fabiofeli
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lunedì 1 luglio 2013
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una storia di mafia per parlare di sentimenti
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Salvo (Saleh Bacri) è un killer mafioso spietato. Deve uccidere un componente di un clan avversario, ma nella casa di questi c’è la sorella cieca, Rita (Sara Serraiocco). Nell’attesa dell’avversario Salvo spia le mosse della ragazza. L’esecuzione avviene fuori campo e il successivo contatto di Salvo con Rita, terrorizzata, origina un avvenimento imprevisto: la ragazza cieca, quasi miracolosamente, comincia confusamente a vedere attraverso le dita di Salvo premute sul suo volto. Prima solo luci ed ombre, poi sempre più chiaramente. Salvo non ha cuore di uccidere anche Rita: la rinchiude dentro la casa, un capannone industriale abbandonato, e riferisce al capo-clan (Mario Pupella) di aver eliminato tutti e due.
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Salvo (Saleh Bacri) è un killer mafioso spietato. Deve uccidere un componente di un clan avversario, ma nella casa di questi c’è la sorella cieca, Rita (Sara Serraiocco). Nell’attesa dell’avversario Salvo spia le mosse della ragazza. L’esecuzione avviene fuori campo e il successivo contatto di Salvo con Rita, terrorizzata, origina un avvenimento imprevisto: la ragazza cieca, quasi miracolosamente, comincia confusamente a vedere attraverso le dita di Salvo premute sul suo volto. Prima solo luci ed ombre, poi sempre più chiaramente. Salvo non ha cuore di uccidere anche Rita: la rinchiude dentro la casa, un capannone industriale abbandonato, e riferisce al capo-clan (Mario Pupella) di aver eliminato tutti e due. Salvo ritorna più volte da Rita; nonostante il fratello ucciso la pietà e la pena di Salvo per la ragazza fanno breccia nell’animo di lei. Ma il clan di Salvo scopre la menzogna …
Non è lecito rivelare gli ulteriori sviluppi, pur se la conclusione è prevedibile.
Una bella storia che qualcuno ha definito ‘western di mafia’: il paragone è azzeccato soprattutto nelle due scene dell’agguato iniziale e nel redde rationem tra Salvo e il suo stesso clan. Ma la narrazione, estremamente parca di dialogo, con i lunghi piani-sequenza, il montaggio sapiente, i bei primi piani e la fotografia perfetta anche nelle più difficili condizioni di luce – Daniele Ciprì si è veramente superato – è tutta giocata sui gesti e sugli sguardi dei protagonisti in un crescendo intimista.
L’ambientazione a Palermo, Enna e Bagheria utilizza anche paesaggi di archeologia industriale. I paesaggi industriali di Deserto Rosso di Antonioni erano solari e coloratissimi; qui sono oscuri e tetri ed il sole non penetra negli ambienti e li illumina appena: a una Romagna, di solito nebbiosa, paradossalmente solare si contrappone una Sicilia buia.
La recitazione è essenziale ed espressiva. Le inquadrature finali, poetiche e bellissime, di Salvo e Rita sono a camera fissa: il giorno passa su di loro con il respiro del mare appena accennato, laggiù, davanti a loro.
Il premio della Settimana della Critica di Cannes è un giusto riconoscimento all’opera di Grassadonia e Piazza.
Valutazione ****
FabioFeli
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xoting
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giovedì 4 luglio 2013
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le parole possono essere ridondanti
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Forse non lo dovremmo chiamare film, almeno per il concetto che ne abbiamo avuto fino ad oggi. Salvo oltrepassa una nuova frontiera del racconto dove i dialoghi sono sostituiti dai sospiri e dall’ansia degli stessi spettatori. Salvo ti catapulta in un luogo, una storia, un modo di vivere il tempo e il territorio, quel territorio, dove la legge non è scritta ma è inesorabile ed indiscutibile. La durezza spietata del protagonista che è costretto a mimare il suo stesso personaggio perché non potrebbe fare altrimenti ri scopre vulnerabile quando la compassione si dimostra più forte di lui e lo porterà alla conseguenze etreme. La vecchia contrapposizione del bene e del male, vista con ruoli che si scambiano fino a fare apparire giuste le carezze verso l’assassino del proprio fratello, è qui rinnovata ancora una volta ma senza retorica e tutta intera nella sua crudezza.
