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Per chi non lo sapesse, gli Estra sono un gruppo rock trevigiano nato nel 1991. Allora nella citt? di origine hanno fatto impazzire i ventenni, che degli anni ?70 hanno assorbito qualcosa nel Dna tramite i genitori. Molto apprezzati dalla critica, hanno avuto fortune alterne a causa del loro profilo indipendente, che li ha tenuti fuori dai giri di chi controlla la musica. Dopo un periodo di pausa, si sono ritrovati e, sostenuti dal crowdfunding dei fan, hanno prodotto un album, ?Gli anni venti? dai contenuti forti e decisi, anche sul piano politico, che ha vinto la Targa MEI / PIMI ? Premio Italiano Musica Indipendente nella categoria ?Miglior album dell?anno? (senza che ci fosse una positiva ricaduta su radio e tv). Credo che a spingere Denis Brotto il regista del film concerto ?Estra, in corpus Christi? (alla faccia del latino che vorrebbe corpore, ma corpus ? pi? pregnante), in anteprima-test al Cinema Edera di Treviso il 3 novembre, possa essere la passione di un fan che vuole rendere omaggio a una band, ma soprattutto farla conoscere, sfidando il silenzio dei media. Il film inizia con una raffica di foto del concerto finale del tour ?Gli anni venti?, tenutosi a Treviso (Suoni di Marca) il 17 luglio 2025, scattate in buona parte dall?ottima fotografa, quasi una groupie degli Estra per la sua fedele presenza agli spettacoli, Raffaella Vismara. Sono immagini posterizzate, lasciate al naturale (o meglio alle luci calde) o rese in bianco e nero. Si svela subito lo zampino del regista, docente di cinema digitale all?universit? di Padova. Il film poi si snoda alternando due filoni narratici: le riprese del concerto e dei corti (cortissimi) in bianco e nero: prevalentemente scene girate in studio con luci quasi caravaggesche e ritratti degli Estra da ragazzi (in tal caso la fotografa ? Silvia Casale, sorella di Giulio, il frontman della band). Mentre le sequenze in BN sono statiche, il racconto del concerto ha una cadenza vertiginosa, frutto di un lavoro certosino (e pazzesco!) di taglia e incolla nel montaggio. Ad accentuare il dinamismo concorre la molteplicit? dei punti di vista: pare che le telecamere siano ovunque, mille occhi puntati in tutte le direzioni, che alternano inquadrature oggettive (quello che vede o potrebbe vedere il pubblico, assumendo gli Estra come oggetto) e soggettive (quello che vedono gli artisti dal palcoscenico). Forse non c?? altrettanto equilibrio nella rappresentazione acustica, nel senso che le voci del pubblico che canta e interagisce si perdono un poco. Ne deriva un ritmo molto serrato, che fa da pendant a quello della musica: un rock alquanto duro, quasi da ?combact rock? (per dirla con i Clash): in sintonia con il contenuto dei testi, molto politicizzati. Gli anni venti di cui si parla sono quelli del XX secolo, il periodo in cui in Italia si afferm? il fascismo. Anni che, a distanza di un secolo, sembrano riecheggiare un analogo smarrimento dei valori civili (ancorati alla Costituzione e all?europeismo, esplicitamente nominati) e una regressione culturale senza pari (?La cultura regressiva stira e ammira/Il vuoto che c?? qua?: dal testo di "Nel 2026"). Ma non ? solo questo. Altrimenti non si comprenderebbe il titolo del film. Una chiave di lettura viene non solo dalle parole e dalle letture che fa Giulio Casale, ripreso con illuminazioni laterali violente, in contrasto con il nero dello sfondo: anzi, com?? nel suo stile, l?autore rifugge dal tono didascalico per caratterizzarsi per allusivit?, simbolismo, talora ermetismo. Viene forse dai sottotitoli delle canzoni che compongono l?album Gli Anni Venti. Si parte da una sensazione di fastidio (allora ?Lascio Roma e i suoi schiavi caproni/Lascio Roma e i cinghiali a pensione/Lascio i Fasci e le Corporazioni/Lobby, Mafia in qualsiasi versione?), dal desiderio di esilio e di fuga. Ma poi, dopo una fase di introspezione, pur ?tirando ideali ai muri?, si torna a condividere, a resistere (No surrender, canzone di Springsteen cantata da Giulio a Conegliano), in un?ottica di sacrificio anche personale. E qui torniamo al titolo e ai richiami cristologici contenuti nelle sequenze in BN, che vedono anche entrare in scena una croce di legno e una corona di spine). Non ? solo la fisionomia del frontman (capelli biondi e lunghi, occhi chiari, una magrezza esibita in modo insistito, dato che tutte le riprese prevedono il torso nudo) a suggerire il nesso. Bench? i messaggi del film restino volutamente in un?aurea di vaghezza o di ambiguit?, si pu? ipotizzare che aver scelto la via pi? ardua della resistenza, della battaglia di continuare a tirare ideali ai muri. Cos?, dalla presa di coscienza individuale dell?io si passa al noi e all?utopia di un cambiamento collettivo: Dobbiamo reclamare un tempo santo dell?ingenuit?/E insieme profanare il tempio vacuo dell?Iper-Realt?/Spargendo monumenti/immaginari a la fragilit?/Aprendo dentro e fuori a tutta un?altra idea di libert?. ? giusto stare qui/All?interno, all?interno/Bisogna stare qui/All?inferno, all?inferno (versi che ricordano il passo famoso di Italo Calvino sull?inferno dei viventi, a conclusione del libro ?Le citt? invisibili?). Ma questo passaggio ? vissuto come una via crucis, una sofferenza, una passione (che forse trova riscontro nel pubblico dei fan). Forse nell?adattamento cristologico c?? qualche residuo senso di colpa di chi cantava ?adesso che mi pento sono cattolico?, ma credo che prevalga la prima idea. Qualcuno, nel dibattito, ipotizzava il ricorso a didascalie per sottolineare qualche passaggio particolarmente significativo delle canzoni eseguite nel concerto (che ha visto in scaletta vecchi cavalli di battaglia degli Estra, come Il signor Jones, Miele, Risveglio, Veleno che resta: testi profondi, complessi, non certo canzonette). Ma se il film girasse anche nel web forse sarebbe possibile abbinare al video una mini-antologia di testi. Il rock?n? roll non pu? certo essere la panacea di tutti i mali, ma non ? morto e il messaggio degli Estra, al pari di quello di Dylan, Lennon, Bono, Sting, Springsteen, pu? veicolare contenuti impegnati e progressivi: ?E noi qui fermi. A Capo Chino/E tutti in fila. Tranne un bambino/E si ? sentito un no, oh no, oh no, oh no, oh?/? una lunga notte nera/Ogni rete partigiana in down/Tu che farai per resistere, tu dove andrai/Gli ultimi umani siamo noi (da ?Notte poi?).
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