tdurden96
|
lunedì 11 marzo 2013
|
nobile intermediario
|
|
|
|
Potremmo definirlo il nobile intermediario tra il romanzo e il grande pubblico,l'adattatore per modulare la grande e calorosa vampata ideologica del vero fight club,quello di palahniuk,capolavoro che ha necessitato del liofilizzato hollywoodiano per fare breccia nella mente del vasto pubblico che il cinema può garantirgli,imponendosi come un cult movie per antonomasia,legittimando finalmente il buon chuck tra l'olimpo dei nuovi scrittori contemporanei,ma soprattutto lanciando david fincher nella corsa ad un altro olimpo,egualmente nobile,dove siede gente che di nome fa Stanley o Terrence o Martin,per citarne alcuni. Il talentuoso regista californiano ha fatto molto di più che impacchettare le principali tematiche del libro in un gioiello visionario e dirompente,ha plasmato un capolavoro sullo scheletro di un altro,diluendolo con il suo tocco inconfondibile e rinfrescato dal suo gioco di ammiccamenti allo spettatore retto dal carisma di brad pitt ed edward norton in stato di grazia.
[+]
Potremmo definirlo il nobile intermediario tra il romanzo e il grande pubblico,l'adattatore per modulare la grande e calorosa vampata ideologica del vero fight club,quello di palahniuk,capolavoro che ha necessitato del liofilizzato hollywoodiano per fare breccia nella mente del vasto pubblico che il cinema può garantirgli,imponendosi come un cult movie per antonomasia,legittimando finalmente il buon chuck tra l'olimpo dei nuovi scrittori contemporanei,ma soprattutto lanciando david fincher nella corsa ad un altro olimpo,egualmente nobile,dove siede gente che di nome fa Stanley o Terrence o Martin,per citarne alcuni. Il talentuoso regista californiano ha fatto molto di più che impacchettare le principali tematiche del libro in un gioiello visionario e dirompente,ha plasmato un capolavoro sullo scheletro di un altro,diluendolo con il suo tocco inconfondibile e rinfrescato dal suo gioco di ammiccamenti allo spettatore retto dal carisma di brad pitt ed edward norton in stato di grazia. Bisogna dire che è stato irrisoriamente facile ottenere un così grande successo sguinzagliando una carica ideologica dirompente,filoanarchica,sovversiva,volutamente esagerata e a tratti stereotipata,insomma di facile attecchimento nelle menti soprattutto dei più giovani,segnando già l'immaginario politico delle generazioni future;ma l'affinità spirituale tra fincher e palahniuk che permea la pellicola è talmente forte da relegare queste considerazioni al grado di "pignolerie". Cio che rimane più di tutto è la forza inebriante delle scene di combattimento,la potenza iconoclasta e nichilista dei discorsi di tyler e quel fotogramma nascosto nel finale,quasi come un tocco d'artista,per ricordare che,sì,la storia è di palahniuk,ma è lo zampino geniale di fincher ad aver consacrato questo film a cult immortale.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a tdurden96 »
[ - ] lascia un commento a tdurden96 »
|
|
d'accordo? |
|
maximilione
|
martedì 16 ottobre 2012
|
metacinema e anticapitalismo
|
|
|
|
Ibrido. Spericolato. Meticcio. Il quarto lungometraggio di David Fincher si presenta come un perfetto frullato di visione classica ed estetica contemporanea e s'impone nella storia delle idee come uno dei primi e più importanti capitoli del cinema postmoderno. Il tema gotico del doppio di ascendenza romantica, storicamente legato alle figure di Dottor Jeckill e Mister Hyde, viene riproposto in com
pattissima fusione con figure e tematiche frizzantemente attuali.
