laura84
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lunedì 1 febbraio 2010
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la fiera della banalità
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Sembrava incredibile ma Gabriele Muccino è riuscito a fare quasi peggio di suo fratello Silvio in Parlami d'amore. Baciami ancora è il tentativo imbarazzante di proseguire un film che non meritava forse nemmeno un continuo. Ma, sebbene nell'Ultimo bacio apprezzavamo il tentativo di un regista ancora esordiente che toccava con margini di originalità le umane schizofrenie, il seguito è una vera e propria fiera della banalità. Non se ne riesce a capire nemmeno l'intento, se tragico o comico; commedia o drammatico? I personaggi appaiono caricature grottesche delle quali non si sa se piangere o ridere. La sceneggiatura è scontata e approssimata con dialoghi che appaiono estrapolati da un libro del semprecaro Federico Moccia se non addirittura da un diario adolescenziale.
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Sembrava incredibile ma Gabriele Muccino è riuscito a fare quasi peggio di suo fratello Silvio in Parlami d'amore. Baciami ancora è il tentativo imbarazzante di proseguire un film che non meritava forse nemmeno un continuo. Ma, sebbene nell'Ultimo bacio apprezzavamo il tentativo di un regista ancora esordiente che toccava con margini di originalità le umane schizofrenie, il seguito è una vera e propria fiera della banalità. Non se ne riesce a capire nemmeno l'intento, se tragico o comico; commedia o drammatico? I personaggi appaiono caricature grottesche delle quali non si sa se piangere o ridere. La sceneggiatura è scontata e approssimata con dialoghi che appaiono estrapolati da un libro del semprecaro Federico Moccia se non addirittura da un diario adolescenziale. Un film che manca di autonomia: se non hai visto il primo non capisci il secondo e anche se hai visto il primo hai necessità di una ripassata. La trama è prevedibile fino all'inverosimile con uno sbattimento continuo di porte, di uscite ed entrate esagitate, di palpitazioni inutili. Quale la differenza umana tra il trentenne e il quarantenne? Nessuna. Stessi drammi, stesse scelte, stesse parole. I quarantenni di Muccino sono più insulsi dei trentenni di Muccino. La stessa regia è degna di uno spot pubblicitario dei cereali: campi di grano, pioggia e capelli bagnati, piazze vuote anche di significato e che dire della scena del Pasotti (padre mancato), al quale consigliamo un sano corso di dizione, che porta un enorme Cristo in croce sulle spalle! Imperdonabile davvero! Eppure gli attori singolarmente fanno ciò che possono. Interessante la Puccini nelle scene più drammatiche, sebbene troppo lacrimosa. Incomprensibile un Favino marito padrone che fa davvero ridere e non denuncia niente di serio. Piattissimo Accorsi e non comunicativo Santamaria. Apprezzabile la Impacciatore ma, anche li, la regia ammazza il suo personaggio nelle scene peggiori dove lei dovrebbe apparire come una vedova straziata dal dolore che si accascia sulla bara dell'amore suicida.
Gli ultimi dieci minuti del film sono il colpo finale, pancioni, sorrisi materni e parti dal vivo in formato videotape. Non si capisce come attori comunque apprezzati e apprezzabili si siano prestati a un film del genere. Si capisce perchè la Mezzogiorno non l'abbia fatto. Non si capisce come Muccino senior possa essere osannato come il regista italiano di fama internazionale. Davvero due ore e venti terribili in cui chi guarda scuote la testa incredulo. Torni in America, il Muccino senior, perchè con Will Smith ce lo facevamo piacere di più o cambi mestiere.
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(di 85andromeda)
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joe nca
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lunedì 1 febbraio 2010
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era meglio se quel bacio fosse stato l'ultimo!
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Prendete una decina di bistecche di media dimensione e mettetele contemporaneamente su una griglia adatta a contenerne solo meno della metà. Succederà che nessuna delle bistecche si cocerà a dovere. Metaforicamente parlando, questo è quello che è successo a Gabriele Muccino col suo ultimo “Baciami ancora”.
