emilio concettoni
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lunedì 11 agosto 2025
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lento e poco coinvolgente
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Atraverso una serie di salti temporali, tra il passato dei flashback e il presente, scopriamo una fase della vita di Goliarda Sapienza, scrittrice da poco uscita dal carcere femminile di Rebibbia. La vediamo stringere legami in cella, soprattutto con Roberta (M. De Angelis) e con la più problematica Barbara (Elodie) . Successivamente, la vediamo "fuori" dalla cella, con una situazione economica non facile. Apprendiamo il motivo dell'arresto e la vediamo con il compagno di quei tempi, l'attore Angelo Pellegrino (C. Fortuna). Nel frattempo però la vediamo soprattutto scrivere, ha scritto molto nel passato e sporadicamente è stata pubblicata. Stavolta, Martone non si ripete sui livelli (alti) dei suoi film precedenti e le ottime interpretazioni di Golino e De Angelis non riescono a "smuovere" una storia, che pur partendo da una base interessante come la vicenda complessa di una donna intelligente e spregiudicata come Goliarda Sapienza, rimane fredda e poco coinvolgente.
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Atraverso una serie di salti temporali, tra il passato dei flashback e il presente, scopriamo una fase della vita di Goliarda Sapienza, scrittrice da poco uscita dal carcere femminile di Rebibbia. La vediamo stringere legami in cella, soprattutto con Roberta (M. De Angelis) e con la più problematica Barbara (Elodie) . Successivamente, la vediamo "fuori" dalla cella, con una situazione economica non facile. Apprendiamo il motivo dell'arresto e la vediamo con il compagno di quei tempi, l'attore Angelo Pellegrino (C. Fortuna). Nel frattempo però la vediamo soprattutto scrivere, ha scritto molto nel passato e sporadicamente è stata pubblicata. Stavolta, Martone non si ripete sui livelli (alti) dei suoi film precedenti e le ottime interpretazioni di Golino e De Angelis non riescono a "smuovere" una storia, che pur partendo da una base interessante come la vicenda complessa di una donna intelligente e spregiudicata come Goliarda Sapienza, rimane fredda e poco coinvolgente. Il montaggio, fatto soprattutto nel primo tempo di flashback, a tratti risulta confusionario. Malgrado le ottime interpretazioni delle attrici che interpretano Goliarda e Roberta, neanche i dialoghi restituiscono in modo esauriente il loro legame e l'eventuale carica erotica che potrebbe sottenderlo. La mano di Martone ovvero di un regista di alto livello si sente, ma non è un film al livello dei suoi precedenti, come "Nostalgia" (2022) che in modo molto più potente e coinvolgente racconta il ritorno di un uomo a Napoli, in cui dovrà fare i conti col proprio passato.
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ralphscott
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mercoledì 23 luglio 2025
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con quella faccia un po' cos
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Delicato, riuscito film di donne, sospeso come il misterioso mondo della scrittrice protagonista, una Golino (e chi meglio di lei?) che stupisce nella sua elegante ed emozionante imperscrutabilit?, eterea e bislacca, amabile nella sua andatura incerta. Intensa la De Angelis. Ottima l'Ottavia di Daphne Scoccia, sorprendente Elodie. La mano di Martone ci porta in una Roma carica di nostalgia, accarezzandola con immagini evocative, dove anche le architetture dei palazzi incantano.
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zelig62
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domenica 13 luglio 2025
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brutto film
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Attrici brave, film noioso, raccontato male, incomprensibile lo sfondo storico. Il solito film finanziato con soldi pubblici.
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cardclau
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giovedì 12 giugno 2025
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la marginalizzazione
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Il film ci presenta la storia di Goliarda Sapienza e delle sue compagne di vita, recluse a Rebibbia e poi rilasciate (nel nulla), in un mondo femminile inquieto, instabile, insicuro, fragile, privo di una figura maschile della quale fidarsi e affidarsi, incompleta anch’essa, dove l’esperienza carceraria ha la doppia valenza di proteggerle dalla durezza della vita per chi non è nata con la camicia, e di privarle del bene supremo della libertà sottoponendole agli abusi (piccoli o grandi) dell’ambiente carcerario dove la solidarietà fra secondine e carcerate è cosa rara. Quando sei marchiato come cattivo dalla società lo sei per sempre, non c’è nessuna possibilità di redenzione, e l’unica possibilità è quella di rimanerne disperatamente ai margini finché la vita ti dà fiato.
