miticazoe
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domenica 30 ottobre 2011
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una seduta psicoanalitica di coppia a 14 euro
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Intanto grazie dal profondo del cuore alla Comencini. Una risposta cercata per anni , per alleggerire un cuore oppresso dalla cocente scoperta della nostra "pericolosità", del nostro strapotere rispetto al quale forse gli uomini, dalla notte dei tempi, hanno cercato di difendersi e mai di capire. E ieri, in quelle due ore, mi è stata offerta una possibile soluzione: la femmina-natura, custode di una forza generatrice e distruttrice al tempo stesso, se lasciata sola dilaga, correndo il rischio di distruggere ciò che essa stessa ha creato. Allora va affiancata dalla natura stabile e vigile del maschio, del fratello di Manfred che non ha "mai dato niente per scontato", che ha vigilato perchè nella sua donna non prevalesse la "tentazione della distruzione".
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Intanto grazie dal profondo del cuore alla Comencini. Una risposta cercata per anni , per alleggerire un cuore oppresso dalla cocente scoperta della nostra "pericolosità", del nostro strapotere rispetto al quale forse gli uomini, dalla notte dei tempi, hanno cercato di difendersi e mai di capire. E ieri, in quelle due ore, mi è stata offerta una possibile soluzione: la femmina-natura, custode di una forza generatrice e distruttrice al tempo stesso, se lasciata sola dilaga, correndo il rischio di distruggere ciò che essa stessa ha creato. Allora va affiancata dalla natura stabile e vigile del maschio, del fratello di Manfred che non ha "mai dato niente per scontato", che ha vigilato perchè nella sua donna non prevalesse la "tentazione della distruzione". E' una scena bellissima, quella di lui che le succhia il capezzolo, che le "sta accanto", che ha imparato non a sopra-vivere alla femmina-natura ma a con-vivere con lei. "Nulla è dato per scontato" nemmeno nel film; in tutto il film non c'è niente di trascurato; la tensione è stata alta per tutto il tempo. La scena in ospedale: un capolavoro. Cosa chiedere di più ad un film? Mio marito mi ha tenuto la mano sretta per due ore e alla fine mi ha dato un forte bacio con le lacrime agli occhi. Sapevamo entrambi perchè: io madre di un figlio maschio..Che dire, forse a noi il film è piaciuto perchè non abbiamo letto il libro, ma guai a paragonare libro e film. I due processi di apprendimento sono talmente diversi! E ci sono persone che prediligono l'uno piuttosto che l'altro. Perdonatemi, ma è così banale dire che il libro è migliore del film! Mi spiace anche che si riduca il dibattito sul film ad uno scontro tra uomini e donne. Nel film c'è la conciliazione. Questi uomini che "vigilano" perchè "sanno" e questo "sapere" si traduce in complicità coniugale, in amore eterno, anche se impossibile perchè la vita di Manfred è "cominciata storta", è cominciata come sarebbe cominciata la loro storia d'amore se Marina avesse abbandonato il figlio per stare con lui.
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[+] e' diventato difficile fare le madri
(di oi22814)
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(di cateri)
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(di mikiscott)
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lella sabadini
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mercoledì 22 febbraio 2012
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come si può " deridere" un film simile ?
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Bellisssimo, carico di emozioni, mai noioso, estremamente introspettivo pur senza dialoghi lunghi e complessi . Un tema difficile affrontato con coraggio.Penso che solo una donna e madre possa capire davvero quanta verità ci sia in quest'opera.La difficoltà nell'accettare la maternità si è oltremodo accentuata in un mondo dove le donne sono sempre più, mentrein un recente passato " coro" di sorelle, mamme , zie, cugine aiutavano con la loro esperienza a superare tante paure e insicurezze, Ben venga il parlarne, l'affrontare il tema come si sta facendo finalmente con dei libri ma anche con questo film.
