hulk1
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lunedì 9 marzo 2020
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tecnicamente dolce
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Buon tentativo di noir ambientato un una Napoli sconosciuta ai più, ottima prova di Zingaretti, il gomorroide una macchietta, sceneggiatura confusa e aprossimativa
Buona la fotografia con tutto il reparto tecnico, lontana dalla sciattera e dalla incompetenza del cinema Italiano.
Opera volutamente lenta, quasi classica nello stile, rari scavalcamenti di campo , sempre presenti nelle ciofeche italiche, dovute ad asineria cinematografica.
A parte Zingaretti, solite macchiette gomorroidi, la presa diretta costringe all'utlizzo dei sottotili, non tanto per il dialetto, quanto per l'icapacità recitativa, dei gomorroiodi medesimi
La sceneggiatura latita, non si capisce nulla, la confusione regna sovrana e siamo in piena gomorrite, o suburrite.
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darkglobe
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lunedì 8 ottobre 2018
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il lato oscuro di napoli
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Perez. cavalca in qualche modo il filone d'oro delinquenzial-poliziesco che ha fatto la fortuna di alcuni serial-TV di recente produzione.
Ovviamente non basta il tema a rendere piccolo o grande un film. Qui si nota fin dalle prime scene la sapiente mano di un regista, Edoardo De Angelis, che, con alle spalle un solo lungometraggio (Mozzarella Stories), confeziona un'opera convincente, non tanto per la sceneggiatura, scritta dallo stesso regista insieme a Filippo Gravino, quanto per la riuscitissima messa in scena di personaggi, stati d'animo e rapporti interpersonali che sono specchio fedele della drammatica realtà vissuta in alcune aule dei tribunali napoletani e della sottile linea di confine che separa la legalità dal suo opposto, quella linea su cui si muove chi oggi svolge il ruolo di penalista in difesa dei peggiori criminali che la malavita locale possa esprimere.
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Perez. cavalca in qualche modo il filone d'oro delinquenzial-poliziesco che ha fatto la fortuna di alcuni serial-TV di recente produzione.
Ovviamente non basta il tema a rendere piccolo o grande un film. Qui si nota fin dalle prime scene la sapiente mano di un regista, Edoardo De Angelis, che, con alle spalle un solo lungometraggio (Mozzarella Stories), confeziona un'opera convincente, non tanto per la sceneggiatura, scritta dallo stesso regista insieme a Filippo Gravino, quanto per la riuscitissima messa in scena di personaggi, stati d'animo e rapporti interpersonali che sono specchio fedele della drammatica realtà vissuta in alcune aule dei tribunali napoletani e della sottile linea di confine che separa la legalità dal suo opposto, quella linea su cui si muove chi oggi svolge il ruolo di penalista in difesa dei peggiori criminali che la malavita locale possa esprimere.
Demetrio Perez (Luca Zingaretti) è un avvocato che ha "sempre sbagliato tempi e nemici". Una volta ricco forense, si trova ora a svolgere il ruolo di difensore d'ufficio della melma criminale di cui tutti i suoi colleghi hanno opportunamente evitato di farsi carico.
Fa impressione una delle prime scene in cui Perez viene violentemente insultato e ricusato in aula di tribunale da un carbonizzatore di cadaveri, perché non ha detto una sola parola in suo aiuto durante la testimonianza: l'avvocato esce dall'aula considerando in maniera amara, per mezzo della sua voce narrante, che questa gente "confonde tattica con strategia", non comprendendo che il silenzio potrebbe costituire la loro esigua ancora di salvezza rispetto alla loro ingloriosa fine ormai definitivamente tracciata.
Ma è quando il suo acido e prosaico collega Merolla (Giampaolo Fabrizio) lo accusa di non preoccuparsi che la figlia Tea (Simona Tabasco) frequenti Francesco (Marco D'Amore), un esponente del clan Corvino, che si intuisce quanto una situazione che sta velocemente precipitando costringerà l'ormai disilluso avvocato penalista ad uscire dal guscio protettivo di apatia in cui si è rinchiuso da anni, dopo i suoi fallimenti di avvocato e di uomo.
