parsifal
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martedì 5 febbraio 2019
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fantasmi letterari
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Opera firmata dalla mente tagliente di Polansky, tratto dal romanzo di Delphine de Vigan e sceneggiato con l' aiuto della stessa autrice. mette in scena il mondo interiore di una scrittrice affermata Delphine , magnificamente interpretata dall'eterna musa del regista , la splendida E. Seigner, giunta al successo grazie ad un'opera interamente dedicata a sua madre ed alle sue sofferenze ( si potrebbe ipotizzare un'eventuale analogia con " Una morte dolcissima" di S.de Boivuaire). Oltre alla fama, le presentazioni e tutti i doveri imposti dall'editoria e dalle sue ferree regole, c'è dell'altro; Delphine si trova in un momento assai critico della propria esistenza, sia a causa delle vicissitudini personali ( i figli sono lontani e non la cercano, la sua storia d'amore è solo un'ombra che si affaccia di tanto in tanto) sia perchè è arrivato il momento che tutti gli scrittori temono; il foglio bianco, destinato a restare tale.
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Opera firmata dalla mente tagliente di Polansky, tratto dal romanzo di Delphine de Vigan e sceneggiato con l' aiuto della stessa autrice. mette in scena il mondo interiore di una scrittrice affermata Delphine , magnificamente interpretata dall'eterna musa del regista , la splendida E. Seigner, giunta al successo grazie ad un'opera interamente dedicata a sua madre ed alle sue sofferenze ( si potrebbe ipotizzare un'eventuale analogia con " Una morte dolcissima" di S.de Boivuaire). Oltre alla fama, le presentazioni e tutti i doveri imposti dall'editoria e dalle sue ferree regole, c'è dell'altro; Delphine si trova in un momento assai critico della propria esistenza, sia a causa delle vicissitudini personali ( i figli sono lontani e non la cercano, la sua storia d'amore è solo un'ombra che si affaccia di tanto in tanto) sia perchè è arrivato il momento che tutti gli scrittori temono; il foglio bianco, destinato a restare tale. Più che vivere , subisce il tempo in maniera passiva, quando ecco apparire una presenza assai singolare nella sua vita ; Elle (Lei) ,interpretata dalla giovane diva Eva Green. Carismatica, sicura di sè , con un irresistibile sguardo magnetico, non impiegherà molto ad entrare nella vita della sofferente scrittirice. Apparentemente per aiutarla, ma l'apparenza inganna, in ogni dove. Elle diventa di giorno in giorno sempre più pressante, molto invadenti , vuole essere messa a conoscenza dei segreti familiari di Delphine ( che riceve strane e minacciose lettere anonime con evidenti riferimenti al suo passato con i genitori), del suo passato sentimentale , il rapporto con i figli.Inoltre dimostra di avere un temperamento molto, troppo aggressivo, andando incontro a scatti di ira incontrollati ed immotivati. Delphine non riesce a sottrarsi a questa morsa che si stringe lentamente attorno a lei. Fino a quando non comprenderà l'effettivo pericolo in cui si trova. Rischierà la Vita e verrà salvata dal fidanzato Francois ( V.Perez) accorso da lei, insospettito dalla sua prolungata e silenziosa solitudine. Qualcosa però non quadrerà a perfezion...Chi era davvero Elle? Vicenda che inizia in modo introspettivo e vira , in maniera decisa e vigorosa , al noir delle migliori ttradizioni, scritta con estrema perizia e diretta magistralmente, trova nelle sue atmosfere e nell'interpretazione delle due splendide e talentuose attrice, il giusto compimento che merita.Ottima anche la colonna sonora, a cura di A. Desplat
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flyanto
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mercoledì 7 marzo 2018
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due donne a confronto
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Ritorna nelle sale cinematografiche il regista Roman Polanski con il suo ultimo thriller "Quello che non so di Lei".
La storia racconta di una famosa scrittrice di romanzi (Emanuèlle Seigner) che ha pubblicato il suo ultimo libro di successo ed ora, terminato, sta attraversando un periodo di profonda crisi esistenziale e creativa.
