luca scialo
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venerdì 8 aprile 2022
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vita e morte che si intrecciano
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Janis e Ana condividono la stessa stanza al momento del parto. La prima è una fotografa affermata, la seconda non è neanche maggiorenne e ha diversi problemi. Entrambe però condividono problemi sentimentali: Janis si vede negare la volontà di diventare padre da parte del compagno, la seconda è stata invece vittima di uno stupro. Janis però ha dei forti dubbi che la figlia fosse davvero sua, visto che ha dei tratti somatici spiccatamente ispanici, sebbene il nonno fosse venezuelano. Ed infatti, farà una doppia terribile scoperta. La vita e la morte si intrecciano in questo nuovo film di Pedro Almodovar, che conserva i suoi classici canoni. Alcune tematiche però si ripropongono a mo' di forzatura, vedasi il rapporto omosessuale.
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Janis e Ana condividono la stessa stanza al momento del parto. La prima è una fotografa affermata, la seconda non è neanche maggiorenne e ha diversi problemi. Entrambe però condividono problemi sentimentali: Janis si vede negare la volontà di diventare padre da parte del compagno, la seconda è stata invece vittima di uno stupro. Janis però ha dei forti dubbi che la figlia fosse davvero sua, visto che ha dei tratti somatici spiccatamente ispanici, sebbene il nonno fosse venezuelano. Ed infatti, farà una doppia terribile scoperta. La vita e la morte si intrecciano in questo nuovo film di Pedro Almodovar, che conserva i suoi classici canoni. Alcune tematiche però si ripropongono a mo' di forzatura, vedasi il rapporto omosessuale. Ma non mancano interessanti risvolti e un finale commovente.
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felicity
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lunedì 31 gennaio 2022
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guardare e sapere
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Madres paralelas al lato mélo aggiunge, sovrappone e interseca un discorso sulla Storia che assume una forza drammaturgica e un’intensità politica mai prima d'ora così esplicita e messa a tema da Almodovar.
La Storia lascia una traccia. Sempre. Come il DNA. Indelebile patrimonio genetico che non si può ignorare. Da qui nasce il cortocircuito morale che vive Janis, figlia orfana di madre tossica, cresciuta dalla nonna in un pueblo agricolo della provincia spagnola. La sua storia personale affonda le radici in questa Storia che non si può ignorare e in particolare nella fossa comune in cui all'inizio della guerra sono finiti molti degli uomini del villaggio scippati alle loro famiglie e alle loro case dai falangisti.
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Madres paralelas al lato mélo aggiunge, sovrappone e interseca un discorso sulla Storia che assume una forza drammaturgica e un’intensità politica mai prima d'ora così esplicita e messa a tema da Almodovar.
La Storia lascia una traccia. Sempre. Come il DNA. Indelebile patrimonio genetico che non si può ignorare. Da qui nasce il cortocircuito morale che vive Janis, figlia orfana di madre tossica, cresciuta dalla nonna in un pueblo agricolo della provincia spagnola. La sua storia personale affonda le radici in questa Storia che non si può ignorare e in particolare nella fossa comune in cui all'inizio della guerra sono finiti molti degli uomini del villaggio scippati alle loro famiglie e alle loro case dai falangisti. A quella fossa inaccessibile, le donne del pueblo hanno legato la propria esistenza, tramandandone la memoria e la collocazione e costruendo sull’ombra che di essa rimane nell’erba la propria dignità e anche la possibilità di dare ai propri figli un’identità, un passato e dunque un futuro.
Anche Janis ha votato la sua esistenza a onorare quella memoria, a restituire a se stessa quell’uomo che non ha mai conosciuto ma che le ha lasciato in eredità il talento di guardare dietro la superficie delle cose e, soprattutto, dietro i volti delle persone. A riconsegnarlo a lei e alla nonna che le ha insegnato tutto il resto, anche solo dando a loro una degna sepoltura, l'uno accanto all'altra. È stata la battaglia di molti nella Spagna degli ultimi quarant’anni, perché la ferita del franchismo è ancora aperta, perché non basta rimuovere i simboli del fascismo per cancellarne la violenza e i soprusi, perché delle oltre duemila fosse comuni sparse in tutto il paese molte restano ancora occultate.
