thomas
|
venerdì 29 ottobre 2021
|
un "medio" almodovar
|
|
|
|
Almodovar è Almodovar quando nei suoi film sparge almeno un pizzico di sana (ma spesso è stata insana) follia, sennò è altro. In "Madres Paralelas" però vi è un'inusuale pace interiore, è come un fiume che scorre quieto, prevedibile. È vero che il Maestro il suo meglio lo dà quando non esagera nell'andare oltre le righe e che il suo più grande capolavoro, "Parla con lei", è uno straordinario gioco di equilibrio tra il troppo e il poco, ma questa volta è tutto sottotono: personaggi, storia, sviluppi sono pressoché "normali". Ricorrono sempre i suoi temi preferiti, come l'instabilità e la mutabilità dei ruoli famigliari e l'innata capacità di solidarietà tra le donne, ma vi è anche una perdita di forza espressiva nel racconto e nei protagonisti, quasi una rassegnazione degli stessi di fronte a situazioni ineluttabili, ad un destino da cui non è dato sfuggire e che neanche è possibile modificare.
[+]
Almodovar è Almodovar quando nei suoi film sparge almeno un pizzico di sana (ma spesso è stata insana) follia, sennò è altro. In "Madres Paralelas" però vi è un'inusuale pace interiore, è come un fiume che scorre quieto, prevedibile. È vero che il Maestro il suo meglio lo dà quando non esagera nell'andare oltre le righe e che il suo più grande capolavoro, "Parla con lei", è uno straordinario gioco di equilibrio tra il troppo e il poco, ma questa volta è tutto sottotono: personaggi, storia, sviluppi sono pressoché "normali". Ricorrono sempre i suoi temi preferiti, come l'instabilità e la mutabilità dei ruoli famigliari e l'innata capacità di solidarietà tra le donne, ma vi è anche una perdita di forza espressiva nel racconto e nei protagonisti, quasi una rassegnazione degli stessi di fronte a situazioni ineluttabili, ad un destino da cui non è dato sfuggire e che neanche è possibile modificare. Ci aveva invece insegnato, Almodovar, che è la follia il grimaldello della realtà, ma questa volta vi è serena accettazione della stessa. Forse è per questo che i veri sussulti della volontà di una straordinaria Penelope Cruz (in alcuni momenti sublime nella recitazione) sono rivolti al passato; la sua maggiore vitalità viene fuori nella ferma volontà di ricercare e far riaffiorare dall'oblio le aberrazioni avvenute durante la guerra civile ai danni di chi aveva il solo torto di credere in una società in cui vi fosse maggiore giustizia sociale. Ma anche questo tema rilevante del film richiedeva qualcosa in più di profondità e forza polemica. "Madres Paralelas" in definitiva non delude, ma non entusiasma perché manca "quell'ingrediente almodovariano" che rende ogni suo film speciale, proprio come una carbonara in cui si è utilizzata la classica pancetta invece che l'inimitabile guanciale.
[-]
[+] una parabola sulla necessità della memoria
(di antonio montefalcone)
[ - ] una parabola sulla necessità della memoria
[+] un almodovar diverso
(di francesco2)
[ - ] un almodovar diverso
|
|
[+] lascia un commento a thomas »
[ - ] lascia un commento a thomas »
|
|
d'accordo? |
|
francesca meneghetti
|
sabato 30 ottobre 2021
|
un complesso rapporto tra quadro (privato) e cornice (pubblica)
|
|
|
|
Capita di andare a vedere un film impreparati, richiamati solo dal nome del regista (o da qualche altro specchietto per le allodole). E capita di uscirne con la frase: “Che bel film! Ho pianto tanto!” (per non parlare dei brividi trascorsi sulla pelle). Accade quando un regista preme sul pedale della comunicazione emotiva. Così lo spettatore si lascia condurre sulle montagne russe di emozioni diverse, se non contradditorie, in continuo movimento, finendo per immedesimarsi nelle situazioni, a volte drammatiche, e nelle scelte dei personaggi. O meglio: delle protagoniste, tutte donne (madri con o senza istinto materno). Il che non è una novità per Almodovar. Ma poi uno esce dalla sala cinematografica (rigorosamente Edera): quella che crea alla perfezione l’illusione della realtà.