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Bellisssimo, carico di emozioni, mai noioso, estremamente introspettivo pur senza dialoghi lunghi e complessi . Un tema difficile affrontato con coraggio.Penso che solo una donna e madre possa capire davvero quanta verità ci sia in quest'opera.La difficoltà nell'accettare la maternità si è oltremodo accentuata in un mondo dove le donne sono sempre più, mentrein un recente passato " coro" di sorelle, mamme , zie, cugine aiutavano con la loro esperienza a superare tante paure e insicurezze, Ben venga il parlarne, l'affrontare il tema come si sta facendo finalmente con dei libri ma anche con questo film.L' incontro che avviene dopo quindici anni non mi lascia così sorpresa, dovremmo tutti imaparare,quando si giudica un film , ad accettare che ognuno vive esperienze uniche che è sbagliato giudicare.Un rapporto sessuoale così intenso non e, per me fuori luogo : anzi riafferma il diritto della donna di essere madre ma anche amante appassionata. Ci sono incontri che magari si rimandano per anni ma che devono aver luogo perchè la vita vuole così. Solo a lui lei ha confessato il suo odio amore che è poi quello che Manfred prova per tutte le donne e questa esperienza speculare li unisce. Quando Timi dici alla Pandolfi " tu sei la mia donna " sa che non la potrà mai avere e che probabilmente una convivenza con lui sarebbe impossibile dato il suo carattere. Ma è la sua donna e la deve avere almeno per una volta anche se questo significherà ricordare e rimpiangere per tutta la vita....
Inutile parlare di verosimiglianza o meno : questo è la vicenda come ce la propone ,secondo me ottimamente, la Comencini perchè il mondo è pieno di storie ognuna con i suoi ritmi, i suoi tempi , le sue contraddizioni e il suo dolore... Intensa la figura della cognata che possiamo definire "archetipo della maternità" con l'indimenticabile scena del marito che succhia dal suo seno per facilitarle l'allattamento e che porterà ad una nuova gravidanza: un gesto d'amore a 360 gradi.
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sinopis
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venerdì 29 marzo 2013
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un dramma raccontato come un pettegolezzo
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Sotto l'immensa presenza del Monte Rosa tutti i fatti umani sembrano assumere poca importanza. Io credo che la Comencini , che ho visto lavorare durante molte riprese del film, si sia fatta dominare dalla grande e severa " Mamma Rosa" che non le ha concesso di rivelare tutto il dramma che una madre riesce a creare quando è portata ai limiti della sopportazione. Quando si frquentano le case e i cuori della gente di montagna è facile ricevere in dono il raccondo di una immensa sofferenza che ha condizionato tutta la loro vita, racconto che un giorno, dopo tanti altri fatti di parole convenzionali, improvvisamente scaturisce con semplicità e ci vuole un po' prima di rendersi conto della preziosità di quanto si sta ascoltando, di quale grande dolore quelle "normali" parole stanno svelando i perché.
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Sotto l'immensa presenza del Monte Rosa tutti i fatti umani sembrano assumere poca importanza. Io credo che la Comencini , che ho visto lavorare durante molte riprese del film, si sia fatta dominare dalla grande e severa " Mamma Rosa" che non le ha concesso di rivelare tutto il dramma che una madre riesce a creare quando è portata ai limiti della sopportazione. Quando si frquentano le case e i cuori della gente di montagna è facile ricevere in dono il raccondo di una immensa sofferenza che ha condizionato tutta la loro vita, racconto che un giorno, dopo tanti altri fatti di parole convenzionali, improvvisamente scaturisce con semplicità e ci vuole un po' prima di rendersi conto della preziosità di quanto si sta ascoltando, di quale grande dolore quelle "normali" parole stanno svelando i perché. Io voglio pensare che questo fosse l'intento della Comencini. Intento che è rimasto tale, forse perché non ha saputo trasmettere la "piccolezza" degli uomini sotto l'immensità della natura che a Macugnaga, dove il film è ambientato, è in chi sa volgere lo sguardo in alto. E alla fine il film annoia come il pettegolezzo. Pettegolezzo piccante, fatto di madri che evadono per un attimo o per sempre dal loro vincolo, fatto di vite date e tolte, di patologie irrisolvibili. Pettegolezzo che resta sempre tale e mai si eleva ad urlo.
Propendo nel pensare anch'io che ci volesse molto più coraggio per descrivere quanto invece il film tocca con sguadi troppo permeati da amore che mai ha avuto la necessità di evadere o da sguardi ancora troppo offuscati dalla leggerezza di una psicologia da salotto, sussurrata quando si fa piccante. Veramente insopportabile il pianto del bambino che effettivamente diventa esasperante e fa perdere la concentrazione portando a desiderare il silenzio. Silenzio però che, quando improvvisamente c'è ed accende quel pathos che si attendeva, è anche improvvisamente rotto dalla eccessive picconate necessarie ad aprire una porta. Si intuisce che quel picco vuol essere altro e la porta pure, ma non esiste disperazione. Tutti sanno come le madri possano essere fortemente psicogene nel loro offrirsi o nel loro sottrarsi ai figli e mi dispiace che l'indiscutibile sensibilità della Comencini e la professionalità degli attori non sia bastata a dare qualche risposta a questo tema. Forse nemmeno ha aperto interrogativi.