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Ritorna nelle sale cinematografiche il regista Roman Polanski con il suo ultimo thriller "Quello che non so di Lei".
La storia racconta di una famosa scrittrice di romanzi (Emanuèlle Seigner) che ha pubblicato il suo ultimo libro di successo ed ora, terminato, sta attraversando un periodo di profonda crisi esistenziale e creativa. Legata ad un uomo che a causa del suo lavoro di giornalista televisivo è sempre in viaggio e, pertanto, abbastanza assente nella vita della protagonista, e con due figli che studiano all'estero, la donna si sente sola e demotivata. Avendo conosciuto nel corso della serata in onore della pubblicazione del suo romanzo un'attraente e carismatica donna più giovane di lei di qualche anno (Eva Green), la scrittrice ne subisce subito il fascino e piano piano instaura con quest'ultima un rapporto molto stretto in cui, quasi, la seconda domina la vita dell'altra e la induce, fingendo di aiutarla e supportarla in questa fase delicata della sua esitenza personale, a comportarsi e ad agire secondo la sua volontà. Addirittura, con una scusa, la nuova conoscenza si trasferisce in casa della scrittrice al fine di controllarla piùà direttamente e dominarla meglio. Ben presto, la protagonista si renderà conto dell'agire della sua nuova 'amica' e piano piano cercherà di reagire....
Una trama in sè, sì avvincente e, dunque, anche interessante ma, purtroppo, per nulla originale e quindi scontata. Già precedenti pellicole (vedi, per esempio, "Inserzione Pericolosa" con Bridget Fonda e Jennifer Jason Leigh o "Misery non Deve Morire", per citarrne solo due) hanno tratatto il tema del 'doppio' e della sostituzione da parte di una personai finge amica di un'altra al fine di sostituirsi totlamente nella su aesitenza, sia pure con rmotivazioni diverse, e giocando sull'ambiguità e sulla contrapposizione tra realtà e finzione. Qui, si trovano parecchi luoghi comuni e, per quanto il regista Polanski diriga il film incalzando con la suspense e con riprese congegnate ad arte per creare un' atmosfera di maggior mistero ed inquietudine, il corso della vicenda ed il finale risultano, ripeto, alquanto prevedibili. In ogni caso, oltre alla regia che risulta sempre quella eccellente di un maestro del cinema, in questa pellicola occorre apprezzare anche la recitazione delle due attrici perchè, sia la Seigner che la Green, risultano molto credibili ed efficacemente convincenti nel dare il ritratto di due donne così diverse tra loro, una praticamente catatonica e trasandata e l'altra magnetica e conturbante, ma ugualmente interessanti e vere entrambe.
Consigliabile per trascorrere due ore con un pò di tensione.
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[+] tracce mai rimosse di un tormento autobiografico
(di antoniomontefalcone)
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ritacirrincione
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mercoledì 14 marzo 2018
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un’occasione mancata
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Delphine è una famosa scrittrice di bestseller. Durante il tour promozionale del suo ultimo romanzo incontra Elle, una giovane ammiratrice, affascinante e dai modi seduttivi, che in poco tempo entra a far parte della sua vita occupandovi un posto sempre più rilevante. Delphine attraversa un momento di crisi creativa e di stanchezza anche a causa delle accuse di cinismo e di opportunismo che le vengono rivolte per avere rivelato nel suo ultimo libro aspetti intimi della sua vita familiare. La ragazza, una gostwriter dal passato misterioso, arriva proprio in questa fase non facile della sua vita e all’inizio sembra la persona giusta per prendersi cura di lei e per farle compagnia in una periodo di quasi totale solitudine (i figli sono andati a vivere da soli e il compagno è assente per lavoro).
