linus2k
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venerdì 3 luglio 2009
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otto donne... e un bel film
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Una donna che scrive una storia di sole donne... 8 attrice splendide... il teatro che si presta al cinema e fa del bel cinema...
Il confronto tra 2 generazioni di donne... il confronto tra le madri e le figlie... aspirazioni, maternità, morte, solitudine, uomini... ce ne sarebbe per una serie di film... ma ne esce un film denso, intelligente, recitato splendidamente
Bellissimi i parallelismi scanditi anche dai contrasti... la nascita e la morte, i colori e il nero, l'equilibrio instabile e non raggiunto tra aspirazioni di maternità e di carriera... il rapporto con l'uomo... con la solitudine...
"Un giorno esisterà la fanciulla e la donna, il cui nome non significherà più soltanto un contrapposto al maschile, ma qualcosa per sé, qualcosa per cui non si penserà a completamento e confine, ma solo a vita reale: l'umanità femminile.
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Una donna che scrive una storia di sole donne... 8 attrice splendide... il teatro che si presta al cinema e fa del bel cinema...
Il confronto tra 2 generazioni di donne... il confronto tra le madri e le figlie... aspirazioni, maternità, morte, solitudine, uomini... ce ne sarebbe per una serie di film... ma ne esce un film denso, intelligente, recitato splendidamente
Bellissimi i parallelismi scanditi anche dai contrasti... la nascita e la morte, i colori e il nero, l'equilibrio instabile e non raggiunto tra aspirazioni di maternità e di carriera... il rapporto con l'uomo... con la solitudine...
"Un giorno esisterà la fanciulla e la donna, il cui nome non significherà più soltanto un contrapposto al maschile, ma qualcosa per sé, qualcosa per cui non si penserà a completamento e confine, ma solo a vita reale: l'umanità femminile. Questo progresso trasformerà l'esperienza dell'amore, che ora è piena d'amore, la muterà dal fondo, la riplasmerà in una relazione da essere umano a essere umano, non più da maschio a femmina. E questo più umano amore somiglierà a quello che noi faticosamente prepariamo, all'amore che in questo consiste, che due solitudini si custodiscano, delimitino e salutino a vicenda."
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davide
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sabato 7 marzo 2009
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otto splendidi ritratti di donna
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1966, quattro donne ogni giovedì pomeriggio s'incontrano a casa di una di loro per giocare a carte. Ma la partita più avvincente è quella della loro vita che raccontano per sfogarsi. Perfette mamme e madri tradite, amanti abbandonate e frustrate, dolci sognatrici e donne che hanno rinunciato ad una brillante carriera in nome dell'amore e della famiglia.
1996: Quattro donne s'incontrano a causa di un lutto che colpisce una di loro, nessuna ha prole anche se c'è tra loro chi la vorrebbe con tutta se stessa. Ognuna di loro lavora ed è realizzata, ma le frustrazioni non sembrano molto lontane da quelle delle loro madri.
Enzo Monteleone trasferisce la fortunata commedia di Cristina Comencini sul grande schermo e riesce a centrare il segno in pieno! Interpreti tutte affiatatissime e bravissime (su tutte Paola Cortellesi, Isabella Ferrari e Alba Rorwacher).
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1966, quattro donne ogni giovedì pomeriggio s'incontrano a casa di una di loro per giocare a carte. Ma la partita più avvincente è quella della loro vita che raccontano per sfogarsi. Perfette mamme e madri tradite, amanti abbandonate e frustrate, dolci sognatrici e donne che hanno rinunciato ad una brillante carriera in nome dell'amore e della famiglia.
1996: Quattro donne s'incontrano a causa di un lutto che colpisce una di loro, nessuna ha prole anche se c'è tra loro chi la vorrebbe con tutta se stessa. Ognuna di loro lavora ed è realizzata, ma le frustrazioni non sembrano molto lontane da quelle delle loro madri.
