suo malgrado insieme agli altri nelle lontane e fredde terre armene, presso lo sperduto ed innevato Hotel 'Gagarin' , senza denaro per girare il film e con una situazione politica locale parecchio incerta che impedisce a tutti di rientrare subito sul suolo italiano. La 'forzata' convivenza tra i protagonisti, dopo i primi ed inevitabili dissidi ed incomprensioni, darà loro la possibilità di conoscersi meglio ed anche apprezzarsi reciprocamente e di trascorrere in quelle lontane terre un'esperienza parecchio singolare, rendendo felice in una maniera del tutto singolare anche la popolazione locale.
"Hotel Gagarin", pur essendo un'opera prima, è un'ottima commedia: divertente, ironica e sostenuta dalla presenza di attori simpatici e bravi e ben amalgamati tra loro, questa pellicola risulta anche molto delicata e poetica nel suo contenuto ed un vero e proprio omaggio e lode all' intera arte del cinema. Questa espressione artistica, infatti, viene considerata come una quasi necessaria , nonchè assai piacevole, evasione dalla realtà quotidiana e dalle sue annesse problematiche. Si può parlare, secondo ciò che viene rappresentato dal regista Simone Spada, quasi di magia e di potere fortemente 'incantatorio' riguardo il cinema perchè esso fa sì che ogni individuo abbia la possibilità di crearsi un mondo ed una personalità del tutto nuovi e diversi da quelli propri reali e quotidiani , rendendo così realizzabile tutto ciò a cui si aspira. Cosicchè, come in questo film, chi non è mai stato nello Spazio, potrà farne esperienza, come anche chi, amante della lontana epoca del Far West, potrà rivivere il ruolo di eroe positivo e avere una duratura e sincera storia d'amore, viverla il più romanticamente possibile, e molti altri ancora...
La regia nitida, la storia ben esposta nella sua ottimale tempistica di 90 minuti, i dialoghi, come anche le situazioni, arguti e divertenti rendono "Hotel Gagarin" una pellicola del tutto consigliabile e per nulla da sottovalutare.
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ruger357mgm
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venerdì 13 luglio 2018
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truffa riuscita, a metà
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L'idea della storia,forse,coincide con quella della realtà: con i dollari di Rai cinema,Lazio film commission,legge sul credito d'imposta, la produzione tira su questa Commedia all'italiana,che dello stereotipo reca tutti i crismi.Cita Mediterraneo,con la sua fuga perenne, Turnè con le sue canne scambiate,Tre uomini e una gamba con suo calcio posticcio, seguendo un canovaccio basico di cui l'unica parte genuina è quella onirica della facciata sovietica del grande albergo in mezzo al nulla e la realizzazione del sogno del vecchio armeno che voleva essere Gagarin.Ciò con un cast prevedibile, dove i due bellocci (Bobulova e Argentero) sono destinati ad accoppiarsi tra loro dalla prima inquadratura, la prostiuta redenta a cambiare vita, il coatto dal cuore d'oro a restare sul posto ( come Cederna nel film Oscar di Salvatores) e Battiston, povero lui, rassicurante e patetico come un personaggio di Gogol, continua a fare Battiston, senza impegnarsi neppure troppo.
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L'idea della storia,forse,coincide con quella della realtà: con i dollari di Rai cinema,Lazio film commission,legge sul credito d'imposta, la produzione tira su questa Commedia all'italiana,che dello stereotipo reca tutti i crismi.Cita Mediterraneo,con la sua fuga perenne, Turnè con le sue canne scambiate,Tre uomini e una gamba con suo calcio posticcio, seguendo un canovaccio basico di cui l'unica parte genuina è quella onirica della facciata sovietica del grande albergo in mezzo al nulla e la realizzazione del sogno del vecchio armeno che voleva essere Gagarin.Ciò con un cast prevedibile, dove i due bellocci (Bobulova e Argentero) sono destinati ad accoppiarsi tra loro dalla prima inquadratura, la prostiuta redenta a cambiare vita, il coatto dal cuore d'oro a restare sul posto ( come Cederna nel film Oscar di Salvatores) e Battiston, povero lui, rassicurante e patetico come un personaggio di Gogol, continua a fare Battiston, senza impegnarsi neppure troppo.Se l'idea di fondo era buona, la sceneggiatura e la regia non l'hanno aiutata.Salvano il prezzo del biglietto ( in una seconda visione di luglio,3 euro) la fotografia e le musiche,oltre all'insolito paesaggio nevoso che ci sconsiglia il viaggio in Armenia. Poca cosa ,ma forse con intenzioni meno roboanti delle furbette operazioni di Guadagnino e di Dogman.
