La prima cosa bella |
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Un film di Paolo Virzì.
Con Valerio Mastandrea, Micaela Ramazzotti, Stefania Sandrelli, Claudia Pandolfi, Marco Messeri.
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Commedia,
durata 116 min.
- Italia 2010.
- Medusa
uscita venerdì 15 gennaio 2010.
MYMONETRO
La prima cosa bella ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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116 minuti d'apnea
di puggioFeedback: |
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domenica 7 febbraio 2010 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
All'arrivo dei titoli di coda ho capito che era finito. Non solo il film. Ma quell'ansia di sapere: ce la farò o non ce la farò a sopravvivere? Invece il colpo di grazia sono le foto da spiaggia con una giovane Sandrelli che piglia il posto della Ramazzotti. A dire che, macché film, il tempo passa veramente. La visione di un film così intenso dovrebbe essere preparata da un training autogeno. Chiedere consigli a Maiorca: "come ti preparavi prima del record dei meno 101? Invece no. La festa al mare e l'elezione di miss spiaggia. E io rivedo mia madre e me bambino. E riprendo le funzioni vitali dopo 20 minuti buoni dall'uscita dal cinema, merito di questa pioggerella e del gelo alpino che quest'anno attanaglia anche Bologna. Chissà se questo rimando personalistico che non ho evitato, è comune a chi mi siede accanto al cine. Quanto di quello che si trova ne "la prima cosa bella" sa toglierti il fiato. Forse è un po' troppo. Per me lo è stato. Non è questione di sentimentalismo, di facile lavorazione ai fianchi dello spettatore. Macché: il film è molto ma molto onesto. E, per il tema affrontato, questo varrebbe già un David, un Oscar o un Nobel per la pace. Per essere capolavoro al film non mancherebbe niente. Però questa costrizione, questa impossibilità a respirare autonomamente, a farmi sentire nell'impossibilità di avere aspettative diverse da quelle della trama che si snoda essenzialmente prevedibile (naturalmente, ci mancherebbe altro...) Questo mi fa pensare che per essere capolavoro manca un respiro. Manca la capacità di aspettare lo spettatore, anziché aggredirlo. E c'è il limite del cinema di Virzì (quello che per me è un limite, ma capisco che ad altri potrebbe parere il contrario) che alla fine i conti tornano sempre, in un riduzionismo in cui ogni azione si può essere ricondotta ad un conseguenza. Senza il fascino dell'imprevedibile che, nel cinema, si traduce anche nella partecipazione di chi fruisce allo sviluppo della storia.
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