Enzo Monteleone trasferisce la fortunata commedia di Cristina Comencini sul grande schermo e riesce a centrare il segno in pieno! Interpreti tutte affiatatissime e bravissime (su tutte Paola Cortellesi, Isabella Ferrari e Alba Rorwacher). Scene e costumi perfetti e in sottofondo la grande voce di Mina. Magari vedessimo al cinema più pellicole italiane con sceneggiature di ferro e interpreti tutti preparatissimi e in parte. Due partite è un piccolo gioiello del cinema italiano. Si sorride, ci si commuove, si pensa molto e si esce dalla sala con la voglia di stringere la propria madre e fare un grandissimo applauso alle otto attrici!
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furio
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sabato 7 marzo 2009
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con qualche licenza di troppo, "due partite" ripor
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Film quasi perfetto. Il primo atto, più sostanzioso in tutto a partire dalle interpreti, è trainato dai dialoghi incalzanti e teatrali ma veri delle quattro amiche. Tuttavia non c'è solo impeccabilità dal punto di vista recitativo: le scenografie e costumi anni 60 sono molto evocativi e con l'aggiunta emblematica della partita a carte mi ricorda la casa di mia nonna, che fino a quando ha potuto ha sempre passato una giornata a settimana con le amiche non tanto per il gusto di giocare, ma per necessità umana di sfogo, di evasione e di confronto. La lunghezza del primo atto rispetto al secondo favorisce un'introspezione nelle psicologie di tutte le quattro amiche ad un livello che quasi quasi infastidisce.
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Film quasi perfetto. Il primo atto, più sostanzioso in tutto a partire dalle interpreti, è trainato dai dialoghi incalzanti e teatrali ma veri delle quattro amiche. Tuttavia non c'è solo impeccabilità dal punto di vista recitativo: le scenografie e costumi anni 60 sono molto evocativi e con l'aggiunta emblematica della partita a carte mi ricorda la casa di mia nonna, che fino a quando ha potuto ha sempre passato una giornata a settimana con le amiche non tanto per il gusto di giocare, ma per necessità umana di sfogo, di evasione e di confronto. La lunghezza del primo atto rispetto al secondo favorisce un'introspezione nelle psicologie di tutte le quattro amiche ad un livello che quasi quasi infastidisce. Infatti questo "Due partite" (di cui l'originale a teatro riuscii a vedere solo un brano nel suo poco strombazzato passaggio in TV) è un dramma, anzi una tragedia, travestito da commedia. Nel secondo atto si passa drammaticamente con una strada trafficata e squallida e il suono di un'ambulanza ai giorni d'oggi e ad un evento poco lieto. La morte di una delle quattro protagoniste del primo atto, con la quale deve fare i conti la figlia interpretata dalla sempre più brava Alba Rohrwacher. Le amiche naturalmente sono le figlie corrispondenti alle altre tre madri, vive ancora oggi ma tutte con un piede nella fossa ognuna a proprio modo. Qui le figlie sfuggono agli errori fatti dalle madri, ma pur essendosi preparate grazie alle madri vivono tutte vite di insoddisfazione. Brave tutte loro anche, ma in particolare la già suddetta Rohrwacher, che ha poche battute ma esprime fin troppo bene il dolore di una figlia rimasta imrpovvisamente senza una madre importante. Sfocata e macchiettistica invece la single che cerca disperatamente di rimanere incinta con l'inseminazione artificiale, interpretata dalla Milillo, che nella piéce teatrale nel primo atto interpreta la parte che nel film è andata alla Cortellesi. La Pandolfi, pur essendo molto brava, dà vita ad un personaggio abbastanza debole rispetto a quello interpretato dalla Crescentini. Il più grande difetto del film è la licenza poetica della lapide con tanto di nome inciso e fotografia presente il giorno stesso del funerale. Cosa simile a questo mondo non esiste, ma si capiscono i motivi narrativi e strutturali per cui questa scelta che errore certamente non può essere è stata messa in atto. Secondo me è anche abbastanza discutibile l'uso di parole forti come 'sc**are', 'ca**re' e 'pis**are' in un contesto anni 60, seppur al chiuso e privato di una casa. La colonna sonora in parte è affidata alle mitiche canzoni di Mina ("Se telefonando" e "L'uomo per me"), sempre belle. Di sicuro un film che attirerà il pubblico femminile in una data così azzeccata come l'8 marzo, ma piacerà anche agli uomini, che nel testo non vengono affatto sviliti come genere, ma addirittura descritti come un elemento basilare e complementare per la donna, sunto rafforzato a mio avviso dal brano di Rilke presente sia nel primo che nel secondo atto. Esperimento riuscito anche al cinema questo "Due partite" e esempio di cinema che riporta in auge proprio i film a episodi stile anni 60, ma di gran lunga meglio riuscito rispetto agli ultimi "Manuale d'amore". Non a caso la penna qui è della Comencini, figlia di uno dei mitici padri della commedia all'italiana.
