vanessa zarastro
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lunedì 14 settembre 2020
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teatro tragico e retorica
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Emma Dante, nota drammaturga siciliana, si cimenta nella trasposizione di una pièce teatrale da lei scritta nel 2014, scrivendo la sceneggiatura con Giorgio Vasta ed Elena Stancanelli. La regista è alla seconda esperienza cinematografica dopo sette anni dalla prima con “Via Castellana Bandiera”. I suoi testi teatrali raccontano sempre una vita quotidiana fatta di fatica per la sopravvivenza e in cui c'è poco spazio per l'amore, invece c’è la violenza e il dolore. A mio avviso, il passaggio dall’opera teatrale a film è poco convincente.
In “Le sorelle Macaluso” - presentato in concorso al Festival di Venezia 2020 - sono rappresentati tre momenti della vita di cinque sorelle (erano sette nella pièce): l’adolescenza, l’adultità e la vecchiaia.
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Emma Dante, nota drammaturga siciliana, si cimenta nella trasposizione di una pièce teatrale da lei scritta nel 2014, scrivendo la sceneggiatura con Giorgio Vasta ed Elena Stancanelli. La regista è alla seconda esperienza cinematografica dopo sette anni dalla prima con “Via Castellana Bandiera”. I suoi testi teatrali raccontano sempre una vita quotidiana fatta di fatica per la sopravvivenza e in cui c'è poco spazio per l'amore, invece c’è la violenza e il dolore. A mio avviso, il passaggio dall’opera teatrale a film è poco convincente.
In “Le sorelle Macaluso” - presentato in concorso al Festival di Venezia 2020 - sono rappresentati tre momenti della vita di cinque sorelle (erano sette nella pièce): l’adolescenza, l’adultità e la vecchiaia. Con questa storia Emma Dante sottolinea un mondo in cui la sfera del maschile è oscurata se non del tutto assente. Vari sono i flash-back e visioni immaginarie che ripresentano più volte alcune scene come, ad esempio, quella in cui la sorellina più piccola Antonella osserva in bagno Pinuccia mentre si mette il rossetto e vuole metterselo anche lei. Nonostante lo schema sia semplice, si fatica un po' a riconoscere le sorelle interpretate da attrici diverse nelle varie età, anche perché spesso sono poco somiglianti, a parte Katia che è la sorella cicciona e rimane tale fino alla fine.
Il plot è chiuso su se stesso le ragazze allevano colombe in uno squallidissimo appartamento ubicato all’ultimo piano di un edificio nella periferia palermitana che diventa teatro dell’invecchiamento, del senso di colpa e della morte. Dalla gioiosa vitalità delle prime sequenze si passa subito alla post-tragedia con urla e dai piatti rotti, una tipica declinazione dei contrasti familiari nei film italiani.
Il testo, che avrebbe meritato degli approfondimenti, rimane una maschera di dolore sui volti sempre più rugosi delle sorelle sopravvissute. Tra gli svolazzi di colombe nel cielo e le scene ripetute, il film trabocca di dettagli. La regista inquadra ogni minuzia dal servizio buono di piatti alla vasca da bagno, dal letto trasformabile in divano al rossetto, dalle paste con il kiwi al pupo siciliano appeso…tutto diventa soggetto di primissimi piani. Non ci risparmia neanche i particolari raccapriccianti come il vomito o le scarnificazioni degli animali nel laboratorio dove lavora Maria adulta. La parte migliore del film è sicuramente quello della giovinezza spensierata nonostante la povertà e lo squallore. Garbata è la scena di un timido bacio lesbico tra Maria e un’amichetta, nell’arena vicino al mare. Bella è la descrizione del percorso che le cinque sorelle fanno insieme per arrivare ad essere adiacenti ai bagni Charleston, lo stabilimento balneare liberty di Mondello. Purtroppo finirà in tragedia sullo sfondo di Punta Raisi, per una volta stranamente più allusa che descritta.
Il protagonista del film sembra essere proprio l’appartamento dove vivono le ragazze dove però la regista non ci fa mai entrare veramente. Infatti, o le immagini sono troppo di dettaglio o il punto di vista è irrealistico come le varie riprese zenitali, specialmente quelle della vasca da bagno.
L’insistenza dei tempi lenti riduce il film a poche diapositive, splendide inquadrature ma di una pleonastica fissità snervante. Alcuni critici affermano che “Le sorelle Macaluso” è un film che sarebbe piaciuto molto al regista russo Andrei Tarkovsky, che cercava di fossilizzare sulla pellicola lo scorrere del tempo, la presenza del tempo, l'essenza stessa della vita.