Questa è la memoria storica su cui lavora Pedro Almodóvar. E lo fa mettendoci naturalmente tutti i luoghi che nei decenni hanno scritto e riscritto la natura formale e narrativa del suo cinema: le panoramiche sui seicenteschi palazzi madrileñi, i patios delle case di campagna, le porte che si aprono e chiudono mettendo in relazione e in movimento le scene di una, cento, mille storie. E ancora le cucine rosse e pop della città, le tendine ricamate a mano del contado, le verdure affettate, i dolci caserecci… E poi le donne, le madri certo, ma anche le nonne, le zie, le amiche, le amanti, le figlie. Un mondo di donne che non sono bastanti a se stesse per principio o battaglia o scarsa considerazione degli uomini, ma che hanno imparato a bastarsi per necessità, destino, scelta, imposizione, bisogno. Ognuna diversa, ognuna con le complessità e le semplificazioni, le trasparenze e le contraddizioni, i gesti coraggiosi e le meschinità che le caratterizzano. Ognuna pronta a lottare - anche contro se stessa - per la propria libertà, accettabile o meno che sia.
Cosi il mélo si spoglia, si asciuga e si fa dramma - umano e storico - con una posizione tanto netta e precisa da diventare quasi arringa, dichiarazione d’intenti, manifesto. E così Janis si ritrova per reazione a insegnare perentoria ad Ana - quasi ordinandoglielo - la necessità di Guardare e Sapere. Perché le ferite del passato si devono rimarginare ma le cicatrici non si cancellano e conoscere il passato e la Storia è un dovere morale ancora prima che un’esigenza. Un obbligo per posizionarsi consapevolmente nel mondo in cui si vive, per scegliere chi si vuole essere, per rendere possibile anche un assetto affettivo e relazionale tanto esteso e improbabile e inclusivo da diventare, probabilmente, l’unica prospettiva accettabile.
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ralphscott
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domenica 5 dicembre 2021
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quello che ti aspetti
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Un discreto film, soprattutto occasione per veder recitare un attrice stupefacente, una Cruz che regge sulle piccole spalle tutto; appare anche bruttina, vestita e vista da dietro. Un piccolo grande scricciolo. Ma quanto é intensa!
Il film mi ha lasciato abbastanza indifferente. Ormai Almodovar pare aver detto già dato tutto il suo meglio. Non é difficile saper dove vada a parare. Situazioni al limite, come sempre, in questo caso narrate con flemma. Scena lesbo - di solito é gaia - e bruttona di turno (Rossy De Palma) tutta dedita al lavoro. Scenografie colorate, con i soliti arredi da rivista patinata (quanto sono finte le sue cucine!). Sullo sfondo compare la critica al franchismo, inserita con evidente forzatura della sceneggiatura.
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Un discreto film, soprattutto occasione per veder recitare un attrice stupefacente, una Cruz che regge sulle piccole spalle tutto; appare anche bruttina, vestita e vista da dietro. Un piccolo grande scricciolo. Ma quanto é intensa!
Il film mi ha lasciato abbastanza indifferente. Ormai Almodovar pare aver detto già dato tutto il suo meglio. Non é difficile saper dove vada a parare. Situazioni al limite, come sempre, in questo caso narrate con flemma. Scena lesbo - di solito é gaia - e bruttona di turno (Rossy De Palma) tutta dedita al lavoro. Scenografie colorate, con i soliti arredi da rivista patinata (quanto sono finte le sue cucine!). Sullo sfondo compare la critica al franchismo, inserita con evidente forzatura della sceneggiatura. Due o tre stelle, non saprei, e poco conta. Film superfluo.
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fab
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venerdì 26 novembre 2021
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delusione!
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Stavolta caro Pedro mi deludi e non poco! e leggendo le recensioni non sono solo. Sceneggiatura già vista e rivista, prevedibile, lenta. Il film non ti rapisce mai, e non ti racconta niente di nuovo come capitava nei suoi film passati. In maniera posticcia e banale viene anche inserito qualche ingrediente della guerra civile che non ci stà proprio a dire niente!! Brava Penelope ma niente di più! T aspetto al prossimo film caro Almodòvar!
