alenesimo
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lunedì 11 maggio 2020
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niente di che
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Buona l'idea. Premetto che non ho figli per cui non mi riconosco nei personaggi. Personalmente Mastandrea non mi piace come attore e in Perfetti sconosciuti è stato il peggiore. Avrei preferito attori più giovani e quindi più credibili ( Mastandrea 48 e Cortellesi 47). Tanti stereotipi e cliché. Tuttavia la storia scorre bene e la regia è ben fatta, ottima la scelta della musica.
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mimmo
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lunedì 11 maggio 2020
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un po' deluso
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Ritengo Valerio Mastrandrea e Paola Cortellesi due bravissimi attori ,tra i migliori che abbiamo in Italia forse i migliori al momento ,mi sarei stato di' piu' da questo film, parte bene ma poi si perde un po' nella monotonia esclusa qualche bella battuta , due stelle e mezzo ,si puo' vedere
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tommaso lupattelli
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domenica 10 maggio 2020
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cosa vogliamo? siamo un paese, una comunita?
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Tre stelle e mezzo con mezza stella in piu' in omaggio al talento di Mattia Torre prematuramente scomparso per un film molto ben recitato, in particolare da Valerio Mastandrea che dimostra essersi ben calato nel personaggio del padre e del marito di oggi. Opera di chiara matrice teatrale presenta una sceneggiatura sicuramente originale nonostante il tema non lasci ovviamente molto spazio a concetti innovativi. Il ritmo è serrato e a tratti anche divertente. Qualcosa di piu avrebbe potuto mostrare la regia, che seppur diligente ed ordinata, forse fin troppo, manca un po' di estro. Il film nel complesso è sicuramente un opera interessante da guardare, in grado di porre diversi interrogativi, perfino troppi (con la pecca di aver inevitabilmente perso a tratti un po' il filo conduttore, non è infatti un caso il ricorso ai capitoli) ai quali tuttavia non ha la presunzione di voler necessariamente rispondere, preferendo condurre lo spettatore a riflettere autonomamente.
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Tre stelle e mezzo con mezza stella in piu' in omaggio al talento di Mattia Torre prematuramente scomparso per un film molto ben recitato, in particolare da Valerio Mastandrea che dimostra essersi ben calato nel personaggio del padre e del marito di oggi. Opera di chiara matrice teatrale presenta una sceneggiatura sicuramente originale nonostante il tema non lasci ovviamente molto spazio a concetti innovativi. Il ritmo è serrato e a tratti anche divertente. Qualcosa di piu avrebbe potuto mostrare la regia, che seppur diligente ed ordinata, forse fin troppo, manca un po' di estro. Il film nel complesso è sicuramente un opera interessante da guardare, in grado di porre diversi interrogativi, perfino troppi (con la pecca di aver inevitabilmente perso a tratti un po' il filo conduttore, non è infatti un caso il ricorso ai capitoli) ai quali tuttavia non ha la presunzione di voler necessariamente rispondere, preferendo condurre lo spettatore a riflettere autonomamente.
"Cosa direbbero di questi individui infelici e straziati i loro genitori? Avrebbero mai immaginato che i loro figli che un tempo correvano spensierati sull' erba sarebbero marciti sul 48 barrato per andare a guadagnare due lire facendo un lavoro che non amano? " Sembrebbe stare molto in questa frase l'opera di Mattia Torre, provocatoria e sopra le righe ma strumentale per portare lo spettatore a riflettere sulla condizione di egocentrismo ed isolamento che sempre più pervade la nostra società. Non a caso sul 48 barrato sono tutti intenti a guardare il proprio cellulare eccetto il protagonista che sembrerebbe l'unico a farsi ancora domande. Ed è proprio questa la forza del film. Provare a renderci un po' più consapevoli che se cominceremo tutti quanti a vedere il nostro egocentrismo , retaggio di un educazione avvenuta per i 40enni di oggi a cavallo degli anni del benessere, possiamo ancora trovare una via di uscita. E che ora che l' influenza cattolica che aveva come massimo caposaldo la famiglia (più come forma di controllo che come opportunità) si è drasticamente affievolita, potrebbe proprio essere quel " restare uniti" a diventare l'opportunità consapevole in grado di farci aprire all'altro dandoci finalmente quel senso di appartenenza che oggi e' indubbiamente difficile per molti trovare anche nel nostro paese. E che come sansisce la pediatra guru, che nonostante gli sfarzi e l'incapacita' di scendere dalla sua condizione privilegiata per immedesimarsi nella condizione della gente comune sa dispensare semplici e indiscutibili verità (ovviamente a prezzi complicati come per ribadire che la verità oggi è una scelta, potenzialmente accessibile a quasi tutti ma costa comunque cara), il cambiamento può cominciare solo dopo l'accettazione. Quell'accettazione che seppur a livello razionale possiamo intravedere, a livello emotivo non siamo stati educati a sostenere. E tutto ciò la relazione nevrotica, a tratti ossessiva, fra i due protagonisti lo esprime sicuramente bene. Bravo Mattia.