[+]
Ibrido. Spericolato. Meticcio. Il quarto lungometraggio di David Fincher si presenta come un perfetto frullato di visione classica ed estetica contemporanea e s'impone nella storia delle idee come uno dei primi e più importanti capitoli del cinema postmoderno. Il tema gotico del doppio di ascendenza romantica, storicamente legato alle figure di Dottor Jeckill e Mister Hyde, viene riproposto in com
pattissima fusione con figure e tematiche frizzantemente attuali. Quel doppio si destruttura e finisce con l'informare lo stesso tessuto filmico, rigidamente giocato sulla logica della dualità e della dialettica, innestate su quel fulcro apparentemente banalissimo e primordiale che è il contrasto tra veglia e sogno. Tutto parte da lì e da lì tutto evolve. Dal protagonista anonimo che inizia le presentazioni accennando a un problema d'insonnia ("Con l'insonnia nulla è reale. Tutto è una copia, di una copia, di una copia") al suo intricato e viscerale rapporto con Tyler Durden ("Sono andato a letto sempre più presto, mi sono svegliato sempre più tardi. Sono stato Tyler sempre più a lungo"), passando per l'esplicita opposizione tra la maschera sociale, falsa, gretta e ipocrita imposta dagli standard di una vita globalizzata e massificante e un istinto archetipico costretto a rimanere -stagnante e fumoso- in un lungo letargo sottocutaneo. E doppio è anche il binario che il film imbocca e porta avanti sin dai fotogrammi iniziali. Critica al consumismo imperante e messa in abisso metacinematografica. Volontà di denuncia dell'alienazione umana e tentativo di ripercorrere la nascita della settima arte. Scopertissimo attacco al sistema e velata brama di parlare del proprio mezzo, non necessariamente in quest'ordine e non obbligatoriamente divisi. Il film porta avanti, sequenza per sequenza, questo duplice e opposto lavoro di critica e omaggio, fondendoli spesso e volentieri all'interno del flusso narrativo o trasferendoli in scene a sè stanti, da esso svincolate. Entrambi i binari tematici esplodono con vigore, propagando per tutti i centotrenta irresistibili minuti di girato, residui di varia grandezza e intensità, che impregnano con la logica di un pastiche postmoderno dettagli e campi medi, fotogrammi e sequenze intere, dialoghi e soliloqui. E se la linea d'attacco critico dimostra l'aderenza del film al romanzo di Chuck Palahniuk e, nel contempo, l'evoluzione di un tema già materializzato in forma traballante da Fincher nel precedente "The game" (similmente giocato sull'insoddisfazione di un imprenditore capitalista nei riguardi di un'esistenza grigia e asettica e per questo teso a cercare esperienze di vita più libere ed istintuali), la linea metacinematografica si svincola -almeno in parte- dai riferimenti letterari diretti e diventa espressione della grande forza autoriale del regista di Denver.
Il primo itinerario, quello di denuncia sociale, apre il film, ne pervade l'essenza e con ferocia forse mai sperimentata in precedenza ringhia e si scompone contro "tutti i principi base della civiltà, soprattutto l'importanza dei beni materiali", pur non arretrando di fronte a stili di vita, mode e costumi imposti (più che voluti) dalla regola di una società globalizzata. L'attacco critico si dimena rabbioso senza mai scostarsi, però, dalla dicotomia di base che ne funge da perno: la contrapposizione tra alienazione consumistica e istinto naturale. Così, il primo approdo della macchina da presa in casa di un protagonista insonne mette in luce un perfetto "nido Ikea", attraverso inquadrature volutamente ispirate ai cataloghi casalinghi e alla fototipografia dadaista di John Heartfield (della quale riprendono la volontà satirica), con mobili e lampade fiancheggiate da didascalie. "Una volta leggevamo pornografia, ora siamo passati ad arredomania" dichiara il Narratore, gettandosi in un riferimento al sesso per nulla fine a sè stesso. La sfera della passione carnale diventa infatti, nel film, uno dei più logici richiami all'istinto, la sineddoche che forse lo individua in modo più pregnante. Ma di sicuro non l'unica. Accanto ad essa, emerge il tema della lotta e quello, ad essa intimamente connesso, del dolore. E proprio in questo senso, il fight club del titolo si autocostituisce come esperienza metamorfica e totalizzante, radice dell'istintualità animale, momento capace di far emergere l'essere umano in quanto tale, privato cioè della maschera sociale imposta dalla società ("Da nessun'altra parte ti sentivi vivo come lì. Un ragazzo del mio ufficio non ricordava se aveva ordinato inchiostro blu o nero ma fu un dio per dieci minuti quando castigò il