Da un lato Perez si trova a misurare l'iniziale disprezzo della figlia, per lui ormai l'unico motivo di vita, disprezzo condito da insulti e malauguri di vario tipo, per il fatto che il padre disapprovi il suo amore per il giovane boss: in questo ne esce una figura quasi stoica di un uomo che antepone l'affetto per la figlia alla reazione impulsiva che ci si aspetterebbe. Dall'altro lo stesso avvocato viene contattato dal potente e determinato pentito Luca Buglione (Massimiliano Gallo) di un clan opposto ai Corvino, che lo ingaggerà formalmente per la propria difesa, ma materialmente per il recupero di un prezioso lotto di diamanti nascosti nella pancia di un toro.
Il grosso del film è girato in un sinistro Centro Direzionale di Napoli, che pare quasi cambiare volto o comunque dar voce, nella sua ambientazione spettrale, a quei sussurri che sembra quasi di udire durante la normale routine di un luogo simbolo della noiosa attività lavorativa di uffici ed imprese: una ambientazione fatta di riprese essenzialmente in notturna, con una saturazione dei colori che dà il senso della saturazione delle emozioni che la storia intende riflettere, ulteriormente caricate da toni, linguaggi scurrili ed aggressività o violenze piscologiche di vario tipo. E` il simbolo del doppio volto di una città operosa ma allo stesso tempo terrificante, in un luogo nel quale è come se gabbiani e corvi ad una certa ora si dessero il cambio a testimoniare questa inespricabile mistura di bene e male.
Molto convincente la recitazione di Zingaretti, sicuramente più apprezzabile di quella offerta nel suo più famoso ruolo televisivo; bravissima anche la Tabasco, una sorta di venere nera che ben interpreta l'incoscienza sentimentale della giovane figlia di Perez. D'Amore è convincente quanto basta per dar il giusto volto alla vera natura animalesca del giovane camorrista, mentre Buglione ben rappresenta l'aspetto più insidioso e strisciante della malavita locale.
Un'opera interessante, forse con qualche banalità e qualche incertezza di andamento, ma ben coesa e realistica.
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giorpost
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lunedì 18 dicembre 2017
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un noir moderno tra vizi, inquietudine e riscatto
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Demetrio Perez è un avvocato d'ufficio costretto, dopo anni di successi, a vivacchiare accontentandosi di difendere criminali al crepuscolo o comuni delinquenti; vive nel modernissimo Centro Direzionale di Napoli -dove possiede anche l'ufficio- in un panoramico appartamento che divide con la figlia Tea, avuta dall'ex moglie che non sente da anni. La sua è una vita in dissesto, sia dal punto di vista economico che sotto l'aspetto psichico: Perez sembra non riuscire più ad instaurare rapporti civili, ancor meno con la primogenita (dalla quale stenta a farsi rispettare) faticando a scovare il lato positivo, in un'esistenza senza stimoli nella cui penombra va insistendo sempre più la componente alcolica.
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Demetrio Perez è un avvocato d'ufficio costretto, dopo anni di successi, a vivacchiare accontentandosi di difendere criminali al crepuscolo o comuni delinquenti; vive nel modernissimo Centro Direzionale di Napoli -dove possiede anche l'ufficio- in un panoramico appartamento che divide con la figlia Tea, avuta dall'ex moglie che non sente da anni. La sua è una vita in dissesto, sia dal punto di vista economico che sotto l'aspetto psichico: Perez sembra non riuscire più ad instaurare rapporti civili, ancor meno con la primogenita (dalla quale stenta a farsi rispettare) faticando a scovare il lato positivo, in un'esistenza senza stimoli nella cui penombra va insistendo sempre più la componente alcolica. In uno scenario freddo, all'interno del quale l'ultima cosa che ancora lo sconvolge è “l'onestà”, scopriamo che Perez ha un caro amico -Ignazio- il quale oltre che fare il suo medesimo mestiere sta raggiungendo anch'egli il personalissimo baratro che potrebbe, facilmente, sfociare in gesti irrimediabili; la comparsa in scena di Francesco, figlio di un boss, che insidia insistentemente Tea e la contemporanea difesa di Buglione, camorrista pentito in odore di rivelazioni, determineranno un probabile reboot nella vita dell'avvocato, al quale si presenta un'occasione (irripetibile?) di svoltare, non priva di rischi e non senza sporcarsi -letteralmente- mani e moralità, complice un toro ed un carico di diamanti...