Quaranta anni tra un mese, Carlo (Stefano Accorsi) vive adesso con una venticinquenne dalla nevrosi facile e rimpiange quegli ultimi baci scambiati con la sua ex moglie Giulia (una Puccini dalle narici sempre aperte e dagli occhi perennemente arrossati, quasi un’allergica in odor di shock anafilattico), che, invece, convive con un attore squattrinato, ma asetticamente bello, che ha le sembianze di Adriano Giannini.
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Prendete una decina di bistecche di media dimensione e mettetele contemporaneamente su una griglia adatta a contenerne solo meno della metà. Succederà che nessuna delle bistecche si cocerà a dovere. Metaforicamente parlando, questo è quello che è successo a Gabriele Muccino col suo ultimo “Baciami ancora”.
Quaranta anni tra un mese, Carlo (Stefano Accorsi) vive adesso con una venticinquenne dalla nevrosi facile e rimpiange quegli ultimi baci scambiati con la sua ex moglie Giulia (una Puccini dalle narici sempre aperte e dagli occhi perennemente arrossati, quasi un’allergica in odor di shock anafilattico), che, invece, convive con un attore squattrinato, ma asetticamente bello, che ha le sembianze di Adriano Giannini. Attorno a loro, come cellule impazzite, si muovono gli altri personaggi col loro carico di drammi esistenziali e rimpasti sentimentali: Livia (Sabrina Impacciatore) ha sostituito l’instabile Adriano (Giorgio Pasotti, partito alla fine del primo episodio e qui reduce di due anni di carcere per spaccio) con l’inquieto Paolo (Santamaria) che, tra una crisi depressiva e l’altra, passa le giornate a stordirsi di psicofarmaci, alla faccia del pragmatismo delle donne; Adriano, dal canto suo, eredita il lavoro di madonnaro da Paolo, mentre un nuovo amore si delinea all’orizzonte grazie all’incontro con Adele (Valeria Bruni Tedeschi dagli occhi lucidi e l’aria stanca: sarà la stessa allergia della Puccini?); Marco (Favino), uomo d’altri tempi ma dalla dubbia fertilità, non riesce ad avere un figlio dalla smilza compagna Veronica (Daniela Piazza) che, in preda alla follia da mancata gravidanza, scappa tra le braccia di un pianista bohemien dallo spermatozoo facile; Alberto (Marco Cocci) continua a perseguire il sogno di una grande fuga dall’asfissiante civiltà moderna, ma nessuno lo ascolta, nemmeno il regista che sembra essersi dimenticato di lui durante la lavorazione del film. E poi ci sono i figli, Sveva e Matteo, che parlano come Obama al congresso dei democratici, vittime sacrificali di una sceneggiatura impazzita. C’è da spararsi (e qualcuno lo fa) se non fosse che la recitazione degli attori (in primis Favino) rende il plot più sopportabile e ci permette di arrivare fino in fondo, anche se spesso ridondante ed eccessivamente caricaturale. Ma il meccanismo arranca, si inceppa, riprende a stento per poi reincepparsi. Quella perfetta costruzione drammaturgica, che aveva reso “L’ultimo bacio” un piccolo gioiello del nostro cinema, qui viene a mancare del tutto, e ciò lo si intuisce sin dall’apertura del film, quando il suono dell’accordatura strumentale, che nel primo episodio dava vita al complesso concerto melodrammatico che ne seguiva, qui si innesta in un montaggio veloce che in pochi minuti ci racconta dei dieci anni passati fuori scena da Carlo e Giulia, senza creare nello spettatore un minimo di coinvolgimento o attrattiva per la storia che si sta per raccontare. Manca persino quel sentimento di provocatoria polemica che il primo episodio aveva saputo regalare, spaccando critica e pubblico ma facendo molto parlare di sé anche fuori dall’Italia (al Sundance Film Festival, dove vinse il premio de pubblico), perché qui non c’è polemica, non c’è rabbia, non c’è niente, se non la voglia che tutto finisca quanto prima. Peccato, perché di materiale ce n’era per tirar fuori qualcosa di buono, ma la carne era troppa e la griglia era piccola. Mediocre.
