maryluu
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venerdì 23 novembre 2007
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i tre cavalli
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La storia di Michael si capisce solo alla fine, nonostante l'eccessiva linearità e semplicità della narrazione. E' una storia comune. Talvolta con poca suspance. Io credo che l'intento del regista fosse creare un film profondo, in cui risaltassero amicizia e onore, in cui tutti i misteri vengono svelati solo alla fine e proprio per questo peccante di "vitalità".
Ho molto apprezzato l'immagine dei tre cavalli. In effetti nella vita l'uomo è sempre posto dinnanzi a una scelta. E 3 possibili alternative: comportarsi degnamente e con onore ( cavallo bianco), mediocremente come la maggioranza delle persone indecisa tra bene e male ( cavallo marrone) o infidamente e con cattiveria ( cavallo nero).
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La storia di Michael si capisce solo alla fine, nonostante l'eccessiva linearità e semplicità della narrazione. E' una storia comune. Talvolta con poca suspance. Io credo che l'intento del regista fosse creare un film profondo, in cui risaltassero amicizia e onore, in cui tutti i misteri vengono svelati solo alla fine e proprio per questo peccante di "vitalità".
Ho molto apprezzato l'immagine dei tre cavalli. In effetti nella vita l'uomo è sempre posto dinnanzi a una scelta. E 3 possibili alternative: comportarsi degnamente e con onore ( cavallo bianco), mediocremente come la maggioranza delle persone indecisa tra bene e male ( cavallo marrone) o infidamente e con cattiveria ( cavallo nero).
E' il momento il cui Michael deve scegliere. Ha svolto per anni il lavoro sporco di un grande studio legale ripulendo e costruendo la verità. Grazie al suo amico Arthur può riscattarsi. Può avere la sua opportunità per salire sul cavallo bianco dalle sembianze di taxi e scappare senza meta.
Un elogio merita George Clooney, non solo per il fascino che indibbiamete trasmette ma anche per la bravura. Dopo anni è finalmente un grande attore a prescindere dal suo visino e dal suo addominale.
Nonostante alcune defaillance, devo dire che la storia mi ha trasmesso delle emozioni e quindi merita la mia considerazione e il mio applauso.
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toni
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lunedì 15 ottobre 2007
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clooney, bravo
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6/7 - L'opera prima del noto sceneggiatore Tim Gilroy reca una mano un po' Colooneiana, e forse per questo il film risulta riuscito. Un avvocato abituato a "fare le pulizie" si trova davanti a quello che anche per lui è troppo e ne fa la sua occasione di riscatto. Ci riuscirà? Questo è forse l'ultimo grande interrogativo che ci lascia il film e il suo protagonista, proprio mentre sembra pensarci su nell'ultimo bel primo piano in un taxi. Oltre ad arrivare facilmente all'obiettivo di denucia che vuole trasmetterci, questo film ha il pregio di farlo da una soggettiva un po' diversa. Questa volta non ci si occupa del dolore delle vittime, delle ingiustizie a loro perpretate ma ci si interroga sui conflitti di un uomo che, indebolito dai suoi mille problemi, deve sopportare per aver lavorato per dalla parte dei piu' forti e malvagi.
