mauro.t
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domenica 12 febbraio 2023
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fantasmagorico videogioco da consumismo romantico.
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Evelyn è una cinese di mezza età che gestisce col marito Whymond una lavanderia a gettoni negli USA. La donna sta attraversando un momento un po’ critico: il padre, che parla solo cinese, è in arrivo da Hong kong, il marito sta pensando al divorzio, ma soprattutto è in difficoltà con le richieste del fisco. Mentre lei e Whymond si avvicinano all’incontro con l’ispettrice tributaria Deirdre, il marito sembra subire strane trasformazioni di identità e le dà alcune bizzarre istruzioni. Questo Whymond in realtà proviene da un altro universo ed è venuto a cercarla perché la ritiene l’unica in grado di sconfiggere una entità malvagia che sta minacciando tutto il multiverso.
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Evelyn è una cinese di mezza età che gestisce col marito Whymond una lavanderia a gettoni negli USA. La donna sta attraversando un momento un po’ critico: il padre, che parla solo cinese, è in arrivo da Hong kong, il marito sta pensando al divorzio, ma soprattutto è in difficoltà con le richieste del fisco. Mentre lei e Whymond si avvicinano all’incontro con l’ispettrice tributaria Deirdre, il marito sembra subire strane trasformazioni di identità e le dà alcune bizzarre istruzioni. Questo Whymond in realtà proviene da un altro universo ed è venuto a cercarla perché la ritiene l’unica in grado di sconfiggere una entità malvagia che sta minacciando tutto il multiverso. Da qui parte un’avventura in più universi paralleli, ciascuno corrispondente ad una determinata scelta fatta o evitata nel corso della vita.
Il film è un videogioco fantasmagorico con i personaggi che assumono diverse identità nei vari universi, un’avventura caleidoscopica di trasformisti, un affascinante gioco di prestigio. E sono molto bravi gli attori, tra cui spiccano Michelle Yeoh e una ritrovata Jamie Lee Curtis.
Sotto questo godibile brain storming però i contenuti sono banali, frusti e sempre cari al cinema americano. Ne risultano evidenti almeno tre: il conflitto tra la rinuncia e il coraggio di rischiare, il valore della famiglia e dei sentimenti semplici, il cuore di mamma che può sfidare le forze più oscure dell’universo per la salvezza della figlia.
La principale cifra metalinguistica del film però è che ricalca perfettamente la cultura dominante attuale del mondo occidentale, come dimostra l’incredibile quantità di candidature agli Oscar: molto spettacolo, poca sostanza e assenza di spirito critico. In questa ottica il cinema non deve far pensare, deve solo divertire. Qui in particolare viene alimentata quella mentalità che lo storico Yuval Noah Harari ha definito “consumismo romantico”. Kwan e Scheinert strizzano l’occhio a quell’idea ampiamente diffusa che spinge a fare molteplici esperienze, a cercare un ampio spettro di emozioni, a provare tutto, che si tratti di cibo, viaggi o relazioni, una bulimia esperienziale senza limiti di età. Se non frequenti assiduamente questo mercato, sei un ozioso, un limitato, uno che non sa vivere. Poco importa se hai capito cosa ti interessa davvero e vuoi lavorare soprattutto su quello.
Speriamo che questa epoca culturale stia volgendo al termine.
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(di matteo_moscarda)
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[+] il vero multiverso è quello dentro l''anima umana
(di antonio montefalcone)
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lizzy
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sabato 25 febbraio 2023
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ma allora vale proprio tutto!!!
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Insomma, qua qualcosa non va: o sono io che sono rimbambita o questo film se non alla pari è anche peggio del terribile "Chicken Park".
E come nel pasticcio orrendo di Calà qua non funziona nulla e tutto è buttato alla rinfusa come capita.
Facile, troppo facile infilare mille citazioni, mille situazioni, colori ed effetti e scene varie, mescolare il tutto in uno shaker e vedere "l'effetto che fa".
Ma qua nemmeno la parola "nonsense" serve a descrivere lo strazio di quello al quale lo spettatore deve assistere e le pene che deve affrontare anche solo per arrivare a metà (io ho capitolato molto prima...per dire.
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Insomma, qua qualcosa non va: o sono io che sono rimbambita o questo film se non alla pari è anche peggio del terribile "Chicken Park".
E come nel pasticcio orrendo di Calà qua non funziona nulla e tutto è buttato alla rinfusa come capita.
Facile, troppo facile infilare mille citazioni, mille situazioni, colori ed effetti e scene varie, mescolare il tutto in uno shaker e vedere "l'effetto che fa".
