Anno | 2010 |
Genere | Documentario |
Produzione | Italia, USA |
Durata | 63 minuti |
Regia di | Monica Maggioni |
MYmonetro | 2,92 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 6 agosto 2010
Il titolo del documentario fa riferimento al nome dell'ala psichiatrica del Walter Reed, l'ospedale di Washington D.C. riservato ai veterani Il film ha ottenuto 1 candidatura a David di Donatello,
CONSIGLIATO SÌ
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Ward 54 è il reparto di un ospedale militare di Washington D.C. dove vengono curati gli ex-marine che riportano disturbi psichici. Il malessere più comune per chi torna da una guerra è noto come PTSD, Post-Traumatic Stress Disturbance, disturbo da stress post-traumatico. Kristofer Goldsmith è uno di questi veterani sopravvissuti all'Iraq ma non ai suoi orrori: inviato in Medio Oriente come fotografo ufficiale della scientifica militare, Kristofer ha catturato così tante istantanee dei cadaveri delle fosse comuni da trasformarle nell'oggetto dei suoi incubi. L'ossessione per quelle immagini lo porta alla depressione, all'alcolismo e al tentativo di suicidio. Fasi degenerative comuni a molti dei ragazzi rientrati dalla guerra, vari abitanti del braccio 54, le cui storie costituiscono il controcampo alla guerra cieca al terrorismo e all'operazione libertà della propaganda militare. Durante la prima Guerra del Golfo, Serge Daney lamentava il fatto che i mezzi di informazione avessero abdicato al ruolo di informatori, lasciando nelle immagini di un trionfo annunciato la sensazione di una mancanza, di un vuoto da colmare. Con la seconda guerra in Iraq, questo ruolo di "controinformazione" sembra averlo preso in carico il cinema, sia documentario che di finzione. In questo orizzonte, il lavoro di Monica Maggioni ha il pregio di ricostruire un altro frammento mancante della Verità su questa guerra. Corrispondente Rai in Iraq fin dall'inizio della guerra, la Maggioni passa dal fronte al "retro" dello scontro, dal conflitto aperto a quello interiore, addentrandosi nelle vite e nei pensieri di alcuni reduci per cui l'esperienza in Iraq si è convertita in una depressione autodistruttiva. Il documentario segue nella prima parte Kristofer, giovane reduce che si presta a raccontare nel dettaglio il proprio rapporto con l'etica militare, il desiderio d'infanzia di diventare marine, la disposizione totale a prender parte a una guerra annunciata nel nome di libertà e democrazia. Immagini-flash degli scatti di Kristofer ricostruiscono percettivamente lo stato del trauma e l'entità della sua paura e costituiscono l'unico elemento di astrazione di un film condotto con un'etica documentaria piuttosto rigorosa, che alterna le varie interviste ai pazienti del braccio 54 e i loro racconti di un lento ritorno alla vita, con il resoconto dei coniugi Lucey sugli ultimi giorni del figlio Jeffrey, morto suicida. La loro lucidissima e accorata deposizione costituisce la seconda parte del film, ripercorrendo il disfacimento emotivo del figlio e l'impreparazione di una famiglia alla quale le istituzioni non forniscono supporti di alcun tipo. Anche la musica si struttura con molta precisione, modulandosi su quegli stessi brani rock che tanto fomentano lo spirito dei soldati in guerra quanto li accompagnano nel buio della depressione una volta fatto ritorno a casa. La riflessione della Maggioni è diretta, immediata, non si concede incursioni nella narrazione satirica di Michael Moore, né la ricerca di un senso estetico particolarmente filmico. Anche per questo, la sua qualità aiuta a riconciliarsi con la connotazione di "prodotto televisivo".