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hildegardvonrom
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venerdì 9 settembre 2011
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la claustrofobia dei colori psichedelici
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E' un film che nasce in modo pretenzioso: tutto sembra essere perfetto nei tempi, nei luoghi, nelle ricostruzioni e nel talento delle attrici ma che invece diventa un'occasione mancata, o forse un'operazione impossibile proprio perché troppo "matematica"?
I colori sparati dei vestiti, leccesso della collanina più spilla si perle mi aveva fatto sperare in una commedia eccessiva e un po' su di giri. Divertente.
Invece no.
Ho trovato questo film claustrofobico, meccanico come mandato avanti con due giri di corda, pretenzioso (di nuovo!) e talvolta mal recitato. Un po' sopra le righe (mi spiace ma la Ferrari che fa la quarantenne in cinta negli anni '60 avendo una faccia da cinquantenne non è credibile), la figlia della Buy che raccattava le sue battute fuori tempo in modo tecnico e quindi un po' patetico.
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E' un film che nasce in modo pretenzioso: tutto sembra essere perfetto nei tempi, nei luoghi, nelle ricostruzioni e nel talento delle attrici ma che invece diventa un'occasione mancata, o forse un'operazione impossibile proprio perché troppo "matematica"?
I colori sparati dei vestiti, leccesso della collanina più spilla si perle mi aveva fatto sperare in una commedia eccessiva e un po' su di giri. Divertente.
Invece no.
Ho trovato questo film claustrofobico, meccanico come mandato avanti con due giri di corda, pretenzioso (di nuovo!) e talvolta mal recitato. Un po' sopra le righe (mi spiace ma la Ferrari che fa la quarantenne in cinta negli anni '60 avendo una faccia da cinquantenne non è credibile), la figlia della Buy che raccattava le sue battute fuori tempo in modo tecnico e quindi un po' patetico.
Il sapore troppo da "teatro", recitato da teatro, con la voce un tono più alto e questo rimescolare in un gorgo condominiale ... no e poi no. La querula desiderosa di aver figli, l'altra troppo amata e quel'altra poco amata...
E soprattutto: le donne non parlano solo così e solo di quei due o tre argomenti. E se esistono: povere donne.
Un film di sole donne, un gineceo senza ossigeno dove la figura del maschio è vagheggiata in modo non credibile, come se gli uomini fossero delle entità atratte che solo ogni tanto appaiono alle donne. Sì, proprio come apparizioni mistiche.
Ma per piacere!
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olgadicom
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mercoledì 11 marzo 2009
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mamme, figlie e...?