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kostanzo
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venerdì 19 novembre 2021
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trama prevedibile e antifranchismo appiccicato
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Non so se si possa parlar male di Garibaldi. Di fronte alle mirabanti esaltazioni di questo film da parte di critici professionisti e dilettanti, uno spettatore normale si sente in imbarazzo ad esprimere le proprie perplessità. Rischia di apparire un bastian contrario per...esibizionismo. Non si tratta di questo. Madres paralelas è un film gradevole per foto, recitazione etc etc..ma non è un capolavoro come ci hanno voluto far credere. Possibile che nessuno abbia avuto e abbia l'ardire di sostenere che anche Omero talvolta sonnecchia?
A me il film è apparso prevedibile nella storia delle mamme parallelle, poco credibile nella conclusione maternale e pretestuoso nell'antifranchismo, appiccicato con lo sputo.
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Non so se si possa parlar male di Garibaldi. Di fronte alle mirabanti esaltazioni di questo film da parte di critici professionisti e dilettanti, uno spettatore normale si sente in imbarazzo ad esprimere le proprie perplessità. Rischia di apparire un bastian contrario per...esibizionismo. Non si tratta di questo. Madres paralelas è un film gradevole per foto, recitazione etc etc..ma non è un capolavoro come ci hanno voluto far credere. Possibile che nessuno abbia avuto e abbia l'ardire di sostenere che anche Omero talvolta sonnecchia?
A me il film è apparso prevedibile nella storia delle mamme parallelle, poco credibile nella conclusione maternale e pretestuoso nell'antifranchismo, appiccicato con lo sputo.
Non dico che non si debba andare a vederlo, ma siamo di fronte ad acqua fresca. Pulita, dissetante, colorata e attraenete, ma sempre acqua fresca.
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emanuele 1968
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mercoledì 17 novembre 2021
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bello
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3.5 Penso sia un mix di storie vere, però la realtà credo sia più dolorosa. Bella Penelope in versione lgbt
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maramaldo
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martedì 16 novembre 2021
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adiòs, pedrito 2
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Non conosco nessuno che lascerebbe perdere un Almodòvar con dentro Penélope Cruz. Eppure, stavolta, a più d'uno ne è venuta la tentazione. Non approfondisco. Nella mia beata superficialità, che mi salva dal prendere... di petto storici ed antropologi, dedicherò qualche pensiero solo alle donne. A "Lei", ovviamente ma, volentieri, anche a lei, Picasso, Rossy de Palma (Elena), un mascherone simpatico che mi ha sempre messo di buon umore. E' quella che mi ha fornito l'alibi per avventurarmi in Madres Paralelas.
Ha da "volver", mi son detto, Almodòvar. Non può rinnegare la vocazione primigenia: creare, plasmare, inventare femmine con un'identità ambigua, ondivaga, soggette a pulsioni e nevrosi, eppure ferme e crudeli nel destino che soltanto loro conoscono.
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Non conosco nessuno che lascerebbe perdere un Almodòvar con dentro Penélope Cruz. Eppure, stavolta, a più d'uno ne è venuta la tentazione. Non approfondisco. Nella mia beata superficialità, che mi salva dal prendere... di petto storici ed antropologi, dedicherò qualche pensiero solo alle donne. A "Lei", ovviamente ma, volentieri, anche a lei, Picasso, Rossy de Palma (Elena), un mascherone simpatico che mi ha sempre messo di buon umore. E' quella che mi ha fornito l'alibi per avventurarmi in Madres Paralelas.
Ha da "volver", mi son detto, Almodòvar. Non può rinnegare la vocazione primigenia: creare, plasmare, inventare femmine con un'identità ambigua, ondivaga, soggette a pulsioni e nevrosi, eppure ferme e crudeli nel destino che soltanto loro conoscono. Scovate, dicono, nel suoi proprio vissuto. Ma, allora, è da invertire l'imprinting, son le madres senza baricentro che partoriscono il "Pedro".