[+]
Capita di andare a vedere un film impreparati, richiamati solo dal nome del regista (o da qualche altro specchietto per le allodole). E capita di uscirne con la frase: “Che bel film! Ho pianto tanto!” (per non parlare dei brividi trascorsi sulla pelle). Accade quando un regista preme sul pedale della comunicazione emotiva. Così lo spettatore si lascia condurre sulle montagne russe di emozioni diverse, se non contradditorie, in continuo movimento, finendo per immedesimarsi nelle situazioni, a volte drammatiche, e nelle scelte dei personaggi. O meglio: delle protagoniste, tutte donne (madri con o senza istinto materno). Il che non è una novità per Almodovar. Ma poi uno esce dalla sala cinematografica (rigorosamente Edera): quella che crea alla perfezione l’illusione della realtà. La serata è frizzante. Si fanno due passi e si comincia a ragionare. Che ci azzeccano le “madri parallele” (ovvero la storia in parallelo di due donne, una quarantenne e un’adolescente, entrambi senza compagno, che fanno amicizia durante il travaglio e partoriscono insieme) con i desaparecidos, sepolti in fosse comuni, dai franchisti durante la guerra civile spagnola? Per capire il senso della domanda, bisogna sapere che la storia delle due donne (e delle loro famiglie) è incastonata in una cornice in qualche modo storiografica, sottolineata dalla citazione finale di una frase dello scrittore uruguayano “Per quanto si tenti di zittirla, la Storia non è muta”. Infatti Janis (Penelope Cruz), che è fotografa incontra nel suo lavoro Arturo (Israel Elejalde), un antropologo forense e gli chiede un favore: aiutarla a ritrovare i resti mortali di suo nonno, assassinato dai franchisti. Janis, così chiamata in onore dell’omonima cantante Joplin, è rimasta orfana da piccola, allevata dalla nonna che vorrebbe morire in pace sapendo che le spoglie del marito, finite in una fossa comune, hanno avuto una degna sepoltura. Arturo accetta. Anzi, inizia così una relazione passionale tra i due che innescherà la storia della maternità di Janis. Alla fine, con perfetta circolarità, si ritorna alla fine a questo argomento di partenza, che appassiona moltissimo Janis, consapevole dei suoi risvolti divisivi. Infatti, avendo colto una certa indifferenza a riguardo nella giovanissima amica e amata Ana, Milena Smit, (alla quale la legherà un destino imprevedibile e capriccioso), la aggredisce per la sua ignoranza storica: da che parte stava la tua famiglia durante la dittatura? Devi saperlo! Naturalmente questo è un tema di valenza civile e politica, che porta a spaziare oltre il tema del privato, che resta il cuore del film. Su questo però è meglio tacere per non compromettere la curiosità dello spettatore, che dovrà prepararsi a tanti colpi di scena, sesso, pianti, drammi e gioie, raccontati però sotto forma di melodramma raccontato in uno stile classico, privo di ironia, insolito per l’Almodovar d’antan. Si può discutere su questa relazione tra quadro e cornice: se sia una forzatura o se il motivo della vita che pulsa nel quadro sia profondamente connesso con il tema della morte, che emerge dalla cornice. O se in entrambi i casi, cioè nel privato e nella dimensione pubblica, sia importante la ricerca delle radici. Resta, a mio parere, un film molto bello. Grande l’interpretazione di Penelope Cruz, dai grandi occhi espressivi, il fisico sottile da ragazzina, la camminata da rugbista, accentuata da quei carrarmati, griffati finché si vuole, che porta ai piedi. Ma non sfigurano affatto tutte le altre attrici. Diciamo anche, che in questo gineceo, non soccombe nemmeno Arturo/Israel Elejade.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a francesca meneghetti »
[ - ] lascia un commento a francesca meneghetti »
|
|
d'accordo? |
|
valeria
|
lunedì 1 novembre 2021
|
identità e partecipazione
|
|
|
|
Madres paralelas è un film sull'identità, non solo genetica ma anche emotiva, non solo individuale, ma anche parentale, non solo intima, ma anche storica.