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massimo
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sabato 9 maggio 2020
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inguardabile
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Idee pochissime, lungo, noioso, non esprime niente, pessima regia, attori sprecati. Erano anni che non vedevo un film così scarso
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eugenio
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venerdì 21 febbraio 2020
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una coppia con due figli. oggi.
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Ci sono dei film che più di altri parlano al presente, alla quotidiana gestione familiare per i quali, nel bene e nel male, lo spettatore finisce nel riconoscersi anche non essendo direttamente coinvolto.
E’ ciò che avviene nell’ultima pellicola “a tema” di Giuseppe Bonito, sceneggiato dall’indimenticato Mattia Torre (già autore di quel bellissimo libro tradotto poi in fiction La linea verticale), dall’emblematico titolo Figli.
Paola Cortellesi (Sara) e Valerio Mastandrea (Nicola) sono una coppia di oggi. Con tutte le loro idiosincrasie, il loro lavoro, la “sopravvivenza” che comporta avere due figli piccoli da mantenere in un’Italia sempre con un minor numero di nascite.
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Ci sono dei film che più di altri parlano al presente, alla quotidiana gestione familiare per i quali, nel bene e nel male, lo spettatore finisce nel riconoscersi anche non essendo direttamente coinvolto.
E’ ciò che avviene nell’ultima pellicola “a tema” di Giuseppe Bonito, sceneggiato dall’indimenticato Mattia Torre (già autore di quel bellissimo libro tradotto poi in fiction La linea verticale), dall’emblematico titolo Figli.
Paola Cortellesi (Sara) e Valerio Mastandrea (Nicola) sono una coppia di oggi. Con tutte le loro idiosincrasie, il loro lavoro, la “sopravvivenza” che comporta avere due figli piccoli da mantenere in un’Italia sempre con un minor numero di nascite. Le dinamiche di Figli sono tutte qui: nei gesti di affetto, nella feste di Carnevale, nelle cene e chat di classe con i genitori a cui risulta quasi obbligatorio rispondere in un mondo che esige la connettività globale per sancire la propria esistenza, nelle fughe (oltre quella finestra della loro casa verso un futuro non meglio precisato e incerto) e nella inevitabile crisi di mezza età che induce in tentazione i due complementary opposites.
Se aggiungiamo la sfumatura che la coppia riesce a fornire con una sceneggiatura mordace, ironica, meschina e a tratti grottesca, Figli si conferma un prodotto innovativo a certo cinema italiano. Non pone l’accento alle meschinità, alla corruzione, al leitmotiv di italiano spaesato e tira a campare; no. E’ una commedia che va oltre. Che colpisce con le meschinità di coloro che vivono nel terrore delle cartelle di Equitalia consapevoli del marcio compiuto, dell’assenza di fiducia negli altri, nella mancanza di coraggio nell’intraprendere le proprie azioni, nella deresponsabilizzazione e incapacità, comune a una mentalità granitica inviolabile ma armata di un usbergo che conserva, intimamente, la parola amore.
Perché, se nei cari capitoli in cui Figli è scandito, la parola chiave potrebbe essere nichilismo, esacerbato da un monologo potente di Paola Cortellesi nei confronti della nuora, frutto di una società in cui vivono più gli anziani dei giovani, in cui gli anziani, responsabili della maggiore audience da Sanremo, detengono il potere delle tv di stato e rappresentano il tesoretto su cui molti quarantenni o cinquantenni figli del Sessantotto, fanno leva consci di una precarietà affettiva e di una pensione che si allontana sempre di più giorno dopo giorno, dall’altro lato, il riflesso del potere, scema nell’importanza della cura degli stessi protagonisti, nell’imparar a sorridere, nel non buttarsi metaforicamente giù da quella finestra sempre aperta pronta ad accoglierli.
Nell’assordante colore bianco alla stregua della Linea verticale a simboleggiar la vacuità o comunque l’isolamento entro cui Nicola e Sara sono talune volte immersi, nell’eleganza della sua forma, capace di mutare a seconda dei contesti e degli stati d’animo dei suoi personaggi, Figli spiazza sempre. Ovvero costringe noi spettatori a evitare facili assoluzioni, a rilanciare quei temi e situazioni propriamente umane, nella storia, nei personaggi, e nel racconto, che esplodono deflagranti e liberatori in un consolatorio finale che rappacifica tutti.
Grazie del lascito Mattia Torre!
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nadia meden
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domenica 16 febbraio 2020
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mah!!!