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6/7 - L'opera prima del noto sceneggiatore Tim Gilroy reca una mano un po' Colooneiana, e forse per questo il film risulta riuscito. Un avvocato abituato a "fare le pulizie" si trova davanti a quello che anche per lui è troppo e ne fa la sua occasione di riscatto. Ci riuscirà? Questo è forse l'ultimo grande interrogativo che ci lascia il film e il suo protagonista, proprio mentre sembra pensarci su nell'ultimo bel primo piano in un taxi. Oltre ad arrivare facilmente all'obiettivo di denucia che vuole trasmetterci, questo film ha il pregio di farlo da una soggettiva un po' diversa. Questa volta non ci si occupa del dolore delle vittime, delle ingiustizie a loro perpretate ma ci si interroga sui conflitti di un uomo che, indebolito dai suoi mille problemi, deve sopportare per aver lavorato per dalla parte dei piu' forti e malvagi. Ci si interroga sulla coscienza di Michael Clayton e di tutti quelli che come lui e i suoi vicini si godono il loro beato mondo indifferenti delle angoscie comuni: in questi casi il mio pensiero va a Warren Anderson, ex presidente della Union Carbide, responsabile della morte e della contaminazione di decine di migliaia di persone, in pensione in non si quale reggia caraibica. Il film è godibile, comincia in modo strano, si spezza e si ricompone in modo convincente (in questo mi ha ricordato un po' Siryana) anche se risulta un po' troppo portato solo dal protagonista, di cui si capiscono pero' bene e più intime sensazioni. Ho letto paragoni con I tre giorni del Condor e Erin Brockovich ma mi sembra che il con il primo il solo punto in comune sia Sidney Pollack (qui produttore/attore e nel ben piu bello I tre giorni del Condor come regista) e nel secondo quella di Steven Soderbergh qui come produttore là come regista (Michael Clayton invece qui vince il confronto). Si, ci sono le implicazioni politiche-affaristiche, i risvolti morali, sono dei legal-Thriller (anzi, i tre giorni del condor neppure) ma non mi sembra che i film abbiano poi tanti punti in comune. George Clooney è davvero bravo, regge da solo l'impianto di tutto il film, accompagnato da attori comunque in gran spolvero: su tutti sicuramente Tom Wilkinson nei panni del super avvocato impazzito, davvero bravo e quasi commovente durante quella bella ripresa sullo sfondo di una calda New York notturna. Tra i legal-thriller che ho visto negli ultimi tempi, sicuramente uno di dei piu belli, grazie anche ad un ottima fotografia e scenografia.
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(di manguelito)
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massimiliano di fede
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giovedì 18 ottobre 2007
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la voglia di riscattarsi
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E’ la migliore interpretazione di George Clooney, che dopo Syriana ha sicuramente dimostrato di poter recitare in ruoli altamente drammatici. In questo film interpreta un avvocato ,non patrocinante, di un grosso studio legale, che ha il compito di risolvere gli affari sporchi che devono essere nascosti e, che, ha l’occasione per potersi riscattare da una vita piena di fallimenti. Lo vediamo con la barba incolta, affannato , con l’aria di chi ha dormito con i vestiti indosso , che gioca a carte in una bisca clandestina dove uno dei giocatori gli chiede com’è andato il fallimento del Suo bar, con gli strozzini che gli stanno dietro per recuperare un credito di 75 mila dollari. Il suo momento arriva , quando, un suo collega , Arthur , preso dai rimorsi, per aver difeso una compagnia che distribuiva diserbante letale, provocando la morte di centinaia di persone, inizia a schierarsi con l’accusa che difende le famiglie delle vittime.
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E’ la migliore interpretazione di George Clooney, che dopo Syriana ha sicuramente dimostrato di poter recitare in ruoli altamente drammatici. In questo film interpreta un avvocato ,non patrocinante, di un grosso studio legale, che ha il compito di risolvere gli affari sporchi che devono essere nascosti e, che, ha l’occasione per potersi riscattare da una vita piena di fallimenti. Lo vediamo con la barba incolta, affannato , con l’aria di chi ha dormito con i vestiti indosso , che gioca a carte in una bisca clandestina dove uno dei giocatori gli chiede com’è andato il fallimento del Suo bar, con gli strozzini che gli stanno dietro per recuperare un credito di 75 mila dollari. Il suo momento arriva , quando, un suo collega , Arthur , preso dai rimorsi, per aver difeso una compagnia che distribuiva diserbante letale, provocando la morte di centinaia di persone, inizia a schierarsi con l’accusa che difende le famiglie delle vittime. Karen Crowder è la dirigente rampante della compagnia che, non esita ad assoldare dei killer professionisti per risolvere il problema, trovandosi alla fine incastrata da Clayton stesso.
Ottima l’interpretazione degli attori e in particolare di Clooney, di Tilda Swinton, nei panni della dirigente della compagnia Unorth, Karen Crowder e, di Sidney Pollak nei panni di Marty Bach, “ipocrita e maneggione” titolare dello studio legale dove lavora Clayton.
Ottima la regia di Tony Gilroy, specialmente nel rappresentare la cinica dirigente Karen, in una sequenza di scene che si alternano, durante alcune interviste e, mentre fa le prove di queste interviste davanti ad uno specchio, in deshabillè (proprio una bella idea di regia).
Buono anche il montaggio. Le quattro stelle sono tutte meritate
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alessandra verdino
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lunedì 11 maggio 2009
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il verbo "vivere"
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"Michael Clayton" di George Clooney é un film sorprendente ed unico.