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Delphine è una famosa scrittrice di bestseller. Durante il tour promozionale del suo ultimo romanzo incontra Elle, una giovane ammiratrice, affascinante e dai modi seduttivi, che in poco tempo entra a far parte della sua vita occupandovi un posto sempre più rilevante. Delphine attraversa un momento di crisi creativa e di stanchezza anche a causa delle accuse di cinismo e di opportunismo che le vengono rivolte per avere rivelato nel suo ultimo libro aspetti intimi della sua vita familiare. La ragazza, una gostwriter dal passato misterioso, arriva proprio in questa fase non facile della sua vita e all’inizio sembra la persona giusta per prendersi cura di lei e per farle compagnia in una periodo di quasi totale solitudine (i figli sono andati a vivere da soli e il compagno è assente per lavoro). Ma poco alla volta il rapporto si fa sempre più intrusivo e ambiguo: Elle alza il tiro e finisce con l’insinuarsi morbosamente nella vita della donna, con il condizionarne le scelte arrivando a sostituirsi a lei e a impossessarsi della sua identità. Poi, quando Delphine sembra completamente in balia di Elle, i giochi di manipolazione sembrano capovolgersi: è lei che strumentalizza la ragazza, che cerca di carpirne segreti e memorie per trovare ispirazione per il nuovo romanzo. Ma la narrazione si avviluppa in un crescendo di vicende sempre più improbabili finché, sfiorata la tragedia, inaspettatamente – come per intervento di undeus ex machina – l’esistenza di Delphine riprende il suo corso normale.
La storia dell’incontro di queste due donne – l’una scrittrice di successo nel pieno della maturità che cerca nell’altra la possibilità di rivitalizzarsi e trovare nuove fonti di ispirazione; l’altra, scrittrice di serie B, giovane e intraprendente, che cerca di carpire il misterioso meccanismo della creatività e del successo – pur rappresentando un interessante spunto narrativo e pur affrontando temi congeniali alla drammaturgia di Polanski come quelli dell’identità e del doppio, della realtà e della finzione, finisce con il diventare un’occasione mancata per una serie di forzature che rendono poco credibile e a tratti quasi caricaturale la narrazione.
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[+] manco le basi
(di emaspac)
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carloalberto
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giovedì 8 marzo 2018
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l'inquilina del quarto piano
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Quello che non so di lei rappresenta il ritorno di Polanski a uno dei suoi temi più cari, ossessivamente presente in molti suoi film (Repulsion, Rosemary’s Baby, L’inquilino del terzo piano): l’io prigioniero che lotta disperatamente per affrancarsi dal Super-io collettivo, ma alla fine cede, perdendo se stesso e assumendo il ruolo e finanche le sembianze assegnategli dalla società. La protagonista, una romanziera senza più ispirazione, obbligata dai suoi fans e dagli editori nel ruolo di scrittrice di successo, interpretata da una convincente Emmanuelle Seigner, è la declinazione al femminile del personaggio di Trelkowski, interpretato dallo stesso Polanski nel suo film L’inquilino del terzo piano del 1976.
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Quello che non so di lei rappresenta il ritorno di Polanski a uno dei suoi temi più cari, ossessivamente presente in molti suoi film (Repulsion, Rosemary’s Baby, L’inquilino del terzo piano): l’io prigioniero che lotta disperatamente per affrancarsi dal Super-io collettivo, ma alla fine cede, perdendo se stesso e assumendo il ruolo e finanche le sembianze assegnategli dalla società. La protagonista, una romanziera senza più ispirazione, obbligata dai suoi fans e dagli editori nel ruolo di scrittrice di successo, interpretata da una convincente Emmanuelle Seigner, è la declinazione al femminile del personaggio di Trelkowski, interpretato dallo stesso Polanski nel suo film L’inquilino del terzo piano del 1976. Emblematiche della ribellione dell’io e del suo fallimento sono, rispettivamente, la scena in cui la protagonista ha un incubo in cui sogna di lanciare il computer contro il suo alter ego, impersonato da Eva Green, che abita l’edificio dirimpetto e invade la sua vita costringendola a scrivere un’autobiografia e la scena finale, in cui, come nella scena iniziale, firma autografi per i lettori sulle copie del suo nuovo bestseller, ma è ormai trasformata e omologata nel personaggio di scrittrice famosa.
