I Love Shopping |
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Un film di P.J. Hogan.
Con Isla Fisher, Hugh Dancy, Joan Cusack, John Goodman, John Lithgow.
continua»
Titolo originale Confessions of a Shopaholic.
Commedia,
Ratings: Kids+13,
durata 105 min.
- USA 2009.
- Walt Disney
uscita venerdì 27 febbraio 2009.
MYMONETRO
I Love Shopping
valutazione media:
2,12
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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dipendenza, come nell’alcolismo, dallo shoppingdi ciccio capozziFeedback: 0 |
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lunedì 2 marzo 2009 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
“I LOVE SHOPPING” di P.J.HOGAN; USA,08. Becky non riesce a guardare I prodotti dell’alta moda, senza desiderare sfrenatamente di averli. Ha accumulato debiti per migliaia di dollari. Giornalista, lavora in un giornale di economia, del gruppo che possiede un giornale di fashion, dove ambirebbe entrare. Il film è tratto dai due romanzi di Sophie Kinsella, di grande successo, dallo stesso titolo. Tuttavia è più significativo l’originale del film: “Confession of a Shopaholic”. La parola è l’acronimo di Shopping e Alcoholic: ovvero la dipendenza, come nell’alcolismo, dallo shopping, che diventa prassi compulsiva-ossessiva. E difatti nel film la nostra simpatica, ma leggera (non in senso calviniano) Becky partecipa alle sedute dell’”Anonima Compratori Compulsivi”, che sono delle comunità terapeutiche davvero esistenti che svolgono quest’assistenza psicologica . Anzi, la prima sequenza della sua partecipazione diventa un’apoteosi del rovesciamento delirante collettivo, trasformando la persecuzione dello shopping in un suo inno. Ed è un episodio di pura comicità, in cui il talento e la simpatia contagiosa della protagonista, la scozzese Isla Fisher, emergono irresistibilmente. E non sono pochi i momenti felici del film. Esso risulta sospeso tra l’analisi sociologica del fenomeno e la puntuale illustrazione delle motivazioni individuali, che sono sempre risolte con ampie e autogratificantii digressioni letterarie, ma di pura e fasulla retorica anche se lirizzanti. Ciò avviene sia pur attraverso lo stile generale della commedia, lasciando spazio a geniali invenzioni metaforiche, Ma il fondo di queste è un’introspezione sulle motivazioni della propria ansia individuale; della propria solitudine. Il film (e i libri) mettono sempre in un’almeno temporaneamente appagata contrapposizione il vuoto esistenziale e il suo “riempimento” che gli oggetti fashion realizzerebbero. La sceneggiatura del film gioca con molta intelligenza sui due poli della situazione; ne fa comprendere tutte le valenze, individuali e collettive in alcune trascinati sequenze: come quella dell’assalto ai Saldi delle griffes. Le donne sofisticate che vi partecipano, si trasformano in feroci, agguerrite tigri, per diventare ancora più sofisticate : è un paradosso dell’apparenza, ma che il film gestisce con sapienza narrativa. Come pure di grande effetto sono i momenti in cui la ragazza “parla” con i manichini “vestiti” con i panni dei suoi desideri. E’ lei stessa che schizoidamente dialoga con un’altra parte di sé. Ma l’effetto è ancora più straniante, perché è come se tale configurazione fisica desse corpo reale alle proprie nevrosi: se ci si riflette, è una metafora davvero inquietante .
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