Film vecchio o nuovo? La vicenda, "Il 7 e l'8", quella, più divertente, di Ficarra e Picone. Elementi di modernità: smartphone, computer, tamponi per dna, telecamerine baby...
L'attualità di un trend "promettente", l'esercizio di "Les Biches", Chabrol colpisce ancora. Senza slancio, senza umori, proprio da Nouvelle Vague, gelido e sconclusionato. Una Milena Smit (Ana), legnosetta, non fa fare pensieri cattivi. La Cruz si adagia (si adatta rassegnata) senza entusiasmo, quando si dice "non partecipa".
Se la "rilettura del passato" avviene attraverso queste modalità, non lagnatevi delle... derive che ne derivano. Pedagogia della memoria, lasciata fare anche a Pedrito. Dovete, quindi, accettare la distonia narrativa e stilistica del finale. Il sito archeologico, fosse squadrate, ossa risistemate. Artificioso. Eppure, girando per la Spagna, ne troverete di giacimenti autentici, perfino bizzarri, come il groviglio di scheletri ai piedi del faro di Santander. Provengono da cadaveri senza volto, senza nome: come si fa ad individuare chi stava dalla parte giusta?
Da questa improba selezione allo spettatore viene fatto carico di acquisire una valenza educativa, un messaggio edificante.
P.S. Stelle zero, l'ho imparato da "Ballando", mette allegria. Ammetto pure la pigrizia. Non essendo costretto, scanso la fatica di almanaccare un ragionamento dinanzi al calo artistico, al vuoto d'ispirazione che ancora una volta mi rattristano.
Voi, trattate bene lui e, soprattutto, Lei. Proprio adesso che abbiamo scoperto quanto Penelope sia acuta, spiritosa, intellettualmente inquieta. Caritatevole e materna - aggiungo io - se fa far ancora film al disagiato Pigmalione.
Sempre più italianizzata, l'avete sentita. Non siamo lontani da: "E figli so' piezze e core".
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mericol
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sabato 13 novembre 2021
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affresco al femminile
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Jaris, fotografa professionista, influenzata dai racconti della nonna sul padre ammazzato dai falangisti durante la guerra civile spagnola, è tormentata dal desiderio di far scavare la fossa dove è verosimilmente sepolto il bisnonno insieme a compagni di sventura. Si rivolge ad Arturo, antropologo forense, per realizzare quanto considera una missione. E’ la introduzione alle vite parallele di Jaris e Ana che si trovano casualmente nella stessa stanza in Ospedale per espletare il loro parto. Nascono Cecilia per Jaris e Anita per Ana. Due gravidanze non cercate ma accettate con ferma decisione. Jaris è una affascinante quarantenne. Ha avuto un focoso rapporto d’amore con Arturo, l’antropologo forense.
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Jaris, fotografa professionista, influenzata dai racconti della nonna sul padre ammazzato dai falangisti durante la guerra civile spagnola, è tormentata dal desiderio di far scavare la fossa dove è verosimilmente sepolto il bisnonno insieme a compagni di sventura. Si rivolge ad Arturo, antropologo forense, per realizzare quanto considera una missione. E’ la introduzione alle vite parallele di Jaris e Ana che si trovano casualmente nella stessa stanza in Ospedale per espletare il loro parto. Nascono Cecilia per Jaris e Anita per Ana. Due gravidanze non cercate ma accettate con ferma decisione. Jaris è una affascinante quarantenne. Ha avuto un focoso rapporto d’amore con Arturo, l’antropologo forense. La giovane Ana, vittima di uno stupro di gruppo, non può individuare il padre della sua bambina. Nella gestione delle maternità, risolte nello stesso giorno, nello stesso luogo, tra Jaris e Ana, sorge gradualmente amicizia, affetto, poi anche vero amore con risvolti lesbici. Per perplessità mosse da Arturo, Jaris dopo ripetuti esami di laboratorio, accerta che non è lei la madre biologica di Cecilia. E’ avvenuto uno scambio in Ospedale tra le due neonate. Intanto la piccola Anita è morta per affezioni respiratorie. Jaris non rivela ancora la verità, anzi assume, come babysitter di Cecilia, proprio la ignara Ana, che in effetti ne è la vera madre. Il richiamo sintetico della vicenda necessario per stimolare analisi, riflessioni, emozioni, conclusioni, suggerite dall’ultimo film di Pedro Almodovar.
