Che - L'argentino

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Un film di Steven Soderbergh. Con Benicio Del Toro, Demián Bichir, Santiago Cabrera, Elvira Mínguez, Jorge Perugorría.
continua»
Titolo originale Che: Part One. Biografico, durata 126 min. - USA, Francia, Spagna 2008. - Bim Distribuzione uscita venerdì 10 aprile 2009. MYMONETRO Che - L'argentino * * * - - valutazione media: 3,05 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Che. Il mito il duro (e antipatico) che mi e costato otto anni di lavoro

di Claudio Masenza Il Venerdì di Repubblica

Tanto c'è voluto a Steven Soderbergh (Traffic, Ocean's Eleven) per realizzare il suo film. Anzi, i suoi due film: Che. L'argentino in uscita ora e Che. Guerriglia, a maggio. Un'operazione politica? «No, l'ideologia mi interessa molto meno dell'uomo» racconta il regista. «Era uno che bisognava amare senza aspettarsi nulla in cambio».
Il più eclettico degli autori cinematografici americani, Steven Soderbergh, per la prima volta affronta un mito: il rivoluzionario che ha dato speranza a generazioni di giovani per peri divenire un simbolo della cultura pop, non troppo dissimile dall'immagine della coca-cola: Ernesto Che Guevara.
A vent'anni (fai successo di Sesso, bugie e videotapeche ne fece scoprire il talento di filmmaker indipendente, Soderbergh realizza il suo film più personale. Un'epopea di quattro ore e mezzo, che vedremo in due parti Che. L'argentino , sulla conquista di Cuba, in uscita il l'11 aprile in Italia, seguito, il primo maggio, da Che. Guerriglia, che racconta l'adesione di Guevara alla rivoluzione boliviana alla morte, avvenuta nel 1967, a 35 anni.
Lasciatosi alle spalle la fortunata collaborazione con George Clooney che, da Out of Sight a Ocean's Eleven e i suoi due seguiti, ha rappresentato il volto più commerciale della sua carriera, Soderbergh torna alle asprezze di Traffic, esasperandone il taglio da cinema-verità. «L'idea non venuta a me» racconta. «Me l'ha proposta Benicio del Toro quando giravamo Traffic. Io ho detto subito sì. Non so perché. della vita di Che non sapevo niente. Ho pensato che sarebbe stata un'opportunità per imparare qualcosa, ma non immaginavo che per. riuscire a realizzare il film ci sarebbero voluti ot t o a n ni ».
Colpa delle riprese troppo lunghe?
«No. Per ognuno (lei due film abbiamo girato 39 giorni. È stato come restare ai blocchi di partenza otto anni per correre i cento metri».
Lei ha dichiarato che, se Guevara fosse vivo, probabilmente lo odierebbe. Eppure il suo lavoro è estremamente rispettoso.
«Giudicando da ciò che ha scritto, il cinema non lo interessava. Probabilmente neanche l'arte in generale. Anche se amava multo l'ablo Neruda. Considerava i film strumenti di propaganda dell'imperialismo. Nella società che lui voleva, sarei stato disoccupato».
Il film da alcuni è stato giudicato piuttosto freddo. Immagino che, evitare un forte coinvolgimento con la storia, sia stata una precisa scelta.
«Questo approccio è la conseguenza delle mie ricerche sul Che. Incontrando persone che lo hanno conosciuto molto bene e lo ammiravano ho avvertito che era una persona difficile per tutti. Un medico che lottò al suo fianco, suo intimo amico, mi disse una frase illuminante: "Dovevi amare Che senza aspettarti niente in cambio". Forse perché era argentino. Gli argentini sono noti per il loro atteggiamento di superiorità. E perché era un leader con un forte senso della disciplina. Il risultato era una personalità piuttosto fredda. La sua empatia si rive lava solo quando faceva il medico».
Lei non tenta di capire che cosa lo spingesse a partecipare ad una rivoluzione dopo l'altra, abbandonando la famiglia, cinque figli...
«Le motivazioni di una persona per me sono meno interessanti delle sue azioni. Sono queste a definire ognuno di noi. Volutamente ho evitato ogni rappresentazione della vita privata. Inoltre tutti quelli che hanno combattuto a Cuba e in Bolivia avevano famiglie, hanno abbandonato le persone che amavano. In questo il Che non era unico».
I due film sono visivamente molto diversi. Perché?
«Per un tentativo di riprodurre il diverso stato d'animo del Che nei due testi scritti da lui che abbiamo usato come base dei film. Il memoriale sulla vicenda cubana lo scrisse dopo la rivoluzione e rappresenta il punto di vista del vincitore. Ha la prospettiva di chi guarda indietro ad un'impresa della quale conosce l'esito. Così ho voluto un film con colori caldi e schermo panoramico. Come un racconto epico. I diari boliviani hanno un suono molto diverso. Che Guevara li scriveva giorno per giorno. In quelle pagine non sa cosa succederà, quale sarà il suo destino. Qui lo schermo si restringe, i colori sono freddi, il disagio evidente».
All'ultimo Festival di Cannes Benicio Del Toro ha vinto il premio come miglior interprete maschile...
«Pienamente meritato. Benicio offre un'interpretazione del Che estremamente equilibrata. Non tenta mai di farci amare il personaggio e non c'è un solo momento in cui si avverta il lavoro dell'attore, quasi si trattasse di un documentario».
Infatti, pur disponendo di un attore carismatico, lei non concede mai gloriosi primi piani.
«Isolare il Che mi sarebbe sembrato tradire la sua idea di base: lavorare in gruppo nella direzione di una società che includesse tutti».
Secondo lei, perché è diventato un'icona per i giovani, un poster, un volto sulle t-shirt?
«Certamente molto ha giocato la sua bellezza e l'essere morto giovane. Ma, per chi ne sapeva di più, ha contato anche ìl fatto che non abbia mai accettato compromessi. Non tradì mai le proprie promesse e non rinunciò a tornare nella giungla, a combattere. Era un autentico rivoluzionario e spero che chi vedrà il film capisca che non c'è niente di romantico in una vita dura come la sua. Fino in fondo, scelse sempre il percorso più difficile».
Questo è il più politico dei suoi film. Desiderava esprimere una posizione personale?
«Sembrerà strano ma per me questo non è un film politico, ma un film su un uomo che ha avuto un ruolo determinante nella politica. Non propone nessuna ideologia. Naturalmente a un certo punto ho dovuto fare mio il suo punto di vista perché le sue convinzioni risultassero sincere. Non significa che io creda in tutto ciò in cui lui credeva. Ma quel che credo io è irrilevante».
Nel panorama politico attuale, in Italia come negli Stati Uniti, ci sarebbe qualche possibilità di successo per il Che?
«No, perché la politica oggi si nutre di compromessi e lui anche oggi non li accetterebbe. Non potrebbe essere un politico. Fidel Castro lo è. La buona notizia è che in momenti di crisi si creano i presupposti per grandi cambiamenti. Ma occorre gente con forte immaginazione. So poco della situazione italiana, ma so che è difficile trovare una persona capace di risolvere problemi che persistono da molti anni. Da noi Obama ci sta provando con tutte le forze e penso che il suo sia íl compito più difficile al mondo. Ma lui lo voleva fermamente e credo che se qualcuno può rimettere in sesto il Paese, questo sia lui. Ha avvertito gli americani che il cambiamento non sarà veloce, occorreranno anni. Spero che la gente capisca e gli conceda tempo».
Da Il Venerdì di Repubblica, 3 aprile 2009

di Claudio Masenza, 3 aprile 2009

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