In questo si sostanzia la complessità della trama, perché la ricerca della verità sulla reale maternità delle due protagoniste (magistralmente interpretate), non si ferma a quella legata alla figlia, ma si estende a quella parentale delle vittime della rivoluzione civile, senza arrestarsi alla mera descrizione formale (la verità per la verità), ma evolvendo nella ricomposizione del dramma personale e storico, che implica il rispetto dei rispettivi sentimenti, quali elementi imprescindibili dell'identità personale, e comporta l'esito finale, inclusivo e partecipato.
[+]
Madres paralelas è un film sull'identità, non solo genetica ma anche emotiva, non solo individuale, ma anche parentale, non solo intima, ma anche storica.
In questo si sostanzia la complessità della trama, perché la ricerca della verità sulla reale maternità delle due protagoniste (magistralmente interpretate), non si ferma a quella legata alla figlia, ma si estende a quella parentale delle vittime della rivoluzione civile, senza arrestarsi alla mera descrizione formale (la verità per la verità), ma evolvendo nella ricomposizione del dramma personale e storico, che implica il rispetto dei rispettivi sentimenti, quali elementi imprescindibili dell'identità personale, e comporta l'esito finale, inclusivo e partecipato. E' nella finale inclusione, infatti, plasticamente rappresentata dalla scena dei vivi, sdraiati e uniti, nella fossa e in quella degli stessi in piedi nella famiglia allargata, che la vicenda personale e storica va oltre i confini meramente fisici, divenendo immedesimazione, rispetto empatico e unione indissolubile.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a valeria »
[ - ] lascia un commento a valeria »
|
|
d'accordo? |
|
eugenio
|
giovedì 11 novembre 2021
|
madri e figlie nella spagna d''oggi
|
|
|
|
Ci sono pochi registi come Almodovar capaci di indagare le psicologie e i meandri della mente femminile, pennellando con sagacia e limpidità (oltre che con una sempieterna dose di sesso) la propulsione fragile di queste donne forti e splendidamente imperfette.
E’ il caso dell’ultima pellicola del cineasta, Madres paralelas, vincitrice della Coppia Volpi al festival del cinema di Venezia 2021. Le madri “parallele” del titolo scorrono su due binari che apparentemente dovrebbero incontrarsi in un punto inesistente, irreale, l’infinito ma che invece per uno strano arabesco del destino, si attorciano, si avvinghiano, a inviluppare le loro storie, ineluttabilmente.
[+]
Ci sono pochi registi come Almodovar capaci di indagare le psicologie e i meandri della mente femminile, pennellando con sagacia e limpidità (oltre che con una sempieterna dose di sesso) la propulsione fragile di queste donne forti e splendidamente imperfette.
E’ il caso dell’ultima pellicola del cineasta, Madres paralelas, vincitrice della Coppia Volpi al festival del cinema di Venezia 2021. Le madri “parallele” del titolo scorrono su due binari che apparentemente dovrebbero incontrarsi in un punto inesistente, irreale, l’infinito ma che invece per uno strano arabesco del destino, si attorciano, si avvinghiano, a inviluppare le loro storie, ineluttabilmente.
