andrea giostra
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domenica 30 dicembre 2012
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wheather underground today!
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The Company You Keep (2012)
Il film – impropriamente tradotto dalla distribuzione italiana in “La regola del silenzio” - è liberamente tratto dall'omonimo romanzo di Neil Gordon, pubblicato negli USA nel 2003, che vede la luce in Italia nel 2012. Il film è sceneggiato da Lem Dobbs che immagina uno degli attivisti sessantottini – interpretato dallo stesso Robert Redford, protagonista e regista - rifarsi una vita ed essere, dopo trent’anni di vita “dormiente” con un’altra identità, casualmente scoperto. Il riemergere dei tragici fatti di allora, fanno precipitare il vecchio militante di ispirazione comunista-rivoluzionaria Weather Underground, in una riflessione conturbante e fino ad allora negata.
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The Company You Keep (2012)
Il film – impropriamente tradotto dalla distribuzione italiana in “La regola del silenzio” - è liberamente tratto dall'omonimo romanzo di Neil Gordon, pubblicato negli USA nel 2003, che vede la luce in Italia nel 2012. Il film è sceneggiato da Lem Dobbs che immagina uno degli attivisti sessantottini – interpretato dallo stesso Robert Redford, protagonista e regista - rifarsi una vita ed essere, dopo trent’anni di vita “dormiente” con un’altra identità, casualmente scoperto. Il riemergere dei tragici fatti di allora, fanno precipitare il vecchio militante di ispirazione comunista-rivoluzionaria Weather Underground, in una riflessione conturbante e fino ad allora negata.
Redford si sforza, allora, di rappresentare i dubbi, le riflessioni, i sensi di colpa, i rimorsi, il dolore, gli ideali puri e sognati, la fedeltà non ancora sopita ad un’idea di mondo giusto, la ribellione adolescenziale contro la prepotenza del potere politico “adulto” e consolidato, la riluttanza e lo sdegno contro l’arroganza e la forza delle armi, l’irruenza dell’irriverente economia wallstreetiana, la frustrazione dei giovani sessantottini di non essere stati in grado di incidere sul granitico potere politico di allora impermeabile alla lenta tempesta culturale delle giovani generazioni. Un potere politico che si pone un unico obiettivo: il consolidamento e la conquista del potere assoluto.
E’ questa la prospettiva che utilizza Redford per rileggere oggi, nel 2012, il senso di allora della storia americana. Una storia che è anche la storia culturale e valoriale dell’occidente. Il cast è a dir poco fantastico. Ma non basta per far arrivare il messaggio che vuole lanciare il regista. Alla fine, in Redford, rimane solo l’intenzione. Per comprendere il messaggio, relativo alle proteste e alle lotte radicali sessantottine del gruppo terroristico Weather Underground contro la guerra in Vietnam, è necessario leggere il più completo ed esauriente romanzo di Neil Gordon.
Il film, invece, è costruito all’interno di una cornice etica e morale molto interessante. Pone allo spettatore un importante quesito, un dilemma contemporaneo non ancora risolto: per cosa vale spendere la propria vita? Lottare per un mondo migliore con ideali di giustizia e di solidarietà? Oppure, adoperarsi per “garantire” ai figli una sana e serena crescita familiare, all’interno della costituita società “democratica” che dev’essere acriticamente rispettata?
E’ questo il gravissimo e pericolosissimo errore del regista Redford.
Costringere lo spettatore ad una scelta.
E’ indubbio che la prima non esclude l’altra. Entrambe sono strettamente e indissolubilmente connesse. Se amiamo i nostri figli, se amiamo le generazioni future, allora abbiamo una sola scelta da fare nella vita: lottare con tutte le nostre forze perché il loro futuro sia migliore del nostro, e questa lotta dev’essere condotta a costo della vita. Perché è così che hanno fatto i nostri nonni quando hanno perso la loro gioventù o quando hanno perso la loro vita nell’ultima Grande Guerra. Perché è così che hanno fatto i padri delle moderne costituzioni democratiche occidentali. Perché è così che stanno facendo i giovani uomini e le giovani donne dei paesi della sponda sud del mediterraneo, dei paesi orientali in via di sviluppo, dei paesi in forte crescita culturale e solidale.