Ma qua nemmeno la parola "nonsense" serve a descrivere lo strazio di quello al quale lo spettatore deve assistere e le pene che deve affrontare anche solo per arrivare a metà (io ho capitolato molto prima...per dire...).
Qua siamo millenni lontani da opere veramente immortali e pregnanti come "Guida Galattica per Autostoppisti", che già di suo di fesserie ne macinava a iosa.
Ma quantomeno quelle erano fesserie serie, studiate a tavolino e inframezzate da qualcosa di senso compiuto.
Qua manco i protagonisti sanno cosa fare... si vede che sono spaesati mentre recitano...
Il padre rimba, la ragazza "fluida", la stessa Curtis che qua è inconcepibile come abbia accettato una parte così brutta.
Perfino un Ron Goulart sarebbe da rivalutare di fronte tanta immondizia cinematografica.
Film (film???) senza capo nè coda, lavoro senza arte nè parte, pastrocchio arrangiato alla bell'e meglio.
Non ho idea se gli ideatori sono così furbi e scafati da buttare quel che capita sullo schermo "che tanto i cretini che vanno a vedere ed elogiano si trovano a pochi cent la dozzina", o se essi sono invece, di contro, degli incapaci sprovveduti che han perso la trebisonda e hanno incartato qualcosa...che neanche loro sanno cosa essere veramente.
Chiudo, oltre che a scongiurarvi di evitare come la peste questa "cosa" inguardabile, con la classica battuta del primo film di Sordi: "Mamma mia che impressione!!!".
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alessandro spata
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domenica 9 aprile 2023
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uno sguardo sullo spettatore nuovo
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- Credo nel cinema che non esclude lo spettatore. Ma a tutto ci sarà un limite? -
Schizzi di “multiverso cinematografico” si spargono copiosi sullo spettatore inerme. Questi Daniels (multi)versatili o decidi di prenderli in blocco oppure provi a scansarli per sempre. Ma noi che siamo come i bambini alle prese con i barattoli di vernice ci piace imbrattarci e volentieri ci immergiamo mani e piedi in questo ennesimo "pastrocchio" filmico.
Non dico di essermi esattamente annoiato, ma una certa uggia l’ho sperimentata qua e là. Sebbene girato con sapienza registica e nonostante la presenza di ottimi attori non mi sono sentito coinvolto dall'inizio alla fine.
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- Credo nel cinema che non esclude lo spettatore. Ma a tutto ci sarà un limite? -
Schizzi di “multiverso cinematografico” si spargono copiosi sullo spettatore inerme. Questi Daniels (multi)versatili o decidi di prenderli in blocco oppure provi a scansarli per sempre. Ma noi che siamo come i bambini alle prese con i barattoli di vernice ci piace imbrattarci e volentieri ci immergiamo mani e piedi in questo ennesimo "pastrocchio" filmico.
Non dico di essermi esattamente annoiato, ma una certa uggia l’ho sperimentata qua e là. Sebbene girato con sapienza registica e nonostante la presenza di ottimi attori non mi sono sentito coinvolto dall'inizio alla fine.
In un opera del genere in cui la girandola di immagini e situazioni fantasmagoriche la fanno da padroni sarebbe sbagliato voler scovare una qualche logica. Ripensandoci, normalmente non ci facciamo troppi scrupoli di fronte alla surrealtà di un film fantasy come ad esempio il Signore degli Anelli. Sappiamo che è totalmente assurdo e non ci chiediamo il senso di ciò che vediamo. Sospendiamo l’incredulità e andiamo avanti se ci piace certo genere di spettacoli. Oppure ci viene voglia di andarci a leggere il romanzo da cui è tratto il film nella migliore delle ipotesi. A proposito, qualcuno è uscito dalla visione di Everything Everywhere All At Once(EEAAO) con la voglia irrefrenabile di saperne di più sulla Teoria delle stringhe?
Per apprezzare certi film forse avere un’infarinatura di fisica dei quanti o di quarta dimensione aiuterebbe ad apprezzare di più ciò che scorre sullo schermo. Tuttavia, non è facendoci una cultura sulla "Teoria della relatività" che ameremo di più i contenuti del film. Dopo un primo momento di smarrimento ti riprendi prontamente pensando che è sufficiente, forse, farsi affascinare dalle sequenze di immagini avvincenti che ti passano frenetiche davanti agli occhi (o almeno così te la racconti). È soltanto a questo che ti devi aggrappare per una questione proprio di igiene mentale, oserei dire. E poi non vorrei ricadere tragicamente nel trappolone di chi sta lì a tutto oggi a chiedersi cose del tipo: “Come diavolo avrebbe fatto un wormhole a collegare due o più buchi neri (a vostro piacere) attraverso uno dei quali è poi transitato il motore di un aereo precipitato (il motore non l’aereo) in seguito su una casa (e più precisamente dentro la stanza di un adolescente tormentato della "Virginia") quando lo stesso identico motore in questione si trova ancora incollato ad un aereo non ancora partito dall’aeroporto di Los Angeles. Ok, avete esattamente 28 giorni, 6 ore, 42 minuti, 12 secondi per rispondere alla domanda prima che io incorra definitivamente in un “collasso gravitazionale”. Tranquilli, non voglio riaprire l’annosa questione e poi sono sicuro che ciascuno di voi ha compreso tutto benissimo e da un bel pezzo pure dell’opera in questione.