Perez. (ITA, 2014) è un film dal respiro internazionale che rompe gli argini e si pone su un importante piedistallo nel mezzo del Cinema nostrano, sempre più diviso tra le opere di Sorrentino da un lato e le commedie più o meno brillanti di Brizzi & Co., dall'altro.
Ambientato in quello che è da considerare il quartiere più moderno del Sud Italia (equivalente de La Défense di Parigi), l'opera del bravo De Angelis è una piacevolissima sorpresa, un noir moderno perfettamente calato nel tessuto di una (parte di) Napoli che facilmente vi potrà sorprendere. In questa pellicola non mancano sequenze d'impatto, colme di un malinconico pathos che destruttura i cliché che impazzano in rete sulla capitale del Mezzogiorno e gli autori non si sono risparmiati nemmeno sulle dinamiche religiose, vedi la scelta del nome Tea (Dio al femminile); la presenza, fortuita, di 2 attori che hanno prestato sguardo e voce alle serie cult del momento, dona alla pellicola quel pizzico di malaffare che non può latitare -è il caso di dire- in un noir che si rispetti, come inevitabili sono le atmosfere dark e le inquietudini interiori messe in scena dalla convincente performance di Zingaretti che, all'interno di un manifesto decadimento della morale, incarna il classico anti-eroe metropolitano, risultando telegenico come non mai nel dipinto glaciale fotografato dal catalano Rubio.
Un film semplicemente fantastico.
Voto: 8,5
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greatsteven
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lunedì 3 aprile 2017
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essenziale e crudo, conquista per la sua lucidità.
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PEREZ (IT, 2013) diretto da EDOARDO DE ANGELIS. Interpretato da LUCA ZINGARETTI, MARCO D'AMORE, SIMONA TABASCO, GIANPAOLO FABRIZIO, MASSIMILIANO GALLO
Demetrio Perez avrebbe potuto essere un avvocato stimato, perché le qualità non gli difettavano.
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PEREZ (IT, 2013) diretto da EDOARDO DE ANGELIS. Interpretato da LUCA ZINGARETTI, MARCO D'AMORE, SIMONA TABASCO, GIANPAOLO FABRIZIO, MASSIMILIANO GALLO
Demetrio Perez avrebbe potuto essere un avvocato stimato, perché le qualità non gli difettavano. È invece un semplice giureconsulto da ufficio, in quanto ha preferito ripararsi nella mediocrità per evitare dissapori tanto coi colleghi quanto coi clienti, e in questo si è messo allo stesso livello del suo migliore amico, l’avvocato Ignazio Merolla. Separato e padre di una figlia irrispettosa di nome Dea, intravede un barlume di ripristinazione quando gli viene affidato il caso di Buglione, un camorrista pentito che fin da subito mette le cose in chiaro, ribadendogli che dovrà obbedire ad ogni sua ingiunzione. Perez viene a sapere di un traffico di diamanti indiani che sono tutti nascosti nel ventre di un toro, e nel suddetto affare è coinvolto anche l’ambiguo Francesco Corvino, che inizialmente è paziente con l’avvocato, ma poi vuole convincersi di dominarlo, seducendogli anche la figlia. Perez, stanco del suo grigio anonimato e desideroso di una rivincita, si farà aiutare da Merolla nello squartamento del bovino per il recupero dei diamanti e saprà, malgrado un gioco di finzione apparentemente sottomesso ma in realtà comandato da lui in persona, prendersi una meritata rivincita, e tutto senza tradire le aspettative di Buglione, che fin dal principio l’aveva spinto ad infrangere numerose norme, ma sempre per scopi "nobili". Presentato alla 71° Mostra del Cinema di Venezia, e ingiustamente