Ottima la scelta delle musiche da Erik Satie Gymnopédies (già utilizzato da Louis Malle nel film “Fuoco fatuo” del 1963) alle varie canzoni tra le quali emerge la voce di Gianna Nannini.
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federicapietrobon
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domenica 21 agosto 2022
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il racconto delle vite di cinque sorelle, segnate da un grande dolore e dal trascorre del tempo, ci induce a riflettere su ciò che realmente conta nei rapporti umani
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Il film descrive le difficoltà, i sogni e i desideri di cinque sorelle che vivono, sostentandosi allevando colombi, in un fatiscente appartamento alla periferia di Palermo affacciato sul mare. La narrazione si apre con Maria, Lia, Pinuccia, Katia e Antonella che fremono dal desiderio di trascorrere una giornata spensierata in riva al mare e, dopo essersi preparate con cura, nell’allegria generale e tra qualche immancabile bisticcio, raggiungono la spiaggia di Mondello. Purtroppo, durante questa gioiosa giornata un tragico evento cambierà per sempre il corso delle loro vite, dividendole e consegnandole a una profonda solitudine. Ed è così che si viene proiettati nel futuro, dalla giovinezza all’età adulta delle sorelle Macaluso, in un tempo in cui le speranze e i desideri sono svaniti per lasciare spazio a una realtà che si presenta in tutta la sua durezza.
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Il film descrive le difficoltà, i sogni e i desideri di cinque sorelle che vivono, sostentandosi allevando colombi, in un fatiscente appartamento alla periferia di Palermo affacciato sul mare. La narrazione si apre con Maria, Lia, Pinuccia, Katia e Antonella che fremono dal desiderio di trascorrere una giornata spensierata in riva al mare e, dopo essersi preparate con cura, nell’allegria generale e tra qualche immancabile bisticcio, raggiungono la spiaggia di Mondello. Purtroppo, durante questa gioiosa giornata un tragico evento cambierà per sempre il corso delle loro vite, dividendole e consegnandole a una profonda solitudine. Ed è così che si viene proiettati nel futuro, dalla giovinezza all’età adulta delle sorelle Macaluso, in un tempo in cui le speranze e i desideri sono svaniti per lasciare spazio a una realtà che si presenta in tutta la sua durezza. Un ulteriore salto nel tempo conduce lo spettatore nell’età senile e nel momento del distacco, per chi ancora resta, dalla fatiscente casa sul mare, che le ha tenute avvinte ai ricordi e ai sensi di colpa del passato. Il film narra, con grande semplicità, l’evolversi delle vite di cinque sorelle, segnate da un grande dolore e dal trascorre del tempo, mostrando come talvolta i sogni si dissolvano tornando soltanto per ricordarci quello che avrebbe potuto essere e che non è stato. La regista ci mostra questo aspetto con immagini potenti e ricche di poesia, ne è l’esempio Maria che sogna di diventare una ballerina e una volta adulta e molto lontana da quel sogno, veste un tutù per comunicare alle proprie sorelle, durante una cena che le vede tutte riunite, di avere il cancro; nella stessa scena Maria ingurgita ad una ad una tutte le paste, ancora intonse e presenti sul tavolo, come in un gesto estremo volto a gratificare se stessa e a godere per un’ultima volta della vita. Emma Dante, senza mai ricorrere a toni ampollosi o ridondanti, racconta cinque esistenze. Grazie a uno stile semplice e sobrio e a immagini nitide di una struggente bellezza, ricche di potenza comunicativa, arriva diritta al cuore dello spettatore; lo induce a riflettere e a chiedersi se la vita, più che attorno ai sogni, che spesso in quanto tali non trovano compimento, non dovrebbe ruotare attorno all’amore e ai rapporti interpersonali, proprio quei rapporti che le sorelle non hanno saputo nutrire affinché non si sgretolassero. Degna di nota la scelta degli interpreti, perfettamente calati nei rispettivi ruoli interpretati senza sbavature e della colonna sonora, che si fonde con gli eventi, talvolta accentuandoli, lasciando presagire quello che avverrà, come nel caso in cui, all’interno di una sequenza caratterizzata dall’allegria generale, i gesti cominciano a scorrere sulle note della canzone “Inverno” interpretata da Franco Battiato. Un film introspettivo, delicato, che lascia un segno e sul quale il pensiero torna.