Ma più che parlare del film dei Daniels in sé vorrei concentrarmi sullo spettatore tipo di questo genere di film. Che tipo di spettatore “stanno selezionando” i film cervellotici, macchinosi, cerebrali cui assistiamo sempre più spesso al cinema? Per uno abituato ad una narrazione lineare tipica dello schema di certi romanzi ottocenteschi può risultare davvero arduo seguire certe trame molto (tanto) apparentemente contraddittorie che assomigliano sempre più al tracciato impazzito dell’elettroencefalogramma di uno in preda agli incubi. Motivo per cui l'interpretazione dell'elettroencefalogramma, pardon, del film rischia sempre di più di essere affidata a specialisti esperti di funzioni cerebrali, pardon, di cinema o di Teoria della relatività ristretta, all’occorrenza. Oppure più semplicemente si sta espandendo sempre più una platea “esclusiva” di nerd patiti per i videogiochi e i videoclip musicali e col pallino della fisica teorica, eventualmente? Non sarà che sta cambiando proprio l’assetto cognitivo dello spettatore, in quanto campione medio statisticamente significativo del genere umano? In fondo perché stupirsi se anche il settore del cinema è coinvolto in questo cambiamento evolutivo di certa plasticità neurale e di pensiero dell’uomo e donna Sapiens?
Spero di non esagerare se dico che l’argomento del “multiverso” è oggi utilizzato da certi cineasti come espediente per combattere l’attitudine eccessiva e dilagante a semplificare la realtà. Cioè il bersaglio dei Daniels sarebbe il pensiero “sincretico” (e la sua degenerazione nel pensiero magico). In sostanza, qui lo spettatore viene invitato a mettere in atto un processo per mezzo del quale gli eventi che appaiono superficialmente dissimili vengono ritenuti comunque collegati da una qualche relazione causale. Concretamente la “persona-spettatore” del film è chiamato a tollerare le contraddizioni che apparentemente, per una mente non allenata, si susseguono nelle inquadrature obbligandolo a riportare all’unità in qualche modo elementi diversi o palesemente incompatibili con la propria abituale visione del mondo. In qualche modo, quantomeno nella mente dell’astante, la contraddizione va sanata e la complessità prima aborrita come la peste va accettata ed eventualmente ricondotta ad una nuova unità (si spera forse di livello superiore)
Dietro certe operazioni cinematografiche c’è dunque l’esortazione a superare l’attitudine perniciosa all’«economia cognitiva» che se esagerata impedisce qualunque manifestazione di creatività e soprattutto diventa un modo per chiudersi a riccio e rifiutare gli altri e le condizioni e i saperi diversi dai propri. Certo c’è anche l’esortazione a vivere “il qui ed ora”, a dare “valore” al - momento presente – (quindi, non è vero che tutto ha lo stesso valore) ricordandoci che ogni azione ha delle conseguenze su noi stessi e sugli altri (quantomeno quelli che ci sono più vicini).
La rapidità con cui i protagonisti sono risucchiati da un ambiente all’altro è la stessa vissuta dallo spettatore. I cambiamenti simultanei di setting sembrano configurare una specie di “Cinema interruptus”: ogni scena sembra una scena sempre incompiuta destinata a concludersi altrove, forse in un altro spazio-tempo o forse in un altro genere cinematografico, ma che, proprio per questa interruzione costante, potrebbe rimanere più a lungo nella memoria dello spettatore. Una sorta di “Effetto Zeigarnik” filmico.
Ovviamente non dico che il film dovrebbe essere preceduto da una guida completa alla sua visione. Perché se è vero che tutto è già sapientemente predisposto dai due registi e anche vero che molto è lasciato potenzialmente all’iniziativa personale dello spettatore e al suo tentativo sovente frustrato di interpretazione. Veloce non è sinonimo necessariamente di semplice e insulso. Dico solo che bisogna stare attenti a che dietro il dilagare di certa “multiforme e bizzarra e frenetica miscelazione di generi e argomenti vari” non si finisca per fomentare al contrario una spaventosa povertà di pensiero e di emozione.
