
Titolo originale | Loveable |
Anno | 2024 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Norvegia |
Durata | 101 minuti |
Regia di | Lilja Ingolfsdottir |
Attori | Helga Guren, Oddgeir Thune, Heidi Gjermundsen Broch, Marte Magnusdotter Solem Elisabeth Sand, Kyrre Haugen Sydness, Mona Grenne. |
Uscita | mercoledì 30 aprile 2025 |
Tag | Da vedere 2024 |
Distribuzione | Wanted |
MYmonetro | 3,00 su 8 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 22 aprile 2025
Un'intensa riflessione sulla fragilità delle relazioni e sulla forza necessaria per ritrovare sé stessi quando la coppia va in crisi. In Italia al Box Office La solitudine dei non amati ha incassato 54,5 mila euro .
CONSIGLIATO SÌ
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Maria, già madre di due figli e divorziata dal primo marito, incontra a una festa Sigmund, con cui scatta l'amore. I due costruiscono una nuova famiglia ma il rapporto pian piano si deteriora tra incomprensioni, accuse reciproche e impeti di rabbia, lasciando Maria a chiedersi se ci sia qualcosa che non va in lei. Un'altra separazione sarà l'occasione per guardarsi dentro e ripensare sia il rapporto con Sigmund che quello con i figli.
Impietoso e incisivo, l'esordio alla regia della norvegese Lilja Ingolfsdottir trascina lo spettatore in un tour de force a cui ogni spettatore saprà relazionarsi.
Attraverso la figura di Maria, lo sguardo di Ingolfsdottir scruta con acume le mille difficoltà che si presentano nel tenere insieme il rapporto amoroso, offrendo il ritratto di una donna alle prese con il carico logistico ed emotivo di una famiglia intera, spesso sbilanciato sulle sue spalle. Lo fa però senza adagiarsi nel luogo comune, e cercando una sua strada con una lucidità d'analisi tutta scandinava.
Il titolo italiano assolve la protagonista più di quanto non facciano l'originale norvegese o quello internazionale (Loveable), che invece indagano con ironia una dimensione individuale, di cui i rapporti esterni sono solo il riflesso. E infatti il film, pur rimanendo anche una spinosa anatomia di una separazione, prende una piega decisa verso l'autoanalisi e l'importanza del rapporto con noi stessi - quello da cui nessun divorzio o pausa di riflessione ci potrà mai salvare.
Il trait d'union con La persona peggiore del mondo è labile e si limita a uno dei produttori, (Thomas Robsahm) eppure è comprensibile, visto che quello di Trier è il film norvegese di più alto profilo in questo decennio e gli argomenti sono simili. Ma Trier vola alto e fa cinema simbolico, mentre Ingolfsdottir rimane con i piedi per terra e da lì raccoglie con pazienza i pezzi sparsi di una vita già vissuta. In questo il suo approccio analitico ha più in comune con la trilogia Sex Love Dreams di Dag Johan Haugerud, e scava profondo nella figura di Maria fin quasi a strapparle via l'anima. È un film doloroso, ben condotto da Helga Guren la cui performance nel ruolo della protagonista è un'escursione intrepida tra le pieghe di un lungo nervo scoperto.
Al primo lungometraggio (ma forte di una corposa esperienza nei corti), la regista scivola a volte in una dimensione troppo letterale o inutilmente melodrammatica, in un'opera altrimenti scritta con buon senso della misura. Si tratta però di pochi momenti, ampiamente ripagati da un'esplorazione profonda dei limiti e delle mancanze che una persona può avere come partner. Se raccontare la fine di un amore è piuttosto comune, questa storia sembra chiederci un passo in più, domandando se le cause siano sempre state lì, dentro di noi.
Interessante il film della regista norvegese Lilja Ingolfsdottir, La solitudine dei non amati. Numerose sono le tematiche affrontate, ma ne prendiamo qualcuna, per raggiungere un maggior livello di consapevolezza. Credo che la base sia quella di sentirsi nella testa di qualcuno, che ti permette di esistere, di programmare la vita con vivacità, da renderla degna di essere vissuta.
Fa presagire una direzione, poi ne intraprende con naturalezza un'altra: «La solitudine dei non amati», conturbante titolo italiano che riveste il semplice «Loveable» (amabile, adorabile) dell'originale, ha una cornice da parabola sentimentale e pare concentrarsi sull'eutanasia di un amore. Ma non è esattamente così, perché la debuttante regista norvegese (di origini islandesi) Lilja Ingolfsdottir [...] Vai alla recensione »
Maria, donna divorziata con due figli a carico, adorabile non è (il titolo originale sarebbe "Loveable"): è egocentrica e asfissiante nelle sue relazioni amorose, quanto quelle con la madre. Con Sigmund, il nuovo compagno che ha ostinatamente voluto, ha altri due figli il cui accudimento la porta sull'orlo dell'esaurimento nervoso e a nuovo divorzio.
Scene da un matrimonio norvegese. Maria incontra Sigmund a una festa ed è colpo di fulmine. Lei è divorziata con due figli, lui è libero e con i bambini va d'accordo. Stacco. I bimbi son diventati quattro, l'idillio è finito. Sigmund sempre fuori per lavoro, Maria chiusa in casa a badare alla prole, non un minuto per sé, per i progetti che dice di avere in testa.
Descrivere il matrimonio di Maria (una straordinaria Helga Guren, quasi brutale) e Sigmund (Oddgeir Thune) come un campo di battaglia suggerirebbe che ci siano due parti in conflitto. Ma Sigmund, musicista, è spesso assente per lavoro, anche per lunghi periodi, mentre Maria è lasciata sola a gestire quattro figli (due più grandi e scontro si avuti da un precedente matrimonio, e due più piccoli avuti [...] Vai alla recensione »
Bloccata dal conflitto interiore tra rabbia e bisogno d'amore, divorziata e madre disoccupata, Maria incontra l'uomo della vita, fa due figli e tuttavia ha ancora un grumo di nevrosi distruttiva. Che cosa non funziona nel cuore e nella mente? Al contrario della letteratura, il cinema (e il teatro) non «scrive» dell'interiorità, la drammatizza per ispezionarla, cosa difficile, e qui la regista esordiente [...] Vai alla recensione »
Il cinema del Nord Europa ha spesso raccontato i rapporti interpersonali in modo nuovo, senza censure. In origine, negli anni '60-'70 era una questione di sesso, di corpi, di carnalità, ora il focus si è spostato su questioni più esistenziali: l'identità, il contatto con l'altro, l'impatto con il caos esistenziale contemporaneo. Lo ha detto, chiaramente, la trilogia di Dag Johan Haugerud (Sex, Dreams, [...] Vai alla recensione »
Esordio della norvegese Lilja Ingolfsdottir, al debutto nel lungometraggio dopo un apprendistato non di poco conto nel corto (13 regie, dal 1998 a oggi), La solitudine dei non amati inizia dove un altro film, probabilmente, finirebbe. Dall'happy end. E cioè dall'incontro di Maria (Helga Guren, premiata a Karlovy Vary 2024) con Sigmund: lei va per i 40, ha due bambini ed è reduce da «una brutta relazione», [...] Vai alla recensione »