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Un brivido mi corre lungo la schiena quando i titoli di testa si aprono con la scritta "Miglior regista Festival di Cannes": immediatamente mi rendo conto di dovermi preparare al solito, pedante filmetto.
Previsione rispettata in parte. La plot è quanto di più classico possa essitere: morte e vendetta. Lo sviluppo avrebbe potuto avere qualche guizzo, una svolta inaspettata, un colpo di scena. Nada.
Ryan Gosling (di cui si dice un gran bene, forse sopravvalutandolo un pelino) è nella parte: muto come un pesce, il massimo dello sforzo recitativo che gli viene chiesto è accennare qualche mezzo sorriso. Svolge il compito magnificamente.
Dopo un inizio ottimo, - il non-inseguimento a bordo della Chevrolet - Winding Refn decide di dilatare i tempi in maniera spesso intollerabile, forse aspirando a dare dare un taglio autoriale che possa elevare la pellicola dalla mediocrità. Il risultato è che, almeno nella prima parte, il colpo di sonno è perennemente in agguato, con lo spettatore in balìa dei tentativi di tratteggiare personaggi di maggior spessore. Con l'inizio della parte "ammazzo tutti", finalmente le palpebre si riaprono, seppure per assistere ad una serie di efferratezze, con tanto di obiettivi schizzati e sangue a gogo, che poco aggiungono al tutto.
Non bastano il contrasto fra la dolcezza del protagonista all'inizio la sua (sofferta, of course) ferocia alla fine, né l'eleganza formale che vuole scopiazzare (per gli estimatori direbbero "citare") un certo cinema indipendente.
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