elgatoloco
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mercoledì 20 giugno 2018
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uno dei migliori film d'inizio anni duemila
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Nel primo decennio degli anni Duemila c'è un film che si distingue dagli altri, almeno in ambito italiano, per piacevolezza(intendendo bellezza e intelligenza)e per capacità di coinvolgimento emotivo come razionale: "La cura del gorilla"di Carlo Antonio Sigon, da un romanzo dello scrittore -sceneggiatore Sandrone Dazieri, autore intelligente. Si noti che qui C.A.Sigon era esordiente come regista di lungometraggi, nonostante una grande storia, volendo, come autore di spots e di pubblicitario in genere. Ma il personaggio del gorilla, reso benissimo da un Claudio Bisio, non certo esordiente al cinema ma decisamente più famoso quale attore e autore in cabaret e In TV("Zelig"), ma anche teatrale, "schizo"-vagante tra una sorta di Jekyll pacioccone e bonaccione e uno Hyde molto più ambiguo e contraddittorio dell'originale stevensoniano, una dimensione"schizo"che dovrebbe dimostrare un assunto(non un messaggio, concetto comunque demolito da sir Alfred Hitchcock)che sarebbe piaciuto molto-ritengo- ai grandi pensatori del Novecento Gilles Deleuze e Felix Guattari, autori de"l'anti-Oedipe"e di moltissimo altro, è formidabile, a suo modo.
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Nel primo decennio degli anni Duemila c'è un film che si distingue dagli altri, almeno in ambito italiano, per piacevolezza(intendendo bellezza e intelligenza)e per capacità di coinvolgimento emotivo come razionale: "La cura del gorilla"di Carlo Antonio Sigon, da un romanzo dello scrittore -sceneggiatore Sandrone Dazieri, autore intelligente. Si noti che qui C.A.Sigon era esordiente come regista di lungometraggi, nonostante una grande storia, volendo, come autore di spots e di pubblicitario in genere. Ma il personaggio del gorilla, reso benissimo da un Claudio Bisio, non certo esordiente al cinema ma decisamente più famoso quale attore e autore in cabaret e In TV("Zelig"), ma anche teatrale, "schizo"-vagante tra una sorta di Jekyll pacioccone e bonaccione e uno Hyde molto più ambiguo e contraddittorio dell'originale stevensoniano, una dimensione"schizo"che dovrebbe dimostrare un assunto(non un messaggio, concetto comunque demolito da sir Alfred Hitchcock)che sarebbe piaciuto molto-ritengo- ai grandi pensatori del Novecento Gilles Deleuze e Felix Guattari, autori de"l'anti-Oedipe"e di moltissimo altro, è formidabile, a suo modo. Oltre a Bisio, altri notevolissimi interpreti, oltre a Ernest Borgnine, purtroppo scomparso quasi sei anni fa, bravissimi interpreti sono Bebo Storti, Antonio Catania, Stefania Rocca e alri/e. El Gato
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rolando7
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venerdì 1 giugno 2012
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un'occasione mancata
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Il film sorprende per la bella confezione, fotografie e ambientazioni curatissime. Anche l'idea di partenza è piuttosto originale nel panorama piatto del cinema italiano.
Alla fine però il risultato è fiacco, non del tutto riuscito.Quello che manca di più è il ritmo, spesso il film si siede e indugia su scene e dettagli poco significativi.
Ci sono almeno 10/15 minuti di troppo che, insieme alla continua e invadente voce fuori campo, appesantiscono un film che poteva essere un piccolo gioiello.
Anche la presenza di Borgnine è sostanzialmente inutile come il suo personaggio, che è stato aggiunto probabilmente per ragioni produttive e di marketing.
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Il film sorprende per la bella confezione, fotografie e ambientazioni curatissime. Anche l'idea di partenza è piuttosto originale nel panorama piatto del cinema italiano.
Alla fine però il risultato è fiacco, non del tutto riuscito.Quello che manca di più è il ritmo, spesso il film si siede e indugia su scene e dettagli poco significativi.
Ci sono almeno 10/15 minuti di troppo che, insieme alla continua e invadente voce fuori campo, appesantiscono un film che poteva essere un piccolo gioiello.
Anche la presenza di Borgnine è sostanzialmente inutile come il suo personaggio, che è stato aggiunto probabilmente per ragioni produttive e di marketing.
Bisio è bravo e la Rocca si spoglia, come sempre.
Peccato, un'occasione mancata.
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ultimoboyscout
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domenica 16 gennaio 2011
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sandrone docet.
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Film fortemente imperfetto, non passerà mai e poi mai alla storia e anzi forse in molti se lo sono già scordato. Eppure è uno di quei film che lo vedi e ti appassiona, ti prende, ti colpisce e ti diverte. Cominciamo col dire che Bisio è bravissimo, perfetto per la parte, nel ruole del protagonista che soffre di sdoppiamento della personalità. Bravissimi i personaggi di contorno Alberti-Catania-Storti, ma l'asso pigliatutto è il fantastico Ernest Borgnine classe purissima al servizio della classe operaia se così si può dire. Ambientato a Cremona, è una sorte di tributo alla città natale dello scrittore.