lasciato a becco asciutto, perché mostra uno Zingaretti sotto le righe, ma carico di una tensione drammatica e di una recitazione efficacissimi, che avrebbe meritato la Coppa Volpi, per come ritrae, senza esprimere giudizi, un uomo di legge inetto solo ad un esame disattento, giacché è capace di uscire dalla bassezza in cui la sua vita personale e lavorativa è precipitata per riagguantare il suo destino e mettere in piedi una riscossa degna di questo nome. Il suo avvocato ha numerose sfaccettature: genitore fallito, professionista deluso e beffardamente superato dai colleghi, uomo onesto che però non esita a sporcarsi le mani e finta vittima che sa far valere i propri diritti quando avverte una minaccia che è in grado di affrontare uscendone indenne. Intorno ad egli, in un’atmosfera cupa e densa di una tetraggine splendidamente funzionale, si muovono piccoli personaggi, come lui pedine inconsapevoli di giochi giudiziari, giuridici e di potere che annullano l’umanità degli individui per asservirli al diktat di una silenziosa e implicita dittatura del crimine, fra cui: una figlia (S. Tabasco), viziata e arrogante, ma pur sempre affezionata ad un padre che, in extremis, sa riconquistarsene l’ammirazione; un criminale ricercato di mezza tacca, che si proclama innocente senza esserlo, che vuole vendicarsi del pentito che ha spifferato tutto sulle sue malefatte e al contempo mantenere l’amore della ragazza e soggiogarne il padre; infine, un avvocato d’ufficio, diviso fra risentimento e astio per il suo amico e collega, che ha fatto del cinismo una regola, non troppo funzionante, di vita, e che accetta di aiutarlo nella risoluzione del caso spinoso al centro della trama perché vi vede una futura e possibile riabilitazione di Perez, che deve però minacciarlo e scontrarsi non poco con lui per avere la sua collaborazione. Film che parla del lato oscuro dell’Italia odierna, raffigurando una Napoli (col crinale montuoso del Vesuvio che si erge dietro alla metropoli nella sequenza introduttiva) dominata dalla malavita, in cui i difensori della legge sono ormai piegati ai voleri del crimine e non tentano di liberarsene, ma piuttosto preferiscono sacrificare i propri talenti per guadagnare in cambio denaro, il più possibile. Iperrealistico e violento in giuste dosi, non fa sconti a nessuno, punta l’indice contro l’omertà, scava nel profondo le motivazioni interiori dei suoi personaggi, analizza senza nessuna novità ma con uno sguardo lucido il secolare rapporto padre-figlio e denuncia l’inettitudine della legge di fronte allo strapotere sia di chi esce dalla malvivenza, sia di chi continua a praticarla con crescente profitto. Con un protagonista spesso ripreso in penombra, una fotografia che dà la precedenza agli angoli di luce oscura, un montaggio lento e paziente, una scenografia che si limita all’essenziale e una colonna sonora di un’asciuttezza a suo modo pure melodica, è un noir che fa sue molte lezioni del poliziesco e, pur senza la pretesa (peraltro inutile) di aggiungere alcunché di nuovo al genere, racconta una storia modernissima e molto più che attuale su un frammento di vita italiana del Nuovo Millennio che meriterebbe una maggiore attenzione da parte della settima arte nostrana, e non solo per quanto riguarda il discorso politico o giudiziario, ma anche per il bisogno di narrare vicende che tocchino nel profondo i nostri difetti, le nostre paure, le banalità in cui scivoliamo, il nostro bisogno di farci aiutare dall’estero, gli errori che rifacciamo di frequente e le risorse che dimentichiamo di valorizzare.
