Due partite |
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Un film di Enzo Monteleone.
Con Margherita Buy, Isabella Ferrari, Marina Massironi, Paola Cortellesi, Carolina Crescentini.
continua»
Drammatico,
durata 94 min.
- Italia 2008.
- 01 Distribution
uscita venerdì 6 marzo 2009.
MYMONETRO
Due partite
valutazione media:
2,77
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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mamme, figlie e...?di olgadicomFeedback: 0 |
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mercoledì 11 marzo 2009 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Voleva essere (esce nei dintorni dell’8 marzo) una riflessione profonda sulle mutata condizione femminile negli ultimi quaranta anni; poteva essere una commedia frizzante dolceamara, data la qualità delle interpeti di maggior peso, ma nessuno dei due obiettivi mi sembra raggiunto. Perché il film, tratto da una pièce teatrale di Cristina Comencini, pur con puntate nella psicanalisi, non si discosta dalla sua origine e odora terribilmente di teatro nel chiuso di una stanza, non risultando efficace quasi per niente là dove vorrebbe essere più impegnato. Anche la girandola iniziale di botta e risposta tra le quattro protagoniste non coinvolge più di tanto. La trovata delle due partite (una è quella vera, piena di pause e di parole giocata dalle madri, una è quella di vita giocata da entrambe le generazioni) sarebbe stato un buono spunto iniziale se si fosse evoluto e variato nei tempi e nello spazio. Invece la recita che si propone attorno allo stesso tavolo e nella stessa casa dove trenta anni dopo i ’60 si ritrova la prole femminile, risulta o banale o troppo strutturata come gioco cerebrale. Solo in alcuni momenti i contenuti fanno presa e l’interpretazione diventa autoironica, condotta com’è da brave attrici. Poiché l’analisi è freddina, tutto deve “tornare” attorno al tavolo, sicché l’inventiva langue e le situazioni si ripetono. La performance del cast tutto femminile è indubbiamente di buon livello, perciò ci si sarebbe aspettata un’emozione in più, mentre la sceneggiatura di tono medio diventa alta solo in qualche sequenza (vedi la nevrotica e lucida tirata antimaternità “ferinamente” intesa della Cortellesi). Nella stanza a fianco a quella dove le quattro amiche si confrontano, spesso con armi affilate dalla malignità, figlia dell’insoddisfazione più che della cattiveria, giocano le loro bambine. Anch’esse sono già piccole donne in erba, intente a ritagliare modelli di vestiti dalle riviste di moda e ad imitare i vezzi delle adulte. Trenta anni dopo, in occasione della morte violenta di una delle quattro mamme, le loro figlie si incontrano in quello stesso salotto, riveduto e corretto come le loro vite che sono, sì, cambiate rispetto alle madri, ma non si capisce quanto e se in meglio. I maschi continuano a essere assenti o troppo presenti e comunque negatori di autonomie. Nel film essi sono solo nominati ma non si vedono mai perché quello che conta è come le donne valutano e vivono le relazioni. Due delle giovani coltivano con buoni risultati la loro carriera e questo crea contraddizioni con i mariti; una è single ma insegue quasi ossessivamente una maternità che non arriva, l’ultima (la figliola della suicida) si interroga su quale sia stato il senso dell’unione tra i genitori, visto quel buco nero che sua madre non è riuscita a colmare. Che fare allora? Non resta che sperare nei lentissimi cambiamenti della storia, fino a che non si riuscirà a fare a meno gli uni degli altri, prospettiva triste ma forse unica soluzione radicale.
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