E' duro e forte come un macigno che si scaglia contro le ingiustizie della società e del vivere quotidiano.
Talvolta, il verbo "vivere" é decisamente complicato e totalmente incredibile, in senso negativo.
Cosa bisogna fare?
Arrabbiarsi o accettare?
Arrabbiarsi come fa l'interprete di questo clamoroso film?
Penso che la via giusta sia a metà.
In fondo, bisogna sul serio "vivere".
Arrabbiarsi sì, ma con intelligenza, tatto ed ironia davanti ad una sorte stupida, ingiusta e crudele.
Talvolta, la vita é incredibile e supera ogni aspettativa. Sia in senso positivo che in quello negativo.
Al protagonista, anzi direi, ai protagonisti di questo film succede di tutto.
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"Michael Clayton" di George Clooney é un film sorprendente ed unico.
E' duro e forte come un macigno che si scaglia contro le ingiustizie della società e del vivere quotidiano.
Talvolta, il verbo "vivere" é decisamente complicato e totalmente incredibile, in senso negativo.
Cosa bisogna fare?
Arrabbiarsi o accettare?
Arrabbiarsi come fa l'interprete di questo clamoroso film?
Penso che la via giusta sia a metà.
In fondo, bisogna sul serio "vivere".
Arrabbiarsi sì, ma con intelligenza, tatto ed ironia davanti ad una sorte stupida, ingiusta e crudele.
Talvolta, la vita é incredibile e supera ogni aspettativa. Sia in senso positivo che in quello negativo.
Al protagonista, anzi direi, ai protagonisti di questo film succede di tutto.
Alcuni soccombono, altri si vendono, ed uno si arrabbia.
Ed ecco la grande bravura di George Clooney.
Un attore che é anche regista, nella maggior parte dei suoi films.
Si dice sia, per la prestanza fisica e l'ironia che dimostra nelle commedie, il nuovo Cary Grant.
Il paragone non é da poco, e direi proprio di sì.
Ma Clooney é molto, molto di più, e lo rivela nei ruoli drammatici.
Ha plasticità facciale, una forza dirompente, un magnetismo che buca lo schermo e che colpisce, come una spada, il cuore.
Ho in mente due nomi: Robert Redford e Clint Eastwood.
"Michael Clayton" si avvale anche dell'interpretazione di Sidney Pollack, il regista di quasi tutti i film di Robert Redford.
Infati, questo film mi ricorda il bellissimo
"I giorni del condor", con la regia di Pollack ed interpretato, appunto, da Redford.
Ma Clooney si avvicina anche a Eastwood.
Per la forza della denuncia sociale.
Per l'estrema onestà. Per il coraggio.
Possiede una dote rarissima: la capacità di coinvolgere, di colpire a segno e a fondo.
E' durissimo. Allo stesso tempo, dolce e vulnerabile.
Durezza, dolcezza, vulnerabilità.
Racchiuse in un viso e in un corpo bellissimi.
Un attore da tenere d'occhio. Penso che, totalmente, si debba ancora dimostrare, anche se lo fa già, e le premesse ci sono tutte.
Vedendo questo film, sono rimasta fulminata.
Dalla sua forza. Dalla sua, fondamentale, onestà.
Dalla sua capacità di mostrare la vita.
Bella ma durissima.
Come é lui.
Grazie, George.
Permettimi......non solo per il Martini.
E.....invitami al party.
Al più presto.
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piernelweb
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sabato 1 marzo 2008
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thriller morale
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Solido legal-thriller diretto con perizia dall'affermato sceneggiatore Tony Gilroy, qui alla sua prima regia, e interpretato da un buon Clooney ormai sempre più dedito al cinema-denuncia impegnato. Dopo un'introduzione che temporalmente è prossima alla conclusione del racconto, la regia ci riporta indietro di 4 giorni quando il faccendiere Clayton è ben lontano dal concretizzare gli avvenimenti e distante dalla sua crisi di coscienza. La sporca vicenda legata ad un diserbante mortale è "moralmente ineccepibile" e gestita, "tra colpi di scena improvvisi e dialoghi sapienti", con grande stile. La New York culla del male e di tutto il potere del mondo è immortalata da una fotografia gelida e argutamente impersonale.