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nelson corallo
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martedì 14 febbraio 2012
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stato d'animo dilaniato.
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"Baciami ancora" è un film dai colori intensi. Partendo dalla fotografia, eccellente, di cui forse in pochi si sono accorti. Perché quando si guarda un film di Muccino ci si impegna, con rabbia, nella sola analisi della storia piuttosto che nell'osservazione della tecnica registica. Io stesso, da sempre detrattore di Muccino, ho sempre fatto così. Poi succede che nella vita cambiano le prospettive e il proprio punto di vista si amplifica e svela cose fino a prima tralasciate. Mi sono accorto che questo film è potente tanto quanto è esasperata la sensibilità del regista nel raccontare la storia di tutti i personaggi, ognuno dei quali rappresenta un momento della vita di tutti noi. L'insieme degli attori incarna pulsioni frammentate che, una volta rimesse assieme, compongono l'interezza dell'animo umano.
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"Baciami ancora" è un film dai colori intensi. Partendo dalla fotografia, eccellente, di cui forse in pochi si sono accorti. Perché quando si guarda un film di Muccino ci si impegna, con rabbia, nella sola analisi della storia piuttosto che nell'osservazione della tecnica registica. Io stesso, da sempre detrattore di Muccino, ho sempre fatto così. Poi succede che nella vita cambiano le prospettive e il proprio punto di vista si amplifica e svela cose fino a prima tralasciate. Mi sono accorto che questo film è potente tanto quanto è esasperata la sensibilità del regista nel raccontare la storia di tutti i personaggi, ognuno dei quali rappresenta un momento della vita di tutti noi. L'insieme degli attori incarna pulsioni frammentate che, una volta rimesse assieme, compongono l'interezza dell'animo umano. "Baciami ancora" nei movimenti di macchina da presa, nel montaggio, in ogni inquadratura, esprime il dolore di un cuore lacerato in preda al dubbio. Nel momento in cui lo spettatore resta spettatore, anziché critico, può rendersi conto di quanto di se stesso stia passando sullo schermo, di quanta vita altrui si sia impossessata la pellicola. Nel cinema di Muccino viene rappresentata tutta l'angoscia possibile, tutta la nevrosi sentimentale immaginabile, tutto il peggio delle nostre relazioni interpersonali. E questo rende difficile, a colui che osserva, un'identificazione alla storia, poiché ammetterlo gli genera sgomento. Muccino in questo film scrive e dirige il dramma di uomini e donne estremamente reali, poiché sono tutti deboli e impauriti, senza alcuna aspirazione titanica tranne quella di riuscire ad accettarsi, privi di genialità, cittadini di una Roma snob, costantemente insoddisfatti. In "Baciami ancora" questi ex giovani affrontano non solo il quotidiano senso dell'orrore nello scoprire di non essere padroni di nulla ma anche il peso del fallimento di quanto credevano, fino a pochi istanti prima, essere una sicurezza. In questo film tutte le storie (passate e future) dei protagonisti tornano per dare il colpo di grazia: o dentro o fuori. Esiste per ognuno un finale differente, un'ispirazione, un senso nuovo delle cose. Questo non significa che lo spettatore, al termine, ne risulti a sua volta illuminato. Niente affatto. In "Baciami ancora" le vite degli altri - che inscenano dilemmi sentimentali universali - restano però ben estranee alle nostre vite. Ed è proprio questo l'ultimo confine che rende paradossalmente quelle storie più simili alla realtà: i personaggi, le loro paure, i loro destini, non vogliono costituire un esempio per gli altri, vogliono solo trovare pace, come un cuore esasperato. Così Muccino scardina il quotidiano, a schiaffi, e il film diventa una possibilità per espellere dolore. Ed è per questo motivo che "Baciami ancora" deve essere visto con l'animo dilaniato, predisposto a soffrire, come nel momento in cui Santamaria "gioca" con una pistola a tamburo oppure quando Accorsi pensa di aver trovato pace nel non dover per forza amare, o quando Favino trascina l'amante della moglie giù da un cavallo o ancora quando Pasotti, uomo a pezzi, affronta il proprio figlio abbandonato dieci anni prima.