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gianleo67
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sabato 16 febbraio 2013
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oscuri tormenti di una difficile maternità
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Marina alle prese con una difficile maternità, si trasferisce insieme al figlio di due anni presso una località montana del Piemonte per riprendersi da un grave esaurimento nervoso. Qui conosce Manfred, il suo padrone di casa, un uomo introverso in rotta con la moglie che fa la guida alpina ed è animato da una livorosa misoginia. Tra i due sulle prime diffidenti l'uno verso l'altro, si instaura un forte legame emotivo percorso da una sotterranea attrazione fisica e rinsaldato dagli eventi drammatici che li vedono protagonisti.
La Comencini adatta per l'occasione un suo romanzo di discreto successo per condurci negli oscuri meandri di una sensibilità femminile esasperata e dolente, incapace di elaborare con equilibrio e razionalità un sentimento ambivalente di odio-amore per la sua piccola creatura e nel conciliare il suo difficile status di madre e nutrice con quello piu' natuale di donna e amante, in un gioco di rimandi e di ricorsi in cui la sua storia personale si intreccia con quella complementare e antitetica del protagonista maschile, uomo indurito da un infanzia segnata dall'abbandono materno.
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Marina alle prese con una difficile maternità, si trasferisce insieme al figlio di due anni presso una località montana del Piemonte per riprendersi da un grave esaurimento nervoso. Qui conosce Manfred, il suo padrone di casa, un uomo introverso in rotta con la moglie che fa la guida alpina ed è animato da una livorosa misoginia. Tra i due sulle prime diffidenti l'uno verso l'altro, si instaura un forte legame emotivo percorso da una sotterranea attrazione fisica e rinsaldato dagli eventi drammatici che li vedono protagonisti.
La Comencini adatta per l'occasione un suo romanzo di discreto successo per condurci negli oscuri meandri di una sensibilità femminile esasperata e dolente, incapace di elaborare con equilibrio e razionalità un sentimento ambivalente di odio-amore per la sua piccola creatura e nel conciliare il suo difficile status di madre e nutrice con quello piu' natuale di donna e amante, in un gioco di rimandi e di ricorsi in cui la sua storia personale si intreccia con quella complementare e antitetica del protagonista maschile, uomo indurito da un infanzia segnata dall'abbandono materno. Quello che tuttavia può funzionare tra le pagine di un libro non sempre trova una credibile e adeguata rappresentazione in una dimensione artistica complessa come quella cinematografica, dove i livelli di lettura e cifratura psicologica e semantica non trovano una adeguata misura in una messa in scena dove ogni riferimento simbolico rischia di scadere nel ridicolo di una 'banalizzazione degli eventi', nella forzatura di un richiamo a sentimenti ed esperienze personali che si vorrebbero radicate sul terreno comune di una reciproca comprensibilità e che invece appaiono quali improbabili espedienti per un pretestuoso melodramma di algida lontananza. L'opera della Comencini (figlia d'arte di buon mestiere ma troppo spesso sopravvalutata) oscilla continuamente tra l'involuzione di un linguaggio che ambisce a sondare i lati oscuri dell'animo umano e la banalità di soluzioni narrative che condensano in stucchevoli ralenti ed evidenti passaggi a vuoto l'evoluzione di personaggi che rimangono figure bidimensionali sullo sfondo di un paesaggio da cartolina. Sommamente inadeguati anche i due attori principali (impegnati in una duplice eleborazione del lutto) ove alla irritante prestanza da burbero tenebroso di un balbettante Timi (omaccione grande e grosso che troppo spesso si presta al ruolo improbabile di fragile e autoritaria figura maschile) si alterna la civettuola interpretazione della graziosa Caludia Pandolfi meglio a suo agio nei ruoli leggeri e brillanti delle commedie di costume che in quello più serioso e impegnato di una madre border line. Il film sembra stiracchiarsi nel finale oltre la misura consentita per assecondare un finale consolatorio sugellato da una 'censurabile' scena di sesso patinato. Stucchevole.