Qualunque altro messaggio il film volesse dare, è un messaggio “eversivo”, nel senso che non deve né può delegittimare la lotta non-violenta dei giovani verso un futuro migliore. La “lotta” verso il cambiamento non deve essere semplicisticamente tradotta in “terrorismo” quando “qualcuno del movimento” – Julie Christie nel film - ha commesso gravi errori morali ed etici, prima che penali, che nulla hanno a che vedere con gli ideali e con la speranza di costruire un futuro migliore per i propri figli.
Lasciare, invece, passare il messaggio che al primo posto – proprio perché e giustamente la violenza deve essere rinnegata - vanno gli interessi di coloro che oggi, come allora, detengono il potere (politico ed economico), che hanno paura degli attacchi dei giovani entusiasmi che lanciano con forza messaggi di integrità, di onestà, di giustizia, di morale civica e di etica solidale, è voler significare eversiva la speranza di un futuro migliore.
Il messaggio del film a questo punto è chiaro: alla lotta (non-violenta, ma che rischia la violenza) per il cambiamento e per un futuro migliore, bisogna preferire, inesorabilmente, la “sana” genitorialità e l’arrendevole e confortevole famigliarità.
Ma è assolutamente ovvio che noi non siamo d’accordo con Redford.
PS - “The Company You Keep”, da cui è tratto il titolo del romanzo di Gordon prima, e del film di Redford poi, è una canzone scritta, cantata e suonata da Dolly Parton, tratta dall’Album “Hello, I'm Dolly”, pubblicato negli USA nel Luglio del 1967. Le parole della canzone sono inequivocabili e non hanno bisogno di alcun commento:
“Yes, you're known by the company you keep.
You say you're doin' nothing wrong.
I don't believe you are I'm only trying to help you sis.
Before you go too far.
Cause I think you're an angel.
But folks think that you're cheap.
Cause you're known by the company you keep.”
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jaylee
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sabato 19 gennaio 2013
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cose sbagliate dalla parte giusta
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Nona regia per il mito del cinema americano, Robert Redford, icona del cinema impegnato e sociale USA. Dopo aver affrontato il pericoloso connubio tra stampa e politica in Leoni Per Agnelli, e la difficile convivenza tra giustizia e garantismo in The Conspirator, stavolta Redford porta sulla scena una tematica molto europea (ed italiana in particolare), ovvero la riconciliazione di un passato violento con la giustizia del presente: la trama racconta di alcuni appartenenti al movimento di sinistra radicale Weather Underground, che avevano realizzato delle dimostrazioni violente a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, per poi dileguarsi nella clandestinità sotto false identità. Quando una di queste viene catturata, un giovane cronista (Shia LeBoeuf) riuscirà a far venire allo scoperto Jim Grant (Redford), che si era ricostruito una vita come avvocato, mettendo su famiglia.
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Nona regia per il mito del cinema americano, Robert Redford, icona del cinema impegnato e sociale USA. Dopo aver affrontato il pericoloso connubio tra stampa e politica in Leoni Per Agnelli, e la difficile convivenza tra giustizia e garantismo in The Conspirator, stavolta Redford porta sulla scena una tematica molto europea (ed italiana in particolare), ovvero la riconciliazione di un passato violento con la giustizia del presente: la trama racconta di alcuni appartenenti al movimento di sinistra radicale Weather Underground, che avevano realizzato delle dimostrazioni violente a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, per poi dileguarsi nella clandestinità sotto false identità. Quando una di queste viene catturata, un giovane cronista (Shia LeBoeuf) riuscirà a far venire allo scoperto Jim Grant (Redford), che si era ricostruito una vita come avvocato, mettendo su famiglia. Sarà costretto a sfuggire alla polizia e ad andare a ritroso nel network che nascondeva gli ex Weather Men fino a ritrovare l’unica che possa scagionarlo da un’accusa di omicidio, ovvero l’ex compagna di lui sia di battaglie che di vita, Mimi Lurie (Julie Christie).
