Io, Daniel Blake

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Semplicemente Carino Valutazione 3 stelle su cinque

di FabioMillo


Feedback: 313 | altri commenti e recensioni di FabioMillo
domenica 30 ottobre 2016

 Daniel Blake (Dave Johns) è un uomo solo che ha appena avuto un infarto sul posto di lavoro e, com'è suo diritto farlo, si rivolge prontamente allo Stato per chiedere il sussidio di malattia. Nonostante il parere crontario dei medici che lo hanno in cura, Daniel viene ritenuto non autorizzato a ricevere alcun tipo di sussidio. Nel mentre  attende in una sala d'aspetto di poter far ricorso, incontra una ragazza, Katie - interpretata da Hayley Squires - e i suoi due bambini, ridotti alla miseria e impazienti di ricevere del denaro per poter anche solo mangiare. Daniel diviene allora il protagonista indiscusso nelle loro vite, aiutando la povera famiglia in qualsiasi modo e con qualsiasi mezzo, soprattutto nelle faccende domestiche. Daniel si ritrova così a lottare contro lo Stato per ottenere il suo ricorso e  contemporaneamente ad aiutare la povera famiglia ogni qualvolta fosse necessario. I personaggi evolvono e crescono insieme, imparando dai loro errori ed arrivando a commettere addirittura reati causa le loro condizioni estreme: Katie infatti diventa una escort pur di guadagnare qualcosa e Daniel decide di scrivere sui muri la sua storia, come un vero e proprio vandalo, affinchè qualcuno possa dargli una mano.

'Io, Daniel Blake' è l'ultimo lavoro di Ken Loach, regista che ha passato l'intera vita a rappresentare sul grande schermo le fatiche quotidiane dei più bisognosi e le condizioni disumane nelle quali riversano. Il messaggio principale di questo film invece è far capire che 'la società non ascolta', 'il mondo è sordo', 'pochi saranno in grado di darti una mano'.       
'Io, Daniel Blake' potrebbe definirsi una vera e propria condanna allo stato, un messaggio d'odio verso quest'ultimo.
 
Vi è una sottile differenza tra propaganda e film: in caso di propaganda un determinato messaggio viene comunicato in maniera alquanto esplicita e con modalità quasi aggressive, tanto da influire sulla psicologia collettiva (fonte: dizionario Treccani), nel momento in cui invece si decide di comunicare il proprio pensiero attraverso il cinema allora il tipo di comunicazione è molto più fine, elaborata e lo stesso messaggio celato tramite figure retoriche o 'scappatoie artistiche' - passatemi il termine. Il film per certi versi è molto più vicino al mondo della propaganda che al mondo del cinema.                                                                  
L'opera in questione ha ricevuto un sacco di critiche positive soprattutto da parte del pubblico, tanto che potremmo definirla una delle rivelazioni dell'anno, ma cerchiamo di capire: il film è stato premiato per il coraggio nel trattare determinate tematiche o per il modo in cui l'ha fatto? Queste sono cose ben diverse.                                            
Di film che parlano della povertà ce ne sono un sacco, è questa la dura realtà a cui bisogna far fronte. Dunque, in questa enciclopedia pienissima di lungometraggi che trattano lo stesso tema, come distinguere ciò che è veramente bello da ciò che è semplicemente mediocre? La risposta è semplice: il modo in cui si decide di raccontare una certa storia.                                                
Da un'approccio di tipo fantastico, attraverso le fantasie spericolate dei bambini (Un ponte per Terabithia - 2007), fino ad arrivare ad un impianto thriller quasi neo-noir (City of God - 2002); entrambi sono esempi fantastici di come trattare in maniera originale la povertà ed il disagio senza allestire una sorta di propaganda anti-statale di cui Ken Loach anche questa volta si è munito.
E' da dire che in effetti molte volte il fatto di essere particolarmente espliciti è un'ottima tecnica per far arrivare un certo messaggio, tecnica che non apprezzo, ma questo è solamente un mio giudizio, condivisibile o meno.
Per ciò che riguarda l'impianto scenico tutto quadra, tutto è perfettamente capibile e ben strutturato.
Le inquadrature sono molto interessanti e all'altezza delle atmosfere cupe che rispecchiano perfettamente lo stato d'animo dei personaggi. Ogni personaggio è sufficientemente approfondito e non esasperato, cosa che in questo periodo - purtroppo - non è così scontata.

La conclusione del film è qualcosa di fastidioso, a mio giudizio, estraneo a tutta l'atmosfera creatasi precedentemente e che sicuramente non rispetta il grido di speranza di Daniel Blake; la conclusione è coerente col messaggio del regista ma non con quello del film.
'Io, Daniel Blake' in conclusione è un pugno allo stomaco che a dirla tutta può essere apprezzato o meno, e che secondo me, è semplicemente carino.
 

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maria f. domenica 6 novembre 2016
evviva i buoni film!
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Se tu stesso ammetti che questo film "è un pugno allo stomaco " come puoi concludere dicendo che "è semplicemente carino"!"Carino" è un aggettivo che si usa per definire qualcosa di "passabile" e che non ha lasciato alcun segno.

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