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greatsteven
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lunedì 3 aprile 2017
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essenziale e crudo, conquista per la sua lucidità.
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PEREZ (IT, 2013) diretto da EDOARDO DE ANGELIS. Interpretato da LUCA ZINGARETTI, MARCO D'AMORE, SIMONA TABASCO, GIANPAOLO FABRIZIO, MASSIMILIANO GALLO
Demetrio Perez avrebbe potuto essere un avvocato stimato, perché le qualità non gli difettavano.
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PEREZ (IT, 2013) diretto da EDOARDO DE ANGELIS. Interpretato da LUCA ZINGARETTI, MARCO D'AMORE, SIMONA TABASCO, GIANPAOLO FABRIZIO, MASSIMILIANO GALLO
Demetrio Perez avrebbe potuto essere un avvocato stimato, perché le qualità non gli difettavano. È invece un semplice giureconsulto da ufficio, in quanto ha preferito ripararsi nella mediocrità per evitare dissapori tanto coi colleghi quanto coi clienti, e in questo si è messo allo stesso livello del suo migliore amico, l’avvocato Ignazio Merolla. Separato e padre di una figlia irrispettosa di nome Dea, intravede un barlume di ripristinazione quando gli viene affidato il caso di Buglione, un camorrista pentito che fin da subito mette le cose in chiaro, ribadendogli che dovrà obbedire ad ogni sua ingiunzione. Perez viene a sapere di un traffico di diamanti indiani che sono tutti nascosti nel ventre di un toro, e nel suddetto affare è coinvolto anche l’ambiguo Francesco Corvino, che inizialmente è paziente con l’avvocato, ma poi vuole convincersi di dominarlo, seducendogli anche la figlia. Perez, stanco del suo grigio anonimato e desideroso di una rivincita, si farà aiutare da Merolla nello squartamento del bovino per il recupero dei diamanti e saprà, malgrado un gioco di finzione apparentemente sottomesso ma in realtà comandato da lui in persona, prendersi una meritata rivincita, e tutto senza tradire le aspettative di Buglione, che fin dal principio l’aveva spinto ad infrangere numerose norme, ma sempre per scopi "nobili". Presentato alla 71° Mostra del Cinema di Venezia, e ingiustamente lasciato a becco asciutto, perché mostra uno Zingaretti sotto le righe, ma carico di una tensione drammatica e di una recitazione efficacissimi, che avrebbe meritato la Coppa Volpi, per come ritrae, senza esprimere giudizi, un uomo di legge inetto solo ad un esame disattento, giacché è capace di uscire dalla bassezza in cui la sua vita personale e lavorativa è precipitata per riagguantare il suo destino e mettere in piedi una riscossa degna di questo nome. Il suo avvocato ha numerose sfaccettature: genitore fallito, professionista deluso e beffardamente superato dai colleghi, uomo onesto che però non esita a sporcarsi le mani e finta vittima che sa far valere i propri diritti quando avverte una minaccia che è in grado di affrontare uscendone indenne. Intorno ad egli, in un’atmosfera cupa e densa di una tetraggine splendidamente funzionale, si muovono piccoli personaggi, come lui pedine inconsapevoli di giochi giudiziari, giuridici e di potere che annullano l’umanità degli individui per asservirli al diktat di una silenziosa e implicita dittatura del crimine, fra cui: una figlia (S. Tabasco), viziata e arrogante, ma pur sempre affezionata ad un padre che, in extremis, sa riconquistarsene l’ammirazione; un criminale ricercato di mezza tacca, che si proclama innocente senza esserlo, che vuole vendicarsi del pentito che ha spifferato tutto sulle sue malefatte e al contempo mantenere l’amore della ragazza e soggiogarne il padre; infine, un avvocato d’ufficio, diviso fra risentimento e astio per il suo amico e collega, che ha fatto del cinismo una regola, non troppo funzionante, di vita, e che accetta di aiutarlo nella risoluzione del caso spinoso al centro della trama perché vi vede una futura e possibile riabilitazione di Perez, che deve però minacciarlo e scontrarsi non poco con lui per avere la sua collaborazione. Film che parla del lato oscuro dell’Italia odierna, raffigurando una Napoli (col crinale montuoso del Vesuvio che si erge dietro alla metropoli nella sequenza introduttiva) dominata