Una struttura narrativa che si avvicina al melodramma, risolta con “stile Almodovar”. Colore non sfavillante, anzi tenue, colonna musicale moderata, dialoghi a tratti sommessi ma essenziali, con rilievo predominante ed esplicativo delle immagini visive. Superba interpretazione di Penelope Cruz (Coppa Volpi a Venezia). Quasi alla pari la sorprendente giovane Milena Smit. Tutto l’insieme coinvolge lo spettatore, che pur conoscendo l’evolversi della storia (al contrario, almeno sin quasi alla fine, dei protagonisti che appaiono sullo schermo) segue la vicenda con tensione, come in un thriller, in un film che non si può definire “thriller” tradizionale. Forzando la classificazione, forse thriller psicologico. Si scava nel passato delle due donne, per molti aspetti non felice. Jaris vissuta con i nonni, ha perso la mamma per overdose. Ana ha una mamma attrice, interessata quasi esclusivamente alla sua professione. Con il padre rapporti discontinui e occasionali. L’identità delle due neonate, si è già ricordato, è uno dei temi del film. Almodovar, come spesso accade nel suo Cinema, costruisce un affresco al femminile. Sulla sensibilità femminile. Sulla Maternità che appartiene alla Donna, è una questione di donne, e l’uomo vi appare come comprimario, necessario, indispensabile all’inizio, ma poi di seguito, a volte, trascurabile, neppure indispensabile. Ci riporta ad altri film dell’Autore: Tutto su mia Madre, Volver, Julieta. Ricordiamo le frasi esaltanti a conclusione di “Tutto su mia Madre”.Pedro Almodovar ha dedicato quel film: a Bette Davis, Gena Rowlands e Romy Schneider e...”a tutte le attrici che hanno fatto le attrici, a tutte le donne che recitano, agli uomini che recitano e si trasformano in donne, a tutte le persone che vogliono essere madri. A mia madre”. Dal passato personale al passato della Spagna, di un periodo lontano, oscuro, forse dimenticato ma tragico, della sua Storia. E’ il pensiero di Janis, la quarantenne fotografa e madre. Dall’intimismo al politico. Il finale si ricollega al tema annunciato all’inizio del film. Si scava in una fossa. Si trovano i resti di esseri umani ammazzati dai falangisti 80 anni prima. Le ossa sostituite dalla immagine visiva degli uomini, di morti ma Uomini. Non più un mucchio indistinto di materiale organico. Si restituisce identità, dignità ai Caduti. Il film di Almodovar affronta temi di IDENTITA’, VERITA’, MEMORIA. Identità sul passato personale e sulla Spagna. Memoria che rinnova e consolida i rapporti con il passato, ritrova il presente e si prolunga nel futuro. Si raggiunge una serenità conclusiva pacata, senza inutili, retorici entusiasmi. Jaris può rivedere quando vuole la piccola Cecilia, che appartiene ora ad Ana, del tutto riconciliata. Jaris ha in corso una nuova desiderata maternità e Arturo sarà il compagno della sua vita. Si uniscono la storia individuale e la Storia collettiva, della Nazione, di un Popolo. Si chiude con una frase di Eduardo Galeano “Per quanto si tenti di ridurla al silenzio, la Storia Umana si rifiuta di tacere”
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eugenio
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giovedì 11 novembre 2021
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madri e figlie nella spagna d''oggi
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Ci sono pochi registi come Almodovar capaci di indagare le psicologie e i meandri della mente femminile, pennellando con sagacia e limpidità (oltre che con una sempieterna dose di sesso) la propulsione fragile di queste donne forti e splendidamente imperfette.