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nelson corallo
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martedì 14 febbraio 2012
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stato d'animo dilaniato.
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"Baciami ancora" è un film dai colori intensi. Partendo dalla fotografia, eccellente, di cui forse in pochi si sono accorti. Perché quando si guarda un film di Muccino ci si impegna, con rabbia, nella sola analisi della storia piuttosto che nell'osservazione della tecnica registica. Io stesso, da sempre detrattore di Muccino, ho sempre fatto così. Poi succede che nella vita cambiano le prospettive e il proprio punto di vista si amplifica e svela cose fino a prima tralasciate. Mi sono accorto che questo film è potente tanto quanto è esasperata la sensibilità del regista nel raccontare la storia di tutti i personaggi, ognuno dei quali rappresenta un momento della vita di tutti noi. L'insieme degli attori incarna pulsioni frammentate che, una volta rimesse assieme, compongono l'interezza dell'animo umano.
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"Baciami ancora" è un film dai colori intensi. Partendo dalla fotografia, eccellente, di cui forse in pochi si sono accorti. Perché quando si guarda un film di Muccino ci si impegna, con rabbia, nella sola analisi della storia piuttosto che nell'osservazione della tecnica registica. Io stesso, da sempre detrattore di Muccino, ho sempre fatto così. Poi succede che nella vita cambiano le prospettive e il proprio punto di vista si amplifica e svela cose fino a prima tralasciate. Mi sono accorto che questo film è potente tanto quanto è esasperata la sensibilità del regista nel raccontare la storia di tutti i personaggi, ognuno dei quali rappresenta un momento della vita di tutti noi. L'insieme degli attori incarna pulsioni frammentate che, una volta rimesse assieme, compongono l'interezza dell'animo umano. "Baciami ancora" nei movimenti di macchina da presa, nel montaggio, in ogni inquadratura, esprime il dolore di un cuore lacerato in preda al dubbio. Nel momento in cui lo spettatore resta spettatore, anziché critico, può rendersi conto di quanto di se stesso stia passando sullo schermo, di quanta vita altrui si sia impossessata la pellicola. Nel cinema di Muccino viene rappresentata tutta l'angoscia possibile, tutta la nevrosi sentimentale immaginabile, tutto il peggio delle nostre relazioni interpersonali. E questo rende difficile, a colui che osserva, un'identificazione alla storia, poiché ammetterlo gli genera sgomento. Muccino in questo film scrive e dirige il dramma di uomini e donne estremamente reali, poiché sono tutti deboli e impauriti, senza alcuna aspirazione titanica tranne quella di riuscire ad accettarsi, privi di genialità, cittadini di una Roma snob, costantemente insoddisfatti. In "Baciami ancora" questi ex giovani affrontano non solo il quotidiano senso dell'orrore nello scoprire di non essere padroni di nulla ma anche il peso del fallimento di quanto credevano, fino a pochi istanti prima, essere una sicurezza. In questo film tutte le storie (passate e future) dei protagonisti tornano per dare il colpo di grazia: o dentro o fuori. Esiste per ognuno un finale differente, un'ispirazione, un senso nuovo delle cose. Questo non significa che lo spettatore, al termine, ne risulti a sua volta illuminato. Niente affatto. In "Baciami ancora" le vite degli altri - che inscenano dilemmi sentimentali universali - restano però ben estranee alle nostre vite. Ed è proprio questo l'ultimo confine che rende paradossalmente quelle storie più simili alla realtà: i personaggi, le loro paure, i loro destini, non vogliono costituire un esempio per gli altri, vogliono solo trovare pace, come un cuore esasperato. Così Muccino scardina il quotidiano, a schiaffi, e il film diventa una possibilità per espellere dolore. Ed è per questo motivo che "Baciami ancora" deve essere visto con l'animo dilaniato, predisposto a soffrire, come nel momento in cui Santamaria "gioca" con una pistola a tamburo oppure quando Accorsi pensa di aver trovato pace nel non dover per forza amare, o quando Favino trascina l'amante della moglie giù da un cavallo o ancora quando Pasotti, uomo a pezzi, affronta il proprio figlio abbandonato dieci anni prima.