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Film fortemente imperfetto, non passerà mai e poi mai alla storia e anzi forse in molti se lo sono già scordato. Eppure è uno di quei film che lo vedi e ti appassiona, ti prende, ti colpisce e ti diverte. Cominciamo col dire che Bisio è bravissimo, perfetto per la parte, nel ruole del protagonista che soffre di sdoppiamento della personalità. Bravissimi i personaggi di contorno Alberti-Catania-Storti, ma l'asso pigliatutto è il fantastico Ernest Borgnine classe purissima al servizio della classe operaia se così si può dire. Ambientato a Cremona, è una sorte di tributo alla città natale dello scrittore. Giallo-noir tipicamente italiano di sicuro livello, a me è piaciuto molto perchè semplice e diretto.
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heiko h. caimi
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domenica 24 febbraio 2008
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film modesto, modestissimo: quasi presuntuoso
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Dopo l’ennesimo ricovero ospedaliero, pugnalato da un serial killer, Sandrone decide di accettare un lavoro più tranquillo: fare da accompagnatore a un vecchio attore americano dimenticato da tutti (Ernest Borgine), in Italia per fare da guest star a una convention. Ma mentre esegue di malavoglia il suo compito, Sandrone si trova a dover aiutare una ragazza (Stefania Rocca) cui hanno ucciso il fidanzato. Troppo, per un uomo solo. Per fortuna sono in due, lui e il suo Socio…
La trama, apparentemente accattivante, trova difficoltà a svilupparsi in maniera convincente, sospesa com'è tra un registro grottesco ed uno drammatico che non riescono a trovare equilibrio tra loro. E il noir, che fa capolino qua e là, come pure l'hard-boiled, tentato nei dialoghi, non fanno che confondere le acque rendendo confusa una storia che sarebbe stata meglio servita da una connotazione precisa.
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Dopo l’ennesimo ricovero ospedaliero, pugnalato da un serial killer, Sandrone decide di accettare un lavoro più tranquillo: fare da accompagnatore a un vecchio attore americano dimenticato da tutti (Ernest Borgine), in Italia per fare da guest star a una convention. Ma mentre esegue di malavoglia il suo compito, Sandrone si trova a dover aiutare una ragazza (Stefania Rocca) cui hanno ucciso il fidanzato. Troppo, per un uomo solo. Per fortuna sono in due, lui e il suo Socio…
La trama, apparentemente accattivante, trova difficoltà a svilupparsi in maniera convincente, sospesa com'è tra un registro grottesco ed uno drammatico che non riescono a trovare equilibrio tra loro. E il noir, che fa capolino qua e là, come pure l'hard-boiled, tentato nei dialoghi, non fanno che confondere le acque rendendo confusa una storia che sarebbe stata meglio servita da una connotazione precisa. Il tutto complicato da una sottotrama a sfondo sociale e dal tentaivo di rendere frizzanti alcune situazioni con battute da commedia italo-americana.
Un tentativo malriuscito, quello di Sigon, nel quale si notano tutti i limiti delle origini professionali del regista, specializzato in spot pubblicitari, e che resta alla superficie di tutto senza mai riuscire a dare sostanza alla storia narrata. La fotografia è curatissima, non così la sceneggiatura (scritta insieme all'auotre del romanzo da cui è tratta la pellicola, Sandrone Dazieri) e la recitazione.
Bisio è totalmente inadeguato a rendere la figura del doppio (quando "cambia" rimane identico, e non basta un'espressione del volto forzatamente ingrugnata amigliorare le cose), e non riesce a trovare equilibrio in un ruolo diverso da quelli cui è abituato: mancando il registro comico, l'attore appare completamente spaesato, e per quanto si sforzi non ci regala una prova convincente.
Stefania Rocca appare sempre uguale a se stessa, e l'unico momento di emozione che riesce a dare è nei pochi secondi in cui appare completamente nuda.
La voce fuori campo è a volte insopportabile, sia nel suo tono eccessivamente dimesso, sia nell'infelice scelta di usarla per coprire alcuni dialoghi (primo fra tutti la confessione del meccanico interpretato da Bebo Storti, attore sprecatissimo nella parte che gli è stata assegnata).
Gigio Alberti e Antonio Catania non fanno che replicare se stessi, incapaci, certo grazie anche a Signon, di uscire dai soliti ruoli.
Il tema degli immigrati clandestini, che vorrebbe arricchire la trama con un sottofondo sociale, è trattato in maniera talmente superficiale e convenzionale da risultare pretestuosa, mentre con un minimo di attenzione in più avrebbe fornito un contesto credibile a una storia estremamente traballante.