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angelo umana
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martedì 22 settembre 2020
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la vita che passa
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Film femminile, fatto dalla regista teatrale Emma Dante e dalle sue cinque protagoniste. Film sulla “sorellanza” è stato definito, ma è anche sulla vita: coi sogni dell'infanzia e dell'adolescenza, coi sogni perduti da adulte, i conflitti e i confronti tra queste sorelle, le delusioni e i drammi, l'invecchiare e poi andarsene. Resta la casa dove hanno vissuto, altra importante protagonista, coi segni del tempo, restano le colombe che queste ragazze allevavano nella colombaia sopra il loro appartamento, loro coinquiline leggiadre che volando ingentiliscono quel cielo. Ed è gentile o femminile tutta la parte iniziale, delicata, con la più piccola che dice alla sorella maggiore a cui è più legata e che più la protegge, sei bellissima, ricevendone un po' di rossetto e a volte un kinder, che lei ricambia con un bacio.
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Film femminile, fatto dalla regista teatrale Emma Dante e dalle sue cinque protagoniste. Film sulla “sorellanza” è stato definito, ma è anche sulla vita: coi sogni dell'infanzia e dell'adolescenza, coi sogni perduti da adulte, i conflitti e i confronti tra queste sorelle, le delusioni e i drammi, l'invecchiare e poi andarsene. Resta la casa dove hanno vissuto, altra importante protagonista, coi segni del tempo, restano le colombe che queste ragazze allevavano nella colombaia sopra il loro appartamento, loro coinquiline leggiadre che volando ingentiliscono quel cielo. Ed è gentile o femminile tutta la parte iniziale, delicata, con la più piccola che dice alla sorella maggiore a cui è più legata e che più la protegge, sei bellissima, ricevendone un po' di rossetto e a volte un kinder, che lei ricambia con un bacio. E' osservativa e neutrale la macchina da presa che inquadra la casa e le vicende di queste ragazze poi donne e poi vecchie. E' anche film dei ricordi che Emma Dante certamente ha, compreso il Charleston, lo stabilimento balneare a Mondello dove da ragazza andava e dove le cinque ancora giovanissime vanno libere. Nulla si sa della loro nascita, dei genitori assenti, ma non è un vuoto, non importa o “non rileva” (si dice in avvocatese).
Le attrici sono 12 in tutto, a rappresentare dapprima le bambine poi fattesi grandi, se ne ricava uno straniamento, si fatica un pò a riconoscere quali bambine erano le adulte della seconda parte. La vita le ha contaminate, deturpate in qualche caso, cose che potevano essere e non sono state, rimpianti, con l'unica “presenza” pura che ancora appare della sorellina volata in cielo da piccola. Particolari i momenti che restano, devono essere anch'essi ricordi intimi dell'autrice, cose viste o vissute o anche solo immaginate: una di esse, la aspirante ballerina, che da ragazza era attratta da un'amica, i baci teneri delle due (mi aspetterai di nuovo stasera?), la sua danza libera in solitudine da adulta triste silenziosa e malata. Un'altra diventata anziana che sente la vita finire e butta via alla rinfusa libri e ricordi, come a riflettere che non ce ne facciamo nulla delle cose che amiamo tenere. Cosa resta? Le vicende vissute gioite o sofferte. La vita se ne va, è film pure di morte, una bara col montacarichi viene calata giù dal loro appartamento sotto la piccionaia, bara grigia con vista mare. Rifioriranno le gioie passate al vento caldo di un'altra estate, cadrà altra neve sui camposanti (dalla voce nostalgica di Battiato nel film) per queste meravigliose creature (questo invece è il rock benaugurante della Nannini).
Viene da pensare che l'opera teatrale che la Dante ha rappresentato delle Sorelle Macaluso sia ancora più introspettiva: nel film per necessità tutti gli elementi sono gettati o ricordati velocemente, in teatro sono forse più discussi ed in esso è possibile che i profili psicologici delle sorelle siano meglio delineati. Prevale un'aria cupa nelle scene all'interno della casa, ricettario di momenti passati, forse la stessa che restava da Via Castellana Bandiera, altro film della Dante che come le Macaluso vale la pena vedere ma che le due protagoniste fecero ricordare più nettamente.
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eugenio
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lunedì 22 febbraio 2021
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corpi e anima
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La plasticità dei corpi di un tempo che inevitabilmente sfilaccia le membra nell’immutabile onda senza fine che è la vita. Emma Dante, vincitrice del Premio Ubu per Le sorelle Macaluso, adattamento cinematografico del celebre spettacolo teatrale da lei diretto e portato in scena, realizza una pellicola potente e incisiva che si dipana entro un sentimento universale fatto di amore e di amicizia, un legame molto particolare, quello tra sorelle.
La mediterraneità dell’isola madre, la Sicilia, si specchia in una terrazza a Palermo nel cui abbaino tra colombe bianchissime, vivono cinque donne dalle diverse inclinazioni ma indissolubilmente legate, le sorelle Macaluso appunto.