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silviab72
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lunedì 12 settembre 2011
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scusate il ritardo...
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Se il valore artistico di un'opera si valuta in base a quanto questa rappresenti la sua epoca il voto al film di Muccino è 10.
E' un dato di fatto che i quarantenni di oggi sono uguali ai trentenni di 10 anni fa ed è un dato di fatto che si presentino come ridicoli Peter Pan, senza la voglia di crescere.
Il regista non ha voluto dare messaggi, non ha criticato, non ha osannato: ha semplicemente fatto una fotografia, per me ben riuscita, dei rapporti interpersonali uomo-donna della nostra epoca. Ha fermato in un'istantanea illogicità, ipocrisie, illusioni, fragilità, voli pindarici, contraddizioni di un'intera generazione, la crisi personale individuale che si riflette nella crisi di coppia e della famiglia.
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Se il valore artistico di un'opera si valuta in base a quanto questa rappresenti la sua epoca il voto al film di Muccino è 10.
E' un dato di fatto che i quarantenni di oggi sono uguali ai trentenni di 10 anni fa ed è un dato di fatto che si presentino come ridicoli Peter Pan, senza la voglia di crescere.
Il regista non ha voluto dare messaggi, non ha criticato, non ha osannato: ha semplicemente fatto una fotografia, per me ben riuscita, dei rapporti interpersonali uomo-donna della nostra epoca. Ha fermato in un'istantanea illogicità, ipocrisie, illusioni, fragilità, voli pindarici, contraddizioni di un'intera generazione, la crisi personale individuale che si riflette nella crisi di coppia e della famiglia. Non ne ricerca la causa, non ne discute, espone e basta in una sorta di realismo verghiano o comunque di un ritrovato "neorealismo" che trova nella crisi idealistica e morale la propria denuncia, senza pretese.
Otto storie, storie banali, perchè storie comuni, perchè presenti intorno a noi e tra di noi ogni giorno, dipingono un quadro completo e tragicomico della nostra società.
Tra gli attori spiccano la Puccini e Favino.
Discutibili a livello registico alcune scene, come quella del crocefisso o dei parti finali..
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siper
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mercoledì 22 dicembre 2010
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a quarant'anni il fine giustifica i mezzi
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A 10 anni dal grande successo de “L’ultimo bacio”, Gabriele Muccino mette su pellicola il sequel: “Baciami ancora”. Questa è la storia del gruppo di amici del primo fortunato film di Muccino, Carlo (Stefano Accorsi) ancora innamorato dell’ex moglie Giulia (Vittoria Puccini), Marco (Pierfrancesco Favino) in crisi con la moglie Veronica (Daniela Piazza) a causa della mancanza di un figlio, Adriano (Giorgio Pasotti) che torna in Italia per rivedere il figlio avuto con Livia (Sabrina Impacciatore) la quale è fidanzata, ora, con lo schizofrenico Paolo (Claudio Santamaria), e Aberto che sogna di lasciare tutto e andare a vivere in Brasile. Queste storie si intrecciano l’una nell’altra fino a creare una rete composta da maglie molto fitte col fil rouge comune di un’amicizia decennale.