dalla malavita, in cui i difensori della legge sono ormai piegati ai voleri del crimine e non tentano di liberarsene, ma piuttosto preferiscono sacrificare i propri talenti per guadagnare in cambio denaro, il più possibile. Iperrealistico e violento in giuste dosi, non fa sconti a nessuno, punta l’indice contro l’omertà, scava nel profondo le motivazioni interiori dei suoi personaggi, analizza senza nessuna novità ma con uno sguardo lucido il secolare rapporto padre-figlio e denuncia l’inettitudine della legge di fronte allo strapotere sia di chi esce dalla malvivenza, sia di chi continua a praticarla con crescente profitto. Con un protagonista spesso ripreso in penombra, una fotografia che dà la precedenza agli angoli di luce oscura, un montaggio lento e paziente, una scenografia che si limita all’essenziale e una colonna sonora di un’asciuttezza a suo modo pure melodica, è un noir che fa sue molte lezioni del poliziesco e, pur senza la pretesa (peraltro inutile) di aggiungere alcunché di nuovo al genere, racconta una storia modernissima e molto più che attuale su un frammento di vita italiana del Nuovo Millennio che meriterebbe una maggiore attenzione da parte della settima arte nostrana, e non solo per quanto riguarda il discorso politico o giudiziario, ma anche per il bisogno di narrare vicende che tocchino nel profondo i nostri difetti, le nostre paure, le banalità in cui scivoliamo, il nostro bisogno di farci aiutare dall’estero, gli errori che rifacciamo di frequente e le risorse che dimentichiamo di valorizzare.
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aristoteles
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mercoledì 30 dicembre 2015
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l'amore per i figli
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Bravo il regista,ancora di più Zingaretti.
La storia non mi ha particolarmente convinto,troppi intrallazzi.
Tuttavia si respira un'aria di tensione veramente efficace e il ritmo è quello giusto.
La fotografia asciutta e fredda sostiene la disperazione di fondo.
L'amore verso i figli è il tema conduttore della pellicola,la luce nell'oscurità generale del terribile cinismo in chiave camorristica.
Anche l'avvocato Pérez ai sporcherà le mani,allo spettatore l'arduo compito di giudicare se la sua scelta sia lecita o meno.
Con una sceneggiatura più accurata sarebbe stato un piccolo capolavoro, ma si può accettare tranquillamente quanto visto.
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Bravo il regista,ancora di più Zingaretti.
La storia non mi ha particolarmente convinto,troppi intrallazzi.
Tuttavia si respira un'aria di tensione veramente efficace e il ritmo è quello giusto.
La fotografia asciutta e fredda sostiene la disperazione di fondo.
L'amore verso i figli è il tema conduttore della pellicola,la luce nell'oscurità generale del terribile cinismo in chiave camorristica.
Anche l'avvocato Pérez ai sporcherà le mani,allo spettatore l'arduo compito di giudicare se la sua scelta sia lecita o meno.
Con una sceneggiatura più accurata sarebbe stato un piccolo capolavoro, ma si può accettare tranquillamente quanto visto.
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fabio57
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mercoledì 21 ottobre 2015
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buono però non se ne può più
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Inquietante e riuscito quanto insolito film di malavita,l'ambientazione poi è personalmente interessante, visto che io al centro direzionale di Napoli ci ho lavorato per vent'anni.Luca Zingaretti da vita ad un personaggio ben diverso dal Montalbano cui ci ha abituati,è indeciso,pavido,passivo e perdente ma ritrova nel finale un sussulto di dignità che gli salva la vita e l'amore nonchè il rispetto della figlia.Scrivere e girare film sulla criminalità di Napoli è diventata un'abitudine molto consueta,ho rispetto e ammirazione per chi fa cinema di denuncia, tuttavia sarebbe ora dopo Gomorra, e i suoi infiniti sequel con tutte le variabili del caso, di prendere in considerazione altri temi, ricordando e ricordandoci che Napoli è anche tanto altro.