cameriere di un ristorante a portar via"). E proprio a questo sistema bipartito tra sesso e dolore, Fincher oppone costantemente nella narrazione tutte le più rigide e ipocrite istituzione della civiltà-Ikea, smontandole una alla volta. Dall'ideologia tristemente attuale del tempo padrone ("Perdi un'ora, guadagni un'ora. Questa è la tua vita e sta finendo un minuto alla volta") all'asettico schema di vita borghese improntato sui principi di laurea-lavoro-matrimonio, punto di partenza di una società passiva che perde la sua frizzantezza, immergendosi nell'abitudine e nell'incapacità di reagire e realizzarsi; dalle multinazionali che antepongono l'interesse alla vita umana allo sterminato mondo della pubblicità, che "ci fa inseguire le auto e i vestiti, fare lavori che odiamo per comprare cazzate che non ci servono"; dalla tendenza consumistica a identificare la vita con ciò che si possiede ("Siamo consumatori, sottoprodotti di uno stile di vita che ci ossessiona. Omicidi, crimini, povertà, queste cose non mi spaventano. Ciò che mi spaventa sono le celebrità sulle riviste, la televisione con 500 canali, il nome di un tizio sulle mie mutande, i farmaci per capelli, il viagra, poche calorie") alla volontà malata di plasmare la propria identità su quella proposta dai media. Proprio in questo contesto allora il personaggio in apparenza comico di Bob rivela una natura decisamente drammatica. L'uomo dalle "tettone enormi", portato dall'abuso di steroidi alla castrazione fisica, diventa l'emblema più spietato degli effetti devastanti che la società di massa produce sull'individuo: l'alienazione (da una famiglia che l'ha scacciato) e la perdita d'identità (disperato appare il suo grido: "Siamo ancora uomini!").
Accanto al macrocosmo filmico di critica sociale, però, Fincher giustappone il binario metacinematografico, che nonostante resti più o meno celato dal ritmo accattivante della narrazione, acquisisce un'importanza uguale se non maggiore di quella del primo orientamento. La stessa apparizione progressiva di Tyler Durden, (co)protagonista e fulcro dell'intreccio, sembra ripercorrere nelle modalità in cui si realizza, la nascita del cinematografo. Prima che lo spettatore abbia coscienza di lui, la figura di Tyler viene anticipata infatti da alcune allucinazioni istantanee del Narratore, appena percepibili dall'occhio umano nella loro brevissima permanenza sullo schermo (una frazione di secondo). Si tratta di pose intermittenti e saltuarie, incapaci di mostrare davvero un'essenza, che rievocano i primi tentativi fotografici di fissare l'immagine elusiva di un soggetto in movimento. La prima vera apparizione del protagonista avviene, invece, in un contesto assolutamente peculiare: una struttura aeroportuale dotata di due scale mobili contigue che si muovono in senso opposto. La macchina da presa segue il Narratore che si lascia trascinare verso destra. Nel momento in cui la sua sagoma incontra quella di Tyler Durden sulla rampa opposta, l'obbiettivo comincia a seguire questo nel verso contrario. Dietro il nuovo soggetto, scorrono non casualmente piccole finestrelle murate, tanto simili alle fattezze del fotogramma di celluloide. Tutta la scena rievoca l'esperienza di pre-cinema fondata a fine '800, chiamata Zootrope, nel quale la pellicola veniva fatta scorrere su un supporto mobile (come le scale) e lo "spettacolo" permetteva una visione esclusivamente individuale, richiamata semanticamente dal drastico cambio di rotta della macchina presa che ci obbliga a seguire un solo personaggio alla volta. Solo poco più tardi, su un aereo, i due protagonisti appariranno insieme nella stessa inquadratura, elevandosi letteralmente a metafora della nascita del cinema. Ma a parte questo straordinario riferimento tecnico-stilistico al proprio mezzo, Fincher coltiva il suo intento meta-cinematografico in posizioni meno nascoste, disseminandolo nelle stesse situazioni diegetiche di cui si compone la narrazione. Non è affatto un caso che il Narratore compaia, allora, privo di nome presso tutta una serie di circoli di recupero e solidarietà, immergendosi di volta in volta in un'identità diversa ("Chi sei tu? Cornelius, Rupert o un altro di quegli stupidi nomi che ti appioppi ogni sera?"). Il suo sadico gioco notturno riflette senza mezzi termini il principio base della fruizione cinematografica: l'irresistibile necessità di essere qualcun'altro, la volontà ferrea di immedesimarsi in un soggetto inesistente per sentirsi appagati. Solo Tyler Durden riuscirà a strappare il Narratore dai suoi circoli di "terminali", diventando la sua immedesimazione a tempo pieno.