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eugenio
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domenica 17 giugno 2018
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misery edulcorato al femminile
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Un Misery edulcorato senza violenza espressiva, privo della paura fisica che vive di inquietudini, incertezze, del rapporto ambiguo tra due donne.
Alla regia un tal, quidam Roman Polanski che dell’incasinamento e dell’angoscia è maestro, supportato in questa occasione dalla sceneggiatura da Olivier Assayas (Sils Maria e Personal Shopper) che ha fatto della ricerca dell’identità, quella vera, la sua missione di cinema.
Alla base di Quello che non so di lei c’è un romanzo di Delphine de Vigan: D'après une Histoire Vraie. Delphine è appunto la protagonista, interpretata dalla sempre capace Emmanuelle Seigner che di Polanski è musa oltre che moglie, una scrittrice in crisi creativa dalla relazione scialba e senza emozione con un marito perso agli angoli del pianeta per intervistare scrittori famosi.
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Un Misery edulcorato senza violenza espressiva, privo della paura fisica che vive di inquietudini, incertezze, del rapporto ambiguo tra due donne.
Alla regia un tal, quidam Roman Polanski che dell’incasinamento e dell’angoscia è maestro, supportato in questa occasione dalla sceneggiatura da Olivier Assayas (Sils Maria e Personal Shopper) che ha fatto della ricerca dell’identità, quella vera, la sua missione di cinema.
Alla base di Quello che non so di lei c’è un romanzo di Delphine de Vigan: D'après une Histoire Vraie. Delphine è appunto la protagonista, interpretata dalla sempre capace Emmanuelle Seigner che di Polanski è musa oltre che moglie, una scrittrice in crisi creativa dalla relazione scialba e senza emozione con un marito perso agli angoli del pianeta per intervistare scrittori famosi.
Durante un firmacopie, evento da cui la scrittrice non può sottrarsi -suo malgrado-, conosce la particolare quanto insistente “fan” (anche lei scrittrice) Elle - Lei appunto- una piccata Eva Green, che tanto fa e tanto insiste fino a introdursi inesorabilmente nella vita di Delphine in maniera inquietante.
Inizia quindi un gioco, molto particolare, quasi di ruolo tra due scrittrici in qualche modo accumunate da un senso di solitudine e straniamento. Delphine, affermata ma ora in crisi creativa e Elle, ghost writer delle vite degli altri, sono in realtà lo specchio della stessa donna, parassita alla ricerca di un alimento, un rapporto amniotico fatto prima di sopportazione, poi di aiuto fino al classico crescendo di possessione e angoscia.
Ma in Quello che non so di lei, Polanski non cerca di emulare Misery non deve morire, anche se il rapporto tra le due donne ricorda per certi versi, con l’incidente alla gamba nella seconda parte e la relativa “segregazione forzata” di Delphine, parte dell’atmosfera del romanzo kinghiano. La venatura horror che qui si traduce in thriller non è l’oggetto di questa pellicola che ruota attorno a un conturbante intrigo tra donne.
No, a Polanski interessa innescare quella sottile scintilla di dubbio, facendo sì che le sue protagoniste si cerchino, si allontanino, si completino, si respingano. In altre parole, restituisce sullo schermo una grande indagine interiore sottendendo un fil rouge di eterna tensione, a tratti insopportabile, che spinge lo spettatore a domandarsi: Dunque? Dove mi vuoi condurre? Perchè?
Basta poco all’abile regista per saper come inquietare lo spettatore. Lo aveva già fatto nei suoi film “d’oro”: Rosemary’s baby, il Coltello nell’acqua, il mitico Repulsion.
E a quest’ultimo film, in qualche modo, che Quello che non so di lei rende tributo: nello stile quasi picassiano, nella regia convulsa ma fluida e robusta, e nella capacità di giocare con facilità quasi sconcertante con la tensione, l'umorismo e la dimensione più ambigua e allucinata della mente umana. Dietro la quale si nasconde sottilmente l’io interiore, il libro nascosto della nostra anima, con tutte le sue vacue fragilità e debolezze.