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Solido legal-thriller diretto con perizia dall'affermato sceneggiatore Tony Gilroy, qui alla sua prima regia, e interpretato da un buon Clooney ormai sempre più dedito al cinema-denuncia impegnato. Dopo un'introduzione che temporalmente è prossima alla conclusione del racconto, la regia ci riporta indietro di 4 giorni quando il faccendiere Clayton è ben lontano dal concretizzare gli avvenimenti e distante dalla sua crisi di coscienza. La sporca vicenda legata ad un diserbante mortale è "moralmente ineccepibile" e gestita, "tra colpi di scena improvvisi e dialoghi sapienti", con grande stile. La New York culla del male e di tutto il potere del mondo è immortalata da una fotografia gelida e argutamente impersonale. Ottimo tutto il cast ma menzione speciale (più che per il divo Clooney o il premio Oscar Tilda Swinton o il cinico calcolatore Pollack) per il sofferto Tom Wilkinson, autore di una prova davvero notevole. Mancano i lampi di regia che ne avrebbero fatto un capolavoro, ma la considerazione che l'Academy ha avvuto in occasione delle nominations è tutta meritata.
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thunder
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venerdì 29 maggio 2009
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punto di forza: la recitazione
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Quando il film usci, più di un anno fa, venne parecchio bistrattato. A me coinvolse invece. Ok, come concetto base dobbiamo ammettere che non èoriginalissimo, ma il modo in cui si sviluppa la storia decisamente si. Decisiva, forse, la figura di Arthur Edens. Ora che l'ho rivisto non posso che confermare quelle impressioni. La trama è robusta, l'atmosfera rarefatta coinvolge, i dialoghi non deludono,alcune chicche registiche. Ma mi sono reso conto soprattutto che il vero punto di forza del film sono le grandi prove regalateci dagli attori. La Swinton ha vinto l'oscar, e ho avuto oggi la certezza (lo sostenevo anche l'anno scorso) che Tom Wilkinson era più che da oscar. Se vi interessa guardatelo in lingua originale, uno spettacolo davvero.
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Quando il film usci, più di un anno fa, venne parecchio bistrattato. A me coinvolse invece. Ok, come concetto base dobbiamo ammettere che non èoriginalissimo, ma il modo in cui si sviluppa la storia decisamente si. Decisiva, forse, la figura di Arthur Edens. Ora che l'ho rivisto non posso che confermare quelle impressioni. La trama è robusta, l'atmosfera rarefatta coinvolge, i dialoghi non deludono,alcune chicche registiche. Ma mi sono reso conto soprattutto che il vero punto di forza del film sono le grandi prove regalateci dagli attori. La Swinton ha vinto l'oscar, e ho avuto oggi la certezza (lo sostenevo anche l'anno scorso) che Tom Wilkinson era più che da oscar. Se vi interessa guardatelo in lingua originale, uno spettacolo davvero. Wilkinson Intendo.
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filippo catani
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lunedì 20 giugno 2011
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lo spazzino dei potenti in giacca e cravatta
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Michael Clayton lavora alle dipendenze di un grandissimo studio legale statunitense e la sua mansione è quella di "sistemare" le magagne dei potenti. Michael è una persona dilaniata dai problemi: gioca in bische clandestine, deve soldi agli strozzini per un affare andato a male con il fratello, è separato e segue a malapena i discorsi del figlio. Nel giro di quattro giorni la sua vita prenderà una svolta improvvisa a causa di una class action contro una multinazionale rappresentata dal suo studio legale.
Un film cupo e appassionante dove protagonista non poteva che essere un uomo a dir poco cupo. Michael non sarà certo un novello Erin Brocovich ma cercherà di condurre in porto la propria battaglia in nome dell'amicizia che lo lega a uno dei soci dello studio ma anche perchè in fondo lui stesso è stanco della propria vita.
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Michael Clayton lavora alle dipendenze di un grandissimo studio legale statunitense e la sua mansione è quella di "sistemare" le magagne dei potenti. Michael è una persona dilaniata dai problemi: gioca in bische clandestine, deve soldi agli strozzini per un affare andato a male con il fratello, è separato e segue a malapena i discorsi del figlio. Nel giro di quattro giorni la sua vita prenderà una svolta improvvisa a causa di una class action contro una multinazionale rappresentata dal suo studio legale.