Tuttavia, Fincher non si limita a costruire le due linee guida e a farle correre parallelamente davanti agli occhi dello spettatore. Il suo gioco autoriale si compie ai livelli più alti quando le due opposte tendenze narrative, quella critica e quella omaggistica, si mescolano l'una con l'altra, in zone filmiche sciolte dal giogo dell'intreccio, autofunzionali e per questo capaci di assurgere al ruolo di esplicite dichiarazioni di poetica. La prima di queste sequenze indipendenti coincide con il micro-riassunto della vita di Tyler Durden, organizzato -tanto per cambiare- in due sezioni, che equivalgono ai due mestieri in cui il protagonista è impegnato. Proiezionista che si applica nell'inserimento di fotogrammi pornografici (ancora simboli dell'istinto) all'interno di rulli di pellicole per famiglie (metafore di un cinema di consumo e non certo d'autore) e cameriere d'alto rango che non resiste alla tentazione di pisciare nelle zuppe d'elitè, nella più ampia e programmatica intenzione di sputare in faccia alla civiltà moderna. Critica e omaggio, consumismo e metacinema: la dichiarazione autoriale tocca il suo vertice nella scena che segue il pestaggio di un garzone d'emporio che ha lasciato i suoi studi universitari. In essa, l'inquadratura prende a vibrare, mostrando i suoi limiti di fotogramma di celluloide e il protagonista Tyler lancia lo sguardo direttamente in macchina, svelando l'artificio cinematografico e sospendendo temporaneamente il flusso dell'azione per ricordare al pubblico la conservazione di quell'identità profonda sempre più oppressa da uno stile di vita ossessionante. "Tu non sei il tuo lavoro, non sei la quantità di soldi che hai in tasca. Non sei la macchina che guidi nè il contenuto del tuo portafogli. Non sei i tuoi vestiti di marca. Sei la canticchiante e danzante merda del mondo".
E non sorprende, allora, che proprio nel finale la duplice linea filmica giunga alla sua sintesi più perfetta. Un uomo e una donna guardano crollare uno ad uno gli istituti di credito di fronte a una gigantesca vetrata-finestra, emblema metacinematografico dai tempi di Alfred Hitchcock ("La finestra sul cortile"). E di soppiatto, senza farsi notare, quell'abile artigiano del cinema che è Fincher, inserisce ironicamente il fotogramma di un pene eretto. Alla faccia di Tyler Durden!
[-]
|
|
[+] lascia un commento a maximilione »
[ - ] lascia un commento a maximilione »
|
|
d'accordo? |
|
paride86
|
giovedì 13 settembre 2012
|
cult movie
|
|
|
|
Storia di un impiegato modello che acquista mobili da catalogo, indossa camicie firmate, parla un linguaggio forbito e soffre d'insonnia, d'insoddisfazione e carenza d'affetto. Finché non incontra il suo lato oscuro junghiano.