E’ il caso dell’ultima pellicola del cineasta, Madres paralelas, vincitrice della Coppia Volpi al festival del cinema di Venezia 2021. Le madri “parallele” del titolo scorrono su due binari che apparentemente dovrebbero incontrarsi in un punto inesistente, irreale, l’infinito ma che invece per uno strano arabesco del destino, si attorciano, si avvinghiano, a inviluppare le loro storie, ineluttabilmente.
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Ci sono pochi registi come Almodovar capaci di indagare le psicologie e i meandri della mente femminile, pennellando con sagacia e limpidità (oltre che con una sempieterna dose di sesso) la propulsione fragile di queste donne forti e splendidamente imperfette.
E’ il caso dell’ultima pellicola del cineasta, Madres paralelas, vincitrice della Coppia Volpi al festival del cinema di Venezia 2021. Le madri “parallele” del titolo scorrono su due binari che apparentemente dovrebbero incontrarsi in un punto inesistente, irreale, l’infinito ma che invece per uno strano arabesco del destino, si attorciano, si avvinghiano, a inviluppare le loro storie, ineluttabilmente.
Al centro c’è la maternità, l’atto più bello del mondo, la nascita come vita. Almodóvar coglie due donne diversissime, in momenti esiziali della loro vita: la prima, Janis (Penelope Cruz) è una fotografa di moda alle soglie dei quarant'anni; l’altra è Ana (Milena Smit), una giovane adolescente non ancora maggiorenne, incompresa da genitori troppo sfuggenti, in particolare da una madre volta solo all’affermazione egocentrica del proprio io mediante tournee teatrali.
Le due “madri” si trovano in ospedale, partoriscono a distanza di qualche ora, lo stesso giorno, due bambine. E tramite questo parto rimangono appese a un sottile fil-rouge labilmente intessuto di violenza e sopraffazione. Perché una, la fotografa, è sentimentalmente legata a un antropologo forense e cerca strenuamente di portare alla luce, da quella fossa comune della guerra civile spagnola, le esequie del bisnonno, per ridare dignità alla dolorosa esistenza di uno tra i tanti desaparecidos; l’altra, ignorante del passato, cerca di lasciar emergere da esso, l’incertezza della sua coscienza, un travaglio inconscio figlio dell’assenza.
Dopo aver fatto i conti con la sua storia personale, nel precedente Dolor y gloria, Almodóvar raccontando la storia di due donne e due figlie, legate dal fato beffardo, si confronta col tema della necessità di chiarezza collettiva, non nascondendo un intento politico. Riesumando e quindi in qualche modo portando alla luce l’annichilimento della coscienza, ci proietta alla conoscenza di una verità, capace di guardare al futuro, e generare nuova vita, come una madre.
E per riuscirci, utilizza la forma a lui più congeniale del melodramma, con una macchina da presa, capace di scorrere privatamente e con grazia sul volto dell’attrice “feticcio” Penelope Cruz capace di incarnare col suo volto mediterraneo, l’espressività e la narrativa formale, pura e delicata, colpendo occhi e cuore del spettatore. Con una fotografia esautorata dai toni sgargianti di Volver, Madres paralelas, nasconde una potenza emozionale fortissima, indagatrice dei segreti delle madri e delle colpe di un passato oltranzista, che guarda alla triste connotazione storico-politica della Spagna franchista.
Lacerante e necessario. Da vedere perché nessuna storia è silenziosa. Non importa quanto la brucino, la rompano e mentono su di essa, la storia umana si rifiuta di chiudere la bocca. Già, oltre lo sguardo di un’inespressiva macchina fotografica o di quattro paginette di un libro di storia.
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dana scully
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martedì 9 novembre 2021
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intenzioni buone ma risultato incerto
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Non mi ha entusiasmata. Nonostante una meravigliosa Penelope Cruz, sembrano essere due film distinti, uno sul privato e la questione dell'identità genetica/emotiva, l'altro sull'identità storica - che viene però, questa, trattata a margine quasi come la scusa per far incontrare Janis e Arturo.
Più tranquillo e sotto le righe di quanto conosciamo Almodovar, non è certo un brutto film. Ma personalmente non mi ha entusiasmata, non ho pianto e non ho avuto alcun brivido.
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