Un film cupo e appassionante dove protagonista non poteva che essere un uomo a dir poco cupo. Michael non sarà certo un novello Erin Brocovich ma cercherà di condurre in porto la propria battaglia in nome dell'amicizia che lo lega a uno dei soci dello studio ma anche perchè in fondo lui stesso è stanco della propria vita. Un inizio promettente sotto lo stato e poi il passaggio ai privati in vista di lauti guadagni. Il punto è che da quel momento non ha fatto altro che accettare compromessi, risolvere magagne e legarsi a doppio filo con il gioco d'azzardo e l'usura. Splendido George Clooney. Dall'altra parte una splendida Tilda Swinton nei panni della gelida capo legale della multinazionale che, per cercare di salvare la reputazione dell'azienda, dovrà prendere decisioni critiche che arriveranno fino all'estremo perchè quando si passa il limite non si può tornare indietro. Bravissima pure lei. Non è un film banale o assolutorio ma un viaggio nella cupidigia che troppo spesso si veste in giacca e cravatta.
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giorpost
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martedì 31 gennaio 2012
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bel film sul potere oscuro di lobby e studi legali
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George Clooney interpreta Michael Clayton, un avvocato aggiusta guai, uno di quelli che lavorano per le grandi compagnie per insabbiare le verità scomode, aggiustare e distorcere i fatti, insegnare a mentire spudoratamente.
È dipendente di uno studio legale tra i più rinomati d’ America, al quale si rivolge una società, la United North, investita da una class action popolare dovuta ai suoi prodotti cancerogeni.
In questa causa, ispirata senz’ altro a fatti realmente accaduti oltreoceano, come già abbiamo potuto vedere in pellicole quali “The Rainmaker” con Matt Damon ed “Erin Brokovich” con la Roberts, chi ci potrebbe rimettere maggiormente è proprio lo studio, capitanato dal sempre bravissimo Sidney Pollack (alias Marty).
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George Clooney interpreta Michael Clayton, un avvocato aggiusta guai, uno di quelli che lavorano per le grandi compagnie per insabbiare le verità scomode, aggiustare e distorcere i fatti, insegnare a mentire spudoratamente.
È dipendente di uno studio legale tra i più rinomati d’ America, al quale si rivolge una società, la United North, investita da una class action popolare dovuta ai suoi prodotti cancerogeni.
In questa causa, ispirata senz’ altro a fatti realmente accaduti oltreoceano, come già abbiamo potuto vedere in pellicole quali “The Rainmaker” con Matt Damon ed “Erin Brokovich” con la Roberts, chi ci potrebbe rimettere maggiormente è proprio lo studio, capitanato dal sempre bravissimo Sidney Pollack (alias Marty). In effetti mentre la U-North potrebbe al massimo patteggiare per una cifra recuperabile in parte dagli sgravi fiscali ed in parte dalle assicurazioni, lo studio avrebbe senz’ altro da riflettere su di una scelta eticamente improvvida di difendere una corporazione senza alcuno scrupolo. E qui entriamo nel vivo della sceneggiatura (originale), che mette di fronte due facce della stessa medaglia: il politicamente scorretto Clayton da un lato e l’ avvocato-squalo della U-North Karen Crowder dall’ altro, arrampicatrice sociale, spietata e agguerrita, interpretata da una gelida ed efficace Tilda Swinton. Forte, spietata, ma anche insicura nella sua intimità, nello scegliere i vestiti,o quando gli sudano le ascelle poco prima dei discorsi. Ed insicuro è anche Clayton, il quale nasconde alcuni scheletri in un armadio a tinte varie. Ha 75000 dollari di debito con uno strozzino, è divorziato ed ha il vizio del gioco. Entrambi lottano con i propri demoni, con un passato in chiaroscuro, con la voglia di carriera.
Ma Clayton è molto amico dell’ altro socio fondatore dello studio: Arthur (l’ efficace Tom Wilkinson). Questi è considerato una leggenda nel campo forense, una sorta di uomo della pioggia, un simbolo. Ma è soprattutto un uomo, appunto, anziano, che riscopre se stesso e s’ innamora di una ragazza giovane che fa parte del gruppo di accusatori della U-North, entrando in un evidente conflitto d’ interessi ed accompagnato, inoltre, da un’ apparente stato di follia, una sorta di scongelamento rapido da ciò che fino a quel momento era stata la sua vita. E qui comincia a muoversi qualcosa anche nella testa di Clayton, quando Marty gli consegna l’ assegno per appianare i debiti e al contempo l’ incarico di riportare Arthur tra i ranghi. Questi viene ucciso, facendolo sembrare un infarto, da due killer assoldati dalla Crowder i quali, accortisi delle indagini parallele di Clayton, cercano di ammazzare anche lui. Ma qui si verifica la svolta: Michael si intrufola nel loft del compianto amico violando i sigilli della polizia, scoprendo, tra le varie scartoffie, un libro poetico e filosofico che stava leggendo Arthur, sul quale nota un disegno raffigurante una collina con tre cavalli ed un albero. Arthur si stava innamorando non solo di una giovane donna, ma della vita stessa e di tutte le sue componenti.