Al centro c’è la maternità, l’atto più bello del mondo, la nascita come vita. Almodóvar coglie due donne diversissime, in momenti esiziali della loro vita: la prima, Janis (Penelope Cruz) è una fotografa di moda alle soglie dei quarant'anni; l’altra è Ana (Milena Smit), una giovane adolescente non ancora maggiorenne, incompresa da genitori troppo sfuggenti, in particolare da una madre volta solo all’affermazione egocentrica del proprio io mediante tournee teatrali.
Le due “madri” si trovano in ospedale, partoriscono a distanza di qualche ora, lo stesso giorno, due bambine. E tramite questo parto rimangono appese a un sottile fil-rouge labilmente intessuto di violenza e sopraffazione. Perché una, la fotografa, è sentimentalmente legata a un antropologo forense e cerca strenuamente di portare alla luce, da quella fossa comune della guerra civile spagnola, le esequie del bisnonno, per ridare dignità alla dolorosa esistenza di uno tra i tanti desaparecidos; l’altra, ignorante del passato, cerca di lasciar emergere da esso, l’incertezza della sua coscienza, un travaglio inconscio figlio dell’assenza.
Dopo aver fatto i conti con la sua storia personale, nel precedente Dolor y gloria, Almodóvar raccontando la storia di due donne e due figlie, legate dal fato beffardo, si confronta col tema della necessità di chiarezza collettiva, non nascondendo un intento politico. Riesumando e quindi in qualche modo portando alla luce l’annichilimento della coscienza, ci proietta alla conoscenza di una verità, capace di guardare al futuro, e generare nuova vita, come una madre.
E per riuscirci, utilizza la forma a lui più congeniale del melodramma, con una macchina da presa, capace di scorrere privatamente e con grazia sul volto dell’attrice “feticcio” Penelope Cruz capace di incarnare col suo volto mediterraneo, l’espressività e la narrativa formale, pura e delicata, colpendo occhi e cuore del spettatore. Con una fotografia esautorata dai toni sgargianti di Volver, Madres paralelas, nasconde una potenza emozionale fortissima, indagatrice dei segreti delle madri e delle colpe di un passato oltranzista, che guarda alla triste connotazione storico-politica della Spagna franchista.
Lacerante e necessario. Da vedere perché nessuna storia è silenziosa. Non importa quanto la brucino, la rompano e mentono su di essa, la storia umana si rifiuta di chiudere la bocca. Già, oltre lo sguardo di un’inespressiva macchina fotografica o di quattro paginette di un libro di storia.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a eugenio »
[ - ] lascia un commento a eugenio »
|
|
d'accordo? |
|
mericol
|
sabato 13 novembre 2021
|
affresco al femminile
|
|
|
|
Jaris, fotografa professionista, influenzata dai racconti della nonna sul padre ammazzato dai falangisti durante la guerra civile spagnola, è tormentata dal desiderio di far scavare la fossa dove è verosimilmente sepolto il bisnonno insieme a compagni di sventura. Si rivolge ad Arturo, antropologo forense, per realizzare quanto considera una missione. E’ la introduzione alle vite parallele di Jaris e Ana che si trovano casualmente nella stessa stanza in Ospedale per espletare il loro parto. Nascono Cecilia per Jaris e Anita per Ana. Due gravidanze non cercate ma accettate con ferma decisione. Jaris è una affascinante quarantenne. Ha avuto un focoso rapporto d’amore con Arturo, l’antropologo forense.