"Fight Club" è certamente uno dei migliori film di David Fincher, permeato di un umorismo beffardo e di tanta violenza liberatoria e catartica, almeno per come viene intesa nella storia. Ha uno stile originale e coerente e vanta delle ottime interpretazioni.
[+]
Storia di un impiegato modello che acquista mobili da catalogo, indossa camicie firmate, parla un linguaggio forbito e soffre d'insonnia, d'insoddisfazione e carenza d'affetto. Finché non incontra il suo lato oscuro junghiano.
"Fight Club" è certamente uno dei migliori film di David Fincher, permeato di un umorismo beffardo e di tanta violenza liberatoria e catartica, almeno per come viene intesa nella storia. Ha uno stile originale e coerente e vanta delle ottime interpretazioni. Quella di Norton, però, le batte tutte.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a paride86 »
[ - ] lascia un commento a paride86 »
|
|
d'accordo? |
|
le noir
|
mercoledì 15 agosto 2012
|
le peculiari lezioni di vita di pitt & norton.
|
|
|
|
Prima regola del Fight Club: mai parlare del Fight Club. Ma se c'è da farlo..come si può parlarne male?
David Fincher lancia 2 personaggi esagerati che a loro modo si completano.Il caos è l'unica arma rimasta all'uomo per far sentire veramente la sua presenza,per far uscire il consumatore medio dalla lavata di cervello dei Mass Media e delle multinazionali.Adulti che tornano cavernicoli per percepire la vera essenza delle cose. Curatezza nei dialoghi e nella fotografia, un prodotto originale e ricco di colpi di scena senza cadere mai nei clichè e nel "già visto".
|
|
[+] lascia un commento a le noir »
[ - ] lascia un commento a le noir »
|
|
d'accordo? |
|
andy_bateman
|
domenica 5 agosto 2012
|
capolavoro
|
|
|
|
Il film si incentra su una visione distorta e controversa del consumismo, della società e infine sull'alienazione dell'uomo dei giorni nostri, s
tereotipato e macchinoso. Il narratore protagonista (Edward Norton)è un comune uomo americano che lavora per un'azienda automobilistica. Soffre di insonnia, sostiene a malapena i ritmi del Jet Leg ed è estremamente ansioso.
[+]
Il film si incentra su una visione distorta e controversa del consumismo, della società e infine sull'alienazione dell'uomo dei giorni nostri, s
tereotipato e macchinoso. Il narratore protagonista (Edward Norton)è un comune uomo americano che lavora per un'azienda automobilistica. Soffre di insonnia, sostiene a malapena i ritmi del Jet Leg ed è estremamente ansioso. Trova sfogo solamente in gruppi di sfogo per persone gravemente malate. Tutto sembra andare liscio e l'insonnia svanire, fino a quando, ad un incontro appare Marla Singer (Helena Bonham Carter), una donna con la perenne sigaretta alla bocca, che sembra guastare la pace interiore del nostro protagonista. Nel frattempo, incontrerà un certo Tyler Durden (Brad Pitt), con il quale, aprirà un club segreto (Fight Club) di incontri clandestini dove l'unico scopo è massacrarsi a scopo psichedelico. Il protagonista e Tyler stringono un particolare rapporto d'amicizia in contemporanea con una bizzarra relazione di sesso con Marla Singer. il Fight Club diventerà un'associazione maggiore a scopi agonali verso lo stato, causando incidenti e catastrofi. Tyler successivamente scompare dalla vita del protagonista, ciò lo spingerà a cercarlo, ma scoprirà un'oscura verità...