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Forse non lo dovremmo chiamare film, almeno per il concetto che ne abbiamo avuto fino ad oggi. Salvo oltrepassa una nuova frontiera del racconto dove i dialoghi sono sostituiti dai sospiri e dall’ansia degli stessi spettatori. Salvo ti catapulta in un luogo, una storia, un modo di vivere il tempo e il territorio, quel territorio, dove la legge non è scritta ma è inesorabile ed indiscutibile. La durezza spietata del protagonista che è costretto a mimare il suo stesso personaggio perché non potrebbe fare altrimenti ri scopre vulnerabile quando la compassione si dimostra più forte di lui e lo porterà alla conseguenze etreme. La vecchia contrapposizione del bene e del male, vista con ruoli che si scambiano fino a fare apparire giuste le carezze verso l’assassino del proprio fratello, è qui rinnovata ancora una volta ma senza retorica e tutta intera nella sua crudezza. Salvo potrebbe essere considerato un documentario, come fu Gomorra, un copia incolla della realtà vista senza la bende di perbenismo che spesso ci vogliamo tenere fino a che l’evidenza non ce la strappi d’un colpo. Molto amara.
Girato con una tecnica più da Goprò che da cinematografia classica ci porta perfettamente dentro l’azione.
Stupefacente l’interpretazione di Sara Serraiocco nella lunga sequenza carica di angoscia in cui la ragazza cieca capisce la presenza di un di un destino terribile. Forse un doppiaggio giù palermitano l’avrebbe resa più aderente al contesto. Fotografia da premio ma anche il montaggio. Da non perdere.
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sherkat
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mercoledì 7 maggio 2014
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cinema o tecnica cinematografica?
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Al di lá del pubblico appassionato ed esperto, esiste purtroppo il pubblico e basta. Quel pubblico, cioè, che va al cinema per assistere a qualcosa di interessante, magari proprio in base alle recensioni della critica "illuminata".
La locandina di "Salvo" promette un film d'azione prodotto da registi esordienti e interpretato da attori sconosciuti.
Il valore aggiunto è quello della critica più che positiva unita a premiazioni prestigiose come il Grand Prix de la Semaine de la Critique del Festival di Cannes.
Il risultato è invece quello di un film esasperatamente lento, non privo di tecnicismi di pregio, ma pur sempre molto, molto lento.
Il pubblico ordinario, quello non composto da aspiranti cineasti né da allievi di fotografia cinematografica, sarà deluso da una trama ordinaria, da un soggetto per nulla originale e da un cast di attori sfingei, mutacici e rigidi.
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Al di lá del pubblico appassionato ed esperto, esiste purtroppo il pubblico e basta. Quel pubblico, cioè, che va al cinema per assistere a qualcosa di interessante, magari proprio in base alle recensioni della critica "illuminata".
La locandina di "Salvo" promette un film d'azione prodotto da registi esordienti e interpretato da attori sconosciuti.
Il valore aggiunto è quello della critica più che positiva unita a premiazioni prestigiose come il Grand Prix de la Semaine de la Critique del Festival di Cannes.
Il risultato è invece quello di un film esasperatamente lento, non privo di tecnicismi di pregio, ma pur sempre molto, molto lento.
Il pubblico ordinario, quello non composto da aspiranti cineasti né da allievi di fotografia cinematografica, sarà deluso da una trama ordinaria, da un soggetto per nulla originale e da un cast di attori sfingei, mutacici e rigidi.