P.S.: chi lo sapeva che la capitale dell'Armenia è Erevan?
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(di giovannastory)
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simone.torino
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giovedì 17 gennaio 2019
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un'occasione perduta
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Fino a circa metà storia il film sembra reggere: un'idea strampalata, un po' di commedia all'italiana, un buon cast. Poi, dalla metà in giù (erano finiti i fondi per la sceneggiatura?) si precipita nei luoghi comuni, nel già visto, nel melenso. Persino la comunità armena del villaggio in cui si ambienta la storia viene raffigurata con un cliché insieme banale e paternalista; la "maggia der cinema" in modo compiaciuto e fastidioso. Perché? E' difficile rispondere. Un piccolo sforzo in più poteva però dare risultati molto diversi. Si intuisce che la situazione sta precipitando quando arriva il furgone del panìr, guidato da un italiano: e qui anche lo stereotipo dell'italiano in fuga che ha messo radici in un paese straniero viene affidato a un attore ultra-sessantenne, prova del fatto che in Italia i giovani neanche proviamo più a immaginarceli, se non forse solo come disadattati da redimere.
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Fino a circa metà storia il film sembra reggere: un'idea strampalata, un po' di commedia all'italiana, un buon cast. Poi, dalla metà in giù (erano finiti i fondi per la sceneggiatura?) si precipita nei luoghi comuni, nel già visto, nel melenso. Persino la comunità armena del villaggio in cui si ambienta la storia viene raffigurata con un cliché insieme banale e paternalista; la "maggia der cinema" in modo compiaciuto e fastidioso. Perché? E' difficile rispondere. Un piccolo sforzo in più poteva però dare risultati molto diversi. Si intuisce che la situazione sta precipitando quando arriva il furgone del panìr, guidato da un italiano: e qui anche lo stereotipo dell'italiano in fuga che ha messo radici in un paese straniero viene affidato a un attore ultra-sessantenne, prova del fatto che in Italia i giovani neanche proviamo più a immaginarceli, se non forse solo come disadattati da redimere. E se Battiston fa la parte del colto dispensatore di perle di saggezza, che bisogno c'era di duplicare il ruolo con il cammeo di Philippe Leroy? Ritentiamo please. E se si vuole fare una satira sul finanziamento pubblico del cinema, meglio essere più cauti.
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no_data
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mercoledì 27 giugno 2018
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un "bidone" pieno di sogni
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Un bel soggetto, una sceneggiatura un po' sgangherata con qualche nodo narrativo da sciogliere, e con tragici errori nella collocazione geografica della storia: il lago Sevan -sulle cui rive si svolge gran parte della narrazione- non è affatto al confine con l'Azerbajian, come il film vuol far credere. Diciamo che la troupe (quella vera) non è voluta arrivare sino al lembo d'Armenia (il Nagorno-Karabach) su cui realmente si accende ogni tanto un guerra strisciante con i vicini azeri.
A parte queste imprecisioni, il film è una -apparentemente- leggera storia che racconta come una truffa organizzata da un eurodeputato e da uno squallido faccendiere romano, possa diventare un bidone destinato a incarnare i sogni degli abitanti di un remoto villaggio armeno, nei cui pressi la troupe protagonista del film è costretta a sostare a causa del raggiro subito.
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Un bel soggetto, una sceneggiatura un po' sgangherata con qualche nodo narrativo da sciogliere, e con tragici errori nella collocazione geografica della storia: il lago Sevan -sulle cui rive si svolge gran parte della narrazione- non è affatto al confine con l'Azerbajian, come il film vuol far credere. Diciamo che la troupe (quella vera) non è voluta arrivare sino al lembo d'Armenia (il Nagorno-Karabach) su cui realmente si accende ogni tanto un guerra strisciante con i vicini azeri.
A parte queste imprecisioni, il film è una -apparentemente- leggera storia che racconta come una truffa organizzata da un eurodeputato e da uno squallido faccendiere romano, possa diventare un bidone destinato a incarnare i sogni degli abitanti di un remoto villaggio armeno, nei cui pressi la troupe protagonista del film è costretta a sostare a causa del raggiro subito.
Morale: l'oggettività è nel punto di vista sul senso di quello che si vive. Anche un imbroglio ed un esilio forzato possono diventare la matrice di nuovi sogni e nuove speranze di vita.
Simpatica e misurata la recitazione del gruppo, molto gradevoli dialoghi e situazioni.