Qui il paradosso è che la platea è semplice spettatrice della scena, ma non vi partecipa veramente. Un film che non lascia molto spazio all'interpretazione dello spettatore, in realtà. Non si tratta ad esempio di quel genere di opera ambigua che permette allo spettatore di decifrare i dettagli “fuori-campo” attraverso le proprie esperienze.
Puoi soltanto inebriarti delle immense possibilità (creative) offerte dalla (ir)realtà degli universi multipli sebbene tu faccia un’identica immensa fatica a simbolizzarli. Qui c’è uno spettatore che viaggia insieme ai protagonisti (“coesiste”) in un'illusione o distorsione spazio-temporale (ammesso che si possa dire così). Ora se è vero che personaggi protagonisti e spettatori in sala si fanno vivere dagli eventi più che viverli, allora il personaggio del film e lo spettatore vivono una sorta di simbiosi. Chi è più reale tra i due? Chi dei due staziona nell’universo tangente? Chi nell’universo principale? Ma soprattutto, quale di questi è l’universo principale? La risposta dovrebbe essere assolutamente soggettiva e dall’immaginazione di ognuno potrebbe scaturire la soluzione più opportuna. Potremmo azzardare che il personaggio del film è contemporaneamente lo spettatore stesso (e viceversa) seppure in un altro universo (delirio multiversale).
Nello spettatore, immerso com’è in un variopinto ed abbagliante caleidoscopio di immagini e suoni contrastanti, è provocata una reazione ambivalente di instabilità e disorientamento che scaturisce verosimilmente dall’impressione permanente che sempre un maggior numero di informazioni gli siano negate (cioè che gli manchi sempre qualcosa per risolvere l’arcano). Alcune delle scene più importanti sembrano rivolte direttamente allo spettatore toccato quasi da una forma d'ansia per questa sensazione di essere interrogato quasi dalle immagini. Una condizione permanente di “Dissonanza cognitiva” alimenta uno stato di curiosità e di fastidio insieme nell’osservatore. Lo spettatore in quanto spettatore non coinvolto, alla stregua di un giornalista distaccato, si limita a seguire l'evoluzione delle situazioni. L’«Innocente spettatore» dagli occhi come telecamere si limita a registrare un fatto così come si compie e mentre si compie.
Sembra quasi che lo spettatore medesimo sia incluso come parte del divenire paradossale di questa “storia non-lineare”. Anche la protagonista non comprende fino in fondo ciò che le succede, ma proprio come lo spettatore è stimolata a sentire la “verità” di questa (non)storia (una verità multipla ovviamente), anziché comprenderla razionalmente.
Più che virtualmente coinvolto nella (ri)costruzione di una “storia” (che implica la ricerca di senso) ti ritrovi a dover identificare l’esistenza di coincidenze plausibili. Quindi, più che confrontarti con una “storia” finisci per dover mettere ordine ad una successione di “immagini” che in apparenza non hanno un ordine preciso. Potremmo dire, in omaggio all’idea delle “logiche polivalenti” che trattasi di un “disordine precostituito”. Ma sono comunque immagini potenti. Alcuni effetti visivi, alcuni stratagemmi dall’effetto comico rimangano indubbiamente nella mente dello spettatore e proprio come gli universi multipli coesistenti possono assumere potenzialmente valenze multiple nello spettatore.
Ancora una volta questo contrasto “chiaroscurale” di generi e temi, di emozione e cognizione, mantiene lo spettatore in sospeso, trascinandolo in un viaggio a perdifiato nel tempo e nello spazio attraverso orizzonti cinematografici forse anche quelli solo apparentemente lontani.
Mi piacerebbe che i Daniels la smettessero di fare i videoclippari e mettessero il loro talento al servizio di un film meno "surrealista". Oramai sono stati sdoganati dall’establishment e a suon di Oscar pure. Non hanno più bisogno di fare i “trasgressivi”, gli alternativi, a vita. Certi “frullati di folk intelligente” a lungo andare stufano. Fare il “manifesto vivente dei festival off-Hollywood” tipo Sundance alla lunga diventa stucchevole. Il loro profilo “tardo hippy” è sufficientemente maturo per essere elaborato ad un livello superiore. Tuttavia, una cosa è certa. Col passare del tempo e a forza di assistere a certo cinema “visionario” (ma non soltanto per questo, ovviamente) finiremo con l’abbandonare la vecchia impostazione cerebrale che elabora il mondo in termini lineari di causa-effetto. Quali ricadute l’abbandono di questa vecchia abitudine mentale possa avere in termini etici e morali sulla società futura è tutto da scoprire. O forse finiremo tutti per pensare in moto alternativo? E magari saremo soltanto “tutti uguali nel pensare in modi diversi”. Una forma di trasgressione-conformista o di conformismo-trasgressivo si profila all’orizzonte? Un ossimoro ontologico pervaderà le nostre vite? Ops! Tranquilli, “è solo il mio cervello che è sottoposto ad un grande stress”. Ma come si fa balenare nel film, - dipende soltanto dalle nostre azioni il tipo di piega che prenderà il nostro universo. Facciamo in modo che la vita non sia soltanto “una ineluttabilità statistica”.