Non mancano i soliti stereotipi mafiosi, come quello del capo clan tipicamente vecchio e grottesco, scimmiottante i personaggi archetipi dei film di Scorsese.
Non manca un attore di prestigio come Lo Cascio, arruolato nel cast come specchietto per le allodole, ma con un ruolo insignificante.
Non manca infine il solito cliché del protagonista spietato e tenebroso che si innamora della solita ragazza indifesa tanto da sacrificarle l'estremo gesto.
Un film con una stupenda tecnica fotografica ma privo di interesse per chi il cinema lo vuole solo godere.
Su un piano puramente contabile, non stupisce che, a fronte del milione di euro di costo, questo film abbia realizzato un incasso totate di meno di 160.000 €.
Lo sconsiglio vivamente al grande pubblico.
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giovanna
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giovedì 11 luglio 2013
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sotto il coccodrillo (lacoste) batte un cuore
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La Mafia come cecità, come squallore di vita, afasia sentimentale, voglia di libertà da schemi opprimenti.
Ma anche difficoltà ad eluderne i meccanismi, subalternità ai ruoli, denuncia di colpevole connivenze.
Il titolo suggerisce un protagonista, in realtà la narrazione prevede un’intera microsocietà imprigionata in stereotipi di violenza, sopraffazione, miseria intellettuale, attraverso una storia che nella sua inverosimiglianza parla di voglia di libertà, di riscatto, di tenerezza.
Film di forti contrasti di genere, di sentimenti, di luci.
In una Palermo da mezzogiornodifuoco, un agguato mafioso si consuma nella polvere e nel sangue, Salvo, pitbull in forma umana di un locale padrino, con vezzi alla Marlon Brando, nel concludere la mattanza giornaliera, finisce nella casa dell’ultima vittima, la cui sorella cieca, Rita, assiste impotente al brutale assassinio.
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La Mafia come cecità, come squallore di vita, afasia sentimentale, voglia di libertà da schemi opprimenti.
Ma anche difficoltà ad eluderne i meccanismi, subalternità ai ruoli, denuncia di colpevole connivenze.
Il titolo suggerisce un protagonista, in realtà la narrazione prevede un’intera microsocietà imprigionata in stereotipi di violenza, sopraffazione, miseria intellettuale, attraverso una storia che nella sua inverosimiglianza parla di voglia di libertà, di riscatto, di tenerezza.
Film di forti contrasti di genere, di sentimenti, di luci.
In una Palermo da mezzogiornodifuoco, un agguato mafioso si consuma nella polvere e nel sangue, Salvo, pitbull in forma umana di un locale padrino, con vezzi alla Marlon Brando, nel concludere la mattanza giornaliera, finisce nella casa dell’ultima vittima, la cui sorella cieca, Rita, assiste impotente al brutale assassinio.
A questo punto un audace cambio di passo della sceneggiatura, porta Salvo, autistico genio del male, a specchiarsi nell’handicap di Rita, con conseguente profonda crisi esistenziale.Come dire, sotto il coccodrillo (Lacoste, brand prediletto dal killer) batte un cuore e la macchina per uccidere si vota alla sopravvivenza e salvezza della suddetta, al ritmo pop-ossessivo della canzone Arriverà dei Modà.
Come sa e come può, tenendola brutalmente segregata in uno scenario alla Garrone, ma con inaspettate delicatezze, che finiscono per coinvolgere anche la vittima.
Sì, la storia non regge in nessun modo e tuttavia prende lo spettatore per la maestria registica che si muove con grande perizia tra generi diversi, uno dentro l’altro come scatole cinesi, attingendo all’epico americano e al sofisticato orientale, con straordinaria padronanza di mezzi, puntando tutto sull’immagine e sul sonoro della vita che scorre al di là dei claustrofobici spazi in cui sono costretti i protagonisti.. I personaggi, al contrario di ciò che accade in Cecità di Saramago, improvvisamente tornano a vedere: l’una con gli occhi, l’altro con l’animo.