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rita branca
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venerdì 19 luglio 2013
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una verità troppo scomoda
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Quando la notte (2011) film diretto da Cristina Comencini e ispirato al suo romanzo, con Claudia Pandolfi e Filippo Timi.
Intenso, realistico, sincero e coraggioso film sulla drammatica difficoltà dell’esser madri, sulla distanza abnorme fra il viverlo nella dura quotidianità e l’esserlo nelle descrizioni letterarie. Il tema è quello di una giovane madre, Marina, con un bambino di circa 18 mesi che si reca in montagna, in una casa isolata per fargli cambiare aria. Il bambino è come molti, vivace e piagnucoloso, soprattutto di notte, per cui sfibra la sua pur amorevole madre.
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Quando la notte (2011) film diretto da Cristina Comencini e ispirato al suo romanzo, con Claudia Pandolfi e Filippo Timi.
Intenso, realistico, sincero e coraggioso film sulla drammatica difficoltà dell’esser madri, sulla distanza abnorme fra il viverlo nella dura quotidianità e l’esserlo nelle descrizioni letterarie. Il tema è quello di una giovane madre, Marina, con un bambino di circa 18 mesi che si reca in montagna, in una casa isolata per fargli cambiare aria. Il bambino è come molti, vivace e piagnucoloso, soprattutto di notte, per cui sfibra la sua pur amorevole madre.
Il padrone di casa, Manfred, assente tutto il giorno per il suo lavoro, schivo e burbero, ne subisce i pianti notturni senza protestare, avendo egli stesso vissuto un’infanzia felice ma interrotta dall’abbandono materno: caso analogo di madre che non ce l’ha fatta a sostenere il suo gravoso ruolo fino in fondo. E’ lui, che abbattendo la porta, sentiti prima i pianti disperati e ossessivi del bambino, la voce esausta e furiosa della donna, un tonfo e poi un preoccupante totale silenzio, una notte interviene in tempo per salvare il piccolo dalla furia materna diventata inarginabile. E’ chiaro che la donna gli ricorda sua madre e quindi prova per lei sentimenti conflittuali. Marina gli restituisce il favore chiamando i soccorsi, quando dopo una furibonda discussione con uno dei fratelli, lui si incammina di notte per la montagna, cade e rimane gravemente ferito. Si amano e si rivedono dopo 15 anni.
Il tema della maternità e del necessario sostegno che la donna dovrebbe avere dal partner è sottolineato ancora una volta dal racconto della cognata di Manfred, che invece descrive e rappresenta un esempio di maternità appagante, grazie alla condivisione psicologica col marito del peso genitoriale nella primissima infanzia.
Bravissimi i protagonisti
Film indicibilmente bello dalla prima all’ultima sequenza: un must per i giovani che si preparano a metter su famiglia.
Rita Branca
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gabriella
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domenica 7 settembre 2014
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notte fonda
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Quando la notte sopraggiunge improvvisa come ospite indesiderato e non si ha la forza necessaria di cacciarla via, bisognerebbe avere a fianco qualcuno in grado di sostenere , di aiutare, fosse anche solo un appoggio, un supporto psicologico , sarebbe meno duro affrontare le difficoltà che un nuovo stato, quale la maternità comporta inevitabilmente. Sembra innato e naturale nella donna essere madre, come se solo pensare di essere inadeguati al ruolo appare blasmeno. Il tema di maternità difficile sarebbe stato interessante se fosse stato approfondito come prometteva l'incipt del film, invece dopo mezzora viene mollato a favore di altre tematiche.Marina è una giovane mamma in vacanza con il figlioletto di quasi due anni in un paesino alle pendici del Monte Rosa.