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Il film ci presenta la storia di Goliarda Sapienza e delle sue compagne di vita, recluse a Rebibbia e poi rilasciate (nel nulla), in un mondo femminile inquieto, instabile, insicuro, fragile, privo di una figura maschile della quale fidarsi e affidarsi, incompleta anch’essa, dove l’esperienza carceraria ha la doppia valenza di proteggerle dalla durezza della vita per chi non è nata con la camicia, e di privarle del bene supremo della libertà sottoponendole agli abusi (piccoli o grandi) dell’ambiente carcerario dove la solidarietà fra secondine e carcerate è cosa rara. Quando sei marchiato come cattivo dalla società lo sei per sempre, non c’è nessuna possibilità di redenzione, e l’unica possibilità è quella di rimanerne disperatamente ai margini finché la vita ti dà fiato. È indubbio che la funzione carceraria è quella di allontanare i disturbatori, di solito poveri e con storie di importante deprivazione alle spalle, da quel mondo idilliaco, bucolico, dei borghesi benpensanti che credono di vivere nell’ordine e nel prevedibile, e dove non la Giustizia ma la Legge è di casa. Basta vedere la situazione sotto questi occhi nella “democrazia” ridotta al lumicino, degli Stati Uniti. Le attrici che danno un volto alle protagoniste reali (Valeria Golino, Matilda De Angelis, Elodie, …) sono tutte bravissime: lo smarrimento femminile, con le sue innumerevoli versioni, e con i suoi tragici sviluppi quando il periodo magico e spensierato della giovinezza si è conclusa, è potente. Ci può indurre ad una imprevedibile riflessione.
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(di valentina)
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laura pacciarella
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domenica 1 giugno 2025
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autoreferenziale e privo di sottitoli in italiano
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Concordo con una recensione del critico Guy Lodge di Variety che scrive del film "ripetitivo e non lineare ... con risultati emotivamente muti e talvolta stranamente strumentali". Anch'io l'ho trovato lento, autoreferenziale, con scene che potevano essere eliminate senza nulla togliere alla vicenda. Un tentativo di dimostrare qualcosa che non ho capito. L'amore fisico tra donne forse, poiché l'amicizia tra donne è cosa nota. Oppure la sofferente vita nel carcere che tuttavia deresponsabilizza chi ci vive e ne rende l'esistenza più facile dentro che fuori. Non so. Ho pazientemente aspettato la fine del film. Ma quello che non approvo è la mancanza di sottotitoli in lingua italiana.
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Concordo con una recensione del critico Guy Lodge di Variety che scrive del film "ripetitivo e non lineare ... con risultati emotivamente muti e talvolta stranamente strumentali". Anch'io l'ho trovato lento, autoreferenziale, con scene che potevano essere eliminate senza nulla togliere alla vicenda. Un tentativo di dimostrare qualcosa che non ho capito. L'amore fisico tra donne forse, poiché l'amicizia tra donne è cosa nota. Oppure la sofferente vita nel carcere che tuttavia deresponsabilizza chi ci vive e ne rende l'esistenza più facile dentro che fuori. Non so. Ho pazientemente aspettato la fine del film. Ma quello che non approvo è la mancanza di sottotitoli in lingua italiana.
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fulviowetzl
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domenica 1 giugno 2025
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l''urgenza di capire
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Un film febbrile torrido e disperato, perfetto ritratto emotivo di una grande artista, con una voglia inesausta di capire e di esprimere e comunicare quanto ha capito attraverso la scrittura. Io stesso mi sono trovato impastato, invischiato nei colori desaturati e polverosi della fotografia di Paolo Carnera (autore anche della fotografia diversa ma complementare dell'altro capolavoro romanocentrico Città proibita di Gabriele Mainetti) , di questi non luoghi, resi metafisici, in un tentativo disperato di razionalizzazione del fascismo negli anni 30, dai lacerti di archi a perdifiato e tutto tondo dei fianchi mazzoniani di Termini, delle panchine e marciapiedi con marmi pregiati (portoro?); degli interni veri di Rebibbia, i cortili polverosi, dove menarsi, rotolarsi, infangarsi, per cercare di capire, entrare in contatto, mischiarsi e poi capire, attraverso lo sguardo assorbente, ma mai indagatore di Goliarda Valeria, e la umanissima profumiera Elodie, e l'anima ondivaga conturbante e perturbante di una meravigliosa Matilda de Angelis.