Consiglio finale: guardate il film almeno un paio di volte prima di rinunciare definitivamente.
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(di dreamers)
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[+] dedicato a "dreamers"
(di alessandro spata)
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harroldthebarrel
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giovedì 20 luglio 2023
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non vedevo l''ora che finisse
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Film probabilmente concepito e girato sotto l'effetto di una buona quantità di acidi e una dose altrettanto notevole di presunzione. Un'accozzaglia di scene e di interminabili e martellanti sequenze ad alto tasso di effetti speciali, in fin dei conti ripetitive, il tutto sembra costruito solo per fare "ammunina". La pretesa sarebbe quella di inserire tutta questa paccottiglia in una cornice filosofica, con risultati penosi vista anche la sceneggiatura sconclusionata. Ho rischiato più volte di addormentarmi per la noia. Francamente insopportabile.
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sandro signorelli
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venerdì 8 settembre 2023
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la vita è qui e adesso !
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Personalmente, dopo lo sconcerto legato ad una storia che devia su binari del tutto surrealistici ed un po’ kitsch ma che trasuda il palese divertimento da parte dei due Daniel, ho intravisto una potente metafora dei tempi attuali attraverso le immagini e la storia alla base del film:
- I molteplici mondi raccontati sono visibili, schematizzati e controllati su un apparecchio elettronico del tutto simile ad un moderno smartphone
- La categoria “nuove generazioni” è protagonista di una crescente alienazione dalla realtà in cui vive, vittima del conformismo che non accetta i nuovi modelli affettivi (personaggi coinvolti: la figlia, la sua fidanzata ed il nonno)
- Il personaggio maschile dolce e remissivo (il padre) nel mondo reale non riesce ad affermarsi, come molti uomini innamorati della propria famiglia e di indole accondiscentete, e quindi si ribella con la richiesta nascosta di separazione, ma nella storia parallela e surreale è già un uomo forte
Quindi da una lato abbiamo nuove generazioni che preferiscono rifugiarsi al caos surreale che oggi è costituito dal mondo social-web-gaming-realtà aumentata-like e non vivere una vita reale che non li comprende ed accetta ma anzi li vuole forzatamente educati ad i canoni di vita convenzionali (famiglia, lavoro, figli, invecchiamento); dall’altro abbiamo il mondo degli adulti preso dallo stress della vita quotidiana (lavanderia, guasti, tasse) che lascia navigare senza controllo i giovani nel mare della vita, per poi aprire gli occhi e cercare ad ogni costo di recuperare il rapporto affettivo con i figli, il debole (?) coniuge, la vita in generale, trovando dentro di se risorse inimmaginate ma divenute urgenti.
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Personalmente, dopo lo sconcerto legato ad una storia che devia su binari del tutto surrealistici ed un po’ kitsch ma che trasuda il palese divertimento da parte dei due Daniel, ho intravisto una potente metafora dei tempi attuali attraverso le immagini e la storia alla base del film:
- I molteplici mondi raccontati sono visibili, schematizzati e controllati su un apparecchio elettronico del tutto simile ad un moderno smartphone
- La categoria “nuove generazioni” è protagonista di una crescente alienazione dalla realtà in cui vive, vittima del conformismo che non accetta i nuovi modelli affettivi (personaggi coinvolti: la figlia, la sua fidanzata ed il nonno)
- Il personaggio maschile dolce e remissivo (il padre) nel mondo reale non riesce ad affermarsi, come molti uomini innamorati della propria famiglia e di indole accondiscentete, e quindi si ribella con la richiesta nascosta di separazione, ma nella storia parallela e surreale è già un uomo forte
Quindi da una lato abbiamo nuove generazioni che preferiscono rifugiarsi al caos surreale che oggi è costituito dal mondo social-web-gaming-realtà aumentata-like e non vivere una vita reale che non li comprende ed accetta ma anzi li vuole forzatamente educati ad i canoni di vita convenzionali (famiglia, lavoro, figli, invecchiamento); dall’altro abbiamo il mondo degli adulti preso dallo stress della vita quotidiana (lavanderia, guasti, tasse) che lascia navigare senza controllo i giovani nel mare della vita, per poi aprire gli occhi e cercare ad ogni costo di recuperare il rapporto affettivo con i figli, il debole (?) coniuge, la vita in generale, trovando dentro di se risorse inimmaginate ma divenute urgenti. Un modo di adulti vicino (i genitori) e naturalmente (l’amore) portato a comprendere meglio le problematiche delle nuove generazioni, chiamato inoltre a rompere il legame con usi e concezioni del passato (il nonno!) che non comprenderanno mai le nuove dinamiche sociali della contemporaneità
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eletra
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giovedì 11 maggio 2023
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l’evoluzione è un grande gioco nel multi verso.