Per tanti versi Redford è un monumento del cinema, tanto è vero che questo film annovera un cast stellare anche per piccole parti (oltre a Redford e Christie, Susan Sarandon-bravissima come sempre-, Sam Elliott, Chris Cooper, Stanley Tucci, Nick Nolte, Richard Jenkins, Terrence Howard, Anna Kendrick…), segno di stima per il regista e probabilmente approvazione della tematica liberal. Le recitazioni sono tutte di alto livello, con l’eccezione del giovane protagonista maschile, Le Boeuf, francamente a questo punto della sua carriera da considerare sopravvalutato e tutto sommato del buon Redford, non tanto per la qualità della sua prestazione, ma per i segni dell’età (dignitosissima!) che sembra stridere con l’età che dovrebbe avere il suo personaggio.
Lodevole l’idea di fondo e buona l’idea, solo discreto il risultato finale, che, soprattutto nella seconda parte, appare prevedibile, incluso il finale.
Non privo comunque di (qualche) colpo di scena, La regola del Silenzio è una thriller elegante e tradizionale nello stile ed ha ovviamente il suo punto di forza nell’identificazione dello spettatore con i personaggi che, per parafrasare il protagonista, avevano ragione, ma facevano cose sbagliate. Una sintesi estremamente efficace e pulita che, per qualche ragione, è sempre stata molto difficile da ammettere in Italia o nel resto d’Europa, laddove ci sono sempre state partigianerie di stampo calcistico su parte di alcuni movimenti violenti degli anni 70… il fine NON giustifica i mezzi. Non lo faceva con le regole di prima , ed ancor meno con le regole di adesso, anche se la tentazione di strade violente per ridurre ingiustizie sociali e politiche, forse ancor più evidenti di quelle di una volta, può essere forte. (www.versionekowalski.it)
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nino pell.
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lunedì 21 gennaio 2013
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efficienza e contraddizioni del sistema
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Film sicuramente interessante che racconta uno spaccato di storia americana a partire dal periodo risalente alla fine degli anni '60 caratterizzato dal movimento dei pacifisti radicali contro la guerra in Vietnam. "La regola del silenzio" mette soprattutto in evidenza l'efficienza dell'FBI ma anche le contraddizioni del sistema, queste ultime messe in risalto dalle parole pronunciate dal protagonista J. Grant al giornalista Ben Shepard nel corso delle sequenze conclusive relative al suo inseguimento. Il livello interpretativo degli attori è naturalmente di un certo livello e il regista Robert Redford cura con maturità e mestiere questo film più che discreto. Peccato per qualche lungaggine di troppo, elemento quest'ultimo, tra l'altro, tipico della produzione cinematografica americana degli
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Film sicuramente interessante che racconta uno spaccato di storia americana a partire dal periodo risalente alla fine degli anni '60 caratterizzato dal movimento dei pacifisti radicali contro la guerra in Vietnam. "La regola del silenzio" mette soprattutto in evidenza l'efficienza dell'FBI ma anche le contraddizioni del sistema, queste ultime messe in risalto dalle parole pronunciate dal protagonista J. Grant al giornalista Ben Shepard nel corso delle sequenze conclusive relative al suo inseguimento. Il livello interpretativo degli attori è naturalmente di un certo livello e il regista Robert Redford cura con maturità e mestiere questo film più che discreto. Peccato per qualche lungaggine di troppo, elemento quest'ultimo, tra l'altro, tipico della produzione cinematografica americana degli anni '70 a cui il buon Redford sicuramente si è ispirato
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angelo bottiroli - giornalista
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domenica 23 giugno 2013
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bello, intenso e con un cast eccezionale
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A cinque anni di distanza dall’ultimo film (Leoni per Agnelli) e a 75 anni computi, Robert Redford torna sul grande schermo come regista e come attore di questo nuovo film “La regola del silenzio”.
Insieme a lui un casti eccezionale di attori come Shia LaBeouf, Julie Christie, Nick Nolte, Susan Sarandon, Sam Elliott, Brendan Gleeson, Terrence Howard, Richard Jenkins, Anna Kendrick, Brit Marling, e molti altri.
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A cinque anni di distanza dall’ultimo film (Leoni per Agnelli) e a 75 anni computi, Robert Redford torna sul grande schermo come regista e come attore di questo nuovo film “La regola del silenzio”.
Insieme a lui un casti eccezionale di attori come Shia LaBeouf, Julie Christie, Nick Nolte, Susan Sarandon, Sam Elliott, Brendan Gleeson, Terrence Howard, Richard Jenkins, Anna Kendrick, Brit Marling, e molti altri.