Voglio però segnalare una sorta di versante "neorealista" del film: gli abitanti dello sperduto villaggio armeno sono probabilmente presi dalla strada (o meglio, dalle campagne locali), e incarnano molto bene gli abitanti dei luoghi.
Tutto sommato un film da vedere con più attenzione di quanto si creda
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ren�52
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domenica 31 marzo 2019
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'mediterraneo' sulle nevi dell'armenia
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Sono troppi i riferimenti al film capolavoro di Gabriele Salvatores per pensare che non si tratti di casualità ma che il regista Stefano Spada abbia volutamente attinto alla pellicola premiata con l'Oscar nel 1992 per imbastire questa trama, piacevole e delicata, ambientata anziché nello splendido mare greco, sulle freddi nevi dell'Armenia.
Già vedendo la partita a pallone disputata sul ghiaccio la mente va immediatamente a quella 'epica' con protagonisti Abatantuono e soci che si azzuffano per un discusso rigore e quasi ci si aspetta di vedere da un momento all'altro un piccolo velivolo che atterra sul campo mettendo i fuga tutti.
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Sono troppi i riferimenti al film capolavoro di Gabriele Salvatores per pensare che non si tratti di casualità ma che il regista Stefano Spada abbia volutamente attinto alla pellicola premiata con l'Oscar nel 1992 per imbastire questa trama, piacevole e delicata, ambientata anziché nello splendido mare greco, sulle freddi nevi dell'Armenia.
Già vedendo la partita a pallone disputata sul ghiaccio la mente va immediatamente a quella 'epica' con protagonisti Abatantuono e soci che si azzuffano per un discusso rigore e quasi ci si aspetta di vedere da un momento all'altro un piccolo velivolo che atterra sul campo mettendo i fuga tutti.
L'amore che sboccia tra la cameriera armena dell'Hotel e il personaggio interpretato da Claudio Amendola, troppo simile a quello del sergente Farina e di Vassilissa, l'arrivo del 'commerciante' pugliese che ricorda Antonio Catania anche nei dialoghi e sentendolo chiedere con stupore 'Da quanto tempo siete qui in Armenia? Due mesi?' che riporta subito a quel 'Min...a! Tre anni? No, non ci posso credere!', sono episodi che mettono in luce analogie ben più che evidenti.
La trama narra di un manipolo di personaggi mal combinati fra loro che vengono spediti in Armenia con lo scopo di realizzare un film che però non si realizzerà mai, perché è, a loro insaputa tranne che di Valeria interpretata da Barbara Bobulova, un espediente per arricchire un falso manager truffaldino e un politico disonesto.
Una volta scoperto l'inganno decidono di rimanere per dar vita ad una specie di 'Fabbrica dei Sogni' con la quale, usando tecniche cinematografiche artigianali, realizzano tutti i sogni degli abitanti dello sperduto paesino armeno che sorge nei pressi dell'Hotel Gagarin, chiamato così in onore del primo astronauta che ha viaggiato nello spazio.
Come non mettere sullo stesso piano questa troupe malmessa con quell'altra specie di 'Armata Brancaleone' comandata dal tenente Raffaele Montini e dal sergente Lorusso spedita nel mar Egeo per un'operazione militare la cui importanza strategica era del tutto inesistente?
Entrambi questi manipoli sono vittime dell'inganno, più o meno celato, ma riusciranno a far emergere e trionfare i buoni sentimenti e ad aprire nuovi orizzonti.
Anche qui la loro posizione viene segnalata e anziché le truppe inglesi arriva l'Unità di Crisi della Farnesina a riportare in Italia i nostri eroi. E come in 'Mediterraneo' qualcuno decide di non tornare. Non c'è la giara di olive dove si nascone il sergente Farina ma un cavallo dove Patrizia, che faceva il mestiere più antico del mondo, sul quale salire e viaggiare in compagnia di un simpatico armeno.
Alla domanda del professore, uno straordinario (come sempre) Giuseppe Battiston, sulle difficoltà di capirsi fra di loro, lei risponde con un sorriso dicendo che non ci sono problemi e facendo intendere come il linguaggio del cuore supera qualsiasi barriera anche quelle linguistiche.
In questa commedia dalle tonalità pastello, si ride, si sorride, ci si commuove.
La scena finale è un omaggio a 'Titanic' quando il professore rivolgendosi ai suoi compagni di viaggio, parafrasa la frase del capo orchestra ai ai suoi colleghi mentre la nave affonda: 'Signori, è stato un privilegio sognare con voi!'.
