Pride |
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Un film di Matthew Warchus.
Con Bill Nighy, Imelda Staunton, Dominic West, Paddy Considine.
continua»
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 120 min.
- Gran Bretagna 2014.
- Teodora Film
uscita giovedì 11 dicembre 2014.
MYMONETRO
Pride
valutazione media:
3,37
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Pridedi catcarloFeedback: 13499 | altri commenti e recensioni di catcarlo |
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venerdì 9 gennaio 2015 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
E’ davvero una buona idea quella che hanno avuto alla Teodora Film distribuendo questo lavoro in pieno periodo natalizio: al contrario delle consuete, grevi commedie che affliggono il periodo, ‘Pride’ è una pellicola intelligente e a suo modo ‘impegnata’ che sa far ridere e commuovere con leggerezza ispirandosi a una storia tuttaltro che divertente. Un piccolo gruppo di omosessuali londinesi si mette in testa di aiutare i lavoratori delle miniere gallesi in sciopero contro il governo Thatcher, da cui l’acronimo Lgsm ovvero ‘Lesbiche e gay sostengono i minatori’: trascinati dall’entusiasta e carismatico Mark (Ben Schnetzer), riesce loro più facile raccogliere i fondi che farli accettare ai beneficiari. Malgrado l’appoggio del sindacalista di riferimento (Paddy Considine), lo scontro con il mondo, maschilista e omofobo, del Galles rurale: non può altro che essere frontale: la passione dei ragazzi riesce però a fare breccia, prima fra le donne guidate dall’infaticabile Hefina (Imelda Staunton), poi tra i più vecchi e saggi come il Cliff di Bill Nighy e infine tra i giovanotti che trovano vie per giungere alle ragazze alle quali mai avevano pensato. Come insegna la storia, fu una guerra persa, ma i minatori mantennero la promessa di contraccambiare l’aiuto prima sfilando al Gay Pride – tutta la sequenza è accompagnata dalla sempre commovente ‘There is power in a Union’ di Billy Bragg – e poi votando a favore dei diritti civili per gli omosessuali. Warchus e lo sceneggiatore Stephen Beresford amalgamano tutti questi elementi in un racconto di due ore che conferma ancora una volta la capacità tutta inglese di narrare con levità anche i momenti più difficili della propria storia: ovviamente, per gli aspetti umoristici è ampiamente sfruttato il confronto di due mondi che più opposti non si potrebbero immaginare, ma stando ben attenti a evitare qualsiasi volgarità come, sul lato opposto, seppur tra tradimenti e divisioni, i momenti drammatici vengono affrontati a ciglio asciutto. Un difetto che, invece, si può imputare agli autori, è quello di aver avuto accumulare troppe sottotrame e personaggi, finendo così per far perdere di mordente al filone principale: ci sono il ragazzino che scopre la propria sessualità (George MacKay), il gay gallese che sono anni che non vede la madre (Andrew Scott) e molte altre figure minori, per non parlare dell’accenno superficiale al diffondersi della sieropositività. A questi aspetti solo abbozzati, si contrappongono segmenti invece tirati un po’ per le lunghe, il più evidente dei quali è la messa in scena dell’incursione delle donne dei minatori in città, anche se serve come contraltare alle prime avventure gallesi dei ragazzi del Lgsm a bordo di un pullmino da figli dei fiori. Però si tratta di punti deboli che vengono messi in evidenza più attraverso uno sguardo a posteriori: la visione del film scorre infatti in modo assolutamente piacevole, grazie anche a un cast di attori che ha lavorato come gruppo evitando le primedonne, anche se almeno è da aggiungere a quelle elencate in precedenza l’energica prova di Jessica Gunning nei panni della volitiva Sian. Il resto lo fanno la fotografia (di Tat Radcliffe) - che accentua il contrasto tra la colorata capitale e gli spenti villaggi gallesi sperduti al termine di strette stradine - e la colonna sonora che, prima del Bragg di cui sopra, infila una collana di pezzi che hanno fatto la storia del gay-pop (senza farsi mancare gli Smiths, ovviamente): sia stata più o meno romanzata la vicenda reale, il risultato è comunque godibilissimo e ha il pregio di riportare d’attualità un momento storico che ha visto la chiusura di un’epoca e l’apertura di un’altra tutto sommato peggiore.
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