[+]
Jaris, fotografa professionista, influenzata dai racconti della nonna sul padre ammazzato dai falangisti durante la guerra civile spagnola, è tormentata dal desiderio di far scavare la fossa dove è verosimilmente sepolto il bisnonno insieme a compagni di sventura. Si rivolge ad Arturo, antropologo forense, per realizzare quanto considera una missione. E’ la introduzione alle vite parallele di Jaris e Ana che si trovano casualmente nella stessa stanza in Ospedale per espletare il loro parto. Nascono Cecilia per Jaris e Anita per Ana. Due gravidanze non cercate ma accettate con ferma decisione. Jaris è una affascinante quarantenne. Ha avuto un focoso rapporto d’amore con Arturo, l’antropologo forense. La giovane Ana, vittima di uno stupro di gruppo, non può individuare il padre della sua bambina. Nella gestione delle maternità, risolte nello stesso giorno, nello stesso luogo, tra Jaris e Ana, sorge gradualmente amicizia, affetto, poi anche vero amore con risvolti lesbici. Per perplessità mosse da Arturo, Jaris dopo ripetuti esami di laboratorio, accerta che non è lei la madre biologica di Cecilia. E’ avvenuto uno scambio in Ospedale tra le due neonate. Intanto la piccola Anita è morta per affezioni respiratorie. Jaris non rivela ancora la verità, anzi assume, come babysitter di Cecilia, proprio la ignara Ana, che in effetti ne è la vera madre. Il richiamo sintetico della vicenda necessario per stimolare analisi, riflessioni, emozioni, conclusioni, suggerite dall’ultimo film di Pedro Almodovar.
Una struttura narrativa che si avvicina al melodramma, risolta con “stile Almodovar”. Colore non sfavillante, anzi tenue, colonna musicale moderata, dialoghi a tratti sommessi ma essenziali, con rilievo predominante ed esplicativo delle immagini visive. Superba interpretazione di Penelope Cruz (Coppa Volpi a Venezia). Quasi alla pari la sorprendente giovane Milena Smit. Tutto l’insieme coinvolge lo spettatore, che pur conoscendo l’evolversi della storia (al contrario, almeno sin quasi alla fine, dei protagonisti che appaiono sullo schermo) segue la vicenda con tensione, come in un thriller, in un film che non si può definire “thriller” tradizionale. Forzando la classificazione, forse thriller psicologico. Si scava nel passato delle due donne, per molti aspetti non felice. Jaris vissuta con i nonni, ha perso la mamma per overdose. Ana ha una mamma attrice, interessata quasi esclusivamente alla sua professione. Con il padre rapporti discontinui e occasionali. L’identità delle due neonate, si è già ricordato, è uno dei temi del film. Almodovar, come spesso accade nel suo Cinema, costruisce un affresco al femminile. Sulla sensibilità femminile. Sulla Maternità che appartiene alla Donna, è una questione di donne, e l’uomo vi appare come comprimario, necessario, indispensabile all’inizio, ma poi di seguito, a volte, trascurabile, neppure indispensabile. Ci riporta ad altri film dell’Autore: Tutto su mia Madre, Volver, Julieta. Ricordiamo le frasi esaltanti a conclusione di “Tutto su mia Madre”.Pedro Almodovar ha dedicato quel film: a Bette Davis, Gena Rowlands e Romy Schneider e...”a tutte le attrici che hanno fatto le attrici, a tutte le donne che recitano, agli uomini che recitano e si trasformano in donne, a tutte le persone che vogliono essere madri. A mia madre”. Dal passato personale al passato della Spagna, di un periodo lontano, oscuro, forse dimenticato ma tragico, della sua Storia. E’ il pensiero di Janis, la quarantenne fotografa e madre. Dall’intimismo al politico. Il finale si ricollega al tema annunciato all’inizio del film. Si scava in una fossa. Si trovano i resti di esseri umani ammazzati dai falangisti 80 anni prima. Le ossa sostituite dalla immagine visiva degli uomini, di morti ma Uomini. Non più un mucchio indistinto di