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Quando la notte sopraggiunge improvvisa come ospite indesiderato e non si ha la forza necessaria di cacciarla via, bisognerebbe avere a fianco qualcuno in grado di sostenere , di aiutare, fosse anche solo un appoggio, un supporto psicologico , sarebbe meno duro affrontare le difficoltà che un nuovo stato, quale la maternità comporta inevitabilmente. Sembra innato e naturale nella donna essere madre, come se solo pensare di essere inadeguati al ruolo appare blasmeno. Il tema di maternità difficile sarebbe stato interessante se fosse stato approfondito come prometteva l'incipt del film, invece dopo mezzora viene mollato a favore di altre tematiche.Marina è una giovane mamma in vacanza con il figlioletto di quasi due anni in un paesino alle pendici del Monte Rosa. Trova alloggio in uno chalet, il piano di sotto è occupato da Manfred, scontrosa guida alpina con alle spalle una relazione tormentata e la scelta della compagna di andarsene con i figli. Il piccolo di Marina dorme poco o niente , dove il pianto diventa fastidiosa colonna sonora notturna. Una notte il bambino, lasciato a giocare da solo senza il controllo dell'esasperata madre, si ferisce cadendo a terra, viene soccorso da Manfred e portato in ospedale dove se la cava fortunatamente con qualche punto di sutura. Tra Manfred e Marina si stabilisce un rapporto ambiguo, dapprima indagatorio da parte dell'uomo che la vorrebbe mettere alle strette e conoscere la dinamica dell'incidente, far ammettere alla donna di essere una cattiva madre, ma è anche attratto da lei, ricambiato. E' qui che il film si ferma e snocciola una serie di ingenuità e di apostrofi rosa che ne inquinano la visione, rendono opaca la storia che finisce avvitata su sé stessa. Il ritorno in montagna a distanza di quindici anni di Marina, l'incrocio delle due funivie, la scena di sesso che sembra un servizio per il calendario Pirelli diventa insostenibile, così i due interpreti che si arrampicano non senza difficoltà in un ruolo che convince sempre meno , privi di appigli di ancoraggio, finiscono per precipitare. Rimane solamente la sensazione di un qualcosa di inconcluso, lasciato a metà. Peccato, perchè nonostante l'impianto fin troppo televisivo avrebbe potuto raccontare in maniera più approfondita, il lato oscuro della maternità.
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ralphscott
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mercoledì 3 settembre 2014
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non ci siamo
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Film debolino. Il materiale narrativo é interessante,ma lo sviluppo langue su ritmi lenti. Il dramma della donna risulta greve poiché reso tale da pianti continui ed irritanti del suo figliolo,senza che la figura materna venga approfondita. L'allestimento é davvero minimal e si respira aria più di fiction che di cinema. La natura rimane sottotono,mancano inquadrature che la rendano protagonista.
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maria
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mercoledì 2 novembre 2011
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bello a metà
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Certo un bel film , che coinvolge e fa pensare.Ma avendo sempre apprezzato la Comencini, pensavo che avrebbe fatto un salto di qualità verso il grande cinema, visto il tema e visto che non le mancavano certo nè le capacità nè i mezzi. La prima parte mi è piaciuta molto ma, a partire dalle scene al rifugio in poi, trovo che la storia e i personaggi perdano spessore; il senso di tensione presente nelle scene silenziose riempite solo dal pianto del bambino, dall'espressione quasi terrorizzata della mamma e dalla presenza vigile e un po' tenebrosa di Manfred, si perde dopo il climax drammatico, in quella che con troppa evidenza vuole essere una specie di spiegazione che in realtà non c'è, perchè il personaggio femminile non viene mai veramente svelato nella sua storia e nel suo dolore.
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Certo un bel film , che coinvolge e fa pensare.Ma avendo sempre apprezzato la Comencini, pensavo che avrebbe fatto un salto di qualità verso il grande cinema, visto il tema e visto che non le mancavano certo nè le capacità nè i mezzi. La prima parte mi è piaciuta molto ma, a partire dalle scene al rifugio in poi, trovo che la storia e i personaggi perdano spessore; il senso di tensione presente nelle scene silenziose riempite solo dal pianto del bambino, dall'espressione quasi terrorizzata della mamma e dalla presenza vigile e un po' tenebrosa di Manfred, si perde dopo il climax drammatico, in quella che con troppa evidenza vuole essere una specie di spiegazione che in realtà non c'è, perchè il personaggio femminile non viene mai veramente svelato nella sua storia e nel suo dolore.Quando la sua rabbia repressa e la sua solitudine dovrebbero venir fuori in modo drammatico, la storia scivola verso la banalità e il rapporto tra i due protagonisti si perde in uno schema più o meno noto. Il ritorno dopo quindici anni, con la storia della maternità salvata, anzi rafforzata, sa molto di espediente consolatorio. Molto più forte e credibile il personaggio maschile, eterno bambino abbandonato che mal si adegua al suo ruolo di adulto infelice. E' comunque un grande merito della regista aver affrontato con coraggio e sensibilità un tema delicato e molto più realistico di quanto si voglia credere; così come aver saputo usare come pochi altri, almeno tra i registi italiani di oggi, una splendida fotografia in funzione narrativa. Attori bravi ma non abbastanza nella parte, specie Claudia Pandolfi.Forse, come ha scritto qualche critico, sentivano di star andando verso il precipizio dell'inconcludenza.