Dolorosamente come insegna Oliver Sacks.
Il film conquista per l’ottima recitazione affidata all’enigmatica presenza di Saleh Bakri, già apprezzato in Il tempo che ci rimane di Elia Suleiman e all’espressività tutta corporea dell’esordiente Sara Serraiocco, in grado di reggere lunghi angoscianti piani sequenza.....
da www.criticipercaso.it
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lovemovies
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domenica 29 ottobre 2023
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anche i killer hanno un''anima
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Salvo è un killer abituato ad uccidere. La volta che si introduce in una casa per eliminare un uomo, si accorge che lì presente c'è anche una ragazza, non vedente. Salvo rimane profondamente turbato dalla sua figura. La ragazza è Rita, sorella dell'uomo appena ammazzato. Il killer decide di risparmiarle la vita, la porta via con sé e si presta ad aiutarla, energicamente ma anche con inconsueta tenerezza. Lei, stimolata da Salvo, inizia gradatamente a riacquistare il dono della vista. La scelta di non eliminare la ragazza non poteva però essere tollerata e sfuggire alla rabbia del mandante dell'omicidio, ma Salvo, ormai affascinato da Rita, non intende arrendersi e, tanto meno, consegnare Rita e sacrificarla a certa agonia per salvare sé stesso.
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Salvo è un killer abituato ad uccidere. La volta che si introduce in una casa per eliminare un uomo, si accorge che lì presente c'è anche una ragazza, non vedente. Salvo rimane profondamente turbato dalla sua figura. La ragazza è Rita, sorella dell'uomo appena ammazzato. Il killer decide di risparmiarle la vita, la porta via con sé e si presta ad aiutarla, energicamente ma anche con inconsueta tenerezza. Lei, stimolata da Salvo, inizia gradatamente a riacquistare il dono della vista. La scelta di non eliminare la ragazza non poteva però essere tollerata e sfuggire alla rabbia del mandante dell'omicidio, ma Salvo, ormai affascinato da Rita, non intende arrendersi e, tanto meno, consegnare Rita e sacrificarla a certa agonia per salvare sé stesso. I due fuggono da un vecchio fabbricato dove avevano trovato rifugio. Salvo è stato tuttavia ferito gravemente e deve rinunciare a proseguire la fuga. Rita rifiuta però di imbarcarsi sul traghetto che potrebbe portarla in poco tempo nel continente, dove rifarsi una vita. Non abbandona questo assassino, con lei tanto premuroso, e gli rimane accanto sino a quando lui esala l'ultimo respiro.
Il film è senza dubbio coinvolgente. La regia del duo Antonio Piazza e Fabio Grassadonia si rivela sorprendente, a maggior ragione in quanto si tratta di film d'esordio. La storia ha come brillante colonna sonora il brano “Arriverà” dei Modà, ma, a proposito del sonoro, occorre sottolineare la presenza, costante, di rumori, assordanti o appena percettibili, scoppiettanti o ripetitivi, che sempre accompagnano la visione del film: porte che si aprono con cigolii laceranti, rombi di motori, lamiere contorte, voci concitate. Viene da pensare che l'utilizzo così intenso dei rumori serva a far meglio comprendere allo spettatore, come e dove possa aggrapparsi Rita per combattere il buio della propria esistenza: un buio fisico, per la vista che non c'era, ma certamente anche un buio esistenziale, avvolta dalla solitudine nella quale viveva, allietata soltanto da una canzone di successo.
Saleh Bakri interpreta il ruolo del killer gentile con puntuale recitazione. Sara Serraiocco è infinitamente splendida e la lunga sequenza iniziale la conferma straordinaria attrice.
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angelo umana
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venerdì 19 luglio 2013
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"arriverà" l'amore?
