Un documentario sul coraggioso movimento di resistenza civile non violenta, formato da giovani e nato per contrastare l’emergenza climatica. Scritto con Paolo Giordano. Dal 6 marzo al cinema. BIGLIETTI QUI»
di Paola Casella
Ultima generazione è un movimento di resistenza civile non violenta formato da giovani e nato per contrastare l’emergenza climatica. Nel passato recente è finito sulle pagine dei giornali di tutto il mondo per via di alcune azioni di disobbedienza civile particolarmente visibili, e molto criticate: le mani incollate al quadro La Primavera di Botticelli degli Uffizi, la vernice nera nelle acque della Fontana di Trevi, il fango gettato contro le sedi istituzionali dopo le alluvioni del 2023. Una visibilità che è lo scopo del loro attivismo, e che comprende anche il denudarsi o lo sdraiarsi in mezzo a strade e autostrade bloccando il passaggio del traffico (e rischiando di essere investiti dagli autisti imbufaliti).
Il documentario Come se non ci fosse un domani, scritto e diretto da Riccardo Cremona e Matteo Keffer con la consulenza di Paolo Giordano e prodotto da Ottavia Virzì con la Motorino Amaranto del padre Paolo e da Marco Belardi con il patrocinio di Amnesty International, racconta il percorso di Ultima generazione facendone parlare i componenti, a volte contrapponendoli con giornalisti, politici, opinionisti e parenti uniti nel condannare non solo il loro attivismo, ma il loro dedicargli la vita, abbandonando ogni progetto di lavoro: scopriamo infatti che uno degli attivisti è laureato in Storia e filosofia e voleva fare l’insegnante, un’altra è una ballerina che voleva utilizzare la danza come terapia, un altro ancora ha studiato al Conservatorio e sognava una carriera da musicista.
Invece sono una cinquantina (a volte di più, quando riescono ad aggregare consenso) intenti a denunciare h24 i rischi per il clima, peraltro documentati nel film dalle sequenze di recenti disastri climatici in Italia come la siccità in Sicilia o le alluvioni in Toscana. Le loro “operazioni di disturbo” sono considerate da molti discutibili, ma una portavoce di “Ultima generazione” dirà: “Smettetela di parlare dei nostri metodi, parlate della crisi climatica”. Ed è questo il punto che fa Come se non ci fosse un domani: vogliamo continuare a guardare il dito, o ci decidiamo a guardare la luna?
“I veri estremisti pericolosi sono i Paesi che stanno aumentando la produzione di carbon fossile”, e a dirlo non sono stati gli attivisti di Ultima generazione, ma il Segretario Generale dell’ONU Antonio Guterres. E il rapporto IPCC dell’ONU del 2023 ha avvisato che “la finestra di opportunità per garantire un futuro visibile e sostenibile a tutti si sta rapidamente chiudendo”. Non c’è tempo, ripetono gli attivisti di Ultima generazione, il cui nome richiama proprio quell’urgenza, gridano: “Che cosa ci vuole perché ci si svegli?”. E quando fanno notare loro che per il loro attivismo stanno ricevendo insulti, botte e detenzioni, rispondono: “È molto peggio quello che ci aspetta”.
Come se non ci fosse un domani mostra molto bene anche la loro paura prima di ogni azione (come l’incipit di Tutti i battiti del mio cuore), e il loro stringersi l’uno all’altro per farsi coraggio. Così come mostra le preoccupazioni dei loro genitori, che temono per l’incolumità dei propri figli e li vedono “buttare via la loro vita” – cosa che probabilmente hanno fatto i genitori di tutti gli attivisti politici del passato, che magari poi verranno definiti martiri o eroi. Il documentario, per quanto si metta evidentemente a fianco di Ultima generazione, lascia che siano gli spettatori a trarre conclusioni, e non rende mai i protagonisti personaggi, tanto che non li presenta con un sottopancia: perché il punto è mostrare il loro impegno collettivo, quel “rischiare tutto perché è la cosa giusta da fare”, e perché “battersi per un altro mondo non solo è possibile, ma indispensabile”. Noi, dalle nostre poltrone, dobbiamo decidere se stare dalla loro parte, o voltarci dall’altra.