Siamo in presenza di un Thiriller ricco di suspence ed emozioni, con una trama appassionante e intricata: n seguito all’arresto di una componente di un gruppo pacifista radicale attivo negli anni della guerra nel Vietnam rimasta in clandestinità per decenni, un giovane giornalista, Ben Shephard, avvia una serie di indagini.
La prima ed eclatante scoperta è legata proprio a Jim Grant avvocato vedovo che vive ad Albany.
Di qui inizia una serie incredibile di scoperte legate agli avvenimenti che si sono verificati 30 anni prima.
Due ore intense con una buona interpretazione di tutti gli attori coinvolti: nessuno da oscar, ovviamente, ma tutti molto credibili nelle loro rispettive parti anche se appare un po’ tirata il ruolo di Robert Redford, padre di una bambina di 10 anni, raro ma ammissibile se uno a 60 anni sposa una donna di 40.
Ottimi i paesaggi delle foreste americane, buona la trama con una dose calibrata di suspence e con i protagonisti che si interrogano su quali siano in realtà le cose importanti della vita.
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andreafalci
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sabato 26 gennaio 2013
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la legge è legge
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Un film che toccando marginalmente i movimenti pacifisti contro la guerra fatta dagli Americani nel Vietnam, in quanto per autofinanziarsi tali movimenti effetuano una rapina in banca e ci scappa il morto; per ben trentanni probabilmente grazie allo stile di vita e al silenzio tenuto dagli ormai ex pacifisti, questi la fanno franca; ma grazie alle tecnologie moderne e all errore di una componente della banda che usa la propria carta di credito, l ' FBI l'arresta e da qui iniziano i guai per il resto della banda, tra i quali Robert Redford, che riesce a fuggire alla cattura, fino a che riesce a trovare la compagna che aveva ucciso durante la rapina, ma questa si rifiuta di consegnarsi, nel rattempo Robert viene catturato, ma la vera colpevole ci rioensa e si costituisce scagionando Robert che può finalmente vivere libero e felice con la piccola figlia di dodici anni.
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Un film che toccando marginalmente i movimenti pacifisti contro la guerra fatta dagli Americani nel Vietnam, in quanto per autofinanziarsi tali movimenti effetuano una rapina in banca e ci scappa il morto; per ben trentanni probabilmente grazie allo stile di vita e al silenzio tenuto dagli ormai ex pacifisti, questi la fanno franca; ma grazie alle tecnologie moderne e all errore di una componente della banda che usa la propria carta di credito, l ' FBI l'arresta e da qui iniziano i guai per il resto della banda, tra i quali Robert Redford, che riesce a fuggire alla cattura, fino a che riesce a trovare la compagna che aveva ucciso durante la rapina, ma questa si rifiuta di consegnarsi, nel rattempo Robert viene catturato, ma la vera colpevole ci rioensa e si costituisce scagionando Robert che può finalmente vivere libero e felice con la piccola figlia di dodici anni. Per il giornalista non resta che buttare alle ortiche tutte le ricerche fatte per fare scoop giornalistici, ma in compenso conosce una bella ragazza...... . Film ottimamente interpretato e riflessivo che mette in evidenza che molti casi possono oggi essere risolti assegnando alla giustizia i colpevoli, grazie al progresso tecnologico e scientifico.
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luigi chierico
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mercoledì 8 gennaio 2014
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quanti non la conoscono
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Sono trascorsi 32 anni da quando si sono svolti i fatti che ora tornano a galla perché
qualcuno non ha continuato a tacere ed un giovane intraprendente giornalista coglie l’occasione per riportare alla luce fatti e personaggi.
Il tempo ha cambiato i volti, i pensieri e le tendenze di tutti coloro che un tempo erano uniti
nel condurre una pacifica battaglia contro la guerra, non è possibile immaginare personaggi obesi, con i capelli bianchi, col volto carico di rughe, dagli occhi spenti, senza vigore fisico, in azioni di lotta continua, rischiare la vita per un mondo pulito, la galera per
il proprio concetto di libertà e di pace.
Tra questo manipolo di vecchi decrepiti emerge la figura di un imberbe giornalista che conduce, anche lui, la sua battaglia per la verità.