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Ho potuto assistere al film "Figli ", a queste commediola italiana con una sempre brava Paola Cortellesi. Non ho capito l'intento di questo film: si voleva mettere a confronto due generazioni? Si voleva forse mettere in risalto la differenza fra uomo e donna- mamma? Si voleva forse far arrivare il messaggio che in una coppia le donne lavorano più degli uomini? Oppure si voleva sottolineare il fatto che una coppia di genitori 30_40enni con l'arrivo del secondo figlio e con un lavoro stabile di entrambi alle spalle riescano ad intristirsi a tal punto? mah..... che tristezza . Grazie
[+] evviva i buoni film!
(di maria f.)
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domenica 16 febbraio 2020
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nonna da una settimana
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Ciao, io sono d'accordo sul menefreghismo del sistema, ma esso fa parte da sempre, del mondo al contrario. Questo film mi ha messo tristezza. Io non sono il prototipo di nonna descritta, sono una nonna improvvisata (senza le virgolette), così come sono stata, una mamma improvvisata, di due figli. La mia storia resta tra le "virgolette" della mia anima, come la storia di ognuno di noi. Tanto poi, nella vita, tutto è relativo. Dolcesera
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maugam
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domenica 16 febbraio 2020
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non mi e' piaciuto.
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Al di la delle discrete capacita' recitative dei protagoisti, della bravura dei registi e dello scenografo non ho apprezzato null'altro.
Ho visto un flm surreale dove tutte le situazioni si concludevano sempre senza una scelta.
Ho visto un film che ha l'unico obiettivo di dire allo spettatore : la vita e' immensamente difficile ma tu resisti e continua a farti soffocare e massacrare da chi l'ha costruita cosi' perche' nulla puo essere cambiato. Che tu sia ricco o povero giovane o vecchio, sopporta e rifugiati nel tuo egoismo.
Ho vito, insomma, un film pericoloso socialmente, senza lo sprone ad un sogno.
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mercoledì 12 febbraio 2020
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noiso
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jonnylogan
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lunedì 10 febbraio 2020
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l'ultimo figlio
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Nicola e Sara sono una coppia di genitori che vive a Roma con la figlia di sei anni e con una vita che trascorre senza particolari intoppi. Quando Sara rimane inaspettatamente in cinta quella che era una normale esistenza a tre viene sconvolta dall’arrivo di Pietro.
“Il figlio”, purtroppo l’ultimo, partorito dalla mente geniale di Mattia Torre, scomparso lo scorso luglio a soli 47 anni, avrebbe dovuto coincidere con la sua terza regia cinematografica ma ciò nonostante la pellicola portata a termine da Giuseppe Bonito, scelto dallo stesso Torre quando ormai le forze lo stavano abbandonando, riesce a trasudare completamente della follia e della comicità di un uomo scomparso troppo presto.
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Nicola e Sara sono una coppia di genitori che vive a Roma con la figlia di sei anni e con una vita che trascorre senza particolari intoppi. Quando Sara rimane inaspettatamente in cinta quella che era una normale esistenza a tre viene sconvolta dall’arrivo di Pietro.
“Il figlio”, purtroppo l’ultimo, partorito dalla mente geniale di Mattia Torre, scomparso lo scorso luglio a soli 47 anni, avrebbe dovuto coincidere con la sua terza regia cinematografica ma ciò nonostante la pellicola portata a termine da Giuseppe Bonito, scelto dallo stesso Torre quando ormai le forze lo stavano abbandonando, riesce a trasudare completamente della follia e della comicità di un uomo scomparso troppo presto. Genitore, esattamente come i due protagonisti e anche lui impegnato a saltare nell’iperuranio di una seconda paternità, fra riti da replicare e primogenite da convincere che l’arrivo del fratello più piccolo non negherà loro il diritto di avere una vita felice, tra nuovi interrogativi sul senso di quello che ti sta nuovamente accadendo e il desiderio di fuga rappresentata da una finestra perennemente spalancata e pronta per essere attraversata per giungere alla tanto agognata libertà. Mastandrea e la Cortellesi, già coppia nella vita reale in un remoto passato, arrivano sul grande schermo alla loro prima prova assieme portando le rispettive esperienze di genitori disincantati e ritrovandosi prima di tutto nella descrizione della coppia improvvisamente destabilizzata, perché va precisato che la pellicola di Bonito, alla quale hanno contribuito numerosi amici e colleghi di Mattia Torre, è principalmente un excursus a episodi, tutti sempre ai margini del surreale, su come una normale coppia possa arrivare a un passo, uno solo, dall’esplodere salvo ritrovarsi sulle ultime impervie curve di vite altrettanto normali esattamente come quelle di coloro che al cinema vanno ad assistervi, riconoscendosi in ogni sua sfumatura. Menzione particolare per Stefano Fresi nel ruolo di un genitore molestato dai figli, Paolo Calabresi per un cameo con tanto di pasticca di cianuro a disposizione, vedere per credere. Da recuperare se non lo avete ancora visto, da recuperare tutto il lavoro di Mattia Torre, che in futuro è già stato deciso da chi gli era vicino, sarà riproposto e recuperato, per non disperderne il lascito prezioso.
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