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A 10 anni dal grande successo de “L’ultimo bacio”, Gabriele Muccino mette su pellicola il sequel: “Baciami ancora”. Questa è la storia del gruppo di amici del primo fortunato film di Muccino, Carlo (Stefano Accorsi) ancora innamorato dell’ex moglie Giulia (Vittoria Puccini), Marco (Pierfrancesco Favino) in crisi con la moglie Veronica (Daniela Piazza) a causa della mancanza di un figlio, Adriano (Giorgio Pasotti) che torna in Italia per rivedere il figlio avuto con Livia (Sabrina Impacciatore) la quale è fidanzata, ora, con lo schizofrenico Paolo (Claudio Santamaria), e Aberto che sogna di lasciare tutto e andare a vivere in Brasile. Queste storie si intrecciano l’una nell’altra fino a creare una rete composta da maglie molto fitte col fil rouge comune di un’amicizia decennale. Il film di Muccino è più serio del primo e cerca di indagare nel profondo gli stessi personaggi che dieci anni fa ci venivano proposti in modo più frivolo. Volendo sintetizzare l’opera mucciniana in uno slogan sarebbe “Il fine giustifica i mezzi”. Questo perché l’amicizia dei personaggi, le relazioni sentimentali si cementano o “ricementano” in maniera poco ortodossa, basti pensare alla morte di Paolo che aiuta gli ormai quarantenni protagonisti a ritrovarsi e ritrovare l’armonia di un tempo. Il film è più profondo di quanto ci si aspetti, è scorrevole e comprensibile anche senza la visione pregressa dell’”Ultimo bacio”. Forse lo stesso aspetto di considerare le vite di personaggi adulti piuttosto che ventenni da una maturità maggiore al film, anche perché in questi 10 anni anche il regista Muccino ha maturato una grande esperienza lavorando a fianco di grandi del cinema mondiale come Will Smith. Se a questo aggiungiamo la particolare bravura di un cast che racchiude gran parte del meglio degli attori made in Italy, allora sarà presto spiegato il successo di “Baciami ancora”.
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luca scialò
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giovedì 20 gennaio 2011
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sequel coerente de l'ultimo bacio
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Dopo 10 anni i personaggi de L'ultimo bacio incrociano le proprie vite, con i soliti difetti, debolezze, nuovi problemi e vecchi fantasmi.
Carlo e Giulia si sono separati e condividono la figlia Sveva, la quale per forza di cose, tende a riunirli. Marco e la moglie sono alle prese con la difficoltà di non avere figli, tanto che lei lo tradisce con un giovane artista che sembra lontano dal Mondo. Livia ha cresciuto Matteo da sola, mentre Adriano torna dopo non essersi mai fatto vivo e cerca di conquistare l'amore perduto. Alberto ha perseguito nel suo voler restare single e sembra il più soddisfatto della propria vita. Paolo continua con le sue dipendenze e le sue crisi, con un lavoro che odia.
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Dopo 10 anni i personaggi de L'ultimo bacio incrociano le proprie vite, con i soliti difetti, debolezze, nuovi problemi e vecchi fantasmi.
Carlo e Giulia si sono separati e condividono la figlia Sveva, la quale per forza di cose, tende a riunirli. Marco e la moglie sono alle prese con la difficoltà di non avere figli, tanto che lei lo tradisce con un giovane artista che sembra lontano dal Mondo. Livia ha cresciuto Matteo da sola, mentre Adriano torna dopo non essersi mai fatto vivo e cerca di conquistare l'amore perduto. Alberto ha perseguito nel suo voler restare single e sembra il più soddisfatto della propria vita. Paolo continua con le sue dipendenze e le sue crisi, con un lavoro che odia.
Un sequel arrivato dopo un bel pò, e forse anche per questo è riuscito a rimanere coerente col primo film. Chi ha amato L'ultimo bacio non resterà deluso, mentre chi non lo ha apprezzato non troverà interessante neppure questo. Un seguito che non completa il primo, che non dà una pace definitiva ai suoi personaggi. Quasi come se ci dovesse essere un terzo episodio, magari tra dieci anni. I fan esulterebbero, i disinteressati continuerebbero a snobbarlo.
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folignoli
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sabato 31 agosto 2019
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a me è piaciuto molto
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Muccino è specializzato sulle storie d'amore. Possibilmente fitte di tradimenti, ritorni, colpi di scena, figli che nascono e poi ancora separazioni, emozioni che questo grande sentimento che è l'amore ci regala. Tutta la sua cinematografia è finalizzata a raccontare il motore della nostra esistenza: l'amore. Baciami Ancora, essendo il sequel del più famoso Ultimo Bacio, per l'appunto segue le vicende del gruppo di amici, ormai quarantenni e con i loro drammi ormai consumati (o ancora da cosumare) alle spalle. Suicidi, figli illeggittimi, morte dei padri, psicofarmaci, depressione, questo è il corollario che il nostro regista ci spiattella con estrema eleganza.