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Sono trascorsi 32 anni da quando si sono svolti i fatti che ora tornano a galla perché
qualcuno non ha continuato a tacere ed un giovane intraprendente giornalista coglie l’occasione per riportare alla luce fatti e personaggi.
Il tempo ha cambiato i volti, i pensieri e le tendenze di tutti coloro che un tempo erano uniti
nel condurre una pacifica battaglia contro la guerra, non è possibile immaginare personaggi obesi, con i capelli bianchi, col volto carico di rughe, dagli occhi spenti, senza vigore fisico, in azioni di lotta continua, rischiare la vita per un mondo pulito, la galera per
il proprio concetto di libertà e di pace.
Tra questo manipolo di vecchi decrepiti emerge la figura di un imberbe giornalista che conduce, anche lui, la sua battaglia per la verità.
La caccia è spietata, si calpestano posizioni, sentimenti, amicizia, e l’innocenza pur di pervenire spietatamente alla verità, costi quel che costi.
Il fatto accaduto, commesso 32 anni prima di per sé non giustifica questo accanimento, sia pure condotto nel rispetto della Legge ( lex dura lex ).
Mantenere un segreto comporta il silenzio; il segreto a rispettato per potersi definire tale. Javier Marias nel romanzo “Un cuore così bianco” tra l’altro scrive: “avrei preferito continuare a non sapere, anche se è difficile sapere se si vuole sapere o continuare ad ignorare qualcosa una volta che si sa”.
Per conoscere quanto costa mantenere un segreto consiglio di vedere il film “Treno di notte per Lisbona”, il prezzo è altissimo.
Robert Redford conduce il film in maniera egregia, dando alla storia un velo di mistero, con momenti di tensione e di thriller, si avvale di attori di tutto rilievo, nessuno escluso da Christie a Nick Nolte, da Sam Elliott a Brendan Gleeson, tuttavia il livello non cresce, resta un film modesto ed a nulla è valsa la partecipazione di Susan Sarandon, unica a dare spessore interpretativo in quei pochi minuti in cui appare per svelare il segreto taciuto per tanti, troppi anni.
A mio avviso il ruolo principale è quello del giornalista e pertanto il compito andava assegnato a ben altro interprete dotato di maggiore carisma e personalità.
Anche il corpo investigativo non è all’altezza dell’inchiesta e direi che là dove non c’è riuscito il protagonista ribelle della vicenda, ci è riuscito il regista a compromettere la capacità dei servizi segreti degli Stati Uniti d’America!
Talora la regola del silenzio si infrange per un interesse supremo, alto, sublime e doveroso per il rispetto di una giustizia compromessa, ma Sharon Solarz parla perché sia portata alla luce una verità di cui non sopporta più il peso.
Alla fine dobbiamo dire che si torna sempre indietro.
chigi
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ennas
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domenica 13 gennaio 2013
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vecchie foto e nuovi profili
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Jim Grant, avvocato , vedovo con figlia adolescente, è costretto a compiere un viaggio a ritroso nel suo passato, occultato da falsa identità : è stato un giovane militante pacifista di un movimento ( Weather Underground ) di contestazione al sistema, di opposizione alla guerra nel Vietnam, nell’America degli anni ’70.
Ricercato per l’assalto ad una banca, compiuto da membri del movimento e concluso con l’omicidio di una guardia giurata.
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Jim Grant, avvocato , vedovo con figlia adolescente, è costretto a compiere un viaggio a ritroso nel suo passato, occultato da falsa identità : è stato un giovane militante pacifista di un movimento ( Weather Underground ) di contestazione al sistema, di opposizione alla guerra nel Vietnam, nell’America degli anni ’70.
Ricercato per l’assalto ad una banca, compiuto da membri del movimento e concluso con l’omicidio di una guardia giurata. L’elemento scatenante la sua fuga è l’arresto di una componente del gruppo : ha vissuto anch’essa in clandestinità e il suo ingresso in carcere riporta alla ribalta le vicende del passato. Grant, inseguito dall’FBI e da un reporter d’assalto a caccia di uno scoop, va alla ricerca di chi può scagionarlo dall’omicidio, contattando nella fuga altri membri del gruppo.
La domanda principale che mi pongono i personaggi del film riguarda il presente: come sono oggi, come sono cambiati a 30, 40 anni di distanza coloro che da giovani hanno speso le loro energie per opporsi al sistema e quale direzione quella lotta ha impresso alle loro vite?