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Voleva essere (esce nei dintorni dell’8 marzo) una riflessione profonda sulle mutata condizione femminile negli ultimi quaranta anni; poteva essere una commedia frizzante dolceamara, data la qualità delle interpeti di maggior peso, ma nessuno dei due obiettivi mi sembra raggiunto. Perché il film, tratto da una pièce teatrale di Cristina Comencini, pur con puntate nella psicanalisi, non si discosta dalla sua origine e odora terribilmente di teatro nel chiuso di una stanza, non risultando efficace quasi per niente là dove vorrebbe essere più impegnato. Anche la girandola iniziale di botta e risposta tra le quattro protagoniste non coinvolge più di tanto. La trovata delle due partite (una è quella vera, piena di pause e di parole giocata dalle madri, una è quella di vita giocata da entrambe le generazioni) sarebbe stato un buono spunto iniziale se si fosse evoluto e variato nei tempi e nello spazio.
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Voleva essere (esce nei dintorni dell’8 marzo) una riflessione profonda sulle mutata condizione femminile negli ultimi quaranta anni; poteva essere una commedia frizzante dolceamara, data la qualità delle interpeti di maggior peso, ma nessuno dei due obiettivi mi sembra raggiunto. Perché il film, tratto da una pièce teatrale di Cristina Comencini, pur con puntate nella psicanalisi, non si discosta dalla sua origine e odora terribilmente di teatro nel chiuso di una stanza, non risultando efficace quasi per niente là dove vorrebbe essere più impegnato. Anche la girandola iniziale di botta e risposta tra le quattro protagoniste non coinvolge più di tanto. La trovata delle due partite (una è quella vera, piena di pause e di parole giocata dalle madri, una è quella di vita giocata da entrambe le generazioni) sarebbe stato un buono spunto iniziale se si fosse evoluto e variato nei tempi e nello spazio. Invece la recita che si propone attorno allo stesso tavolo e nella stessa casa dove trenta anni dopo i ’60 si ritrova la prole femminile, risulta o banale o troppo strutturata come gioco cerebrale. Solo in alcuni momenti i contenuti fanno presa e l’interpretazione diventa autoironica, condotta com’è da brave attrici. Poiché l’analisi è freddina, tutto deve “tornare” attorno al tavolo, sicché l’inventiva langue e le situazioni si ripetono. La performance del cast tutto femminile è indubbiamente di buon livello, perciò ci si sarebbe aspettata un’emozione in più, mentre la sceneggiatura di tono medio diventa alta solo in qualche sequenza (vedi la nevrotica e lucida tirata antimaternità “ferinamente” intesa della Cortellesi). Nella stanza a fianco a quella dove le quattro amiche si confrontano, spesso con armi affilate dalla malignità, figlia dell’insoddisfazione più che della cattiveria, giocano le loro bambine. Anch’esse sono già piccole donne in erba, intente a ritagliare modelli di vestiti dalle riviste di moda e ad imitare i vezzi delle adulte. Trenta anni dopo, in occasione della morte violenta di una delle quattro mamme, le loro figlie si incontrano in quello stesso salotto, riveduto e corretto come le loro vite che sono, sì, cambiate rispetto alle madri, ma non si capisce quanto e se in meglio. I maschi continuano a essere assenti o troppo presenti e comunque negatori di autonomie. Nel film essi sono solo nominati ma non si vedono mai perché quello che conta è come le donne valutano e vivono le relazioni. Due delle giovani coltivano con buoni risultati la loro carriera e questo crea contraddizioni con i mariti; una è single ma insegue quasi ossessivamente una maternità che non arriva, l’ultima (la figliola della suicida) si interroga su quale sia stato il senso dell’unione tra i genitori, visto quel buco nero che sua madre non è riuscita a colmare. Che fare allora? Non resta che sperare nei lentissimi cambiamenti della storia, fino a che non si riuscirà a fare a meno gli uni degli altri, prospettiva triste ma forse unica soluzione radicale.