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La plasticità dei corpi di un tempo che inevitabilmente sfilaccia le membra nell’immutabile onda senza fine che è la vita. Emma Dante, vincitrice del Premio Ubu per Le sorelle Macaluso, adattamento cinematografico del celebre spettacolo teatrale da lei diretto e portato in scena, realizza una pellicola potente e incisiva che si dipana entro un sentimento universale fatto di amore e di amicizia, un legame molto particolare, quello tra sorelle.
La mediterraneità dell’isola madre, la Sicilia, si specchia in una terrazza a Palermo nel cui abbaino tra colombe bianchissime, vivono cinque donne dalle diverse inclinazioni ma indissolubilmente legate, le sorelle Macaluso appunto. C’è Maria che ha la vocazione di divenire ballerina, che scambia candidi baci saffici e danza come eterea ninfa, c’è Pinuccia legata a un amore carnale indissolubile, c’è Lia che legge, c’è Katia che cerca di badare alle sorelle minori e c’è Antonella, la più piccola, che ride e guarda il cielo farsi sempre più blu tra stormi di colombe. E poi c’è Emma Dante che le segue con una telecamera ad altezza di bambina prima, di adulte, di anziane sul finire della loro esistenza poi, mentre battibeccano o si azzuffano, mentre litigano o parlano, nell’intreccio di una vita che si inventa, che si trucca, che oppone la bellezza alla miseria terrena della periferia palermitana.
La tragedia bussa alle porte della famiglia, quando nel Charleston, nome aulico di un disperante bagno privato con una piattaforma e scala arrugginita in mezzo al mare che si aggetta con pioli verticali nell’acqua profonda, Antonella cade e affoga. E il dolore unito al rimorso delle sorelle maggiori per non essere state capaci di impedirne la morte, permea l’ora e mezza del film, accompagnando le donne in ogni istante della loro vita. Quelle che scompariranno saranno animate da coloro che vivranno sempre cristallizzate all’età della morte della sorellina più piccola. Fino all’ultima colomba che solcherà il cielo segnandone per sempre la loro eterna scomparsa.
Film potente, metaforico, Le sorelle Macaluso è una storia semplice, che inneggia alla vita, all’amore, presentando, per converso, la morte in scena come protagonista assoluta a permeare l’esistenza delle cinque donne. Le sorelle Macaluso è un film sul tempo, sul valore della memoria che regala squarci di un passato mentre la scure, la falce della clessidra che scorre via come sabbia tra le vita, abbatte la ragnatela di memoria che le circonda. Il tempo che incide i volti e le vite delle sorelle, le piccole gioie quotidiane delle stagioni dell’esistenza, quella più solare dell’infanzia con l’estate, in una cornice piena di felicità e pranzi al sacco in spiaggia; quella della maturità con l’impervio sentiero per la consapevolezza amara della morte, quello della saggezza, è motore e guida della regista siciliana.
Scandendo l’afflato di una vita nel viaggio tormentato e in fondo gioioso, inframezzato da canzoni d’autore (Inverno di De Andrè interpretata da Franco Battiato, Meravigliosa creatura di Nannini tra le tante), colonna sonora, in parte retorica e ridondante- unica pecca del film- della responsabilità adulta e della vecchiaia, Emma Dante, emoziona, coinvolge, spiazza nella passione furiosa dei corpi, nelle anime di sorelle fragili nostalgicamente avvinte alla giovinezza ma timorose verso il futuro, in un confine sottile e distante di stanzette buie segnate dai rancori del tempo e dall’amarezza sopita. Vivete ci sembra dire la regista, vivete sino in fondo liberi come quelle colombe perché da quell’abbaino, c’è sempre una luce, una speranza a cui tendere, nell’afflato gioioso di un legame indissolubile.
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maria f.
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lunedì 28 settembre 2020
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evviva i buoni flim!
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Tutti sanno che la famiglia è una società in piccolo, non ha importanza quanti siano i membri, è lo stare insieme che fa famiglia.
E’ in famiglia che s’incomincia a capire il nostro valore, la nostra forza, è lì che ci si prepara a combattere, che si scoprono i sentimenti che ci governano, è sempre lì che impariamo ad amare o a odiare, che dobbiamo ubbidire, ammiccare, aiutare.
Sin da piccoli ci scontriamo con genitori e fratelli, è in famiglia che cerchiamo di sgomitare per conquistare un bacio, un sorriso, un occhiolino d’intesa, che facciamo i furbi, oppure demordiamo se non ci sentiamo considerati, trascurati, non abbastanza amati.