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Cominciamo col dire che è un film divertente, cosa che non guasta mai.
Ha molti livelli di lettura, molti universi in cui si sviluppano le sue rutilanti avventure e in ognuno ci sono momenti di puro intrattenimento, con tante idee sorprendenti e parecchie citazioni sparse.
Le tematiche trattate sono un numero sconsiderato, a seconda di quanto si vuole approfondire la questione. Si parte dal comune problema dell’inserimento di una famiglia di immigrati in un tessuto sociale alieno, la voglia di incarnare il sogno americano, i problemi delle radici che tornano a farsi vive attraverso la figura di un anziano padre, la stabilità di un matrimonio in tempo di crisi, le relazioni d’amore non binarie, l’accettazione del proprio corpo non perfetto e via così.
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Cominciamo col dire che è un film divertente, cosa che non guasta mai.
Ha molti livelli di lettura, molti universi in cui si sviluppano le sue rutilanti avventure e in ognuno ci sono momenti di puro intrattenimento, con tante idee sorprendenti e parecchie citazioni sparse.
Le tematiche trattate sono un numero sconsiderato, a seconda di quanto si vuole approfondire la questione. Si parte dal comune problema dell’inserimento di una famiglia di immigrati in un tessuto sociale alieno, la voglia di incarnare il sogno americano, i problemi delle radici che tornano a farsi vive attraverso la figura di un anziano padre, la stabilità di un matrimonio in tempo di crisi, le relazioni d’amore non binarie, l’accettazione del proprio corpo non perfetto e via così.
Ma questo è solo l’inizio.
Sotto la banalità di vite ordinarie spinge impellente un impulso straordinario, che vuole esplodere in tutta la sua potenza.
Un impulso ad essere molto di più di quello che la semplice apparenza sembra mostrare, come se dentro ognuno di noi ci fosse un super eroe pronto a fare faville. Da qui si scatena il famoso multi verso, con gli universi paralleli e compagnia bella.
Tutti sono tutto, ogni cosa è in ogni luogo e al tempo stesso tutto è insieme, parafrasando il titolo del film.
Esistono infiniti mondi, infinite vite possibili, infinita capacità di imparare e, in ultima analisi, di amare.
Le anime più spietate sono quelle che hanno perso la speranza, che lottano per distruggere una felicità che non possono raggiungere, anche a costo della loro stessa sopravvivenza. In particolare, la dama nera del film era la creatura più dotata, quella che brillava di così tanta luce da rimanerne accecata, come il nostrano Lucifero.
L’evoluzione dei personaggi è spettacolare: dal grigiore rassegnato derivato dai fallimenti quotidiani alla meraviglia del potere generato dalle lezioni imparate, dal piattume deprimente alla vitalità illuminata dall’amore. Gli attori cambiano sotto i nostri occhi, sono tutti bravissimi e coraggiosi, sembrano diventare davvero persone diverse, fuori dagli schemi ordinari, sia chiaro, ma non per questo meno affascinanti.
Non so se sia necessario conoscere la fisica quantistica per godere delle teorie esposte, sono temi ormai già visti in molti altri film, forse è solo una scusa per parlare della capacità che ha l’essere umano di aspirare a diventare un eroe, in fondo l’universo più sconfinato da esplorare è proprio quello che ognuno ha dentro di sé.
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matteo_moscarda
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mercoledì 15 marzo 2023
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simpatico eccesso di caos dalla morale debole
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"Everything everywhere at once" è un esperimento delizioso e riuscito, quantomeno in rapporto agli obiettivi e agli intenti che si era posto. Dovrebbe prevalere una generale sensazione di simpatia da parte degli spettatori, una simpatia che genera indulgenza, nel momento in cui il film non soltanto non si prende sul serio, ma anzi non fa che distruggere se stesso e qualsiasi altra cosa inseguendo una dimostrazione cineludica di un precetto epicureo, "se nulla importa tanto vale vivere bene", che si propone come ipotetico punto di incontro tra due visioni opposte: nichilismo e vitalismo.
