
Uomini ai poli opposti si inventano un raggiro online per salvare la pastorizia sarda ne Il sogno dei pastori. Al cinema.
di Fabio Secchi Frau
Non poteva che scegliere due protagonisti agli antipodi per esacerbare la distanza legale tra i personaggi principali di Il sogno dei pastori. Da una parte, uno dei volti più seducenti della fiction italiana dai grandi ascolti (Il paradiso delle signore, Kostas), Fabio Fulco. Dall'altra, l'immacolato attore feticcio di Bonifacio Angius (Perfidia, Ovunque proteggimi), Alessandro Gazale. Costa Smeralda e Barbagia. Influencer continentale e pastore sardo. Tecnologia e tradizione. Truffatore e lavoratore onesto. Per irridere della credulità della rete e tentare di uscire insieme da crisi esistenziali individuali, salvando un settore economico dimenticato da quella che il documentarista Tomaso Mannoni (qui passato ai film a soggetto) indica come una degenerata politica nazionale e regionale.
Il quadro è statico fin dall'inizio del film, quando il fuggiasco Andrea si trova bloccato nel traffico sardo perché le proteste dei pastori, stufi marci della progressiva diminuzione del prezzo del latte, pietrificano le auto. Come suo solito, trova una soluzione alternativa, che lo porterà nella casa di Ignazio, un imprenditore pastorale che non ha partecipato alla manifestazione, ma che non è meno angustiato dei suoi colleghi. Inghiottendo bocconi di realtà a lui sconosciute, anche qui Andrea disincaglia l'ancora di Ignazio, che quotidianamente essuda rabbia per i debiti contratti. Con battute beffarde, sbronze, l'aiuto dei social e una bonaria truffa dove spacciano delle pecore per animali in via di estinzione da adottare a distanza, sono pronti a risanare ciò che si può a colpi di reel, stories, post e donazioni. Mai così tanto in puro e profetico stile Chiara Ferragni.
La Sardegna fa anche questo. Per Tomaso Mannoni, l'isola è il luogo in cui le distanze dei caratteri opposti si accorciano, dove gli switch di personalità tra due uomini sono in grado di curare ferite ancora calde. Così la probità di Ignazio trova definitivamente posto in un Andrea in via di pentimento e un rimasuglio di quello spirito di sopravvivenza alla Walter White di breakingbaddiana memoria del truffatore partenopeo si insinua in Ignazio. Il terreno da calpestare e da guardare non è solo tangibile, bellissimo e selvaggio, ma è composto da tutto ciò che c'è dentro: l'affetto per la stessa donna, il senso di comunità, la proverbiale filosofia del "mal comune, mezzo gaudio", anche lì dove si spingono uomini ordinari a intraprendere azioni illegali nelle estreme difficoltà economiche.
Nell'ottica della commedia all'italiana, di coppie divergenti che si fanno convergenti ne abbiamo viste a non finire, soprattutto quando scelgono di andare a braccetto con un terzo elemento: il crimine. Mannoni ha imparato questa basilare lezione di storia del cinema italiano e, come i suoi predecessori, dice che, nonostante la sua iniqua presenza, le anime dei malfattori, dei bricconi, dei mariuoli e delle canaglie rimangono pure, lavate di ogni macchia, ogni sudiciume, ogni corruzione. Un po' quel candido e bianco latte che viene versato sull'asfalto rovente e che continua a scorrere coprendo la durezza di una strada immobile.