Lincoln

Avevo letto sull'"Washington Post" una recensione critica del film,ovvero che Spielberg, alla fine, non si era deciso tra l'epica e il documentario.Ora che l'ho visto dico che non c'è riuscito perchè non intendeva fare nessuno dei due.Lincoln è più di tutto un film potente, disincantato e idealista allo stesso tempo(e già qui sta il genio di Spielberg) che racconta senza orpelli ma non in maniera asettica almeno tre cose:l'uomo Lincoln,con i suoi dubbi e i suoi slanci ideali, la politica,nella sua idealità e nella sua miseria,e infine l'IMPOSSIBILITA,l'IRRAGIONEVOLEZZA,la MESCHINITA', davanti a certi temi della storia, di NON DECIDERE ANCHE RISCHIANDO.Tralascio commenti sugli attori: Daniel Day-Lewis è da brivido, ma non meno di lui un sensazionale Tommy Lee Jones nei panni del radicale repubblicano abolizionista Stevens. Anche il cinema italiano ha una grande tradizione di cinema civile politico: penso a Rosi e a Petri. Ma i suoi film più riusciti, del cinema italiano intendo, sono sempre su "eroi per caso".Quando si cimenta ad affrontare le grandi figure storiche spesso non riesce a salvarsi dall'apologia o dalla "damnatio".Tende a essere "morale" e a suggerire santificazioni o condanne.E' ovvio che ogni film, per come è fatto/scritto/diretto, ha un suo punto di vista.Ma per me quanto più ciò è "invisibile", meglio riesce a essere una "narrazione" e non un giudizio storico parziale. E Lincoln è proprio così e per questo diventa un film universale. Mentre lo guardavo, ascoltavo le battute, mi era nettissima la sensazione dell'attualità del film: avrei potuto cioè sostituire al tema della schiavitù un qualunque altro tema "etico" dei giorni nostri,alle faticosissime trattative sottobanco, non sempre edificanti,tra congressisti e Lincoln e il suo gabinetto un Presidente moderno e il suo Parlamento, che nella storia politica sono sempre esistite, e sempre esisteranno, le categorie dei mercenari da noccioline, dei mercenari per vaghe idealità ma necessità propria, dei corruttori puri, dei corruttori per necessità superiore, degli idealisti intransigenti e per questo sempre sconfitti.E Spielberg lo sottolinea non dicendolo o facendolo dire ai suoi protagonisti:lo fa facendolo vedere, come se tu fossi lì, in tempo reale, al Congresso, per le vie e le bettole di Washington, nei salotti importanti o, di nascosto, sulla nave a vapore dove si incontrano la delegazione sudista di Jefferson e il Segretario di stato di Lincol per negoziare la resa.Alla fine emerge un uomo con le sue idee,il suo carattere,il suo carisma,con chiaro il penso,il senso,la fatica e la responsabilità del suo ruolo e quindi, alla fine,dell'ineludibile compito di dovere prendere la decisione definitiva.Contro i suggerimenti del suo gabinetto non sacrifica l'abolizione della schiavitù alla pace, nè fa il contrario.Riflette,si convince e decide che vuole tutte e due perchè, spiega ai suoi,sia la pace che l'emancipazione sono i MEZZI non negoziabili per il FINE della sopravvivenza della Nazione.Così,in una scena magistrale,in un ufficio in penombra,angusto,fumoso (non a caso credo) dice esplicitamente, ai suoi, assumendosene la responsabilità:"Mancano due voti?Bene,avete ancora un giorno e qualche ora prima della votazione.Procuratemeli".Quei due voti furono comprati: Spielberg ci mostra la scena del passaggio del denaro.Senza dialogo,senza commento.Il giorno dopo il XIII emendamento passò.La grandezza del film è che esci interrogandoti.E le risposte te le devi dare tu.