Michael Clayton è un uomo scaltro, furbo, ma anche molto perspicace e capisce che i conti non tornano e che, probabilmente, Arthur è stato vittima di un omicidio. E proprio mentre cammina senza meta nell’ auto in leasing su cui viaggia da un po’ di tempo, nota una scena incredibile nei pressi di una collina sul fianco della strada: tre cavalli, un albero. La stessa scena del libro. Pochi secondi e…boom! L’ auto esplode. I killer della Crowder fanno fiasco e Clayton, fingendosi morto carbonizzato, passa dalla parte di Arthur e della gente che ha perso i propri cari a causa delle malattie provocate dlla U.North. Il finale, leggermente banalizzato, non toglie nulla ad un film ben costruito, nel quale l’ utilizzo dei flashback non richiama affatto lo stile tarantiniano ma forse più quello del Pollack regista. Una pellicola dal sapore classico (bravo Gilroy) sostenuta da un’ ottima sceneggiatura scritta dello stesso regista e da una fantastica fotografia di Robert Elswit.
Capitolo Clooney: bravo, non ci sono dubbi. Se gli si puo' muovere una critica è, forse, il fatto che ha lo stesso look in tutti i film. Non sarebbe male mettersi in discussione. La grandezza di un attore di alto livello sta anche nel cambiare pelle, nel trasformismo (vedi De Niro). Resta l’ inconfutabile certezza di un talento del Cinema.
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antonello villani
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martedì 16 ottobre 2007
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avvocato corrotto in odore di redenzione
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Meno affascinante e più bravo, George Clooney convince nel ruolo dell’avvocato che oscilla tra legalità ed illegalità. Perché Michael Clayton, padre a tempo perso e frequentatore abituale di bische clandestine, ha un talento fuori dal comune nel chiudere le cause prima di cominciarle: accordi sottobanco ed amicizie preziose per questo faccendiere che lavora seduto comodamente nel suo studio di Manhattan. Inizio confuso con la confessione di un collega che è andato di matto per aver scoperto un conflitto d’interessi tra coscienza e segreto professionale, il film di Tony Gilroy stenta a trovare una precisa collocazione alternando il dramma personale al messaggio sociopolitico che sa tanto di retorica ambientalista eppure l’intreccio narrativo tiene bene grazie ad uno schema semplice ma collaudato.
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Meno affascinante e più bravo, George Clooney convince nel ruolo dell’avvocato che oscilla tra legalità ed illegalità. Perché Michael Clayton, padre a tempo perso e frequentatore abituale di bische clandestine, ha un talento fuori dal comune nel chiudere le cause prima di cominciarle: accordi sottobanco ed amicizie preziose per questo faccendiere che lavora seduto comodamente nel suo studio di Manhattan. Inizio confuso con la confessione di un collega che è andato di matto per aver scoperto un conflitto d’interessi tra coscienza e segreto professionale, il film di Tony Gilroy stenta a trovare una precisa collocazione alternando il dramma personale al messaggio sociopolitico che sa tanto di retorica ambientalista eppure l’intreccio narrativo tiene bene grazie ad uno schema semplice ma collaudato. Merito di uno stupefacente George Clooney, perfetto nella parte del corrotto in odore di redenzione, che riesce a calibrare una recitazione misurata lasciando finalmente da parte il suo sex appeal; molti chiaroscuri per questo personaggio controverso e ricco di contraddizioni, mistificatore pronto a patteggiare pur di arrivare ad una veloce risoluzione della controversia e capace di sovvertire la figura dell’eroe negativo con tante cose da farsi perdonare. Solo che stavolta il problema è un socio dello studio assillato dai sensi di colpa e deciso a vuotare il sacco contro una multinazionale rea di aver commercializzato un prodotto cancerogeno: tradire il segreto professionale o tacitare la propria coscienza? “Michael Clayton” concilia i due aspetti che caratterizzano la professione forense mantenendo uno stile asciutto e mai sopra le righe, ma trova il suo punto di forza nella metamorfosi di un uomo che a quarant’anni suonati deve rivedere le sue scelte; d’altra parte, anche il più cinico degli avvocati può redimersi quando sono in ballo migliaia di vite umane e una compagnia arriva al delitto pur di fugare ogni sospetto. Gilroy spinge sull’acceleratore con i pistolotti sull’ambiente inquinato e così contrappone una cattiva come Tilda Swinton –bravissima nella parte della manager senza scrupoli- all’avvocato sul viale del tramonto che riscatta le sue colpe violando l’intero codice deontologico. Gilroy dirige un film che ha il fascino dei classici in bianco e nero, un legal thriller che cresce come una sinfonia di Beethoven. Da vedere.