Più che di rinascita del poliziesco all'italiana, come hanno scritto alcuni, si tratta di un affossamento definitivo del genere, assai meglio servito da registi ben più dotati quali, fra tutti, Riccardo Freda e Umberto Lenzi. Ma anche Sergio Martino avrebbe maneggiato meglio il materiale a disposizione.
Imperdibile, per altro, la presenza di un ultra novantenne Ernest Borgnine che, come il suo personaggio nel film, non molla mai e dà ancora ottime prove si sé. Ma non basta per salvare una pellicola inutile che conferma, ancora una volta, la vuotezza del cinema italiano di questi anni.
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phantom
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lunedì 3 settembre 2007
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una piacevole sorpresa.
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Ho visto ieri il DVd e mi ha piacevolmente sorpreso con la sua originalità in un genere quasi sempre ingessato nei suoi stereotipi.
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dido93
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domenica 6 maggio 2007
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non è arte vostra...
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...che dire...saltatelo a piè pari...un film semplicemente "superfluo"...riuscisse almeno a mantenere desta l'attenzione... Meglio passare oltre...
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sergio
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mercoledì 21 marzo 2007
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un pò inverosimile
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il film scorre bene, bisio è come sempre molto bravo, con la sua inesauribile vena ironica anche nei momenti più crudi, bellissima la scena quando sviene con il fil di ferro attorcigliato intorno al collo tutto arricciato a mò di pacco regalo!debole ed inverosimile la storia, troppo schierata ideologicamente, il prete l'assassino, i buoni quelli centri sociali,la polizia i cattivi a parte uno ( che però era un ex contestatore! ) involontariamente comico poi il laboratorio di polizia scientifica clandestino, ma dai!!comunque un film valido
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ferragosto
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martedì 15 agosto 2006
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bravo sigon
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Ho trovato Sigon molto bravo alla regia,inquadrature bellissime.........
delusa dal finale.COMPLIMENTI a Stefania Rocca che non si smentisce mai.....è veramente una grande attrice!
Sigon merita di andare avanti........
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ginkgo
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domenica 30 aprile 2006
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autoreferenziale
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scontato il finale , poco definito lo sdoppiamento tutto giocato su Bisio ed il suo personaggio , appena accennati i personaggi minori , il noir non e' questo , e forse non voleva esserlo , per questo 2 stelle.
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renello
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sabato 11 febbraio 2006
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per fare un noir... ci vuole metodo
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Una stella per "la cura del gorilla". ma solo per le intenzioni di partenza. La Colorado, dopo l'apertura di un ala, la"colorado noir", dedicata appunto a questo genere, si cimenta di nuovo nell'impresa, dopo il successo del delicatissimo "quo vadis baby". Purtoppo per l'esordiente Sigon i film di genere, primo fra tutti il noir, richiedono una conoscenza dei linguaggi specifici che va ben al di là della semplice cognizione aquisita. E' per questo che ogni volta che perdiamo di vista l'identità del protagonista, ogni volta che sentiamo pronunciare le parole "maledizione" o "sbirro", ogni volta che ci soffermiamo a considerare le ambientazioni e le atmosfere, colonne strutturali di questo tipo di cinema, ci ricordiamo che i personaggi che si muovono al loro interno.
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Una stella per "la cura del gorilla". ma solo per le intenzioni di partenza. La Colorado, dopo l'apertura di un ala, la"colorado noir", dedicata appunto a questo genere, si cimenta di nuovo nell'impresa, dopo il successo del delicatissimo "quo vadis baby". Purtoppo per l'esordiente Sigon i film di genere, primo fra tutti il noir, richiedono una conoscenza dei linguaggi specifici che va ben al di là della semplice cognizione aquisita. E' per questo che ogni volta che perdiamo di vista l'identità del protagonista, ogni volta che sentiamo pronunciare le parole "maledizione" o "sbirro", ogni volta che ci soffermiamo a considerare le ambientazioni e le atmosfere, colonne strutturali di questo tipo di cinema, ci ricordiamo che i personaggi che si muovono al loro interno... sono di Cremona. I personaggi sono italiani al 100 per 100, ma si comportano, agiscono, usano termini che non fanno parte della nostra cultura, in un meccanismo di imitazione, anche alquanto infantile, dei clichè di questo genere. Ne viene fuori un quadro sconfusionato in cui anche ottimi attori hanno difficoltà a destreggiarsi (primo fra tutti un Claudio Bisio come non lo avevo mai visto, e vi garantisco che non è un complimento...). Per fare un noir ci vuole metodo, e dato che il noir è un genere che non appartiene alla nostra cultura, prima dobbiamo ricontestualizzarlo all'interno di essa, in modo che tutto risulti credibile. Soprattutto nel rispetto di attori come Borgnine, a cui risultare credibili sembra quasi un gioco da ragazzi.
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