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Tutti sanno che la famiglia è una società in piccolo, non ha importanza quanti siano i membri, è lo stare insieme che fa famiglia.
E’ in famiglia che s’incomincia a capire il nostro valore, la nostra forza, è lì che ci si prepara a combattere, che si scoprono i sentimenti che ci governano, è sempre lì che impariamo ad amare o a odiare, che dobbiamo ubbidire, ammiccare, aiutare.
Sin da piccoli ci scontriamo con genitori e fratelli, è in famiglia che cerchiamo di sgomitare per conquistare un bacio, un sorriso, un occhiolino d’intesa, che facciamo i furbi, oppure demordiamo se non ci sentiamo considerati, trascurati, non abbastanza amati.
Di esempi di famiglia la nostra letteratura ci ha regalato pagine indimenticabili come la descrizione che ne fa Filumena Marturano nell’opera di Eduardo De Filippo parlando della propria numerosissima famiglia che io sintetizzo così: “Ci svegliavamo senza dirci buongiorno e ci coricavamo senza darci la buonanotte” e poi “…mangiavamo tutti in un unico piatto e quando avvicinavo la forchetta anch’io, mi sembrava di rubare….”.
E poi c’è l’esempio di famiglia in “Le piccole donne”, e quella del film di Muccino “A casa tutti bene”, la famiglia descritta nel film “Padrenostro”, storie infinite, la famiglia è un pozzo senza fine che contiene ogni sorta di gioia, di energia, di sofferenza, d’incomprensione.
Anche nel film di Emma Dante, la famiglia, formata da cinque sorelle, è assoluta protagonista.
Ciascuna sorella è dipendente dalle altre e allo stesso tempo autonoma, brilla di luce propria, possiede una personalità molto spiccata e i desideri sono ampiamente tratteggiati dalla regista: Maria ama il ballo e si sente attratta verso il genere femminile, Pinuccia ama l’amore, Lia divora libri, Katia pianifica e Antonella si lascia coccolare da tutte e si bea.
Le sorelle Macaluso sono legate indissolubilmente tutte a una catena che vorrebbero spezzare ma che nessuna riesce ad allentare, trattenute da un’ancora che le aggroviglia e le abbranca a una condizione che dura da quando ognuna ha avuto la consapevolezza che la morte di Antonella è avvenuta per l’imprudenza, la negligenza di ciascuna di loro.
Dalla fanciullezza alla vecchiaia nella casa non muta niente, solo il loro aspetto a mano a mano diventa decadente, e noi che ci affacciamo nell’intimità delle loro vite le accompagniamo in questo loro approssimarsi alla fine dell’esistenza.
Storia di grandissimo pregio interpretata da un cast di grande spessore.
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maramaldo
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venerdì 9 ottobre 2020
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"vitti ''na crozza"
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"Sicilia bedda", addio. L'ultimo film. Non vedo appiglio migliore per indurvi a vederlo. Per un bel pezzo, a nessuno verrà la voglia di occuparsi dell'Isola, degli isolani, di Palermo e dintorni.
Contiene pure elementi di criticità la "pièce" trasposta sullo schermo per renderla digeribile grazie a qualche spruzzo e sprazzo dell'azzurro Tirreno. Mi spiego. La prendo alla larga. Ai Caraibi, una discendenza di schiavi maltrattati produce corpi scultorei, fattezze che vincono concorsi di bellezza. Qui, da conquistatori altezzosi si ricavano le livide sorelle di cui sopra. Questione di estetica, oziosa mi direte, quando c'è ben altro scavo.
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"Sicilia bedda", addio. L'ultimo film. Non vedo appiglio migliore per indurvi a vederlo. Per un bel pezzo, a nessuno verrà la voglia di occuparsi dell'Isola, degli isolani, di Palermo e dintorni.
Contiene pure elementi di criticità la "pièce" trasposta sullo schermo per renderla digeribile grazie a qualche spruzzo e sprazzo dell'azzurro Tirreno. Mi spiego. La prendo alla larga. Ai Caraibi, una discendenza di schiavi maltrattati produce corpi scultorei, fattezze che vincono concorsi di bellezza. Qui, da conquistatori altezzosi si ricavano le livide sorelle di cui sopra. Questione di estetica, oziosa mi direte, quando c'è ben altro scavo. D'accordo, ma non da sottovalutare.
Al fine di evitare una class action delle oltre 1500 famiglie che portano il nome, diramerei un comunicato che assicuri quella popolazione che ancora fra di essa si trovano bellezza e leggiadria, prestanza e sex appeal. Suggerisco, altresì, di evidenziarlo sui social magari creando appositi blog.
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