Partendo dall’assunto che “tutto cambia” ( anche il capitalismo che può essere più feroce e subdolamente sfruttatore, è cambiato anch’esso dagli anni ‘70 ) rimane un esercizio mentale interessante vedere “come si cambia” non tanto come si “invecchia” fisicamente in modo impietoso, questo si vede subito ma come si trasformano gli ideali, cosa rimane delle utopie originarie, in sostanza in un mondo dove tutto si trasforma incessantemente ,come cambiano gli uomini e le donne nel tempo.
Nel film di Robert Redford la regia ci mostra rapidamente come questi ex giovani contestatori vivono oggi, cosa fanno , come ricordano il passato e come sono cambiati: L’illusione di rimanere immutati con in testa gli stessi slogan di 30 anni prima ci viene mostrata molto bene nel personaggio di Mimì Lurie. Lei ripete ostinata questi slogan che adesso le servono soltanto per giustificare a se stessa l’attività illecita che “oggi” compie con disinvoltura. Tutti hanno dovuto fare ed hanno fatto a loro modo i conti con la distanza fra le loro aspirazioni giovanili e la realtà che li circonda, alcuni senza rinnegare totalmente le idee di giustizia delle proprie lotte giovanili ( lo stesso Grant che difende oggi cause di diritti civili ).
Con l’impianto del thriller il film ,mantiene un ritmo incalzante che tiene sveglia l’attenzione dello spettatore ma limita anche l’approfondimento dei ritratti proposti dalla regia che rimangono dei “bozzetti”.Lo stesso ritmo costringe gli attori a prestazioni atletiche un po forzose e talvolta goffe. Queste ed altre rese incongrue ( Redford genitore troppo vecchio di una bambina) rendono l’insieme artificioso anche se rimangono validi i temi sollevati. Un altro ritratto volto al presente è quello del giovane cronista Ben Shepard : cinico e arrampicatore all’inizio- non esita a corrompere per avere notizie segrete- recupera strada facendo la responsabilità del proprio ruolo : la libera e integrale informazione è da praticare con tenacia ma anche onestamente, con rispetto della vita altrui.
Il messaggio che gli ideali non giustificano la violenza è nel film un elemento solo sfiorato: il regista ci fa solo intravedere quanto la lotta armata diventi suicida per un movimento ( i suoi membri devono rifugiarsi nella clandestinità ) e molto spesso diventa utile al nemico contro cui spara. (ma questi potrebbero essere i temi di un altro possibile film). “La regola del silenzio” di Redford è un film interessante, con un glorioso formidabile cast di interpreti è a mio parere, un film da vedere.
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iuriv
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domenica 25 gennaio 2015
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se ne può fare a meno.
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Redford ci propone un thriller ad inseguimento che, nelle intenzioni, vorrebbe essere adrenalinico e nel contempo tenta di offrire una riflessione su certi movimenti di protesta. Per se, il buon Reddy, sceglie il ruolo di protagonista: un ex membro della rivolta studentesca che si è rifatto una vita, ma che a causa di un tardivo pentimento da parte di una compagna, si ritrova a dover cercare qualcuno in grado di scagionarlo da un omicidio.
Che Redford voglia fare la parte del buono e incompreso ci può stare. Ma, non contento dell'aura di perfezione che si auto-distribuisce, ci mette anche il carico da novanta, affidandosi una figlia di undici anni e una fresca vedovanza. Questo finisce per distruggere ogni possibilità di empatizzare con il padre di famiglia attempato e sostanzialmente perfetto, che il rosso-grigio attore porta sullo schermo.
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Redford ci propone un thriller ad inseguimento che, nelle intenzioni, vorrebbe essere adrenalinico e nel contempo tenta di offrire una riflessione su certi movimenti di protesta. Per se, il buon Reddy, sceglie il ruolo di protagonista: un ex membro della rivolta studentesca che si è rifatto una vita, ma che a causa di un tardivo pentimento da parte di una compagna, si ritrova a dover cercare qualcuno in grado di scagionarlo da un omicidio.
Che Redford voglia fare la parte del buono e incompreso ci può stare. Ma, non contento dell'aura di perfezione che si auto-distribuisce, ci mette anche il carico da novanta, affidandosi una figlia di undici anni e una fresca vedovanza. Questo finisce per distruggere ogni possibilità di empatizzare con il padre di famiglia attempato e sostanzialmente perfetto, che il rosso-grigio attore porta sullo schermo.