materiale organico. Si restituisce identità, dignità ai Caduti. Il film di Almodovar affronta temi di IDENTITA’, VERITA’, MEMORIA. Identità sul passato personale e sulla Spagna. Memoria che rinnova e consolida i rapporti con il passato, ritrova il presente e si prolunga nel futuro. Si raggiunge una serenità conclusiva pacata, senza inutili, retorici entusiasmi. Jaris può rivedere quando vuole la piccola Cecilia, che appartiene ora ad Ana, del tutto riconciliata. Jaris ha in corso una nuova desiderata maternità e Arturo sarà il compagno della sua vita. Si uniscono la storia individuale e la Storia collettiva, della Nazione, di un Popolo. Si chiude con una frase di Eduardo Galeano “Per quanto si tenti di ridurla al silenzio, la Storia Umana si rifiuta di tacere”
[-]
|
|
[+] lascia un commento a mericol »
[ - ] lascia un commento a mericol »
|
|
d'accordo? |
|
maramaldo
|
martedì 16 novembre 2021
|
adiòs, pedrito 2
|
|
|
|
Non conosco nessuno che lascerebbe perdere un Almodòvar con dentro Penélope Cruz. Eppure, stavolta, a più d'uno ne è venuta la tentazione. Non approfondisco. Nella mia beata superficialità, che mi salva dal prendere... di petto storici ed antropologi, dedicherò qualche pensiero solo alle donne. A "Lei", ovviamente ma, volentieri, anche a lei, Picasso, Rossy de Palma (Elena), un mascherone simpatico che mi ha sempre messo di buon umore. E' quella che mi ha fornito l'alibi per avventurarmi in Madres Paralelas.
Ha da "volver", mi son detto, Almodòvar. Non può rinnegare la vocazione primigenia: creare, plasmare, inventare femmine con un'identità ambigua, ondivaga, soggette a pulsioni e nevrosi, eppure ferme e crudeli nel destino che soltanto loro conoscono.
[+]
Non conosco nessuno che lascerebbe perdere un Almodòvar con dentro Penélope Cruz. Eppure, stavolta, a più d'uno ne è venuta la tentazione. Non approfondisco. Nella mia beata superficialità, che mi salva dal prendere... di petto storici ed antropologi, dedicherò qualche pensiero solo alle donne. A "Lei", ovviamente ma, volentieri, anche a lei, Picasso, Rossy de Palma (Elena), un mascherone simpatico che mi ha sempre messo di buon umore. E' quella che mi ha fornito l'alibi per avventurarmi in Madres Paralelas.
Ha da "volver", mi son detto, Almodòvar. Non può rinnegare la vocazione primigenia: creare, plasmare, inventare femmine con un'identità ambigua, ondivaga, soggette a pulsioni e nevrosi, eppure ferme e crudeli nel destino che soltanto loro conoscono. Scovate, dicono, nel suoi proprio vissuto. Ma, allora, è da invertire l'imprinting, son le madres senza baricentro che partoriscono il "Pedro".
Film vecchio o nuovo? La vicenda, "Il 7 e l'8", quella, più divertente, di Ficarra e Picone. Elementi di modernità: smartphone, computer, tamponi per dna, telecamerine baby...
L'attualità di un trend "promettente", l'esercizio di "Les Biches", Chabrol colpisce ancora. Senza slancio, senza umori, proprio da Nouvelle Vague, gelido e sconclusionato. Una Milena Smit (Ana), legnosetta, non fa fare pensieri cattivi. La Cruz si adagia (si adatta rassegnata) senza entusiasmo, quando si dice "non partecipa".
Se la "rilettura del passato" avviene attraverso queste modalità, non lagnatevi delle... derive che ne derivano. Pedagogia della memoria, lasciata fare anche a Pedrito. Dovete, quindi, accettare la distonia narrativa e stilistica del finale. Il sito archeologico, fosse squadrate, ossa risistemate. Artificioso. Eppure, girando per la Spagna, ne troverete di giacimenti autentici, perfino bizzarri, come il groviglio di scheletri ai piedi del faro di Santander. Provengono da cadaveri senza volto, senza nome: come si fa ad individuare chi stava dalla parte giusta?
Da questa improba selezione allo spettatore viene fatto carico di acquisire una valenza educativa, un messaggio edificante.
