Take Shelter |
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Un film di Jeff Nichols.
Con Michael Shannon (II), Jessica Chastain, Katy Mixon, Shea Whigham, Kathy Baker.
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Titolo originale Take Shelter.
Drammatico,
durata 120 min.
- USA 2011.
- Movies Inspired
uscita venerdì 29 giugno 2012.
MYMONETRO
Take Shelter
valutazione media:
3,51
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Follia profeticadi Dave SanFeedback: 5626 | altri commenti e recensioni di Dave San |
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martedì 26 febbraio 2013 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Le vicende di un padre si complicano quando scopre di avere ereditato una psicosi di famiglia. Gradualmente si accorge che i suoi sogni sono popolati da temporali e funeste immagini apocalittiche. Queste però iniziano a invadere la sua realtà. L’uomo prende coscienza del problema e inizia a curarsi, ma continua ad agire da padre e marito. Non può e non vuole rinunciare ai suoi. Per sicurezza, si costruisce un rifugio anti tornado (principalmente per proteggere figlia e moglie). Il dramma del protagonista è la consapevolezza dell’illusione, quanto la difficoltà patologica a percepirla come irreale. In questo consistono la malattia e l’essenza iniziale della storia. Preoccupata per le somme di denaro che l’uomo spende per scavare il riparo sotterraneo, la compagna si mostra prima aggressiva e critica, poi inizia a comprenderlo e aiutarlo. La questione si evolve sino all’apice in cui Curtis (Michael Shannon), “esplode” durante un evento mondano. Tutto sembra presagire un epilogo drammatico sull’alienazione dell’uomo contemporaneo (solo, incompreso, folle), ma Jeff Nichols va oltre. Ci offre un’interpretazione plausibile sulla crisi: incombente quanto prossima a un collasso radicale. Ci regala quindi un artificio narrativo che fa di Curtis una sorta di “Cassandra” coevo appoggiato dai suoi. Una pellicola che preserva il valore tradizionale della famiglia con movenze positive e progressiste. Il paradosso riesce assai gradevole. Lo stile del film è asciutto e gli attori sobri. Shannon calza nella parte perché sempre tra le righe. Non si vuole rappresentare una follia escandescente o teatrale. Il “tipo” attoriale è tendenzialmente introverso. La storia si costruisce inoltre su una patologia che s’insinua nel quotidiano, piuttosto che su molteplici colpi di scena. Il lungometraggio è fotografico e minimale. Le visioni del protagonista sono ben ricostruite, a misura di un film non principalmente catastrofico. Applauso inoltre al doppiaggio italiano (Fabrizio Pucci) che regala a Curtis/Shannon una voce decisamente più “cavernosa” rispetto all’originale.
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