A calcare ancora di più la mano il disegno degli antagonisti, l'FBI in questo caso, che sembrano un gruppo di beoni senza speranza. Succede spesso che il bureau si faccia fregare con trovate da action movie di serie B, che non depisterebbero nemmeno un gatto. Non per niente spunta il personaggio di Shia LaBeouf (attore inspiegabilmente sulla breccia), un giornalista che con due click mette fine a trent'anni di latitanza. Ma Robert non ci pensa nemmeno a costruirci attorno un vero rivale, in quanto ancora innamorato della figura che lo rese celebre in Tutti Gli Uomini Del Presidente. Il ruolo di LaBeouf, infatti, fa capire come per Redford il mestiere del giornalista sia ancora la cosa più pura del mondo occidentale, sempre preso dietro alla giustizia e in grado di rinunciare persino allo scoop della vita per mantenere la propria integrità.
A dire il vero il regista non sembra proprio farcela a disegnare dei personaggi convincenti. Tutti sono avvolti da un'aura di bontà soffocante che li rende davvero poco interessanti. Persino l'unica vera strega della pellicola troverà un modo di riscattarsi. E in un film il cui protagonista è un unto dagli dei, servono anche degli antagonisti profondamente malefici, altrimenti manca l'effetto suspance che un thriller dovrebbe garantire.
Del resto, con un ritmo paragonabile a un encefalogramma piatto, riuscire ad arrivare ai nervi dello spettatore è quasi impossibile. O meglio, è piuttosto facile farlo nel modo sbagliato, facendoli spezzare in maniera irrimediabile. Persino la messa in scena pare meccanica, con trovate telefonate e ben visibili, ma soprattutto discontinue e mal amalgamate.
Quello a cui Redford tiene di più, forse, è la presa di posizione distaccata sugli eventi che caratterizzarono il movimento studentesco negli anni 70. Da qui i lunghi dialoghi tra i protagonisti dell'epoca, che mettono in mostra una sorta di disincanto per il periodo storico in questione. Questi momenti sono quelli che funzionano meglio, secondo me, dando un filo di spessore a una trama che in molti punti non funziona.
Perché la cosa riuscita peggio è il tentativo di amalgamare le due anime del film, utilizzando un thriller teso per offrire uno spaccato di una parte della società americana a cui Redford è particolarmente legato. Però il thriller non è teso proprio per niente e questo è il vero punto dolente della visione.
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matt found
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sabato 29 dicembre 2012
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la ricerca della verità
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Un film intricato ed intrigante, in cui Redford ci presenta la storia di uomini e donne vissuti per un'idea di ribellione e cambiamento, e costretti ad averla vista fatalmente degenerare. Una storia di uomini e donne totalmente votati al loro ideale, tanto da sacrificare per questo le loro vite e le loro identità. È proprio la lotta tra ideale e morale, diversamente affrontata in ogni personaggio, a fare da sfondo all'intera pellicola. Da una Susan Sarandon divorata dai rimorsi, e per questo costituita, delle prime battute, si arriva ad una Julie Christie innamorata (forse....!) più di qualsiasi altra cosa della ribellione eterna contro il sistema, passando per i due ex (.
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Un film intricato ed intrigante, in cui Redford ci presenta la storia di uomini e donne vissuti per un'idea di ribellione e cambiamento, e costretti ad averla vista fatalmente degenerare. Una storia di uomini e donne totalmente votati al loro ideale, tanto da sacrificare per questo le loro vite e le loro identità. È proprio la lotta tra ideale e morale, diversamente affrontata in ogni personaggio, a fare da sfondo all'intera pellicola. Da una Susan Sarandon divorata dai rimorsi, e per questo costituita, delle prime battute, si arriva ad una Julie Christie innamorata (forse....!) più di qualsiasi altra cosa della ribellione eterna contro il sistema, passando per i due ex (..neanche eccessivamente "ex") rivoluzionari Nick Nolte e Richard Jenkis, nostalgici ognuno a modo proprio. Semplicemente magistrale Shia LaBeouf. Giornalista di talento ma anche brillante investigatore, oltretutto un po' sfacciatello in giusta dose, che nel film va incontro a una metamorfosi profonda: da ragazzo in cerca dello scoop per la carriera, fino a uomo alla ricerca inesorabile della verità. Non mancherà per lui, nel finale, la tacita ammirazione dello stesso Redford. Tacita si, perché ancora una volta, alla fine, a fare da padrona è "la regola del silenzio".