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La bella canzone dei Modà e Emma, “Arriverà”, di un amore perduto e poi ritrovato, è presente in varie fasi del film e diventa, oltreché un filo conduttore, qualcosa di intimo, privato dei due protagonisti Rita e Salvo. Lui è il killer di un’organizzazione criminale, un “cleaner” - ma non così clean come Jean Reno in Léon – che compie missioni omicide su incarico del suo boss, vive in incognito in Sicilia (per quanto in quell’isola si possa vivere in incognito), in località segreta e accudito di tutto punto da due camerieri, freddo e di poche parole, votato unicamente a quel mestiere. Cinico e solo non dispone nemmeno della doppia vita che conduceva un’altra recente esecutrice, “Miele”.
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La bella canzone dei Modà e Emma, “Arriverà”, di un amore perduto e poi ritrovato, è presente in varie fasi del film e diventa, oltreché un filo conduttore, qualcosa di intimo, privato dei due protagonisti Rita e Salvo. Lui è il killer di un’organizzazione criminale, un “cleaner” - ma non così clean come Jean Reno in Léon – che compie missioni omicide su incarico del suo boss, vive in incognito in Sicilia (per quanto in quell’isola si possa vivere in incognito), in località segreta e accudito di tutto punto da due camerieri, freddo e di poche parole, votato unicamente a quel mestiere. Cinico e solo non dispone nemmeno della doppia vita che conduceva un’altra recente esecutrice, “Miele”. Rita è la ragazza cieca nella cui casa Salvo penetra per ucciderne il fratello, assiste alla sua esecuzione con l’udito e, si direbbe, con tutti i sensi di cui dispone: l’interpretazione di Sara Serraiocco-Rita è fenomenale, le torsioni spasmodiche dei suoi occhi e dei muscoli del viso fanno immedesimare lo spettatore nella solitudine e nel silenzio della sua cecità, con le note di “Arriverà” che ascolta e canticchia.
Rita cantilena questa canzone anche quando si ritrova reclusa nel deposito di un’industria abbandonata (una scritta fuori è “lampisteria”), luogo simile a quelli tipici della fotografia spettrale di Daniele Ciprì: Salvo non l’ha uccisa, pure se la sua “missione” lo prevedeva, l’ha segregata in quel posto forse per compassione o per farne una persona sua, un suo segreto. La canzone è l’unico possesso di questa ragazza, l’unica cosa che la tiene legata alla vita (riferimento involontario a “La donna che canta”?), non ha più niente.
Film da ascoltare e soprattutto “sentire”, più delle immagini e delle parole lo riempiono i rumori. Solo questi accompagnano il silenzio della vita di Salvo (e ancor di più, di Rita, prima cieca e poi segregata), col sentire ne diventiamo partecipi. Salvo è il diminutivo di Salvatore: potrebbe dirsi che egli desideri uscire da quella vita e quel ruolo senza umanità, salvare sé stesso. Lo spunto gli è stato dato involontariamente da quel “bottino” di guerra che è Rita, che ha riacquistato la vista dopo il trauma vissuto. La prigioniera lo aggredisce, lo schiaffeggia e gli ripete “Cosa vuoi da me?” e l’aggressione si conclude con un abbraccio energico di Salvo: è il bisogno che lui ha di altre cose nei suoi giorni disumani, ma è un abbraccio provvidenziale pure per Rita, sola e senza nessuno (la “sindrome di Stoccolma” che unisce vittima e carceriere, come ne “Il portiere di notte”?).
Un segnale del desiderio di “salvarsi” è una volta il non voler cenare solo, si siede al tavolo di uno dei suoi camerieri, niente poco di meno che Luigi Lo Cascio (gradevole partecipazione al film, piccola ma significativa, e “amichevole”), che ha sempre cercato un contatto con quel killer, ne è ammirato, ha osservato perfino le sue mani ed è onorato della cena insieme. Altro segnale di voglia di vita normale è che Salvo libera dalla catena il cane che latrava continuamente fuori dal suo rifugio, l’animale smette di abbaiare e gli si affeziona. Salvo è del resto un ragazzo, dietro alla magnifica interpretazione e ai freddi occhi celesti di Saleh Bakri e alle sue fattezze vagamente da Terminator.