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"Everything everywhere at once" è un esperimento delizioso e riuscito, quantomeno in rapporto agli obiettivi e agli intenti che si era posto. Dovrebbe prevalere una generale sensazione di simpatia da parte degli spettatori, una simpatia che genera indulgenza, nel momento in cui il film non soltanto non si prende sul serio, ma anzi non fa che distruggere se stesso e qualsiasi altra cosa inseguendo una dimostrazione cineludica di un precetto epicureo, "se nulla importa tanto vale vivere bene", che si propone come ipotetico punto di incontro tra due visioni opposte: nichilismo e vitalismo. Detta pane e salame: dal punto di vista filosofico, ammesso che abbia senso analizzare un prodotto del genere da questo punto di vista, il film cerca un modo per parlare a tutti. Il problema è che quel precetto, di certo interessante nella filosofia classica come in quella moderna, produce grossi attriti all'interno di un film di intrattenimento che ha la pretesa di affrontare un tema caldo come quello dell'inclusività (gli immigrati, gli omosessuali, ecc): perché a un certo punto sembra che voglia dirci: "se nulla ha senso, possiamo persino accettare di avere un figlio omosessuale", un'idea con enormi controindicazioni in un mondo in cui quantomeno la massa penserà per sempre che le cose, al contrario, hanno un senso. Se si potesse rivolgere questo messaggio alle masse, per placarne razzismi e ottusità, allora sarebbe qualcosa di rivoluzionario: ma nella sua eccentricità, nonostante la preponderanza di azione e combattimenti, "Everything" non è un film per le masse, le quali uscendo dal cinema rimarranno sempre frastornate, godranno al massimo dell'azione ma non ne caveranno alcun insegnamento. La questione è complessa. Per il resto: bravissimi tutti gli attori principali. Esilaranti le due o tre scene che osano cavalcare e superare lo spirito demenziale di film come "Una pallottola spuntata". Un applauso alla fantasia e all'ardore, anche se in pochi si sono accorti dell'iquietante somiglianza con la serie TV "Umbrella Academy", e su tanti versanti: multirazzialità, viaggi in dimensioni alternative, umorismo ed estetica. Quest'ultimo punto potrebbe anzi essere un altro elemento debole di "Everything", che dal punto di vista estetico commette un vero e proprio suicidio: trash, kitsch, multimedialità, effetti di transizione pecorecci, cattivo gusto intenzionale: è tutto divertente, ma bisogna vedere come sopporterà la prova del tempo. In ultimo, si può mettere in discussione che, per quanto orgoglioso della propria stramberia, e in tal senso lodevole, "Everything" in altri tempi non sarebbe stato premiato, sarebbe diventato un cult ignorato dal potere, e invece il potere adesso ha deciso di prendersi tutto, e di privare i freak del loro statuto -- per addomesticarli. Teniamo gli occhi aperti.
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cioppi70
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sabato 25 febbraio 2023
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film géniale, ma solo se capite humor e sarcasmo
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Ho visto il film in italiano ed in inglese. In italiano non si capisce una cippa perché con la traduzione hanno cambiato pure la storia in maniera sostanziale, così annullando la possibilità del pubblico di capirci qualcosa. Inoltre si perde completamente la grande interpretazione degli attori ed il sarcasmo, che è il 50% della storia.
In ogni caso, il film è un trattato di filosofia profonda e quotidiana, affrontando temi pesanti (inclusa la depressione ed il senso della vita) con humor e migliaia di piccole citazioni, spesso invisibili all'occhio del non cinefilo, da Kubrick alla Marvel, dove le difficoltà di integrazione di una famiglia cinese si mescolano all'incomunicabilita' fra una madre e figlia ( le stesse che la madre prima aveva con suo padre ed ora riproduce in circolo infinito come un donught) , alle difficoltà di avere e scegliere una identità precisa.
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Ho visto il film in italiano ed in inglese. In italiano non si capisce una cippa perché con la traduzione hanno cambiato pure la storia in maniera sostanziale, così annullando la possibilità del pubblico di capirci qualcosa. Inoltre si perde completamente la grande interpretazione degli attori ed il sarcasmo, che è il 50% della storia.
In ogni caso, il film è un trattato di filosofia profonda e quotidiana, affrontando temi pesanti (inclusa la depressione ed il senso della vita) con humor e migliaia di piccole citazioni, spesso invisibili all'occhio del non cinefilo, da Kubrick alla Marvel, dove le difficoltà di integrazione di una famiglia cinese si mescolano all'incomunicabilita' fra una madre e figlia ( le stesse che la madre prima aveva con suo padre ed ora riproduce in circolo infinito come un donught) , alle difficoltà di avere e scegliere una identità precisa.
