Davvero un film sorprendente questo "Rango", che fin dalle prime scene si mostra come qualcosa di profondamente inusuale, atipico e proprio per questo motivo intrigante e straniante insieme. Ci aspettiamo l'introduzione a un personaggio buffo che ne combinerà di tutti i colori e ci farà ridere, ma in effetti quello che emerge fin da subito è piuttosto una dimensione inquietante, pirandelliana, onirica e in qualche modo filosofica, dal monologo del protagonista ancora senza nome (e senza identità) con gli oggetti inanimati di cui si circonda, al colpo di scena dell'incidente stradale, all'apparizione di un armadillo-guida spirituale che fin da subito ci chiediamo se sia reale o frutto di fantasia. L'impatto con il mondo del deserto lascia increduli e spaesati gli spettatori quanto il camaleonte del film, e da qui è un lento svilupparsi di immagini, personaggi grotteschi e spaventosi, oggetti che insieme costruiscono a poco a poco una trama finalmente ben riconoscibile ed inquadrabile (per il sollievo di uno spettatore abbastanza disorientato, ma anche rapito). Entriamo perciò nel vivo di quello che poi apparirà chiaro essere il film: un western cartoon, in cui le avventure, lo humor e gli sviluppi attesi al principio del film finiscono col mostrarsi... ma dopo un incipit del genere ormai non possiamo che aspettarci qualcosa di più della semplice epopea dell'eroe che non è eroe, ma che potrà diventarlo, non prima di aver fatto i conti con la propria coscienza e i propri errori, salvando infine la situazione. E infatti (grazie al cielo aggiugnerei personalmente) "Rango" si rivela come qualcosa di più di questo, molto di più. Capiamo infatti a poco a poco, unendo i puntini costituiti da miriadi di citazioni e allusioni, frasi rivelatorie e significati metaforici, che siamo di fronte ad un vero e proprio omaggio al western, a Clint Eastwood (lo Spirito del West?), forse (ma non allarghiamo troppo il tiro) persino al cinema in sé. E ancora, in una parte nuovamente filosofica e squisitamente onirica nella seconda parte del film, quella che potremmo definire la fase tipica della "crisi dell'eroe", si rivelano nuove sfaccettature, nuovi significati, nuove chiavi di lettura, in una splendida sequenza di immagini, musiche ed evocazioni che racchiudono in sé a mio parere tutto il senso del film. Il tema dell'identità, di come riuscire a "non essere più nessuno" (bella l'idea che sia proprio un camaleonte, e per di più attore, a compiere questo viaggio), e a farlo senza dover per forza mentire e indossare qualche maschera; ma anche il tema del progresso, di un mondo che è destinato a finire e a morire, e ad essere sostituito da un mondo nuovo, dal futuro (il mito verghiano della fiumana del progresso, in cui qualcuno rimane sempre travolto?), in senso di evoluzione-competizione storica (la metropoli che prosciuga un già prosciugato e miserabile deserto), ma anche in senso cinematografico direi (le "leggende" che "forse non si ricorderanno nemmeno che siano mai esistite"), e qui torniamo al tema del western, e del generoso omaggio che questo film intende evidentemente porgli. E si potrebbe ancora continuare, riferendoci al tema della responsabilità e del vincolo che ci lega alle nostre azioni, il fatto che nessuno possa "sfuggire alla propria storia", termine quest'ultimo forse volutamente ambiguo, che può andare a riferirsi al percorso individuale di ognuno di noi ma anche alla narrazione letteraria (nel senso più ampio e artistico del termine) di cui i personaggi di un autore "si ritrovano" a far parte. Ancora, vi troviamo il tema del potere, in stretto collegamento con il tema dell'acqua, simbolo di vita e di speranza, senza la quale evidentemente non può esistere nessuna forma vivente; e d'altronde, come viene acutamente suggerito nel film, "Chi controlla l'acqua, controlla il potere", poiché egli potrà esercitare il proprio potere anche su chi è dipendente da essa, ossia chiunque viva. Se volessimo effettuare un'analisi a 360°, potremmo partire da quest'ultimo spunto persino per porci qualche domanda sull'attualissima problematica delle risorse della Terra, sui loro limiti, e su come il potere politico ed economico vi si intreccino inesorabilmente, ma certamente non è questa la sede adatta.
Resta insomma alla fine del film la piacevole sensazione di aver fatto esperienza di qualcosa di molto diverso dal classico cartone animato (per quanto apprezzabile) che ci siamo abituati ad amare e che ormai tendiamo aspettarci. Un viaggio a dir poco profondo nel cuore di dubbi amletici, tematiche scottanti ed attuali, ma anche tanto, tanto amore per il buon cinema.
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