c'è da fare una premessa. Dimenticate la falsità. Dimenticate le idee di uomo che vi sono state imposte da chi detiene il potere, e dimenticate la moralità a cui siete abituati. Fight Club è uno stile di vita, in cui elementi psicologici e anticonformisti si mescolano ottimamente. Non è la classica storia dello sfigatello di turno che viene aiutato da un modello amato da tutti, è la storia di una infelicità personale tramutata in guerra interiore e trasportata alla realtà che noi tutti conosciamo. L'uso della violenza come cura psichedelica mostra chiaramente una immoralità morale a fini positivi. L'idea del regista è quella di creare elementi di insoddisfazioni e di conseguenza agire in modo da poterli eliminare, che sfoggiano poi in qualcosa di più grande, qualcosa che evade perfino dall moralità del protagonista per raggiungere un nuovo stadio di pensiero. Il disprezzo per la società contemporanea è evidente, e nel film non c'è limite al limite nell'esprimere il concetto. Molte sono le scene che vi lasceranno a bocca aperta, che dovrete essere in grado di interpretare, di cogliere e di godervi. L'unica cosa che potrebbe risultare pesante è la poco scorrevolezza del film in quanto non si ha mai la più pallida idea di cosa accada. Ma ciò non è per forza un elemento negativo. Il risultato finale è ottimo, il regista ha creato ottimamente un'idea che è dentro molti uomini ma che non è apparentemente possibile sviluppare ai giorni nostri, ma ho detto apparentemente. Altra nota di merito va al cast, il trio Pitt-Norton-Carter funziona perfettamente,grazie alle loro spiccate capacità di interpretazione avrete una ancora più godibile visione del film. In conclusione, guardate il film. Sconsiglio la visione alle persone emotivamente sensibili alla violenza, ma chi ama pensare e riflettere, troverà pane per i propri denti.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a andy_bateman »
[ - ] lascia un commento a andy_bateman »
|
|
d'accordo? |
|
thephilosopher
|
venerdì 3 agosto 2012
|
nichilismo e violenza dai toni profetici
|
|
|
|
"Questa è la tua vita e sta finendo un minuto alla volta".
"Combatti per sapere chi sei".
"Quanto sai di te stesso se non ti sei mai battuto?"
"Se si cancella la traccia dei debiti allora torniamo tutti a zero. Si crea il caos totale."
"Prima regola del Fight Club: non parlate mai del Fight Club; seconda regola del Fight Club: non parlate mai del Fight Club."
"La pubblicità[+]
"Questa è la tua vita e sta finendo un minuto alla volta".
"Combatti per sapere chi sei".
"Quanto sai di te stesso se non ti sei mai battuto?"
"Se si cancella la traccia dei debiti allora torniamo tutti a zero. Si crea il caos totale."
"Prima regola del Fight Club: non parlate mai del Fight Club; seconda regola del Fight Club: non parlate mai del Fight Club."
"La pubblicità ci fa inseguire le macchine e i vestiti, fare lavori che odiamo per comprare cazzate che non ci servono. Siamo i figli di mezzo della storia, non abbiamo né uno scopo né un posto. Non abbiamo la grande guerra né la grande depressione. La nostra grande guerra è quella spirituale, la nostra grande depressione è la nostra vita. Siamo cresciuti con la televisione che ci ha convinto che un giorno saremmo diventati miliardari, miti del cinema, rock stars. Ma non è così. E lentamente lo stiamo imparando. E ne abbiamo veramente le palle piene."
Ecco i versetti di un nuovo Vangelo; ecco gli slogan di una pubblicità mai vista; ecco le basi di una società di un futuro senza civiltà.
David Fincher ha un feeling particolare coi cult movie, e con le narrazioni asimmetriche: la vicenda della sua pellicola si rivela sempre ottimo materiale di ispirazione per i guru new age, esplodendo come nuovo fenomeno mediatico, e le scene dei suoi film non sono mai esposte linearmente, ma sono anzi sempre filtrate da un punto di vista che si pone agli antipodi dei fatti ( in "Fight Club" il protagonista è affetto da un disturbo psichico compulsivo di doppia personalità, dando origine a due differenti, opposti e complementari piani narrativi; "The Social Network" si fonda interamente sulla tecnica del flash-back, e i punti salienti della vicenda vengono recuperati dal protagonista in quanto necessari al perseguimento della verità processuale, mentre ne "Lo strano caso di Benjamin Button" la narrazione cronologica è perfettamente ribaltata).