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tiaulicchiu
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mercoledì 2 gennaio 2013
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vivere negli errori del passato
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è arrivato il momento della resa dei conti. Il film è un grande punto interrogativo teso a capire se coloro che tra la fine degli anni 60 e l'inizio
degli anni 70 si sono spesi in lotte politiche hanno avuto ragione a contrastare ferocemente i governi, se hanno visto attecchire nella società
quegli ideali per i quali hanno lottato, se ne è valsa la pena sacrificare un'esistenza. Se loro stessi, alla fin fine, hanno saputo mantenere gli
ideali per i quali hanno lottato .
il tempo li ha piegati alla "ragionevolezza" di una vita moderata ? Ed oggi, i giovani, come vedono il mondo e come vedono coloro che hanno lottato?
beh, è un tema questo intrigante anche perchè non è solo una questione americana, ma squisitamente occidentale ed attuale.
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è arrivato il momento della resa dei conti. Il film è un grande punto interrogativo teso a capire se coloro che tra la fine degli anni 60 e l'inizio
degli anni 70 si sono spesi in lotte politiche hanno avuto ragione a contrastare ferocemente i governi, se hanno visto attecchire nella società
quegli ideali per i quali hanno lottato, se ne è valsa la pena sacrificare un'esistenza. Se loro stessi, alla fin fine, hanno saputo mantenere gli
ideali per i quali hanno lottato .
il tempo li ha piegati alla "ragionevolezza" di una vita moderata ? Ed oggi, i giovani, come vedono il mondo e come vedono coloro che hanno lottato?
beh, è un tema questo intrigante anche perchè non è solo una questione americana, ma squisitamente occidentale ed attuale.
L'incipit del film non è molto chiaro. C'è una ex terrorista, che pentita del proprio passato, decide di costituirsi, ma l'inossidabile (mpfff!!!)
FBI, a seguito di un'intercettazione, arriva prima che possa esprimere il proprio pentimento, anzi, in un certo senso glielo nega.
Immagine di un Stato forte, deciso, duro che non perdona e non ha spazio per sentimenti umani.
Per certi versi ottuso perchè cattura una terrorista dopo solo trent'anni e fa la voce grossa con un giornalista che, grazie alla propria attività d'inchiesta,
riesce sempre ad arrivare alla verità prima di loro.
Il giornalista, con la sua giovane età, rappresenta l'anima moderna, i tempi attuali, che si interrogano su cosa è stato quel periodo, che lo vedono con entusiasmo.
Si deve comprendere ? perdonare ? condannare tout court senza comprendere?
ed una volta che si è compreso, il giornalismo può rimane vuoto e senz'anima?
La Company che Robert Redford ci mostra è coesa, unita da un ideale che vede tradire gli ideali ma non i compagni di quel percorso.
Robert Redford vive una doppia vita per coprire li autori di un omicidio che non ha commesso ma la cui denuncia avrebbe coinvolto altri compagni.
Chi condivide ancora quegli ideali, oggi li ha traditi. I giovani di queggli anni sono diventati ricchi imprenditori, si arricchiscno in borsa.
Chi addirittura è entrato nel sistema diventando un professore universitario, il cui glorioso passato
suscita interessi nelle unicamente nelle lezioni scolastiche, ma che termina con il suono di una campanella.
Non tutti però hanno tradito ciò che essi furono. Esiste anche chi ancor oggi contesta i governi, accusandoli di coprire coloro che oggi detengono
il potere (multinazioniali). Una lotta contro il sistema, qualsiasi esso sia.
Un ideale di libertà mai sopito che alla fine si piega quando viene avvertito il senso di colpa.
nato da cosa? dall'amore per un uomo e per la loro figlia. Dov'è il male? cos'è il male? quali i suoi limiti?
E' un bel film, per certi versi lento, ma di quella lentezza di cui se ne sente il bisogno per interiorizzare idee e concetti.
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