In fondo poi anche il boss, Mario Pupella, è prigioniero di una vita da malvivente (letteralmente un mal vivere), con tutti quei morti abbandonati dietro alla “lampisteria” e con il contorno di tutti i suoi picciotti. Quando nel suo bunker sottoterra parla a Salvo, e questo gli tace di non aver eliminato la ragazza cieca, gli dice varie frasi che riassumono uno spaccato di vita maledetta: “Accussì ni riducemmu, comu e surgi” (così ci siamo ridotti, come i topi), “qua sotto non si respira”, “questa è la nostra vita, altra non ce n’è”, ma poi dice “mangiamo, i morti digiunano e noi vivi siamo”. Ottimo film e originale, merita molto più dei riconoscimenti ricevuti.
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diomede917
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martedì 9 luglio 2013
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salvo è sano
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Strano il destino che unisce i due film italiani che hanno aperto e chiuso questa stagione cinematografica entrambe due opere prime sofferte, entrambi vincitori virtuali dei festival ai cui hanno partecipato ed entrambi parlano di due destini che si incrociano nello sfondo malavitoso dell’Italia del sud……è questo quello che unisce Salvo con L’intervallo…..
Nel caso specifico la storia produttiva di Salvo è decisamente travagliata, prima una menzione speciale ai Solinas poi trasformata nel corto Rita e infine grazie a una questua produttiva ecco arrivare sugli schermi Salvo.
Il protagonista che da il titolo al film è un killer della mafia che dopo una mattanza nei confronti di un clan rivale non riesce ad uccidere la sorella cieca del capo….
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Strano il destino che unisce i due film italiani che hanno aperto e chiuso questa stagione cinematografica entrambe due opere prime sofferte, entrambi vincitori virtuali dei festival ai cui hanno partecipato ed entrambi parlano di due destini che si incrociano nello sfondo malavitoso dell’Italia del sud……è questo quello che unisce Salvo con L’intervallo…..
Nel caso specifico la storia produttiva di Salvo è decisamente travagliata, prima una menzione speciale ai Solinas poi trasformata nel corto Rita e infine grazie a una questua produttiva ecco arrivare sugli schermi Salvo.
Il protagonista che da il titolo al film è un killer della mafia che dopo una mattanza nei confronti di un clan rivale non riesce ad uccidere la sorella cieca del capo…..anzi dallo shock la ragazza acquista miracolosamente la vista e questo evento legherà e segnerà in maniera drastica le loro vite.
La forza del film del duo Grassadonia/Piazza sono quei 20 minuti iniziali folgoranti con un lunghissimo piano sequenza che toglie il respiro dove gli occhi sono i veri protagonisti…..quelli di Salvo sempre in primo piano, glaciali quasi senza espressione…..quelli bui di Rita è attraverso il suo viso e gli altri sensi che viviamo l’angoscia della ragazza con i suo olfatto sentiamo la presenza del killer e con il suo udito sentiamo quanta violenza c’è intorno……
Dopo tutto questo, quando la storia inizia a prendere corpo il film si “normalizza”…..lo metto tra le virgolette per evidenziare la difficoltà a volare verso certe vette di stile iniziali….quindi si incanala come una sorta di western metropolitano dove questo cavaliere della valle solitaria combatterà con pochissime parole e violentissimi fatti per difendere la nuova vita di questa ragazza….per certi versi Salvo ricorda il Ryan Gosling di Drive.
Possiamo dire che i ragazzi promettono bene……sanno scrivere bene e rappresentare altrettanto…..diciamo che il film è scemato nel tempo per eccessiva timidezza……
Consiglio per l’opera seconda di osare di più…..ed è un consiglio che estendo ai produttori del nostro cinema, visto che quest’anno le opere prime di grande valore sono state diverse…..