Antonello Villani
(Salerno)
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[+] la redenzione di geroge
(di massimiliano di fede)
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jack scalera
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mercoledì 26 marzo 2008
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il vero avvocato del diavolo
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Le multinazionali sono il diavolo? Di questi tempi per chi va al cinema sembrerebbe di si, osservando con quale veemenza e frequenza numerosi film hollywoodiani denunciano senza indulgenza crimini e misfatti di aziende appartenenti alle grandi industrie per esempio come nell’appassionante Erin Brockovich o nel divertente Thank you for smoking. Stavolta l’indice viene puntato contro una multinazionale della chimica che ha messo in commercio un fertilizzante nonostante sapesse essere cancerogeno. Michael Clayton (interpretato da un Gorge Clooney sofferente quanto basta) è l’avvocato che risolve i problemi, in particolare quelli sporchi: ma questa volta la sua coscienza ha la meglio su tutto il resto e decide di incastrare l’azienda, che da parte sua non resta certo con le mani in mano.
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Le multinazionali sono il diavolo? Di questi tempi per chi va al cinema sembrerebbe di si, osservando con quale veemenza e frequenza numerosi film hollywoodiani denunciano senza indulgenza crimini e misfatti di aziende appartenenti alle grandi industrie per esempio come nell’appassionante Erin Brockovich o nel divertente Thank you for smoking. Stavolta l’indice viene puntato contro una multinazionale della chimica che ha messo in commercio un fertilizzante nonostante sapesse essere cancerogeno. Michael Clayton (interpretato da un Gorge Clooney sofferente quanto basta) è l’avvocato che risolve i problemi, in particolare quelli sporchi: ma questa volta la sua coscienza ha la meglio su tutto il resto e decide di incastrare l’azienda, che da parte sua non resta certo con le mani in mano. Per parlare di genere qua non siamo tanto dalle parti del legal thriller, dato che il lato giudiziario della faccenda rimane in secondo piano, quanto più da quelle del film di denuncia sociale calato nelle atmosfere e nello stile di un certo cinema di spionaggio degli anni Settanta che sapeva essere impegnato senza rinunciare all’azione. Vedi I tre giorni del Condor di Sydney Pollack, presente qui nelle vesti di attore e come simbolico testimone della apprezzabilità dell’opera. Il grande lavoro sull’introspezione e caratterizzazione dei personaggi occupa nel film ampie scene di per sé significative ma che nella loro insistenza né rallentano il ritmo portandolo lontano da quello serrato del thriller classico che ormai abbiamo assimilato e preso per buono, facendo così apparire Michael Clayton colpevole di qualche lungaggine di troppo. Nonostante il racconto non sia lineare e il flashback che apre la storia sia inutile se non insulso, la sceneggiatura regge bene e contiene la giusta dose di imprevisti e colpi di scena sufficienti a non farvi addormentare davanti lo schermo. Dopotutto il regista Tony Gilroy (alla sua prima esperienza dietro la macchina da presa) aveva già dimostrato di possedere un buon talento con le sceneggiature per la trilogia di film sulla spia Jason Bourne, l’ultimo dei quali è uscito proprio in questi giorni nelle sale rivelandosi come più adrenalinico e forse meglio riuscito dei due precedenti. The Bourne ultimatum ha tutto un altro ritmo rispetto al nostro Michael Clayton. In pratica ndate a vedere questo terzo capitolo della saga con protagonista Matt Damon se preferite l’azione all’introspezione. In fin dei conti il mondo è bello perché è vario, così come il cinema. Ca va sans dire.
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