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rmarci 05
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martedì 27 agosto 2019
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molto interessante, ma non del tutto riuscito
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Dopo le due folgoranti esperienze “teatrali” di Carnage e Venere in pelliccia, Roman Polanski ripercorre un sentiero autoriale già intrapreso con L’uomo nell’ombra, in un film stilisticamente raffinato e sinuoso che, sopperendo parzialmente alla mancanza di suspense grazie a un fascino visivo quasi ipnotico, funziona meglio come dramma interiore che come thriller psicologico.
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Dopo le due folgoranti esperienze “teatrali” di Carnage e Venere in pelliccia, Roman Polanski ripercorre un sentiero autoriale già intrapreso con L’uomo nell’ombra, in un film stilisticamente raffinato e sinuoso che, sopperendo parzialmente alla mancanza di suspense grazie a un fascino visivo quasi ipnotico, funziona meglio come dramma interiore che come thriller psicologico. Perfettamente coerente con la sua poetica e rinnovati alcuni degli stilemi che lo hanno contraddistinto (per la prima volta nel suo cinema il “confronto” è fra due donne), il regista polacco costruisce un’opera meravigliosamente stratificata, ma non completamente riuscita. Anche se non al vertice dell’ispirazione, egli sa per esperienza che la vita privata di un artista si può conoscere approfonditamente, più che da una semplice biografia letta su Internet, proprio attraverso le sue opere, intese come risultati espressivi di particolari vicissitudini personali. Inoltre ribadisce che, in un’epoca in cui siamo travolti da prodotti che mirano al realismo più esasperato (Reality TV, film tratti da storie vere, realtà virtuali ecc.) la realtà quotidiana si può celare anche all’interno della finzione stessa. Proprio per questo motivo, il film trova il suo punto di forza nella descrizione dell’elaborazione del processo creativo. Grazie soprattutto a un’interpretazione eroica da parte di Emmanuelle Seigner e a una presenza misteriosa di Eva Green, Polanski mette in scena un rapporto morboso e simbiotico tra una donna e il suo possibile alter-ego, che la libera dai demoni del suo passato per poi farglieli riversare tutti nelle pagine del suo prossimo libro. Dunque, complici alcune prolissità, una suspense al di sotto delle aspettative e qualche forzatura nello sviluppo della vicenda, Quello che non so di lei si configura come un piccolo passo indietro rispetto alle opere precedenti del regista. Tuttavia, risulta altrettanto apprezzabile, estremamente interessante e sicuramente meritevole di una visione. Io, personalmente, continuo a considerare Polanski uno dei massimi autori contemporanei, per cui le tre stelle sono doverose, oltre che pienamente meritate.
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matteofedele
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domenica 4 marzo 2018
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quello che non sapremo mai
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In un periodo in cui, nel bene e nel male, il femminismo vende come non mai, il regista di “Rosemary’s Baby” e “Tess” coglie l’occasione per realizzare quasi un gineceo narrativo. Tratto pedissequamente dall’ultimo romanzo di Delphine De Vigan, l’ultimo film di Polanski (anche a causa di un budget tra i più esigui da lui ottenuti negli ultimi anni) pare un’opera prima, benedetta dalla maestria di due attrici eccelse quali Emmanuelle Seigner-Polanski e Eva Green. Aderendo ai più ovvi stereotipi della scrittrice, la prima è introversa, malinconica, trasandata, in funzionale contrasto con la seconda, donna di mondo impulsiva, energica, elegante. Il rapporto che si instaura tra loro è molto meno inquietante e molto più platonico di quanto suggeriscano i materiali promozionali.