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Muccino è specializzato sulle storie d'amore. Possibilmente fitte di tradimenti, ritorni, colpi di scena, figli che nascono e poi ancora separazioni, emozioni che questo grande sentimento che è l'amore ci regala. Tutta la sua cinematografia è finalizzata a raccontare il motore della nostra esistenza: l'amore. Baciami Ancora, essendo il sequel del più famoso Ultimo Bacio, per l'appunto segue le vicende del gruppo di amici, ormai quarantenni e con i loro drammi ormai consumati (o ancora da cosumare) alle spalle. Suicidi, figli illeggittimi, morte dei padri, psicofarmaci, depressione, questo è il corollario che il nostro regista ci spiattella con estrema eleganza. Attraverso i movimenti di camera sempre precisi ed al punto giusto, Muccino onestamente compie un capolavoro di grande umanità. Fotografa la vita reale, quella che non fa notizia, quella che scorre sotto, lontana dai palcoscenici di facebook o dai lustrini dei giornali. Racconta la gente vera, una borghesia piccola ed a tratti proletaria che vive di solo amore. Il lavoro serve ad alimentare la gioia di queste continue schermaglie amorose, pianti, disperazioni ed ancora gioie improvvise per un ritorno di fiamma e dall'altra parte, sofferenza per aver perso il proprio partner. Ma sono tutte gioie e dolori effimeri. Passano velocemente come il dolore per la morte di un loro amico. Un pianto, una lama che trafigge il cuore, ma poi ecco che il suicidio del loro caro amico diventa l'occasione per ricordare un fatto del passato e da lì tornare a ridere di nuovo, guardando avanti, guardando al futuro. Tutto si rinnova, tutto scorre, anche il dolore più lancinante per il divorzio dalla moglie o ancora peggio per la morte di un compagno, in una desolante immaturità, propria dei nuovi quarantenni.
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massimiliano morelli
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domenica 7 febbraio 2010
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un puzzle di nevrosi circumnaviganti
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Siamo cresciuti tutti da quell'ultimo bacio. Il racconto cinematografico diventa racconto delle nostre vite, di quello che eravamo allora, di quello che siamo oggi, di quello che temiamo di essere domani. Colpisce, oltre ogni stereotipata prevenzione avversa al mondo Mucciniano. E' opera matura, senza aspirare ad essere capolavoro d'essai, ma con la forza giusta per farsi corposa, mai banale, più densa del capitolo precedente, che pur fece epoca.
Molto riuscito l'intersecarsi delle vite, delle storie, che entrano ed escono compenetrandosi in un gioco molto avvincente, forse mai come questa volta ben riuscito tentativo in salsa Inarritu. Un filo di ragnatele allentate che emoziona, sorretto da quella tessitura di nevrosi circumnaviganti che tiene insieme e catalizza il plot tutto della vicenda.
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Siamo cresciuti tutti da quell'ultimo bacio. Il racconto cinematografico diventa racconto delle nostre vite, di quello che eravamo allora, di quello che siamo oggi, di quello che temiamo di essere domani. Colpisce, oltre ogni stereotipata prevenzione avversa al mondo Mucciniano. E' opera matura, senza aspirare ad essere capolavoro d'essai, ma con la forza giusta per farsi corposa, mai banale, più densa del capitolo precedente, che pur fece epoca.
Molto riuscito l'intersecarsi delle vite, delle storie, che entrano ed escono compenetrandosi in un gioco molto avvincente, forse mai come questa volta ben riuscito tentativo in salsa Inarritu. Un filo di ragnatele allentate che emoziona, sorretto da quella tessitura di nevrosi circumnaviganti che tiene insieme e catalizza il plot tutto della vicenda. La recitazione 'sopra le righe', nevrotica, croce e delizia di molto cinema di Muccino, appare qui funzione e trait d' union di tutto il sapore della storia e delle tante schegge di vetri infranti nelle vite dei protagonisti. Piace il cast, non soltanto un calderone di bravi attori e bei volti, ma un racconto armonico di caratteri e corpi che ben si intrecciano e si toccano con delicatezza. Su tutti superbo Favino, sempre più uno dei più bravi bravi del nostro cinema, e per una volta molto azzeccato Santamaria in ruolo che gli sta addosso come un guanto, con ottimi esiti. Attesa al confronto più impegnativo la Puccini, che portandosi sulle spalle i volti simbolo del capitolo precedente Mezzogiorno-Stella, risponde con una delicata bellezza fisica ed interpretativa che forse è chiave di volta decisiva per il successo narrativo. Molto vera, molto appoggiata a quel gioco di discese ardite e risalite che danno emozione al film, offre forse la prova più convincente della sua giovane carriera.