La trasposizione cinematografica del romanzo di Palahniuk rasenta la perfezione, e gli ingredienti per un mix esplosivo ci sono tutti, un mix esplosivo proprio come la bomba domestica descritta da Tyler Durden in una famosissima scena (" Lo sa che mescolando parti uguali di benzina e succo d'arancia congelato si può fare il Napalm?"), in un'alternanza perfettamente orchestrata di crudi episodi di combattimento, dove gli schizzi di sangue coprono volti e pareti, momenti di eco terrorismo anticapitalistico, rappresentato perfettamente dal "Mayhem Project", e dialoghi pieni di cupo cinismo, capace di dare i brividi anche allo spettatore meno sensibile (" "Fu così che conobbi Marla Singer. La sua filosofia di vita era che poteva morire da un momento all'altro; la tragedia, diceva, era che non succedeva...").
L'origine del culto mediatico che questa pellicola ha scatenato è da ricercare nell'estenuante tentativo, che percorre tutto il film, di creare una "controcultura", un movimento intellettuale nichilista in grado di abbattere l'universo civile precedente, per lasciare spazio a una nuova umanità non corrotta dalla malattia che affligge quella contemporanea, ormai sulla via del tramonto, i cui principali sintomi sono l'ordine, la scarsa attitudine al caos, l'importanza di apparenza e possesso, la morale, la religione, e l'incapacità di affrontare la sofferenza.
Queste tematiche filosofiche sono concentrate in atti simbolici, e in dialoghi fulminei e brucianti: il lavoro di Tyler Durden, un fabbricante di sapone che ruba il grasso proveniente dalle liposuzioni di vecchie signore per produrre "il metro di misura della civiltà", che sarebbe il sapone, e rivenderlo a quelle stesse grasse signore; l'atto di sfogo della violenza, unica via terapeutica per affrontare gli schematici ritmi del vivere moderno, dove tutto è "porzione singola"; il "project Mayhem", che avrebbe potuto essere un piano del Joker, teso ad azzerare le disparità sociali per ottenere una cupa uguaglianza, ecc ecc.
Una vaga atmosfera freudiana aleggia in tutto il film, in quanto l'io protagonista perde di vista la propria identità tra gli svariati specchi psicologici che restituiscono immagini diverse e ingannevoli; il tema del doppio fa da padrone, poichè tutte le altre tematiche sovraelencate si fondano su di esso, e sempre da esso sono precedute.
Un film ricco di spunti, ben congeniato come i fili dell'esplosivo che inaugura e conclude la pellicola.
Vedere per credere.
D.
(ThePhilosopher)
[-]
|
|
[+] lascia un commento a thephilosopher »
[ - ] lascia un commento a thephilosopher »
|
|
d'accordo? |
|
ludicrous
|
mercoledì 23 maggio 2012
|
capolavoro!
|
|
|
|
Pazzesco! Molto profondo, il tema principale non è la violenza o le lotte come credevo, ha un significato molto più profondo. Fatto molto bene entusiasmante, fantastico, "adrenalinico" e col gran finale!
|
|
[+] lascia un commento a ludicrous »
[ - ] lascia un commento a ludicrous »
|
|
d'accordo? |
|
jakel
|
giovedì 17 maggio 2012
|
film che non invecchia!
|
|
|
|
Questo è uno di quei film dove non c'è da essere obiettivi. Va rivisto più volte, opera di un grande scrittore contemporaneo, Fight club è un lavoro anticonformista di pregievole risultato. Indimenticabile la scena finale.
|
|
[+] lascia un commento a jakel »
[ - ] lascia un commento a jakel »
|
|
d'accordo? |
|
tiamaster
|
mercoledì 16 maggio 2012
|
inoltre...
|
|
|
|
fight club oltre ai temi che ho già elencato tratta due temi ancora più importanti.....la società e L'ESSERE UMANO.Magistrale.
|
|
[+] lascia un commento a tiamaster »
[ - ] lascia un commento a tiamaster »
|
|
d'accordo? |
|
|