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In un periodo in cui, nel bene e nel male, il femminismo vende come non mai, il regista di “Rosemary’s Baby” e “Tess” coglie l’occasione per realizzare quasi un gineceo narrativo. Tratto pedissequamente dall’ultimo romanzo di Delphine De Vigan, l’ultimo film di Polanski (anche a causa di un budget tra i più esigui da lui ottenuti negli ultimi anni) pare un’opera prima, benedetta dalla maestria di due attrici eccelse quali Emmanuelle Seigner-Polanski e Eva Green. Aderendo ai più ovvi stereotipi della scrittrice, la prima è introversa, malinconica, trasandata, in funzionale contrasto con la seconda, donna di mondo impulsiva, energica, elegante. Il rapporto che si instaura tra loro è molto meno inquietante e molto più platonico di quanto suggeriscano i materiali promozionali. Efficaci, nel loro piccolo, anche le registe Josée Dayan, Brigitte Rouan e Noémie Lvovsky. Non pervenuto invece il pur bravo Vincent Perez, limitato nei panni di un fidanzato senza spessore. Povero di tensione e ricco di colpi di scena che restano in canna, “D'après une histoire vraie” è un thriller psicologico che chiede una sospensione dell’incredulità da horror. Minimale e volutamente incompleto, lascia più possibilità che certezze, più domande che risposte. È proprio questo ciò che c’è di più interessante nel film più semplice di Polanski: quello che non ci viene detto.
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udiego
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venerdì 9 marzo 2018
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quello che non so di me
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Roman Polansky, con “Quello che non so di Lei”, porta al cinema la storia, tratta dal romanzo di Delhine De Vighan, di una scrittrice in grande crisi di identità e con un forte blocco creativo. Solo riuscire a scavare nel profondo della sua anima e delle sue emozioni riuscirà a farle ritrovare se stessa. Questo viaggio dentro di sé è reso possibile dall’instaurarsi di un rapporto speciale con una donna, che apparentemente rappresenta in tutto l’esatto opposto di Delphine.
Il regista parigino fonda la sua struttura narrativa sul continuo contrasto delle due personalità dei personaggi principali del film.
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Roman Polansky, con “Quello che non so di Lei”, porta al cinema la storia, tratta dal romanzo di Delhine De Vighan, di una scrittrice in grande crisi di identità e con un forte blocco creativo. Solo riuscire a scavare nel profondo della sua anima e delle sue emozioni riuscirà a farle ritrovare se stessa. Questo viaggio dentro di sé è reso possibile dall’instaurarsi di un rapporto speciale con una donna, che apparentemente rappresenta in tutto l’esatto opposto di Delphine.
Il regista parigino fonda la sua struttura narrativa sul continuo contrasto delle due personalità dei personaggi principali del film. Delphine e Leila si incontrano e scontrano in un rapporto contorto, per certi versi perverso, dove i due caratteri si completano nella loro totale distanza. Le forze dell’una sono le debolezze dell’altra, le ansia della prima sono le certezze della seconda, in un continuo scavare nell’animo umano fino a quasi toccare il fondo prima di ritrovare se stessi.
L’opera procede così per buona parte della sua durata, riuscendo a suscitare un certo interesse da parte dello spettatore nello scoprire lo sviluppo di questo rapporto. Certo le sfaccettature dei personaggi non arrivano ai livelli a cui Polansky ci aveva abituato in passato, ma tutto sommato grazie anche ad una buona prova da parte delle due attrici protagoniste, Emmanuelle Seigner ed Eva Green, l’opera risulta complessivamente godibile. Purtroppo lo script tende a divagare nelle battute finali, evidenziando anche una certa confusione, cercando di giungere ad un colpo di scena allo stesso tempo prevedibile ed esagerato.
Vero è che forse l’intento dell’autore non è quello di regalarci una storia logica ma quello di entrare il più possibile nel profondo dei suoi personaggi, ma è altrettanto vero che è lo stesso regista ad imboccare una strada forse un pò troppo contorta per essere gestita al meglio. “Quello che non so di lei” in definitiva si mostra un film sufficiente, a tratti anche affascinante, ma a cui manca quel mordente tipico del Polansky che ben conosciamo.
