Il vero voto per questo film è TRE STELLE E MEZZO.
Katniss Everdeen (Lawrence) raggiunge il Distretto 13, dove la ribellione contro Capitol City e il suo dispotico governo stanno prendendo forma. Intanto il presidente Snow (Sutherland), che tiene in ostaggio Peeta (Hutcherson), punisce sempre più duramente coloro che osano ribellarsi alla sua autorità. Eppure focolai di rivolta cominciano ad esplodere, grazie ad un efficace campagna virale messa in piedi dai ribelli, con protagonista nientemeno che Katniss stessa: la Ghiandaia Imitatrice. Sceneggiato da Peter Craig e Danny Strong, è il secondo film della saga diretto da Lawrence e il primo dei due film che verranno tratti dall’ultimo romanzo della saga letteraria di Suzanne Collins. I primi due film erano una feroce critica alla società dello spettacolo e ai brutali reality show dei nostri giorni. Ma ne Il canto della rivolta tutto cambia. Nulla è più un gioco, seppur sanguinario. C’è solo la dura realtà delle cose: la guerra. Perché è guerra vera quella che attende Katniss e i suoi compagni. Lawrence è atteso al giro di boa e lo supera con eleganza: questo capitolo è un degno sequel. Certo, si tratta di un film di passaggio, ma è comunque un pezzo importante della storia, con una sua interessante logica interna. È il film più “autoriale” di tutta la saga, fino ad ora: è un thriller psicologico ad alta tensione, dove l’azione passa in secondo piano (le scene d’azione si contano sulla punta delle dita) in favore di una più raffinata analisi dei personaggi. In particolare di Katniss, che qui è tormentata, distrutta dal dolore e dalla paura, eppur forte e coraggiosa come non mai. La scena fondamentale del film di fatto si colloca all’inizio: quando Katniss visita il suo vecchi distretto. Un viaggio a ritroso nel dolore. Perché è il dolore il tema principale del film. Il dolore di aver perso tutto. Il dolore di essere una pedina. E qui il film si ricollega alla politica e diventa il film più “politico” della saga. Le trame di Alma Coin (Moore) e Plutarch Havensbee (il compianto Philip Seymour Hoffman) sembrano nient’altro che moderne riunioni di strategia politica. E la propaganda di Katniss sembra quasi un backstage, un dietro le quinte, una lezione in cui si impara a costruire una campagna politica. E anche le esecuzioni dei ribelli, i videomessaggi di Snow, hanno non pochi richiami all’era contemporanea. È qui che il film di Lawrence diviene maestoso. C’è un incupimento generale: la bella fotografia di Jo Willems è grigia, le scenografie di Philip Messina imponenti quanto scarne e devastate. Tutto prelude ad un apocalittico finale. Comunque le poche scene d’azione sono da manuale (l’attacco alla diga, il bombardamento del distretto 8) e la spettacolarità guadagna non poco, grazie ad un budget visibilmente più imponente (250 milioni di dollari tra Parte 1 e 2!). E infine arriviamo agli attori, tutti bravissimi, tra cui spiccano particolarmente ancora una volta la Lawrence, qui davvero impressionante, e la new entry Julianne Moore, che dipinge un personaggio di interessantissima ambiguità. Il canto della rivolta-Parte 1 quindi passa l’esame, e con lui l’intera saga si riconferma la più importante e bella degli ultimi anni. Perché di questi tempi che si realizzi un maestoso intrattenimento che abbia un cervello è una rarità.
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