I film che giocano in bilico tra un sorriso ed una lacrima sono in genere quelli che si chiamano riusciti. E allora Muccino, qui come sceneggiatore prima ancora che regista, può mettere in bacheca un altro successo. Discusso e discutibile quanto si vuole, ma sempre abile nel pennellare quell'epica del quotidiano di cui si nutrono i cuori di spettatori liberi dal giogo di sapori autoriali da cinefestival.
In chiusura, una nota sulle note. L' Ultimo Bacio fu trainato da una canzone omonima e più bella del film stesso. Jovanotti regala adesso a questo film un pezzo che è di una delicatezza vertiginosa. Le note sui titoli di coda da rimanere incollati alle poltrone. Bellissime.
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g. romagna
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lunedì 28 giugno 2010
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baciami ancora
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Cinque vicende di ordinario disordine sentimental-esistenziale sono raccontate da Muccino con tatto ed efficacia lontani da ogni perbenismo, ancorchè la sceneggiatura non brilli proprio per originalità. Largo così al padre di famiglia che abbandona moglie e figlio lattante per seguire loschi traffici, al marito premuroso che si trova tradito dalla moglie frustrata per l'apparente impossibilità di avere un figlio, al manager donnaiolo ancora innamorato della sua ex moglie, al magazziniere che vuole mollare tutto per andare a vivere in Brasile e al ragazzo depresso che non riesce a porre in equilibrio la relazione in cui si trova coinvolto. Il regista si affida ad interpretazioni di buona caratura, e se nessun attore si staglia particolarmente sugli altri è perchè il livello medio è ben equilibrato e capace di creare un'amalgama valida e coinvolgente.
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Cinque vicende di ordinario disordine sentimental-esistenziale sono raccontate da Muccino con tatto ed efficacia lontani da ogni perbenismo, ancorchè la sceneggiatura non brilli proprio per originalità. Largo così al padre di famiglia che abbandona moglie e figlio lattante per seguire loschi traffici, al marito premuroso che si trova tradito dalla moglie frustrata per l'apparente impossibilità di avere un figlio, al manager donnaiolo ancora innamorato della sua ex moglie, al magazziniere che vuole mollare tutto per andare a vivere in Brasile e al ragazzo depresso che non riesce a porre in equilibrio la relazione in cui si trova coinvolto. Il regista si affida ad interpretazioni di buona caratura, e se nessun attore si staglia particolarmente sugli altri è perchè il livello medio è ben equilibrato e capace di creare un'amalgama valida e coinvolgente. L'amore è rappresentato da Muccino in tutta la sua ineluttabilità, nel suo estremo mutare di situazioni e senza indugiare in inutili sentimentalismi o, al contrario, in tragici toni nichilisti. Purtroppo, negli ultimi anni il cinema italiano raramente ha saputo aprire i suoi orizzonti al di là della commedia drammatica di stampo sentimentale, ma a volte gli esiti, pur essendo assolutamente lontanissimi dal far gridare al capolavoro, possono essere gradevoli e degni di nota. Baciami Ancora è uno di questi casi, nonostante le numerose stroncature della critica che ha ricevuto. Francamente, se uno si approccia ad un film del genere nella maniera corretta non dovrebbe restarne deluso, dal momento che all'interno del suo filone trova sicuramente più che degna collocazione. O perlomeno questo è quello che ho percepito io. Massì, tre stelle e mezzo.
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(di g. romagna)
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