P.S. Stelle zero, l'ho imparato da "Ballando", mette allegria. Ammetto pure la pigrizia. Non essendo costretto, scanso la fatica di almanaccare un ragionamento dinanzi al calo artistico, al vuoto d'ispirazione che ancora una volta mi rattristano.
Voi, trattate bene lui e, soprattutto, Lei. Proprio adesso che abbiamo scoperto quanto Penelope sia acuta, spiritosa, intellettualmente inquieta. Caritatevole e materna - aggiungo io - se fa far ancora film al disagiato Pigmalione.
Sempre più italianizzata, l'avete sentita. Non siamo lontani da: "E figli so' piezze e core".
[-]
|
|
[+] lascia un commento a maramaldo »
[ - ] lascia un commento a maramaldo »
|
|
d'accordo? |
|
felicity
|
lunedì 31 gennaio 2022
|
guardare e sapere
|
|
|
|
Madres paralelas al lato mélo aggiunge, sovrappone e interseca un discorso sulla Storia che assume una forza drammaturgica e un’intensità politica mai prima d'ora così esplicita e messa a tema da Almodovar.
La Storia lascia una traccia. Sempre. Come il DNA. Indelebile patrimonio genetico che non si può ignorare. Da qui nasce il cortocircuito morale che vive Janis, figlia orfana di madre tossica, cresciuta dalla nonna in un pueblo agricolo della provincia spagnola. La sua storia personale affonda le radici in questa Storia che non si può ignorare e in particolare nella fossa comune in cui all'inizio della guerra sono finiti molti degli uomini del villaggio scippati alle loro famiglie e alle loro case dai falangisti.
[+]
Madres paralelas al lato mélo aggiunge, sovrappone e interseca un discorso sulla Storia che assume una forza drammaturgica e un’intensità politica mai prima d'ora così esplicita e messa a tema da Almodovar.
La Storia lascia una traccia. Sempre. Come il DNA. Indelebile patrimonio genetico che non si può ignorare. Da qui nasce il cortocircuito morale che vive Janis, figlia orfana di madre tossica, cresciuta dalla nonna in un pueblo agricolo della provincia spagnola. La sua storia personale affonda le radici in questa Storia che non si può ignorare e in particolare nella fossa comune in cui all'inizio della guerra sono finiti molti degli uomini del villaggio scippati alle loro famiglie e alle loro case dai falangisti. A quella fossa inaccessibile, le donne del pueblo hanno legato la propria esistenza, tramandandone la memoria e la collocazione e costruendo sull’ombra che di essa rimane nell’erba la propria dignità e anche la possibilità di dare ai propri figli un’identità, un passato e dunque un futuro.
Anche Janis ha votato la sua esistenza a onorare quella memoria, a restituire a se stessa quell’uomo che non ha mai conosciuto ma che le ha lasciato in eredità il talento di guardare dietro la superficie delle cose e, soprattutto, dietro i volti delle persone. A riconsegnarlo a lei e alla nonna che le ha insegnato tutto il resto, anche solo dando a loro una degna sepoltura, l'uno accanto all'altra. È stata la battaglia di molti nella Spagna degli ultimi quarant’anni, perché la ferita del franchismo è ancora aperta, perché non basta rimuovere i simboli del fascismo per cancellarne la violenza e i soprusi, perché delle oltre duemila fosse comuni sparse in tutto il paese molte restano ancora occultate.