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seba
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sabato 14 marzo 2009
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due partite perse
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Ho visto ieri sera il film "Due partite", fidandomi del trailer che sembrava suggerire un'allegra commedia con spunti di riflessione. Sono rimasto (e non ero il solo in sala) totalmente deluso: la partita a carte della prima parte è la base sulla quale gli sceneggiatori hanno sviluppato un dialogo monotema sulla vita della donna sposata e della donna madre. Non si parla d'altro, non ci sono momenti di stacco da questo tema conduttore e alla lunga (e la prima parte mi è sembrata veramente lunga) il discorso perde brio. Qualcuno in sala rideva a crepapelle alla battuta della Massironi sul dolore causato dal parto, ma quando la stessa scenetta "comica" viene ripetuta non una ma due, tre, quattro volte ho seriamente pensato di uscire dalla sala (sarebbe stata la prima volta, ma poi sono rimasto pensando che mancava ancora il secondo spezzone moderno).
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Ho visto ieri sera il film "Due partite", fidandomi del trailer che sembrava suggerire un'allegra commedia con spunti di riflessione. Sono rimasto (e non ero il solo in sala) totalmente deluso: la partita a carte della prima parte è la base sulla quale gli sceneggiatori hanno sviluppato un dialogo monotema sulla vita della donna sposata e della donna madre. Non si parla d'altro, non ci sono momenti di stacco da questo tema conduttore e alla lunga (e la prima parte mi è sembrata veramente lunga) il discorso perde brio. Qualcuno in sala rideva a crepapelle alla battuta della Massironi sul dolore causato dal parto, ma quando la stessa scenetta "comica" viene ripetuta non una ma due, tre, quattro volte ho seriamente pensato di uscire dalla sala (sarebbe stata la prima volta, ma poi sono rimasto pensando che mancava ancora il secondo spezzone moderno). Le "madri" non mi sembravano sciolte nella recitazione, salverei forse solo Paola Cortellesi, ma forse questa scelta è dovuta al fatto che interpretava l'unico personaggio che sotto certi punti di vista potremmo definire ribelle (ma è chiaro poi che è anche lei vittima dei rapporti ciechi uomo-donna). Per inciso, l'idea della ripetizione di episodi sembra aver guidato gli sceneggiatori, vedi anche il tentativo di leggere il testo di Rilke interrotto puntualmente dal sopraggiungere delle contrazioni della Ferrari.
La parte moderna l'ho trovata migliore dal punto di vista della recitazione, anche se Carolina Crescentini è un pò sopra le righe.
Sembra che il messaggio del film sia che il matrimonio e la vita familiare siano da buttare, tuttavia per la donna sembra essere necessario essere legata (come in una prigione)indissolubilmente a qualcuno. L'amore non c'è (forse la Buy è l'unica a crederci, ma sempre in un menage complicato di lite e riconciliazione) ed è patetico quanto le figure delle figlie ricalchino quelle delle madri. Per carità, con le dovute variazioni, magari allo specchio per la coppia Buy-Crescentini in cui la figura della donna che ha rinunciato alla carriera si specchia nella figura del ragazzo della figlia, o nel caso della coppia Massironi-Milillo in cui la riproduzione passa da atto concreto (3 figli) a desiderio non soddisfatto. Infine la raffigurazione dei rapporti sessuali della Pandolfi e della Rohrwacher con i rispettivi compagni è abbastanza ridicola: da un lato un uomo che mentre fuma il sigaro si eccita al suono delle stoviglie lavate dalla compagna in cucina (sembra una scenetta da film erotico anni settanta), dall'altro un ragazzo angosciato dagli oggetti della ragazza, con la quale riesce ad avere un rapporto sessuale solo in un ambiente asettico, quasi a spersonalizzare completamente il rapporto.
Da questo film ne escono a pezzi sia le donne, che sembrano destinate ad essere vittime, sia gli uomini, descritti come adulti con pruriti sessuali di stampo adolescenziale. Ma questo è solo il declino tipico associato all'ideale borghese di famiglia. Ma per fortuna ci sono altri scenari sotto il Sole.
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