Tutto questo narrato con calci e pugni (un po' troppi per me, ma hanno un loro senso nella coreografia cinese kung fu) e tanto humor e sarcasmo.
Ma per capire tale humor e sarcasmo c'è bisogno di un certo spirito critico ed autocritica che spesso manca in molti spettatori, soprattutto se i poracci sono obbligati a non vedere film in lingua originale, perdendo 80% della trama e sfumature.
Dunque, a quelli che l'hanno visto e commentato negativamente, sicuramente non hanno voluto farvelo capire con la tra/duzione-dimento in italiano, ma forse anche voi non ci sareste arrivati... O forse tutte e due.
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[+] magari ci fosse umorismo e sarcasmo ...
(di michele voss)
[ - ] magari ci fosse umorismo e sarcasmo ...
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(di flaw54)
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stevekp
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mercoledì 25 maggio 2022
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questo film è incredibile
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Viaggio parecchio per lavoro e ho potuto vedere questo film ad inizio maggio 2022.
Il film è tutto quello che Doctor Strange o l'ultimo Matrix non sono riusciti a fare con il concetto di multiverso con una frazione di budget. Il cast è spettacolare, con i tre principali attori in assoluto stato di grazia:
Michelle Yeoh conferma, se ce ne fosse stato bisogno, di essere una attrice completa e versatile.
Jamie Lee Curtis è gloriosamente "sfatta" e ancora una volta grande e dopo vent'anni che non si faceva vedere Ke Huy Quan (Short Round nel secondo Indiana Jones) è bravissimo nel passare dal marito schiacciato dalla vita all'eroe d'azione armato di marsupio letale.
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Viaggio parecchio per lavoro e ho potuto vedere questo film ad inizio maggio 2022.
Il film è tutto quello che Doctor Strange o l'ultimo Matrix non sono riusciti a fare con il concetto di multiverso con una frazione di budget. Il cast è spettacolare, con i tre principali attori in assoluto stato di grazia:
Michelle Yeoh conferma, se ce ne fosse stato bisogno, di essere una attrice completa e versatile.
Jamie Lee Curtis è gloriosamente "sfatta" e ancora una volta grande e dopo vent'anni che non si faceva vedere Ke Huy Quan (Short Round nel secondo Indiana Jones) è bravissimo nel passare dal marito schiacciato dalla vita all'eroe d'azione armato di marsupio letale.
Il film va visto assolutamente in sala per le immagini ma anche per il notevole sound design.
Non vedo ancora una data di uscita nei cinema italiani ma di sicuro voglio tornare a vederlo non appena mi ricapita la possibilità.
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pegg94
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lunedì 10 ottobre 2022
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folle e scemo ma con tanto cuore.
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Un film assurdo, folle, apparentemente senza senso ma dove si capisce tutto e dove ogni elemento ha un suo scopo.
Probabilmente un CULT istantaneo. L’idea del multiverso non era mai stata esplorata così, con questa brutale ed esplosiva inventiva ed originalità (seppur citando spesso e volentieri pellicole blasonate, tra tutti MATRIX) . Sarà veramente arduo, per qualsiasi futuro film a tema multiverso superare questa pellicola.
La regia è ispiratissima, piena zeppa di ottime intuizioni, gli attori sono incredibili e perfettamente credibili, anche nelle situazioni più assurde. Non c’è un attore fuori posto. La sceneggiatura riesce, quasi per magia, a coniugare alla perfezione (o quasi)scene completamente senza senso, botte, divertimento, commozione.
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Un film assurdo, folle, apparentemente senza senso ma dove si capisce tutto e dove ogni elemento ha un suo scopo.
Probabilmente un CULT istantaneo. L’idea del multiverso non era mai stata esplorata così, con questa brutale ed esplosiva inventiva ed originalità (seppur citando spesso e volentieri pellicole blasonate, tra tutti MATRIX) . Sarà veramente arduo, per qualsiasi futuro film a tema multiverso superare questa pellicola.
La regia è ispiratissima, piena zeppa di ottime intuizioni, gli attori sono incredibili e perfettamente credibili, anche nelle situazioni più assurde. Non c’è un attore fuori posto. La sceneggiatura riesce, quasi per magia, a coniugare alla perfezione (o quasi)scene completamente senza senso, botte, divertimento, commozione... Si, perché questo film commuove e non poco. E non solo, riesce a far riflettere lo spettatore su temi molto profondi. E non è una cosa da poco.
Consigliatissimo, corrette al cinema, sarà un’esperienza unica.
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