Sette anime

Muccino è, a mio avviso, un onesto artigiano del cinema. Il suo periodo "italiano" recita: "Ecco fatto", commedia briosa ma nulla più, "Come te nessuno mai", "L'ultimo bacio" e "Ricordati di me", ovvero una possibile trilogia generazionale che fotografava con qualche ingenuità ma anche con grande spontaneità 20enni, 30enni e 40enni in crisi. Nessun capolavoro per carità, ma fin qui andava bene. Poi la svolta stelle e strisce. "La ricerca della felicità" sul sogno americano (coi tempi che corrono credo che gli stessi americani abbiano smesso di crederci da un pezzo...); film per certi aspetti ruffiano ma tutto sommato buono. Poi questo "Sette anime". Catastrofe. Muccino non è nè Inarritu nè Eastwood e di ciò nessuno gliene faceva una colpa. Ma volere auto-fregiarsi del titolo di scandagliatore di anime con cotanta presunzione è, da parte sua, un errore madornale. La mia conclusione è che lo sbaglio più grande non sia stato aver fatto questo film molto male, ma piuttosto aver accettato di farlo. Magari Muccino sarebbe stato pronto a confrontarsi con un soggetto così complicato dopo qualche anno o mai, non importa, ma farlo oggi con un curriculum che annovera titoli di diverso genere e soprattutto tutt'altra ambizione, mi duole dirlo ma è sintomo di presunzione. Pollice verso