Voto 7+
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flyanto
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lunedì 1 luglio 2013
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quando due anime sole si incontrano
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Film in cui si narra di un killer affiliato alla mafia, di nome appunto Salvo, il quale nel corso di una sparatoria avvenuta come regolamento di conti, uccide un boss che ha una sorella cieca. La ragazza vive praticamente segregata in casa e completamente isolata dal resto del mondo esterno e, morto il fratello, rimane in balia di se stessa. Il killer Salvo comprende ciò e ne rimane profondamente colpito a tal punto che, andando contro tutto e tutti, decide di prendersi cura di lei come un fratello maggiore e salvarla dal suo destino di morte certa. Ovviamente l'epilogo sarà altamente drammatico ma almeno egli sarà riuscito nel suo intento con l'aggiunta anche di un consistente "rivolgimento" nel corso dell'intera vicenda.
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Film in cui si narra di un killer affiliato alla mafia, di nome appunto Salvo, il quale nel corso di una sparatoria avvenuta come regolamento di conti, uccide un boss che ha una sorella cieca. La ragazza vive praticamente segregata in casa e completamente isolata dal resto del mondo esterno e, morto il fratello, rimane in balia di se stessa. Il killer Salvo comprende ciò e ne rimane profondamente colpito a tal punto che, andando contro tutto e tutti, decide di prendersi cura di lei come un fratello maggiore e salvarla dal suo destino di morte certa. Ovviamente l'epilogo sarà altamente drammatico ma almeno egli sarà riuscito nel suo intento con l'aggiunta anche di un consistente "rivolgimento" nel corso dell'intera vicenda. Il film è girato da Fabio Grassadonia ed Antonio Piazza che ne hanno scritto anche la sceneggiatura ed è imperniato tutto principalmente sul cambiamento della persona del killer Salvo. Da uomo freddo, distaccato, agente come un perfetto robot al soldo della mafia, egli piano piano rivela dei sentimenti umani mai espressi o, forse, addirittura mai provati. Ma il tema del cambiamento riguarda anche la giovane ragazza cieca la quale muta dall'inizio della vicenda completamente la propria persona ed addirittura il proprio stato di salute: da diffidente e scontrosa comincia ad aprirsi al mondo esterno con una maggiore fiducia ed un maggiore abbandono, riuscendo anch'ella a provare dei sentimenti di affetto e riconoscenza per colui che tanto si è prodigato per lei. Insomma, un cambiamento totale coinvolgente due esseri che hanno entrambi il denominatore comune della solitudine e dell'isolamento. Questa pellicola è molto ben girata (solo la scena iniziale in cui i due registi filmano gli episodi come se venissero "percepiti" dallo spettatore come se fosse lui stesso in prima persona la ragazza cieca, costituiscono una grande realizzazione cinematografica), i dialoghi sono ridotti all'estrema sottigliezza e le locazioni, buie e squallide, sottolineano lo stato di distacco da cui entrambi i protagonisti vivono ed hanno vissuto sinora. Dunque vi è un trionfo di un minimalismo ben equilibrato. Estremamente brava la giovane esordiente Sara Serraiocco che interpreta in maniera alquanto efficace le movenze e l' impacciatura dei movimenti propri di una persona ipovedente. Forse l'unica critica che mi viene spontanea muovere al film è la poco realistica rappresentazione di alcune situazioni che rende l'intera storia poco credibile: infatti mi domando come una fanciulla vissuta cieca per tutta la vita, una volta rimasta sola riesca a sbrigare con grande disinvoltura tutte le questioni pratiche concernenti la sua fuga senza trovare alcun ostacolo durante il loro corso o, peggio, venire fermata dalla mano della mafia vendicativa. Ma forse, questo acquista un' importanza poco rilevante per i due registi ai quali molto esplicitamente premeva soprattutto rappresentare una genesi comportamentale di grande impatto. Senza dubbio un film molto interessante e da non perdere.
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