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Inquietante e riuscito quanto insolito film di malavita,l'ambientazione poi è personalmente interessante, visto che io al centro direzionale di Napoli ci ho lavorato per vent'anni.Luca Zingaretti da vita ad un personaggio ben diverso dal Montalbano cui ci ha abituati,è indeciso,pavido,passivo e perdente ma ritrova nel finale un sussulto di dignità che gli salva la vita e l'amore nonchè il rispetto della figlia.Scrivere e girare film sulla criminalità di Napoli è diventata un'abitudine molto consueta,ho rispetto e ammirazione per chi fa cinema di denuncia, tuttavia sarebbe ora dopo Gomorra, e i suoi infiniti sequel con tutte le variabili del caso, di prendere in considerazione altri temi, ricordando e ricordandoci che Napoli è anche tanto altro.
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enzo70
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sabato 29 agosto 2015
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inutile piagnisteo
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Edoardo De Angelis dirige questo film sulla scia dei successi di Gomorra, una volta era vedi Napoli e poi muori, oggi il comandamento del messia Saviano è distruggi Napoli e poi vinci. Al centro delle attività dell’avvocato Perez la decadenza del centro direzionale di Napoli, il segnale della ripresa che sarebbe arrivata, il simbolo delle difficoltà di una città per un futuro che non ci sarà. Detto questo è un film sconclusionato, tutto scontato, c’è poco da dire, se non che Perez è un film di una noia mortale, anzi prevale la rabbia per l’incapacità di andare oltre semplici stereotipi. Le interpretazioni dei protagonisti non cambiano le sorti di un film che semplicemente pone seri dubbi sulla capacità del cinema italiano contemporaneo di rompere con il piagnisteo privo di struttura.
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Edoardo De Angelis dirige questo film sulla scia dei successi di Gomorra, una volta era vedi Napoli e poi muori, oggi il comandamento del messia Saviano è distruggi Napoli e poi vinci. Al centro delle attività dell’avvocato Perez la decadenza del centro direzionale di Napoli, il segnale della ripresa che sarebbe arrivata, il simbolo delle difficoltà di una città per un futuro che non ci sarà. Detto questo è un film sconclusionato, tutto scontato, c’è poco da dire, se non che Perez è un film di una noia mortale, anzi prevale la rabbia per l’incapacità di andare oltre semplici stereotipi. Le interpretazioni dei protagonisti non cambiano le sorti di un film che semplicemente pone seri dubbi sulla capacità del cinema italiano contemporaneo di rompere con il piagnisteo privo di struttura.
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cinecinella
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giovedì 9 luglio 2015
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napoli inedita
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Ottima fotografia, regia consapevole, trama abbastanza rivista ma comunque non banale, Zingaretti si conferma un bravissimo attore pienamente adatto al personaggio narrato. La pellicola suscita un senso di malinconia, una Napoli da un volto diverso, silenzioso, in attesa di qualcosa. Bella anche la colonna sonora. Un film che ho davvero apprezzato.
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dario
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domenica 21 giugno 2015
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insopportabile
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Il film, senza capo nè coda, gronda presunzione. la storia si svolge nella piattezza più completa e si avvale (si fa per dire) di riprese sghembe, di recitazioni approssimative, di mille luoghi comuni, di palesi inverosimiglianze e di ridicole cupezze. Incredibile come si possa concepire un a cosa del genere, d'una noia mortale. Zingaretti con due espressioni, entrambe da incazzato. Gli altri delle macchiette indigeste. Regia da incubo.
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