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[+] troppa tensione sarebbe stata irrispettosa
(di miticazoe)
[ - ] troppa tensione sarebbe stata irrispettosa
[+] a volte l'anima ha solo bisogno di cenni
(di miticazoe)
[ - ] a volte l'anima ha solo bisogno di cenni
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(di oi22814)
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il conformista
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sabato 10 marzo 2012
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dove vuole andare a parare?
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All'inizio il film si riesce a seguire. Poi avviene la scena in cui la madre da una mazzata al figlio e interviene il montanaro. DA qui il crollo progressivo. Un'amica lo definisce, a ragione, "la mancanza di coraggio della Comencini". Il bambino non muore e viene salvato dal montanaro. Il tema del rapporto madre-figlio viene abbandonato per proseguire con la ridicola storia tra il montanaro e la Pandolfi. Tra gli ultimi stralci sull'argomento materno abbiamo una scena disgustosa di Thomas Trabacchi che succhia la tetta da latte di Michela Cescon e alcuni dialoghi vetero femministi circa la maternità tra lei e la Pandolfi. Amen. La Pandolfi aspetta 15 anni e un altro figlio per ritornare in montagna a farsi una scopata con Timi.
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All'inizio il film si riesce a seguire. Poi avviene la scena in cui la madre da una mazzata al figlio e interviene il montanaro. DA qui il crollo progressivo. Un'amica lo definisce, a ragione, "la mancanza di coraggio della Comencini". Il bambino non muore e viene salvato dal montanaro. Il tema del rapporto madre-figlio viene abbandonato per proseguire con la ridicola storia tra il montanaro e la Pandolfi. Tra gli ultimi stralci sull'argomento materno abbiamo una scena disgustosa di Thomas Trabacchi che succhia la tetta da latte di Michela Cescon e alcuni dialoghi vetero femministi circa la maternità tra lei e la Pandolfi. Amen. La Pandolfi aspetta 15 anni e un altro figlio per ritornare in montagna a farsi una scopata con Timi. (Gnam gnam!!) Solo ora ci rendiamo conto del passaggio di tempo. Non c'eravamo accorti di alcuni dettagli. All'inizio la Pandolfi arriva con una orrenda valigia di quella da socialismo reale: tutte di plastica rigida azzurra e acciaio, mente quando ritorna ha un trolley. Canticchia "Fotoromanza" della Nannini e parla con cordless antico. Sono questi i dettagli importanti che ci dovrebbero riportare indietro nel tempo? Al 1984? A che anno? Boh, non si capisce. Il film è di una miseria visiva incredibile. Neanche la bellezza della montagna viene valorizzata. Non riesce il nostro operatore a fotografarla decentemente. E' sempre tagliata in due e non si vede mai un vetta, tanto meno il cielo. La scopata è fotografata in maniera gelida, tutt'altro che gioiosa, e loro completamente nudi. Ma c'e n'era bisogno? Gli buttavi un lenzuolo, si capiva lo stesso, no? E' tutto tetro. Le case dei protagonisti e il rifugio sono di uno squallore raro. Ne' una tenda alle finestre, nè un tappeto. Tristissimo. La differenza tra il rifugio prima e dopo è che prima i tavoli sono di plastica con tovagliette di carta, poi ci sono le tovaglie. E poi gli attori: brutti e televisivamente piatti. Il torvo troglodita Timi, la orrenda Cescon con meschèes di ricrescita di due mesi, i baffoni anni 70 di Denis Fasolo, l'anoressica Pandolfi. Ma soprattutto che ci faceva in montagna per così tanto tempo senza il marito?
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[+] mah
(di andreadox)
[ - ] mah
[+] conformista,
(di marezia)
[ - ] conformista,
[+] triste conformista
(di bum dem all)
[ - ] triste conformista
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