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Un film febbrile torrido e disperato, perfetto ritratto emotivo di una grande artista, con una voglia inesausta di capire e di esprimere e comunicare quanto ha capito attraverso la scrittura. Io stesso mi sono trovato impastato, invischiato nei colori desaturati e polverosi della fotografia di Paolo Carnera (autore anche della fotografia diversa ma complementare dell'altro capolavoro romanocentrico Città proibita di Gabriele Mainetti) , di questi non luoghi, resi metafisici, in un tentativo disperato di razionalizzazione del fascismo negli anni 30, dai lacerti di archi a perdifiato e tutto tondo dei fianchi mazzoniani di Termini, delle panchine e marciapiedi con marmi pregiati (portoro?); degli interni veri di Rebibbia, i cortili polverosi, dove menarsi, rotolarsi, infangarsi, per cercare di capire, entrare in contatto, mischiarsi e poi capire, attraverso lo sguardo assorbente, ma mai indagatore di Goliarda Valeria, e la umanissima profumiera Elodie, e l'anima ondivaga conturbante e perturbante di una meravigliosa Matilda de Angelis. Un film sporco sfilacciato frammentario ma purissimo in cui Martone nuota facendosi e facendoci stregare senza reticenze dalle sue attrici e dai suoi personaggi, stregati vieppiù dalla sottile voce arcana e disperata di Robert Wyatt, coeva ai tempi dell'azione ma mai cosi congrua al dettato del film. Un film che si pone come un dittico, insieme all'Arte della Gioia di Valeria Golino, perfetta trascrizione della sublimazione narrativa di Goliarda Sapienza. Come dire, è da questo contesto e da questa esperienza immersiva che è nato questo testo, reso meraviglioso dalla fotografia nitidissima, ma non patinatadi Fabio Cianchetti, e dall'interpretazione di un gruppo di attrici immolate nella parte, in primis La meravigliosa Tecla Insòlia.
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sabato 31 maggio 2025
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realistico e ben diretto
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Buon cast. Sorprendente Elodie. La Golino non mi ha mai entusiasmato ma questa volta ? un eccezione! Brave tutte!!
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fulviowetzl
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giovedì 29 maggio 2025
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polvere d''amore
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Ricevo e copio da Maria SardellaA proposito del film Fuori (regia di Mario Martone), visto ieri sera, queste le mie impressioni rielaborate al mattino. Ieri sera mi ero avvinta al personaggio interpretato da lei, la Golino, una interprete magistrale di ogni personaggio femminile. Non si è mai concessa una andata in scena ammiccante, eppure è una donna manifestamente bella. Lei rifugge da ruoli banali. Questa sua prerogativa la distingue, lei affascina sempre per il suo sguardo perduto che interiorizza il mondo di fuori aprendo la porta del "dentro" ( il dentro di noi, ciascuna di noi) senza molestie. Per questo film, Martone è andato dritto alla mèta, senza impicci e raggiri e.
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Ricevo e copio da Maria SardellaA proposito del film Fuori (regia di Mario Martone), visto ieri sera, queste le mie impressioni rielaborate al mattino. Ieri sera mi ero avvinta al personaggio interpretato da lei, la Golino, una interprete magistrale di ogni personaggio femminile. Non si è mai concessa una andata in scena ammiccante, eppure è una donna manifestamente bella. Lei rifugge da ruoli banali. Questa sua prerogativa la distingue, lei affascina sempre per il suo sguardo perduto che interiorizza il mondo di fuori aprendo la porta del "dentro" ( il dentro di noi, ciascuna di noi) senza molestie. Per questo film, Martone è andato dritto alla mèta, senza impicci e raggiri e...bravo! Ha saputo raccontare tutto in un fiato, un grande regista, che apprezzo più di Sorrentino che si allontana dalla vita vissuta ritenendola banale usando rituali trasformisti in una rinnovata teoria delle forme simboliche di panoskiana memoria. Sorrentino va per la magia di un racconto evocativo, Martone dal di dentro dell'anima guarda e vive la vita proprio del protagonista che esamina, togliendo la forma esterna per guardagnare il suo "efflato vitale". Quanto è difficile rappresentare ciò lo sa il cinema francese, capofila Godard. Insomma, sì, confermo, mi è piaciuto Fuori, un racconto tra l'altro di una vita vera, come lui stesso ha voluto sottolineare nelle immagini in coda. Nel film ogni spazio, che sembra talvolta dissociato, mette a fuoco un pezzo di verità, offrendolo al commento analitico più che alla libera interpretazione, ogni atto è un esame concluso dove abitano le storie individuali, uniche ma non per questo predisposte all'isolamento, che anzi...la complicità, tutta femminile, tende il filo di ogni scena, e ne viene fuori il nostro mondo di Donne. Donne che si tengono per mano. Sì, mi è piaciuto ma resta un film tutto al femminile, dove gli uomini non hanno posto, restano dei pali all'angolo, dunque un film di sfumature che paiono dissociate, difficili da trattenere. Per gli uomini ancora di più. E questo fa la differenza. (Ricevuto da Mimma Sardella) questa è la mia:Bellissima e ampiamente condivisibile. Io stesso mi sono trovato impastato, invischiato nei colori desaturati e polverosi della fotografia di Paolo Carnera (autore anche della fotografia diversa ma complementare dell'altro capolavoro romanocentrico Città proibita di Gabriele Mainetti) , di questi non luoghi, resi metafisici, in un tentativo disperato di razionalizzazione del fascismo negli anni 30, dai lacerti di archi a perdifiato e tutto tondo dei fianchi mazzoniani di Termini, delle panchine e marciapiedi con marmi pregiati (portoro?); degli interni veri di Rebibbia, i cortili polverosi, dove menarsi, rotolarsi, infangarsi, per cercare di capire, entrare in contatto, mischiarsi e poi capire, attraverso lo sguardo assorbente, ma mai indagatore di Goliarda Valeria, e la umanissima profumiera Elodie, e l'anima ondivaga conturbante e perturbante di una meravigliosa Matilda de Angelis. Un film sporco sfilacciato frammentario ma purissimo in cui Martone nuota facendosi e facendoci stregare senza reticenze dalle sue attrici e dai suoi personaggi, stregati vieppiù dalla sottile voce arcana e disperata di Robert Wyatt, coeva ai tempi dell'azione ma mai cosi congrua al dettato del film. Un film che si pone come un dittico, insieme all'Arte della Gioia di Valeria Golino, perfetta trascrizione della sublimazione narrativa di Goliarda Sapienza. Come dire, è da questo contesto e da questa esperienza immersiva che è nato questo testo, reso meraviglioso dalla fotografia nitidissima, ma non patinatadi Fabio Cianchetti, e dall'interpretazione di un gruppo di attrici immolate nella parte, in primis La meravigliosa Tecla Insòlia.