Questa è la memoria storica su cui lavora Pedro Almodóvar. E lo fa mettendoci naturalmente tutti i luoghi che nei decenni hanno scritto e riscritto la natura formale e narrativa del suo cinema: le panoramiche sui seicenteschi palazzi madrileñi, i patios delle case di campagna, le porte che si aprono e chiudono mettendo in relazione e in movimento le scene di una, cento, mille storie. E ancora le cucine rosse e pop della città, le tendine ricamate a mano del contado, le verdure affettate, i dolci caserecci… E poi le donne, le madri certo, ma anche le nonne, le zie, le amiche, le amanti, le figlie. Un mondo di donne che non sono bastanti a se stesse per principio o battaglia o scarsa considerazione degli uomini, ma che hanno imparato a bastarsi per necessità, destino, scelta, imposizione, bisogno. Ognuna diversa, ognuna con le complessità e le semplificazioni, le trasparenze e le contraddizioni, i gesti coraggiosi e le meschinità che le caratterizzano. Ognuna pronta a lottare - anche contro se stessa - per la propria libertà, accettabile o meno che sia.
Cosi il mélo si spoglia, si asciuga e si fa dramma - umano e storico - con una posizione tanto netta e precisa da diventare quasi arringa, dichiarazione d’intenti, manifesto. E così Janis si ritrova per reazione a insegnare perentoria ad Ana - quasi ordinandoglielo - la necessità di Guardare e Sapere. Perché le ferite del passato si devono rimarginare ma le cicatrici non si cancellano e conoscere il passato e la Storia è un dovere morale ancora prima che un’esigenza. Un obbligo per posizionarsi consapevolmente nel mondo in cui si vive, per scegliere chi si vuole essere, per rendere possibile anche un assetto affettivo e relazionale tanto esteso e improbabile e inclusivo da diventare, probabilmente, l’unica prospettiva accettabile.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a felicity »
[ - ] lascia un commento a felicity »
|
|
d'accordo? |
|
telor
|
mercoledì 8 settembre 2021
|
un almodovar diverso dal passato e sempre grande
|
|
|
|
Madres parallelas, è un film dal sentimento profondo ben espresso che si esprime a mezzo delle donne. Tutte, sebbene calate nelle rispettive personalità di personaggi, costituiscono le tessere di un mosaico edificante e di pregio. Anche la meno generosa, la madre di Ana, che riesce ad emozionare il suo pubblico dal palcoscenico ma non mostra affetto per la figlia, partecipa positivamente al composito coro femminile.
[+]
Madres parallelas, è un film dal sentimento profondo ben espresso che si esprime a mezzo delle donne. Tutte, sebbene calate nelle rispettive personalità di personaggi, costituiscono le tessere di un mosaico edificante e di pregio. Anche la meno generosa, la madre di Ana, che riesce ad emozionare il suo pubblico dal palcoscenico ma non mostra affetto per la figlia, partecipa positivamente al composito coro femminile.
Gli uomini sono presenti solo con Arturo, che -fra l’altro- deve la sua presenza alla necessaria incidenza del suo ruolo di maschio e padre.
Una storia al femminile, quindi, con un percorso travagliato ma ben risolto.
Però Almodovar non si limita però alla emotività intima dell’essere madre. Propone una emotività pubblica e quindi politica, con il tema -non ancora risolto- della guerra civile spagnola di circa 90 anni fa. Anche in Spagna, evidentemente, il revanscismo della Destra cerca di capovolgere il giudizio di condanna dato loro dalla Storia, in modo da evitare che anche la mera conoscenza di fatti atroci possa diventare consapevolezza storica, e quindi politica, nella società.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a telor »
[ - ] lascia un commento a telor »
|
|
d'accordo? |
|
fab
|
venerdì 26 novembre 2021
|
delusione!
|
|
|
|
Stavolta caro Pedro mi deludi e non poco! e leggendo le recensioni non sono solo. Sceneggiatura già vista e rivista, prevedibile, lenta. Il film non ti rapisce mai, e non ti racconta niente di nuovo come capitava nei suoi film passati. In maniera posticcia e banale viene anche inserito qualche ingrediente della guerra civile che non ci stà proprio a dire niente!! Brava Penelope ma niente di più! T aspetto al prossimo film caro Almodòvar!
|
|
[+] lascia un commento a fab »
[ - ] lascia un commento a fab »
|
|
d'accordo? |
|
|