Il secondo film di Franco Battiato è un lungometraggio difficile,non comune e ostico anche ai palati più allenati. Le sequenze che lo compongono sono tre: una troupe televisiva che realizza un programma per la televisione, l'ultima triste parte della vita di Beethoven interpretato da un buon Jodorowsky e infine, ritornati di nuovo nel presente, l'assurdo finale caratterizzato dal colpo di stato di un fantomatico partito democretico mondiale. Già dalla trama si deduce come il film sia del tutto disallineato e, se consentito, anche un po' kitsch. Tra citazioni di Wittgenstein e Orwell, recitazione a tratti imbarazzante e regia di un non-regista, non sorprende affatto che Musikanten sia stato fischiato e non compreso da quasi l'intera platea di Venezia che ha assistito alla proiezione. I motivi di disapprovazione infatti ci sono eccome. Battiato alla conferenza stampa dopo-proiezione ha sentenziato stizzito che "chi fischia, non capisce"; come dire che chi apprezza invece è intelligente come lui. E' un'opinione eccessiva, presuntuosa e antipatica, ma è innegabile che la gazzarra scatenatasi sia fuori luogo e probabilmente fatta da chi non capisce un acca di filosofia. Ma anche Battiato dovrebbe rendersi conto che il "Tractatus" non è esattamente un best seller e che la reazione caciarona del pubblico a conti fatti,poteva essere ampiamente preventivata. Nonostante tutti gli innumerevoli difetti, il film ha momenti deliziosi, affascinanti, notevoli e sublimi. Lo spettatore che volesse avvicinarsi al film deve saperlo: se è abituato a Spielberg o a De Palma lasci perdere.
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