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fabio
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venerdì 10 agosto 2018
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vale il biglietto ma si può perdere al cinema
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C'è del buono in quest'opera prima: l'amore per il cinema, potente macchina dei sogni, declinato attraverso numerosi riferimenti e citazioni; c'è una scelta musicale azzeccata e una fotografia efficace.
Di meno buono ho trovato la regia che non riesce a far funzionare il gruppo di attori. Sceneggiatura e montaggio, soprattutto nella prima parte del film, sono proprio sgangherate ed è un vero peccato. Sembra che tutto sia buttato lì, un po' sbrigativamente.
Altro limite della sceneggiatura: tutto sembra troppo poco verosimile e questo finisce per pagare un prezzo all'effetto complessivo sullo spettatore.
Comunque, non si rimane delusi dallo spettacolo anche se il grande schermo non sembra aggiugere nulla di più a questo lavoro che definirei onesto ma senza vero talento.
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androide74
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giovedì 1 ottobre 2020
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soggetto infantile
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Questo film nei primi minuti sembra promettente: la truffa, la troupe improvvisata, l'ambientazione insolita. Presto però si percepisce qualcosa di stonato: subito dopo lo "scoppio della guerra" l'interazione tra i personaggi diventa surreale, i dialoghi ridicoli la sceneggiatura imprevedibile ma nel senso negativo del termine. Personaggi poco sviluppati aderenti a cliché che sembrano usciti dalle barzellette (il professire, la prostituta, l'elettricista, il drogato etc) diventano iper volubili e interagiscono in modo scomposto. Un attimo prima si vogliono spaccare la faccia iun attimo dopo si commuovono, diventano comprensivi e perdonano (salvo poi ricominciare da capo). La popolazione locale accorre in massa (durante la guerra?) per improvvisarsi attori spinti da chissà quale molla.
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Questo film nei primi minuti sembra promettente: la truffa, la troupe improvvisata, l'ambientazione insolita. Presto però si percepisce qualcosa di stonato: subito dopo lo "scoppio della guerra" l'interazione tra i personaggi diventa surreale, i dialoghi ridicoli la sceneggiatura imprevedibile ma nel senso negativo del termine. Personaggi poco sviluppati aderenti a cliché che sembrano usciti dalle barzellette (il professire, la prostituta, l'elettricista, il drogato etc) diventano iper volubili e interagiscono in modo scomposto. Un attimo prima si vogliono spaccare la faccia iun attimo dopo si commuovono, diventano comprensivi e perdonano (salvo poi ricominciare da capo). La popolazione locale accorre in massa (durante la guerra?) per improvvisarsi attori spinti da chissà quale molla. Scene già viste (l'uomo delle stelle, tre uomini e una gamba, mediterraneo) denotano poca fantasia ma qui il problema principale è la sceneggiatura che sembra scritta da un ragazzo di terza media e finisce col rovinare un soggetto che, pur non essendo molto originale, aveva del potenziale
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akira60
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lunedì 9 luglio 2018
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c'è poco poco
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Si, carino. Per una serata estiva all'arena. Ma niente di più. Attori bravi ma trama floscia, scontata dal primo minuto, senza mai un impennata. Il regista si è voluto sbizzarrire nelle citazioni (il film ne è pieno, magari può essere divertente andarsele a cercare tutte) ma il risultato è una storia già vista decine di volte: i falliti che risorgono, il viaggio liberatorio, il cinema nel cinema, il cinema che realizza i sogni, c'è persino Mediterraneo con la storia dei dimenticati ("Minchia, tre anni!" qui diventa "Due mesi!")....
Fotografia e ripresa tipica italiana, corretta ma senza invenzioni o effetti o almeno sfumature particolari.
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Si, carino. Per una serata estiva all'arena. Ma niente di più. Attori bravi ma trama floscia, scontata dal primo minuto, senza mai un impennata. Il regista si è voluto sbizzarrire nelle citazioni (il film ne è pieno, magari può essere divertente andarsele a cercare tutte) ma il risultato è una storia già vista decine di volte: i falliti che risorgono, il viaggio liberatorio, il cinema nel cinema, il cinema che realizza i sogni, c'è persino Mediterraneo con la storia dei dimenticati ("Minchia, tre anni!" qui diventa "Due mesi!")....
Fotografia e ripresa tipica italiana, corretta ma senza invenzioni o effetti o almeno sfumature particolari...Il regista, alla sua opera prima da quarantacinquenne, fa il suo compitino ma non convince....
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