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alex2044
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giovedì 29 maggio 2025
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faticoso
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Complesso l'argomento , contorto ed anche confuso lo svolgimento . Bravissima Valeria Golino , che salva il film , brave tutte le altre .Il problema ? la regia , stranamente data la bravura di Martone , non.all'altezza del compito . Si arriva alla fine come affaticati ed anche un po' liberati . Peccato !
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rosalinda laurelli gaudiano
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mercoledì 28 maggio 2025
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uno sguardo acuto e profondo sulla vita...
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...non è un biopic sulla scrittrice scomparsa nel 1996, ma è uno sguardo acuto e profondo sullo spaesamento verso la vita stessa...
Goliarda e Roberta sono amiche molto particolari. La loro amicizia è nata nel carcere di Rebibbia. Goliarda Sapienza, scrittrice, è finita in carcere per aver rubato dei gioielli ad una sua amica intima e Roberta, eroinomane, per lotta armata e delinquenza incancrenita. Si sono cercate, ritrovate nella calda e assolata estate romana dove il quotidiano quasi si smaterializza e si fonde con i ricordi carcerari. Roma diventa con le due amiche “fuori” la terza protagonista, la città della storia eterna, soffocata da una luce straordinaria che quasi smaterializza le imponenze dei palazzi di quartiere . Goliarda, senza un soldo, ormai disillusa sulla pubblicazione del suo ultimo romanzo “La città della gioia”, è profondamente smarrita. Roberta è la materializzazione della malvivenza al quadrato. “Fuori” diretto da Mario Martone e sceneggiato insieme a Ippolita di Majo, liberamente tratto dalle opere di Goliarda Sapienza, non è un biopic sulla scrittrice scomparsa nel 1996, ma è uno sguardo acuto e profondo sullo spaesamento verso la vita stessa di queste due donne. L’esperienza carceraria è prepotente e come dirà la stessa Goliarda al marito Angelo Pellegrino, il suo “fuori” è sentirsi “dentro” quando è con le compagne di cella, e cosa più particolare è sentire dentro di sè un consolabile senso di libertà. Martone inserisce dettagli che sfuggono, sembrano inutili, ma che significano la narrazione. Ogni dettaglio, come un giornale ripiegato ben bene su un tavolo mette in mostra il titolo di un fatto di cronaca nera, o l’andirivieni dei ricordi carcerari nella mente frastornata di Goliarda. “ Le ore del nostro presente sono già leggenda”, una scritta su un cavalcavia che le due amiche leggono e fanno propria, nella ricerca costante di una loro collocazione nel mondo, virtualmente imprigionate consenzienti dietro quelle sbarre. E Martone richiama più volte nelle sequenze della narrazione questa dimensione carceraria, ma capovolge il significato ponendo le due donne in una sorta di luogo libero, consolatorio. Il regista , giocando sul fuori- dentro e dentro-fuori… dalla gabbia della vita, dirige un’opera cinematografica potente e magnifica, nel racconto di un sentire frastornato di una donna che passa il tempo “stronandosi”, scrivendo. Una donna per la quale il carcere ha accentuato e alla fine definito una rottura con il “fuori”, la quotidianità , l’organizzazione della vita stessa, quel carcere con la sua umanità rinchiusa, ma che a conti fatti le ha regalato anche un particolare senso di libertà. Magistrali le interpretazioni sia di Valeria Golino nella caratterizzazione di Goliarda Sapienza e di Matilde De Angelis nei panni di Roberta.
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