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emaspac
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domenica 18 marzo 2018
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elle non esiste in carne ed ossa
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giusto per suggerire la chiave di lettura di questo film, che leggo sia irragiungibile per molti: non ci sono due donne, elle non è in carne ed ossa,.è il super-io della scrittrice. o il dopplerganger della scrittrice. elle non parla con nessuno tranne che con la protagonista, non si fa vedere da nessuno, chiude le porte quando altre le aprono, etc. etc. per tutto il film polanski lo sottolinea e ce lo suggerisce. il fatto che il "doppio" sia ambiguamente reale/irtreale è proprio la sua firma stilistica: eppure di situazion isurreali e metaforiche ce ne sono, che dovrebbero far capire il tutto allo spettatore. elle è nella testa della scrittrice, o meglio è il suo inconscio, viste le (durissime) verità che ai porta dentro.
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giusto per suggerire la chiave di lettura di questo film, che leggo sia irragiungibile per molti: non ci sono due donne, elle non è in carne ed ossa,.è il super-io della scrittrice. o il dopplerganger della scrittrice. elle non parla con nessuno tranne che con la protagonista, non si fa vedere da nessuno, chiude le porte quando altre le aprono, etc. etc. per tutto il film polanski lo sottolinea e ce lo suggerisce. il fatto che il "doppio" sia ambiguamente reale/irtreale è proprio la sua firma stilistica: eppure di situazion isurreali e metaforiche ce ne sono, che dovrebbero far capire il tutto allo spettatore. elle è nella testa della scrittrice, o meglio è il suo inconscio, viste le (durissime) verità che ai porta dentro. chi non conosce polanski magari non l'ha capito il film, chi conosce la sua filmografia l'ha capito dalla prima inquadratura di elle. per me un ottimo film, non certo un capolavoro, ma nella tradizione polanskiana originale. poche le cadute di stile, tra tutte le sequenze oniriche, e purtroppo eva green non è una grande attrice.
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cardclau
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venerdì 2 marzo 2018
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polanski è sempre polanski
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Ammettiamolo, Polanski fa film inquietanti che possono disturbare lo spettatore se il sentimentalismo inconscio, che divide dicotomicamente il bene dal male, il buono dal cattivo, la verità dalla bugia, non viene a galla. Rifiutandosi di riconoscere la zona grigia dentro di noi, come osserva Primo Levi. Emmanuelle Seigner è veramente splendida nell'incerto plagio, come lo era stata, per altri versi, nel film Venere in pelliccia. Eva Green clamorosamente convincente nella sua parte di incerta manipolatrice, di una bellezza femminea che intimorisce, con questi occhi che non finiscono più, molto donna e poco madre, con una componente, direi, frigida e discretamente maligna.
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Ammettiamolo, Polanski fa film inquietanti che possono disturbare lo spettatore se il sentimentalismo inconscio, che divide dicotomicamente il bene dal male, il buono dal cattivo, la verità dalla bugia, non viene a galla. Rifiutandosi di riconoscere la zona grigia dentro di noi, come osserva Primo Levi. Emmanuelle Seigner è veramente splendida nell'incerto plagio, come lo era stata, per altri versi, nel film Venere in pelliccia. Eva Green clamorosamente convincente nella sua parte di incerta manipolatrice, di una bellezza femminea che intimorisce, con questi occhi che non finiscono più, molto donna e poco madre, con una componente, direi, frigida e discretamente maligna. Vincen Perez è un amante attraente e discreto, finalmente virile, che ha il dono di saper fare anche da padre. Il film inizia lentamente, ma appena lo spettatore comincia a pensare di trovarsi di fronte ad una storia per certi versi scontata, a lungo andare un po' noiosa, il tutto accelera in un sorprendente gioco delle parti, con aspetti di noir sottolineati da momenti di assolo di violoncello, meravigliosi, con un finale mozzafiato e sconcertante, senza scontati e ruvidi spargimenti di sangue. Non ci sono non detti e non capiti, siamo in verità nella zona grigia dell'essere umano, con una incertezza angosciosa che può apparire inaccettabile. Polanski ha avuto una vita incredibilmente tormentata, che non può non emergere nei suoi film, ma riesce a sublimare miracolosamente l'angoscia, miscelandola con il sorprendente sentimento dell'amore per la vita, in un film che direi piuttosto interessante
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